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giusto prezzo del carbonio è 10 volte più alto di adesso

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Come stabilire un prezzo del carbonio equo per rispettare Parigi

(Rinnovabili.it) – Quanto deve costare una tonnellata di carbonio per costringere le imprese ad inquinare meno? Una risposta prova a darla Carbon Market Watch nel suo nuovo policy briefing, un documento con tutti i suggerimenti per i decisori politici che vogliano utilizzare meccanismi finanziari realmente efficaci per ridurre le emissioni. Molti paesi, infatti, Unione Europea in testa, hanno deciso di utilizzare questa strategia. Ma fino ad ora si è rivelata inefficace perché il prezzo del carbonio è troppo basso per spingere l’industria ad accelerare la transizione energetica.

In Europa il sistema di scambio delle emissioni è stato costruito affidando al mercato il compito di stabilire il costo della CO2, ma la mole di quote gratuite immesse dalla Commissione Europea ha fatto crollare i prezzi fino a 5-6 euro/ton, svuotando di senso il meccanismo. Anche negli altri paesi dove sono in vigore forme di tariffazione del carbonio, la tonnellata costa sempre meno di 10 dollari. Per raggiungere gli obiettivi concordati con l’Accordo di Parigi, calcola la ONG con sede a Bruxelles, entro il 2020 bisognerebbe alzare il prezzo a 40-80 dollari la tonnellata, mentre dal 2030 servirebbe un ulteriore balzo per portarla tra i 50 e i 100 dollari.

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Secondo Carbon Market Watch, però, non basta mettere in campo questi sistemi se parallelamente non si evitano misure controproducenti che possono pregiudicarne l’efficacia. Ad esempio i sussidi ai combustibili fossili, l’assegnazione gratuita delle quote di emissione, le esenzioni fiscali, gli sconti e l’utilizzo di meccanismi per la compensazione dell’inquinamento (ad esempio la riforestazione). Oltre a combattere il cambiamento climatico, spiega la ONG, stabilire un prezzo del carbonio più equo può offrire vantaggi significativi. Ad esempio può comportare una riduzione anche degli altri inquinanti atmosferici legati a cicli produttivi insostenibili, generare ricavi da reinvestire in politiche climatiche e nella transizione, combattere la povertà energetica o ridurre le tasse. Utilizzare i proventi incamerati dai inquinatori, in definitiva, potrebbe aiutare gli stati ad ottenere quello che viene chiamato un doppio dividendo: da una parte la riduzione delle esternalità negative, dall’altra la riduzione delle distorsioni allocative, se il gettito ottenuto viene impiegato per ridurre i prelievi che lo provocano.

Autore: redattore Rinnovabili

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