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Alfonso Iaccarino, il legame indissolubile tra cibo e salute

Author: stefania Rinnovabili

Alfonso Iaccarino

Alfonso Iaccarino con la moglie Livia

(Rinnovabili.it) – Alfonso Iaccarino ha alle spalle una lunga tradizione familiare: quattro generazioni di albergatori e ristoratori dell’incantevole Penisola Sorrentina. Nel 1973, quando con la moglie Livia – una donna forte e delicata, grande esempio di buon gusto e cortesia, presente in sala con il figlio Mario – decide di diventare ristoratore, va subito controcorrente: negli anni in cui impazzano burro, pennette al salmone e nouvelle cuisine lui propone olio d’oliva, pomodoro (quello del piennolo del Vesuvio è un meraviglioso prodotto DOP) e basilico. Nella sua azienda agricola comincia a produrre alimenti biologici quando sembra un’attività da sognatori. I risultati hanno premiato il suo intuito e la sua creatività: “Don Alfonso 1890” di Sant’Agata sui Due Golfi, in provincia di Napoli, è stato uno dei primi grandi ristoranti campani e uno dei primi in Italia ad avere le tre stelle Michelin. Il suo successo ha fatto decollare la ristorazione del Sud.

Negli anni Settanta, il biologo e fisiologo statunitense Ancel Keys gli fa capire l’indissolubile legame tra cibo e salute e quindi i principi fondamentali di una dieta sana. Alfonso Iaccarino è un campano vero che porta la cultura gastronomica e la dieta mediterranea nel mondo: è un convinto assertore della qualità delle materie prime, i suoi menù seguono il corso delle stagioni, valorizzano la varietà e la qualità dei prodotti del nostro territorio. A metà strada fra tradizione e modernità, ha sdoganato prodotti come il pacchero di Gragnano (un formato di pasta che una volta si dava ai militari) facendolo diventare di tendenza e declina i legumi, una volta considerati cibo dei poveri, con grande maestria.

Abbiamo intervistato Alfonso Iaccarino al termine del divertente show cooking che ha tenuto durante la manifestazione Nuova Campania tra innovazione e controllo – Le nuove frontiere della ricerca su ambiente, cibo e salute promossa il 5 e 6 dicembre da Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Università di Napoli Federico II e Regione Campania nella suggestiva Reggia borbonica di Portici (Napoli).

Com’è nata la sua collaborazione con l’Università Federico II di Napoli?

Ci siamo cercati a vicenda. Credo che oggi i tempi siano maturi: l’università sente la necessità di inserire un professionista di qualità in un contesto accademico. Personalmente ho sempre sostenuto che si debba stare in cucina con la laurea, avere grande rispetto per la cultura alimentare. Mio figlio Ernesto, ad esempio, si è laureato, ha fatto esperienza nei migliori ristoranti del mondo e oggi guida il “Don Alfonso”. Credo che con lui il ristorante abbia fatto un salto di qualità: i principi sono gli stessi, ma lui è più tecnologico e innovativo, specie per quanto riguarda le cotture e il trattamento delle materie prime. Nella ristorazione c’è bisogno di varie figure professionali: chi può organizzare il lavoro, chi si intende di materie prime, chi conosce la scienza degli alimenti, i componenti. Il futuro sarà questo, nascerà dall’unione di competenze diverse.

Alfonso Iaccarino

Le fasi di preparazione del Vesuvio di rigatoni, piatto simbolo di Iaccarino

Quanto pesa un’alimentazione corretta sulla nostra salute?

