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[Recensione] Recensione Wolfenstein II: ambizione a livelli estremi

Author: GAMEmag – Videogames

Un seguito estremo

Il gioco è un vero ‘Episodio 2’ del reboot della saga di Wolfestein e prende le mosse subito dopo quanto raccontato in New Order: BJ Blazkowicz è gravemente ferito – a seguito del vittorioso scontro che ha portato alla distruzione del laboratorio londinese del Generale Wilhelm ‘Deathshead’ Strasse – bordo del Martello di Eva (il più grande sottomarino del mondo, trafugato alla Kriegsmarine), è in fuga nel cuore dell’Atlantico, assieme ai componenti del Circolo Kreisau, l’ultima vera resistenza all’egemonia nazista ormai dilagante a livello mondiale.

Siamo, infatti, nel 1961 e, nella distopia immaginata da Machine Games, il Terzo Reich, grazie all’utilizzo della tecnologia carpita a un’antica setta di origine ebraica (la Da’at Yichud), ha vinto la Seconda Guerra mondiale, ha piegato gli Stati Uniti dopo il lancio di una testa nucleare su New York e ha espanso il proprio dominio su pressoché tutto l’orbe terracqueo.

Il secondo capitolo del nuovo corso della saga di Wolfenstein alza – e di molto – l’asticella per i setting ucronici e dispotici nel mondo dei videogiochi

Le narrazioni ucroniche (o distopiche) mi hanno sempre affascinato. Nel corso degli anni ho letteralmente fatto incetta di libri, film, fumetti e videogiochi che sfruttassero questo espediente. Va da sé che uno dei ‘bivi storici’ che maggiormente ha stuzzicato la fantasia degli autori, nell’indagare la possibilità opposta alla realtà, è stato proprio quello connesso all’esito del Secondo Conflitto Mondiale. Si pensi a ‘Fatherland’, bestseller di Robert Harris, al celebre e ‘cervellotico’ ‘L’Uomo nell’altro castello’ (o ‘La Svastica sul Sole’) di Philip K. Dick (libro che, di recente, ha ispirato un’omonima – e decisamente godibile – serie Tv), ma anche a opere più sperimentali come ‘Il Signore della Svastica’ di Norman Spinrad.

Più di recente, anche il medium videoludico ha cominciato a esplorare ‘universi alternativi’ dal punto di vista storico: si pensi, per esempio, a Turning Point, in qualche modo ad Homefront e, naturalmente a WF: New Order. Esperimenti più o meno efficaci e ispirati, ma per certo certamente meno efficaci ed estremi di New Colossus.

Il secondo capitolo del nuovo corso della saga di Wolfenstein alza – e di molto – l’asticella per i setting ucronici e dispotici nel mondo dei videogiochi, confezionando un setting curatissimo, credibile e assolutamente (pur nella propria ‘devianza’ ideologica) ispirato. E lo fa con forza, senza paure e senza inopportuni moralismi, lanciando un messaggio ben chiaro, ma non scontato né privo di sfaccettature o problematicità.

Troppe volte il mondo dell’intrattenimento – soprattutto quello videoludico, sempre al centro di moralismi più che superficiali – ha avuto difficoltà a parlare di certi temi o vicende storiche. Spesso anche solo il mostrare un simbolo connesso al Male – ad esempio la Svastica – comporta dei problemi, anche se ‘assegnato’ solo ai nemici. Sono consapevole che cautela e rispetto siano necessari, ma credo anche che aver troppa paura di creare prodotti narrativi che ruotino attorno a periodi storici complessi o a tematiche ‘impegnate’, non aiutino la loro comprensione. Anzi: creare tabù, quando non aumenta l’attrattiva del ‘proibito’, certamente non favorisce l’apprendimento. Machine Games, in questo, si è rivelata pioniera. E gliene va dato atto.

Willkommen in den Nationalsozialistischen Staaten von Amerika

Il primo tassello che Machine Games ha predisposto – per ‘dipingere’ la propria potente distopia – è quello visivo. NC si svolgerà negli USA dominati dai Nazisti, offrendo al giocatore numerose ambientazioni diverse da attraversare, esplorare e in cui combattere.

