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Economia

la Ragioneria dello Stato la spesa per pensioni è sempre troppo alta

Il Governo e i Sindacati, in attesa di vedere come va a finire  con le prossime elezioni, cercano di  marcare dei punti fermi in materia di pensioni da inserire  nella prossima legge finanziaria o di stabilità o di bilancio o come si chiamerà questa volta. Così il governo avrà qualche elemento da spendere in campagna elettorale in un Paese prevalentemente anziano,  in pensione o prossimo ad andarci. Gli elementi centrali di questa nuova tornata di “concertazione” sono la pensione di garanzia per i giovani ed il rilancio della previdenza complementare dando così modo ai  sindacati di dimostrare che non si interessanso solo dei vecchi ma anche dei giovani.

Ma a raffreddare gli spiriti è il rapporto sulle tendenze nel medio lungo periodo del sistema pensionistico che la Ragioneria Generale dello Stat (Rgs) redige annualmente. Il rapporto n.18 appena di pochi giorni fa è stato elaborato tenendo  conto delle nuove previsioni demografiche ISTAT di aprile 2017 così da ipotizzare quali saranno i futuri tassi  di sostituzione delle pensioni ( il rapporto fra ultimo stipendio e prima rata di pensione) e i requisiti di età pensionabile in base alle nuove tendenze demografiche.

La prima novità è il ridimensionamento delle ipotesi di un continuo aumento della vita dei prossimi cinquant’anni. Nel 2065, la speranza di vita degli uomini è prevista a 86,1 e quella delle donne a 90,2. Nella precedente previsione Istat, con base 2011, i valori erano  di 86,6 e 91,5. E’ poco ma segna un’inversione di tendenza. Per quanto le ipotesi al flusso degli immigrati è stato determinato in un valore medio annuo di 154 mila unità.

Sulla base delle ipotesi demografiche e macroeconomiche, il tasso di crescita del PIL reale si attesta intorno ad un valore medio-annuo dell’1,2%.   Relativamente al sistema pensionistico, le previsioni tengono conto dell’adeguamento biennale dei coefficienti di trasformazione. Si ricorda che su questo punto  è in atto  una richiesta di contenere se non eliminare  del tutto l’innalzamento periodico biennale dei requisiti di accesso al pensionamento in funzione della speranza di vita. L’andamento della spesa pensionistica è stata calcolata tenendo conto dei benefici contenuti nella legge di bilancio 2017 (L 232/2016) diretti, in particolare, ad aumentare i trattamenti pensionistici tramite la c.d. 14-sima  e a facilitare l’uscita anticipata con l’Ape Sociale, l’opzione donna ed i lavoratori precoci.

Dopo la crescita della spesa per pensioni nel triennio 2008-2010, imputabile esclusivamente alla fase acuta della recessione, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL ha risentito negativamente dell’ulteriore fase di crisi degli anni successivi e, segnatamente, della contrazione del PIL per il triennio 2012-2014. A partire dal 2015-2016, con un  andamento di crescita più favorevole e dell’ innalzamento dell’età pensionabile, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL diminuisce nel primo quinquennio per attestarsi attorno al 15,4-15,5% successivamente fino al 2019, dovuto anche  dall’introduzione del sistema di calcolo contributivo per tutti dal 2012. Negli anni successivi, aumenta nuovamente fino al 16,3%, nel 2044.

La successiva fase di crescita della spesa pensionistica, è dovuta all’incremento del rapporto fra il maggior numero di pensioni e il minor numero di occupati, solo in parte compensato dall’innalzamento dell’età pensionabile nonostante  la riduzione degli importi pensionistici dovuto alla graduale applicazione del sistema contributivo sull’intera vita lavorativa per gli assunti dal 1996. Tale andamento si spiega sia con la progressiva eliminazione delle generazioni del baby boom che con l’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento alla speranza di vita.

Oltre alla sostenibilità finanziaria, i sistemi pensionistici devono assicurare l’adeguatezza delle prestazioni. Infatti, la sostenibilità finanziaria, crea squilibri sociali socialmente  rendendo inevitabili successive revisioni del quadro normativo ed interventi di sostegno a favore delle posizioni economicamente più deboli cosa cui mira appunto la pensione minima per tutti. I tassi di sostituzione lordi risultano leggermente ridotti nel medio lungo periodo soprattutto a causa del più basso tasso di capitalizzazione dei contributi, collegato al PIL, dovuto essenzialmente ad una minore dinamica occupazionale. Diversamente, l’effetto di una crescita della longevità leggermente inferiore nelle nuove previsioni demografiche Istat trova sostanziale compensazione nella revisione dei coefficienti di trasformazione.

Il forte incremento del rapporto fra spesa pensionistica e PIL è interamente imputabile alla contrazione della crescita economica e non già come si pensa  al  sistema pensionistico italiano in se stesso  che, per effetto degli interventi di riforma, recepisce le soluzioni più draconiane in ambito UE. Tale sistema, infatti

  1. applica il calcolo attuariale della pensione in ragione del livello di contribuzione e del periodo medio di pagamento delle prestazioni, automaticamente adeguato all’evoluzione della mortalità,
  2. ha disposto i necessari incrementi dei requisiti di accesso al pensionamento prevedendone l’adeguamento automatico agli andamenti della speranza di vita.

Più pessimista il Fondo Monetario Internazionale, secondo cui l’Italia spende ancora troppo per le pensioni. Il Fondo nel documento approvato dall’Executive Board di Washington il 27 luglio scorso, stesso giorno dell’incontro Governo Sindacati sulle pensioni, esprime le sue preoccupazioni sulla famosa curva pensionistica che sarebbe del 13,5 % in rapporto al Pil nel 2060! Il FMI con l’occasione dà anche una risposta a Boeri, di cui certamente Cottarelli, ritornato a fare direttore executivo FMI dopo la sua deludente esperienza come “tagliatore” della spesa pubblica italiana, conosce bene. Infatti secondo il Fondo monetario viene sovrastimato l’apporto dei migranti, quando noi stessi ammettiamo che sono dei flussi in transito.

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Autore: clinguella@finanza Finanza.com Blog Network Posts

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