Categorie
Economia

Integrazione ReteMMT di minima al contratto gialloverde

Author: Ivan Invernizzi Rete MMT

Se dovessimo confrontarci con il nuovo governo per modificare il programma lo faremmo avendo in mente un obiettivo minimo e uno massimo, rispetto ai quali muoverci nel confronto.

Oggi scriviamo sulla modifica minima accettabile.

Il criterio che guida il nostro ragionamento è quello per cui vi deve essere un rifiuto aprioristico e vincolante della disoccupazione involontaria dato che non vi è alcun motivo per cui questa debba essere tollerata. Intendiamo per disoccupazione la forza lavoro che ricerca un impiego dignitoso[1] senza trovarlo; non è semplicemente uno spreco, ma una discriminazione nei confronti della partecipazione al sistema economico. Una produzione reale persa che non potrà mai più essere recuperata.

La piena occupazione, ovvero la capacità produttiva a regime, è il punto di partenza che apre ad una serie di dilemmi in termini di cosa produrre e come distribuire. Prima della piena occupazione questi dilemmi non hanno senso perché la torta può essere più grande; puoi produrre di più di qualcosa senza produrre meno di altro e la moneta può essere utilizzata per attivare maggiore capacità produttiva e non solo per distribuirne i frutti.

La premessa di un programma politico è la piena occupazione. Dopo aver esplicitato la premessa si può discutere di come far evolvere la struttura economica di un paese, il suo grado di dipendenza-autonomia, il suo livello di “produttività” e le implicazioni in termini di distribuzione e di povertà relativa (la piena occupazione dignitosa elimina quasi completamente la povertà assoluta).

L’integrazione di minima al contratto di governo gialloverde è la seguente.

  • Aumento della spesa in deficit pubblico ottenuto aumentando la spesa pubblica e spendendo a prezzi costanti ed eliminando l’IVA fino ad un livello di disoccupazione inferiore all’1%.
  • Rimozione del pareggio di bilancio dalla costituzione entro la legislatura.

Il contratto di governo non chiarisce quale sia il criterio con cui verrà determinata l’ampiezza del deficit e questo equivale a non esprimersi su ciò da cui dipende la validità di tutto il resto. Per questo è necessario porre la piena occupazione come limite quantitativo e “prezzi costante” come parametro “qualitativo”.

Il deficit, la valuta immessa con la spesa nel settore privato e non ritirata con le tasse, può essere ottenuto sia tramite la diminuzione delle tasse che tramite l’aumento della spesa pubblica. Noi proponiamo che ciò venga fatto su entrambi i fronti perché su entrambi i fronti vi sono semplici ed importanti misure da adottare. È necessario che questo aumenti sufficientemente da creare nell’economia una spesa capace di assorbire tutta l’offerta di lavoro.

Ciò in linea teorica può essere ottenuto se, come pare si voglia ottenere dal contratto di governo, con lo scorporo dal calcolo degli “investimenti produttivi” che permetterebbe di bypassare il limite al deficit pubblico al 3%.

Per quanto riguarda l’aumento della spesa è importante spendere a prezzi costanti al fine di non ridenominare il valore della valuta e dunque non creare inflazione o deflazione. L’inflazione non è un problema (di per sé neanche la deflazione) ma la comprensione del sistema monetario è talmente limitata a livello di media e corpi intermedi che un aumento dell’inflazione darebbe spazio a possibili fobie che nuocerebbero alla bontà del dibattito di politica economica e all’evoluzione delle politiche stesse. Evitiamo di mettere le basi per portare acqua al mulino dei fan dell’austerità e dimostriamo come sia possibile raggiungere la piena occupazione senza “inflazione monetaria”. Se lo Stato spende a prezzi costanti l’unica vera inflazione possibile è quella legata a casi di euforie nel credito bancario, per esempio nell’edilizia, o quella importata, tipo shock petroliferi, ma entrambe sono facilmente individuabili perché legate a settori specifici e più che vera e propria inflazione si tratterebbe di un cambiamento di valori relativi interni al paniere di beni.

Sul fronte della diminuzione delle tasse la prima tassa da far saltare è l’IVA:

  • L’IVA non ha alcuna funzione positiva, si porta dietro dei costi reali accessori inutili in termini di registrazione contabile[2]
  • impatta sulle fasce deboli che su quelle abbienti che spendono solo una piccola componente dei loro introiti in beni di consumo.
  • contribuisce paradossalmente a creare una concentrazione della ricchezza verso l’alto.

È fondamentale assicurarsi che una politica di pieno impiego possa perdurare e che quindi, al fine di evitare la possibilità che un Presidente della Repubblica denunci l’incostituzionalità di queste politiche è importante, almeno provare, a togliere dalla Costituzione quest’assurdità!

Viva l’Italia.

[1] Con remunerazione sopra la soglia di povertà in condizioni di lavoro non irrimedievolmente degradanti fisicamente o psicologicamente.

[2] Forza lavoro deve essere allocata per produrre scontrini, casse elettroniche e simili invece di dedicarsi ad attività produttive

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.