Che si tratti della New York nuclearizzata, del Texas o di Washington e Roswell, aggirarsi nel 1961 di NC risulterà convincente e spettacolare. A prescindere dal fatto che ci si muova dentro o fuori le strutture naziste.

Il lavoro di Machine Games è estremamente positivo perché – oltre che ben fatto e curato -, si rivela vario e soprattutto credibile.

Se New Order aveva un po’ troppo abusato del cliché di una architettura nazista futuristica intesa come scura, cupa, fredda e ‘industriale’, NC fa molto meglio, proponendo soluzioni meno banali.

Se New Order aveva un po’ troppo abusato del cliché di una architettura nazista futuristica intesa come scura, cupa, fredda e ‘industriale’, NC fa molto meglio, proponendo soluzioni meno banali

Ecco allora i tristi ruderi della Manhattan devastata dalla bomba atomica che ha deciso la guerra. Quello che resta della Grande Mela, non solo restituisce credibilmente le conseguenze dello scoppio nucleare, risulta coerente con quanto accaduto nel mondo di gioco: New York è ‘morta’ durante la Seconda Guerra mondiale (ed ecco tracce visibili di una città ancora in guerra) ed ora si sta ‘nazistificando’ (per lo meno nelle poche strutture protette dalle radiazioni). Ambienti, arredi, colori, oggetti e pubblicità restituiscono alla perfezione queste diverse fasi.

Washington DC si è invece trasformata in una capitale nazista: gli scorci che potremo vedere avranno le architetture imponenti, proprie del Terzo Reich, installate su quello che già caratterizzava la principale città statunitense. La spianata del National Mall, allora, pur mantenendo i suoi monumenti originali (come l’obelisco e il Lincoln Memorial), è adesso fiancheggiato da installazioni possenti e molto verticali, che lo rendono ancora in grado di essere un luogo per le adunate, ma molto più solenne e pesante. Coerentemente con la Weltanschauung del Terzo Reich. Interessante anche la resa di Roswell: la cittadina del New Mexico mantiene il proprio spirito americano, ma tradisce il cedimento all’occupazione. Il cielo è terso e c’è la parata militare con palloncini e banda musicale. Ma i colori sono il nero, il bianco e il rosso, le bandiere hanno la croce uncinate e le uniformi sono tutte nere. Le aquile americane hanno lasciato posto a quelle del Reich. Per le strade girano ‘tranquillamente’ dei cittadini con la ‘divisa’ del Ku Klux Klan e – naturalmente – dimostrano di trovarsi a proprio agio con i rappresentanti delle forze d’occupazione. La Roswell di NC, insomma, è una plausibilissima cittadina americana degli anni ’60, ma è ‘contaminata’, in modo progressivamente più opprimente, dalla dominazione nazista e dai ‘valori’ che essa ha portato con sé.

Una menzione meritano anche gli interni delle strutture naziste. Se le installazioni militari possiedono la ‘solita’ rigorosa freddezza, sono uffici e sale di rappresentanza a ribadire la cura dietro NC: l’iconografia nazista (il suo gigantismo neoclassico) è proposta secondo quella che sarebbe potuta essere un’evoluzione coerente, in caso di vittoria del III Reich. Anche il culto della personalità del Führer (raffigurato trionfalmente ad ogni piè sospinto) è del tutto credibile. Impressiona la vastità degli spazi, interamente tappezzati dalle bandiere del Reich e costellati da aquile naziste circondate da raggi di luce dorati. Davvero un lavoro convincente.

Interessante anche l’attenzione dei Nazisti per i media: coerentemente a quanto accaduto nella realtà, il III Reich anche in NC si mostrerà dedito alla propaganda spettacolarizzata, facendo prosopopea di ogni risultato ottenuto nella guerra contro i terroristi, usando tv, cinema e stampa.

