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Trivelle nel mar Ionio, la Calabria non ci sta

Trivelle nel mar Ionio, la Calabria non ci sta

(Rinnovabili.it) – Le autorizzazioni concesse alla statunitense Global Med sono truffaldine e pertanto debbono essere ritirate. La regione Calabria passa all’attacco contro le trivelle nel mar Ionio e presenta ricorso al Tar del Lazio. L’obiettivo è bloccare le attività di esplorazione ed estrazione che potrebbero partire a breve, dopo che il MiSE a metà dicembre ha rilasciato due nuovi permessi di ricerca di idrocarburi, nei blocchi denominati «F.R 41.GM» e «F.R 42.GM».

Secondo Rizzo, i permessi eludono completamente il decreto legislativo 625 del 25 novembre 1996, che vieta espressamente che un singolo gestore possa avere la titolarità di un permesso di ricerca in un’area superiore a 750 kmq. “Chiederò – dichiara l’assessore Rizzo – a tutti sindaci dei Comuni costieri interessati all’attività di ricerca di idrocarburi, con l’utilizzo della tecnica air gun, di farsi parte attiva nei ricorsi da proporre al Tar Lazio, affinché si possa mettere in campo una sinergica azione di contrasto in un braccio di mare che, artificiosamente, al fine di aggirare la norma, appare suddiviso in due porzioni contigue”.

«F.R 41.GM» ed «F.R 42.GM» misurano, rispettivamente, 748,6 kmq e 748,4 kmq, quindi rispettano anche se di poco la lettera della legge. Ma sono attaccati e assegnati alla medesima compagnia, la Global Med, che si è vista quindi assegnare il permesso di esplorare un tratto di mare grande, in tutto, 1.497 kmq. Sono queste le aree al centro del ricorso al Tar, ma non è tutto. Oltre a queste due aree, Global Med ha chiesto la concessione di un terzo blocco, denominato «d 87 F.R-.GM», contiguo agli altri, che misura 729,5 kmq. Se venisse accordato il permesso, la Global Med avrebbe di fatto la possibilità di cercare idrocarburi su una superficie di 2.226,5 kmq.

Oltre a questi blocchi, tutti al largo di Crotone, Global Med ha poi ripetuto altrove la stessa identica strategia, presentando istanza di permesso di ricerca in mare per due ulteriori zone, localizzate a sud di Leuca e anch’esse contigue: la «d 89 F.R-.GM» di 744,6 kmq e la «d 90 F.R-.GM» di 749,1 kmq.

“Consideriamo non più tollerabile che ancora, dopo tanti anni dalla realizzazione dei primi pozzi, manchi una mappatura dello stato dell’arte che sia in grado di stabilire il reale impatto che le trivellazioni hanno sull’ambiente – conclude l’assessore Rizzo – Per questa ragione ritengo che il rilascio di ulteriori autorizzazioni da parte del Ministero debba cessare in attesa di definizione della situazione e della sua evoluzione”.

Autore: Rinnovabili

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