Su questo argomento, Aristotele aveva le idee chiare più di 2000 anni fa: “fai che il tuo cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il tuo cibo”. Era arrivato a questa consapevolezza molto prima di noi. Il mondo è cambiato, vogliamo dar da mangiare sempre tutto a tutti, ma secondo me è sbagliato: bisogna partire dall’educazione alimentare, bisogna insegnare a mangiare bene e a rispettare la stagionalità degli alimenti. Questa mattina sono entrato in un bar per offrire un caffè a un amico e sono rimasto sconcertato quando ho visto delle mamme che hanno portato i bambini a fare colazione al bar e hanno comprato delle merendine confezionate. Parliamoci chiaro: il caffè è quello che è, il latte è quello che è, la pasticceria è quella che è, cioè un prodotto dell’industria chimica a disposizione della collettività. Sono cose che non sopporto e a cui non mi rassegno: guardando questa scena mi sono ricordato che da piccolo facevo merenda con pane e olio, sicuramente una cosa molto più sana. Resto dell’idea che il buon senso dovrebbe guidarci anche nelle scelte alimentari: una volta la carne era cibo per pochi e comunque si mangiava di rado, ora se ne mangia troppa e spesso di cattiva qualità. Ma allora non è più sano un bel piatto di legumi? Abbiamo mai pensato ai costi sanitari delle malattie legate alla cattiva alimentazione? Oggi con la cultura del cibo sta crescendo la consapevolezza dei consumatori, ma ancora c’è molta strada da fare: sulla qualità non bisogna scendere a compromessi.

La qualità delle materie prime e dei loro sapori sono alla base della sua cucina. Come sceglie i fornitori?

Ho sacrificato la villa con piscina, una barca e una grande macchina di lusso alla mia azienda agricola che fa biologico da 30 anni. Ma non mi sono sacrificato solo io, si è sacrificata tutta la mia famiglia lavorando 20 ore al giorno e investendo molto in questa azienda. Il mio sogno quale sarebbe? Spero che i giovani tornino a coltivare i campi e gli orti, ma con competenza. Vorrei che la Campania diventasse la prima regione al mondo completamente biologica e che si ritornasse agli allevamenti tradizionali, alla transumanza, al gregge perché oltre tutto sarebbe un grande vantaggio per la biodiversità. Noi abbiamo una grande storia in questo senso: dovremmo recuperare la grande varietà di prodotti che avevamo, mentre oggi è tutto omologato e siamo obbligati a scegliere tra la mela rossa e la mela gialla, quel tipo di uva, quel tipo di mandarancio, quel tipo di banane. In Campania, a Eboli, c’è un’azienda che lavora per ricostituire quel patrimonio di biodiversità; anche l’Università Federico II è impegnata nello studio e nel recupero delle vecchie varietà per valorizzare la biodiversità. Dobbiamo cambiare l’approccio al cibo: ci sono varietà meno produttive, ma che ti riconciliano col cibo, col gusto, coi sapori e coi profumi. Io ho sempre lavorato in questa direzione, cercando il benessere dei miei clienti, e voglio continuare a farlo finché il Padreterno mi darà la forza e soprattutto la testa. Quando ho iniziato questo percorso 40 anni fa qualcuno mi ha criticato e ho anche pagato a livello professionale e personale, perché dicevo cose che andavano controcorrente: ringrazio i nostri clienti che ci hanno dato il coraggio e il necessario per sopravvivere. Oggi posso permettermi di dire quello che penso, perché la libertà dell’essere umano consiste pure in queste cose.

Alfonso Iaccarino

Un momento del divertente show cooking

Lotta allo spreco, riciclo, raccolta differenziata. Come se la cava il suo ristorante?

Il ristorante che io rappresento, il “Don Alfonso 1890” ha raggiunto l’87% di raccolta differenziata. Il prossimo anno vogliamo arrivare al 90%. Come? Innanzitutto facciamo una grande lotta ai contenitori in plastica, poi ricicliamo i rifiuti per farne il concime per la nostra azienda agricola: la cenere dei camini, i fondi dei caffè, le bucce degli agrumi. Facciamo il compost e usiamo il letame dei nostri manzi e delle nostre galline. Da più di dieci anni le galline mangiano il pane e la pasta che avanza, ai manzi diamo tutto quello che rimane dagli scarti che possono essere commestibili, la frutta un po’ passata o ammaccata, la verdura che non è più all’altezza di essere servita: queste bestie godono ottima salute. La mia è una piccola azienda agricola, sono 8 ettari, ma gestirla è impegnativo. La rigogliosità, i profumi, i sapori e i colori dei nostri prodotti come pomodori, zucchine, melanzane sono davvero fuori dal comune. Lo stesso discorso vale per gli alberi, sono una vera meraviglia. Quando vado fuori dall’Italia mi mancano queste cose: viaggiare fa parte del mio lavoro, ma sono sempre contento di tornare a casa.

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