Machine Games, infine, completa il proprio visionario setting andando a immaginare che la colonizzazione nazista sia divenuta decisamente ‘estrema’: dopo le installazioni lunari di New Order, infatti, ci spingeremo ancora più in là nello spazio.

La coinvolgente epopea di BJ Blazkowicz

In NC, BJ Blazkowicz e il circolo Kreisau hanno come fine ultimo far risvegliare gli Americani dal proprio torpore, per generare una sollevazione di massa di chi non si è piegato (o, ahimè, persuaso) all’ideologia degli occupanti. Uccidendo quanti più Nazisti possibile durante percorso.

Sulla carta niente di particolarmente rivoluzionario o troppo profondo. Eppure le vicende narrate in NC si rivelano estremamente coinvolgenti e meno scontate del previsto.

La ragione di tutto ciò risiede anzitutto nell’ottima caratterizzazione dei principali personaggi coinvolti in NC. Tanto le figure centrali, quanto quelle di contorno.

Blazkowicz si rivela non essere solo un ‘bestione da guerra’: ha idee tanto semplici quando radicate (non si può vivere passivamente in un mondo dominato dai Nazisti e, men che meno, vi si possono mettere al mondo dei figli). Ma, per ottenere questo obiettivo dovrà ‘recitare’ più ruoli, interagendo con pensieri differenti e personalità decisamente varie. I suoi monologhi e (come scopriremo) le vicissitudini della sua infanzia, ci restituiranno un BJ molto più profondo del previsto. Gli intrecci del nostro eroe con tutto il cast dei personaggi di supporto – e con gli antagonisti – è raccontato magistralmente: dialoghi, monologhi, scenette di intermezzo e fasi di vera e propria narrazione: tutto funziona, convince e intrattiene. BJ esce da New Colossus come personaggio vero, a tutto tondo, in grado di creare grande empatia coi giocatori. Non sarà poi così complesso, ma è credibile e ben strutturato. Figura altrettanto positiva fanno tutti i membri del Circolo Kreisau.

I personaggi di contorno principali si rivelano ben scritti e ben recitati. Ciascuno di loro può vantare un’adeguata caratterizzazione e un background interessante, rendendo le cut scene decisamente gratificanti. I dialoghi che vedono coinvolto BJ con ognuno dei suoi compagni hanno consentito a Machine Games di toccare numerosi argomenti socio-politici, ma anche psicologici ed esistenziali. Domina la figura di Blazkowicz – di cui scopriremo credo politico, visione del mondo, spiritualità, desideri piccoli e grandi e anche background famigliare -, ma Anja, Grace, Spesh, Set, Sigrun e tutti gli altri non sono da meno, visto che ciascuno di loro consente di affrontare temi e relazioni tutt’altro che in modo superficiale.

Ottima caratterizzazione dei principali personaggi coinvolti in NC. Tanto le figure centrali, quanto quelle di contorno

E ancora: persino i membri della resistenza che non svolgono un ruolo di primo piano nella trama godono di buono spessore. Avvicinandosi a qualsiasi componente dell’equipaggio del Martello di Eva (che crescerà con il prosieguo del gioco), si potrà ascoltare qualche sua battuta che lo caratterizzerà per provenienza, personalità, passioni e interessi (alle volte si sbloccheranno anche delle utili missioni secondarie).

Quanto agli antagonisti, di nuovo, bisogna registrare l’ottimo lavoro di Machine Games.

Detto che i Nazisti – potenti, tecnologici, organizzati e spietati – non cessano di essere un nemico ‘vincente’ per qualsiasi prodotto di intrattenimento, si deve dire come il Generale Engel sia un ‘main villain’ di altissimo livello, superiore anche – per restare nel mondo di Wolfenstein – a Deathshead.

