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Vento di protezionismo dagli USA. Ma i dazi non sono la risposta

Author: Gianluca Campo Rete MMT

In queste settimane continuano a rincorrersi le voci sull’aumento delle misure protezioniste statunitensi nei confronti del commercio con il resto del mondo. Il presidente Trump ha più volte chiarito di voler ridimensionare il ruolo tradizionalmente ricoperto dagli USA di paese importatore di prodotti esteri, a causa dei cospicui disavanzi commerciali detenuti verso il resto del mondo. L’aumento dei dazi sui beni e servizi provenienti dall’estero si inserisce quindi in una logica di chiusura al commercio globale che, a ben vedere, non appare di buon senso.

Nel contesto di scambi commerciali con altri paesi è sempre bene tenere in mente la differenza che intercorre tra le esportazioni e le importazioni in termini reali, dove le prime rappresentano dei costi e le seconde dei benefici.

Esportare un prodotto vuol dire impiegare forze produttive interne ad un paese per realizzare un bene di cui se ne gioverà qualcun altro all’estero. Coloro i quali utilizzano le proprie risorse per produrre dei beni e servizi che non potranno consumare andranno quindi incontro ad un costo in termini reali. Al contrario, le importazioni permettono di consumare beni e servizi prodotti dal tempo e dal lavoro di persone all’estero, e pertanto portano al godimento di un beneficio in termini reali.

Da questa differenza discende che una politica commerciale che rende più costoso l’approvvigionamento di prodotti dall’estero conduce ad un indebolimento nella capacità dei cittadini di giovarsi di beni e servizi realizzati in altri paesi, con un riflesso negativo sulla loro posizione in termini reali.

Piuttosto, in un’ottica di ottimizzazione del rapporto commerciale del paese con il settore estero, una salutare politica di scambi dovrebbe incoraggiare l’approvvigionamento della massima quantità di importazioni possibile a parità di prodotti esportati.

 

“A differenza di quanto siamo abituati a credere, le esportazioni sono un costo in termini reali, non un beneficio.”

Articolo pubblicato sulla rivista Bergamo Economia.

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