Magistralmente realizzata e recitata, la prima donna del Reich si rivela un ‘cattivo’ di prim’ordine, oscillando tra teutonica efficienza e turba psichica, tra sadismo disturbante e rigore marziale in un batter d’occhio. Engel è certamente un leader che sa rivolgersi ai propri sottoposti conoscendone mentalità, pregi e difetti e questo la rende particolarmente pericolosa e detestabile. Certo – come accaduto con Deathshead – forse Machine Games si è fatta un po’ prendere la mano, attribuendo alla Engel caratteristiche negative un po’ stereotipate, ma si tratta davvero di un dettaglio minimo.

Interessante anche la presentazione dei Nazisti ‘normali’. Durante il gioco si potranno origliare numerose conversazioni tra soldati e si potranno leggere molte lettere e rapporti del nemico. Questi contenuti restituiscono una certa umanità dei nemici di Blazkowicz e del circolo Kreisau: per quanto essi partano da presupposti valoriali a dir poco folli (frutto del dominio mondiale dell’ideologia nazista), spesso si trovano a discorrere di argomenti e problemi del tutto comprensibili e normali. Il lato umano dei soldati del Reich, che traspare da questi documenti – e che viene sottolineato dal Regime ogni qual volta si trovi a denunciare le violenze perpetrate da Blazkowicz e dai suoi compagni “terroristi” -, restituisce una qualche problematicità nei massacri che il giocatore è chiamato a compiere.

Intendiamoci, i personaggi in gioco non tradiscono alcuna compassione e Machine Games non ha intenzione di instillare nessun tipo di dubbio circa la negatività del Nuovo Ordine nazista, però al giocatore viene fatto sapere come i soldati che vestono l’uniforme nera con le croci uncinate abbiano figli, genitori e sogni. Esattamente come noi. Scelta coraggiosa, che meriterebbe un approfondimento anche in altra sede, ma che consente se non altro di farci riflettere sul rischio di omologazione e inquadramento che tutti noi potremmo correre nei confronti del pensiero dominante, del potere, dell’ideologia maggioritaria, dell’odio.

Ultimo elemento da citare – ma brevemente, per evitare spoiler – è la (di nuovo) coraggiosa scelta di Machine Games di coinvolgere anche personaggi storici reali nella propria narrazione. Gli sviluppatori, infatti, hanno immaginato come una figura chiave della II Guerra Mondiale potrebbe essere diventata in questo 1961 ucronico. Esperimento interessante e che, seppur con qualche banalità, si può considerare riuscito. Il vero peccato è che non si sia cercato di introdurre un maggior numero di personaggi storici nel plot di NC: sarebbe stato – per più motivi – un rischio decisamente rilevante, ma sarebbe stato decisamente gratificante.

L’inefficace macchina da guerra nazista

Wolfenstein II, dunque, racconta una storia interessante e sviluppa temi tutt’altro che scontati, in un setting visionario e ben realizzato. Ma come si comporta a livello ludico?

New Colossus replica e migliora la struttura di New Order, mettendo tra le mani del giocatore uno shooter cruento e chiassoso, inframmezzato da alcune dinamiche stealth e da alcuni passaggi di ricerca ed esplorazione. L’impianto da sparatutto è votato al dominio del nemico. Blazkowicz, da subito, è tremendamente efficace e super equipaggiato. La sua salute iniziale è bassa, ma c’è sempre la possibilità di aumentare la propria protezione con elementi di armatura reperibili pressoché ovunque. La potenza di BJ, però, è garantita da un arsenale ricco (le munizioni non scarseggeranno mai) e dominante. Non ci sono tantissime armi tra cui scegliere, ma due o tre di esse sono davvero gratificanti da usare, modificare (tre upgrade possibili per ogni fucile, a patto di trovare altrettanti kit di sviluppo).

Il LaserKraftWerk merita un discorso a parte. Si tratta dell’ennesima arma che la resistenza ha trafugato al Reich per rivoltargliela contro (uno dei cliché più fastidiosamente abusati in Wolfenstein) e, nella sua versione compatta (evoluzione di quanto visto in New Order) è portatile, imbracciabile con un’altra arma e semplicemente devastante. Seppure non dotato di un elevato rateo di fuoco, il LaserKraftWerk vaporizza con un colpo ogni avversario umano e, con un paio di colpi a piena carica, può abbattere pressoché ogni tipologia di ÜberSoldat. Le forze meccanizzate più imponenti richiedono solo qualche colpo addizionale. Per quanto gratificante, questa risorsa risulta decisamente troppo sbilanciata e finisce per banalizzare anche quasi tutte le (simil) boss fight che il giocatore affronterà.

La componente stealth è presente praticamente sempre: in quasi tutti i livelli di gioco, infatti, BJ sarà chiamato ad infiltrarsi in aree occupate da Nazisti inizialmente inconsapevoli di essere sotto attacco. Le forze del Reich saranno frequentemente comandate da uno due ufficiali in grado, se allertati, di chiedere rinforzi. Il giocatore avrà una sorta di radar a schermo che indicherà posizione di massima e distanza dei comandanti. Condotta consigliabile – ma assolutamente non necessaria – è mantenere un profilo basso mentre si cerca di raggiungere gli ufficiali, per eliminarli prima che diano l’allarme. Si tratta di una variabile interessante, abbastanza impegnativa e tutto sommato gratificante. Presto però ci si accorgerà di come non sia assolutamente qualcosa di davvero utile: i rinforzi chiamati non saranno mai troppo numerosi e la potenza di fuoco di BJ potrà eliminarli con buona facilità.

Proprio lo shooting ‘nudo e crudo’ rappresenta il vero problema di Wolfenstein II.

Si tratta purtroppo di una situazione piuttosto pesante che – a ben vedere – non può che ridimensionare l’entusiasmo generato dal prodotto di Machine Games.

L’impianto da sparatutto è votato al dominio del nemico

Perché passi per la grande potenza di fuoco, le massicce difese e le risorse pressoché infinite a disposizione di BJ, però è l’atteggiamento del nemico ad essere del tutto inaccettabile.

Il comportamento dei Nazisti, infatti, denuncia dei limiti pesantissimi nell’intelligenza artificiale messa a punto da Machine Games. Le truppe del Reich si muoveranno incuranti del fuoco nemico, sfruttando le coperture e gli ambienti in modo risibile e – di fatto – esponendosi costantemente e scioccamente agli attacchi del giocatore.

Se l’utente riuscirà ad attirare la loro attenzione, facendosi inseguire fino a qualche spazio angusto – o, ancora meglio, in prossimità di porte attraversabili (dal giocatore ma non dai nemici!)-, per i Nazisti non ci sarà nessuno scampo: essi si fionderanno, uno dopo l’altro, in modo ridicolo, nel campo visivo del giocatore che, con un po’ di pazienza, potrà falciarli senza troppi rischi (a parte qualche granata che, comunque, si può rispedire al mittente).

Questa dinamica fa sì che tutto l’approccio stealth – non solo non sia più necessario – a tratti si riveli persino controproducente: se ci addentrassimo eccessivamente nel livello, senza farci scoprire, una volta individuati saremmo ‘in mezzo al nemico’. Molto meglio, allora, attaccare subito da una posizione ‘stretta’, aspettando che tutte le forze del Reich cerchino di stanarci (cosa che non sapranno assolutamente fare).

Utilizzando questa metodologia si può realmente fare subito piazza pulita del nemico che presidia intere sezioni, luoghi che poi potremo attraversare (ed esplorare in cerca di collezionabili, potenziamenti e risorse) pressoché in solitaria.

Le uniche situazioni in cui i soldati del Reich risultano realmente efficaci sono quelle in cui BJ si trova costretto in ambienti ampi, multiaccesso e multilivello. E lo fanno non tanto perché dotati di mira infallibile o di capacità di osservazioni esagerate – questi sono elementi positivi: troppe volte ci siamo imbattuti in nemici iperperformanti e non credibili, da questi punti di vista – ma perché numerosi, veloci e in grado di sorprenderci da posizioni imprevedibili. La salute/corazza di BJ, per quanto facilmente ripristinabile, cala con rapidità e quindi, quando si è esposti a fuoco incrociato, si dura poco. Come detto, però, con un po’ di pianificazione, sfruttando le tare dell’IA, queste situazioni saranno decisamente rare.

L’inefficacia della macchina da guerra nazista risulta evidente anche negli scontri con gli ÜberSoldat e le altre mostruosità meccaniche partorite dalle fabbriche del Reich: in molte situazioni, per i nostri nemici, saranno letali lentezza, dimensioni e reattività pressoché inesistente. Sfruttando la forza e la versatilità del LaserKraftWerk, infatti, i nemici più mastodontici diverranno facili bersagli destinati a una rapida e ingloriosa fine.

Dopo aver effettuato questi ‘furbi’ massacri, aggirandoci per i livelli, noteremo come tutto fosse stato pensato in modo differente da Machine Games: le possibili vie d’accesso per BJ, le postazioni di difesa dei Nazisti, le torrette fisse, i centri di comando… tutto tradisce l’intenzione di farci giocare scontri a fuoco strutturati e credibili che, però, l’insufficiente IA, rende di fatto una possibilità remota.

Tutto questo è un peccato e non solo perché il livello di sfida e di variabili sia ridotto al minimo, ma anche perché Machine Games aveva creato un sistema di shooting davvero valido: BJ può realmente fare tantissime cose – correre, appostarsi, saltare, nuotare, selezionare diverse modalità di fuoco per ciascuna arma, lanciare e rilanciare granate, effettuare uccisioni stealth dalla distanza e ravvicinate, interagire con numerosi elementi ambientali… – e tutto (tranne l’utlizzo delle coperture) funziona davvero bene. Solo che, come detto, non serve quasi mai.

La vastità del Reich

Wolfenstein II ha parecchio da offrire anche oltre alle missioni principali della storia. Ben presto avrete la possibilità di decifrare il celeberrimo codice Enigma dei nazisti (anche se attraverso un minigioco parecchio frustrante): questo vi consentirà di scoprire la posizione dei principali comandanti del Reich e di organizzare delle missioni per eliminarli, riuscendo così ad aiutare la resistenza della zona.

Come accennato, poi, ci sono tutta una serie di missioni secondarie da non sottovalutare: alcune hanno solo lo scopo di raccontare qualche dettaglio in più dei personaggi non giocanti, ma altre possono realmente spostare gli equilibri, dotando BJ di ulteriori potenziamenti perenni, in grado tanto di modificare i suoi movimenti, quanto il suo stile di combattimento e le vie d’accesso alle varie sezioni dei livelli.

Notevole anche la scelta di migliorare le capacità di BJ in base alla condotta del giocatore: come conseguenza delle nostre azioni, infatti, Blazkowicz migliorerà i propri poteri, con effetti concreti e immediati. Qualche esempio per essere più chiari: effettuando un certo uccisioni corpo a corpo, faremo sì che la nostra salute si rigeneri più rapidamente; completando sufficienti kill con le armi pesanti, faremo sì che le stesse, quando staccate dai loro supporti fissi, abbiano più munizioni; collezionando headshot, aumenteremo i danni di ogni nostro sparo. E così via.

Conclusioni

Wolfenstein II: The New Colossus è un gioco certamente ambizioso e – a modo suo – impegnato.

Le avventure di BJ Blazkowicz si svolgono in una inquietante distopia in cui il Terzo Reich ha vinto la Seconda Guerra mondiale, ha assoggettato gli USA e si è espanso fino alla conquista dei pianeti del sistema solare.

Prosecuzione diretta di New Order – primo capitolo del ‘reboot’ alternativo della saga, ideato da Machine Games – New Colossus espande e potenzia tutta l’offerta del proprio predecessore.

Il comparto di setting e narrazione è decisamente quello che funziona maggiormente: la storia si sviluppa convincente e, per quanto semplice, sa regalare qualche sorpresa decisamente notevole.

I personaggi – principali e non – sono scritti e interpretati a meraviglia e questa è la principale ragione del coinvolgimento che Wolfenstein II garantisce. La vicenda personale di BJ – e le vite che incrocia – sono il cuore di tutto il racconto di Machine Games e, pur non sfuggendo a qualche cliché di troppo, convince, diverte e commuove. Emoziona, insomma.

Il Terzo Reich ‘mondiale’ del 1961 è un’altra interessante realizzazione: l’evoluzione del Nazismo e la sua penetrazione negli USA viene – in modo provocatorio e tutt’altro che banale – ben tratteggiata dalla fantasia degli sviluppatori.

Pur restando chiaro che il mostruoso Reich (con le proprie disturbanti figure apicali) è l’antagonista, non manca lo spazio – affidato per lo più ai documenti collezionabili – per comprendere la ‘normalità’ dei soldati nemici che, per quanto esponenti del Regime, restano uomini con famiglie, sogni e speranze. Questo elemento non fa mai tentennare i protagonisti del gioco – che non hanno scrupoli a farsi passare per terroristi e a massacrare schiere di nemici -, ma può spingere a qualche riflessione in più il giocatore.

Il Terzo Reich ‘mondiale’ del 1961 è un’altra interessante realizzazione: l’evoluzione del Nazismo e la sua penetrazione negli USA viene – in modo provocatorio e tutt’altro che banale – ben tratteggiata dalla fantasia degli sviluppatori

Lo shooter di Machine Games è ben pensato: BJ può fare compiere tantissime azioni – tutte utili – e può contare su un arsenale non molto ampio ma tremendamente efficace e carismatico. I livelli rivelano un buono studio e consentono molteplici approcci – dallo stealth, all’assalto frontale -. Il sangue scorre a fiumi, senza nessuna concessione agli stomaci deboli.

Non mancano preziose fasi esplorative, dove raccogliere collezionabili, potenziamenti e documenti in grado di farci capire meglio il mondo di gioco. BJ è potentissimo: la sua versatilità, la potenza del suo arsenale (in particolare del LaserKraftWerk) e la facilità nel reperire rifornimenti di ogni genere, lo rendono una vera e propria macchina da guerra, nonostante possa sempre subire un numero non eccessivo di danni.

Il vero problema – l’unico mastodontico difetto nell’offerta ludica di WF II -, però, risiede nella totale insufficienza dell’IA nemica. Sarà troppo facile ripulire intere sezioni di livello attirando i nemici in passaggi stretti, dove BJ, avendo le spalle coperte e qualche copertura da sfruttare, potrà massacrare orde di avversari che metteranno in mostra comportamenti spesso imbarazzanti e, certamente, privi di qualsivoglia approccio tattico al nemico. Unendo l’inefficienza dei Nazisti comandati dall’IA alla forza bruta di BJ, si ottengono scontri scontati pressoché in ogni circostanza. Peccato davvero.

Le missioni principali non sono tantissime ma vengono completate e supportate da tutta una serie di incarichi e di incursioni collaterali – utili per comprendere meglio la trama o per avere potenziamenti realmente impattanti – che fanno sì che il gioco sia sfruttabile anche dopo i titoli di coda della campagna.

In definitiva Wolfenstein II è coinvolgente, ampio e interessante. Paga, però, eccessivamente dazio a un’IA davvero debole, che rende il ‘cuore shooter’ del gioco troppo spesso deludente. Tutto quello che ruota attorno allo sparatutto, però, resta per lo più eccellente.

PRO

  • Trama interessante e coinvolgente. Non mancano le sorprese
  • Ottima narrazione
  • Eccellente caratterizzazione dei personaggi
  • Ucronia visionaria e convincente
  • Arsenale ridotto, ma valido
  • Tante mansioni ‘collaterali’ da fare
  • Sistema di shooting ricco e profondo
  • Buona grafica

CONTRO

  • IA drammaticamente debole
  • Protagonista troppo performante e ‘rifornito’
  • Qualche problema con gli effetti sonori e la musica durante i combattimenti più lunghi

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