Categorie
Tecnologia

I 10 eventi spaziali più significativi del 2018

Author: Emilio Cozzi Wired

Il meglio di un anno vissuto oltre l’atmosfera terrestre

Il 2018 lo ha ribadito: come negli anni Sessanta, la corsa allo Spazio è tornata al centro dell’agenda internazionale. Diversamente da allora, quando erano ragioni di propaganda politica e predominio militare ad animarla, l’impresa spaziale ha però cambiato segno: oggi, i nuovi orizzonti cosmici della razza umana vengono esplorati per motivi scientifici, tecnologici ed economici. Senza ingenuità: non è che il settore sia diventato d’un tratto estraneo a contiguità militari o strategie politiche (si veda, fra gli esempi recenti, la revoca di Roberto Battiston dalla presidenza dell’Agenzia spaziale italiana). Ma mai come prima d’ora non sono quelle a dettare obiettivi e priorità oltre l’atmosfera.

Per dirla come fece Oriana Fallaci, Quel giorno sulla Luna ci si è andati “con una scalinata di dollari, miliardi di miliardi di dollari messi uno sopra all’altro per quattrocentomila chilometri fino al Mare Tranquillitatis […] Però sul suolo lunare non ci andarono la General Motors o la Casa Bianca o il Pentagono, ci andarono gli abitanti del piccolo mondo.

E i protagonisti umani restano loro”.

Con la convinzione sia sempre e comunque l’essere umano il protagonista di ogni impresa, abbiamo scelto i 10 eventi spaziali più significativi dell’anno.

1. Il Falcon Heavy, SpaceX e l’autista delle stelle

Starman al volante della sua Roadster attorno alla Terra (foto: Getty Images)
Starman al volante della sua Roadster attorno alla Terra (foto: Getty Images)

Martedì 6 febbraio, 21:45 ora italiana: dal complesso 39A del Kennedy Space Center, in Florida, si stacca il Falcon Heavy di SpaceX per la sua prima prova di lancio.

Leggi anche

Alto 70 metri, il razzo può trasportare carichi di oltre 54 tonnellate in orbita bassa e oltre 22 tonnellate nell’orbita geostazionaria, a quasi 36mila chilometri di quota. Solo il Saturn V, partito dalla stessa rampa nel luglio del 1969 per portare l’Apollo 11 sulla Luna, era in grado di trasportare carichi più pesanti. Diversamente da allora, il payload del Falcon Heavy è però simbolico: una Roadster rosso fiammante della Tesla, l’altra azienda del boss di SpaceX, Elon Musk, uno dei visionari della nostra epoca. Al volante dell’auto, c’è il manichino in tuta spaziale ribattezzato Starman, anche per via della colonna sonora che ne accompagna il viaggio, griffata David Bowie.

Inseriti in un’orbita che li ha portati a superare Marte lo scorso novembre, la Roadster e il suo autista dovrebbero tornare verso la Terra entro fine secolo (con una probabilità di colpirla fra un milione di anni del 6%). Ma al di là del valore scientifico della missione, dei dubbi anche complottistici scatenati dopo il lancio, o di quello che il Falcon Heavy promette – cioè di realizzare il sogno di Musk portando l’Uomo sul Pianeta Rosso entro una decina d’anni per poi iniziare la colonizzazione con voli da 200 astronauti l’uno – a contare è quanto il razzo di SpaceX permette di certo: l’avanzamento della tecnologia spaziale grazie all’attività dei privati. “Può restare nello Spazio un miliardo di anni” disse Musk vedendo il Falcon partire. Prospettive stellari.

2. La Cina e il lato oscuro (della Luna)

Chang'e-4 parte dallo Xichang Launch Center nella provincia di Sichuan (foto: VCG/VCG/Getty Images)
Chang’e-4 parte dallo Xichang Launch Center nella provincia di Sichuan (foto: VCG/VCG/Getty Images)

Nessuno ci aveva provato prima, non gli americani, non i russi, non l’Europa: a sbarcare sul lato oscuro della Luna, quello non visibile dal nostro Pianeta, punta prima di chiunque altro l’agenzia spaziale cinese (la Cnsa) con la missione Chang’e-4 (si pronuncia scien’iè), lanciata il 7 dicembre dalla base spaziale di Xichang, nel sudovest del Paese, quando in Italia sono le 19:23.

Spedizione dai rischi notevoli, anche per via dell’impossibilità di comunicare direttamente con la Terra – per farlo si sfrutterà il “ponte radio” costituito dal satellite Queqiao lanciato a maggio su un’orbita particolare cosiddetta halo -, la Chang’e-4 conferma l’annoso interesse cinese per la Luna (il lancio di Chang’e-1 è del 2007) e si muove con tre motivazioni principali: anzitutto la missione è una palestra per sviluppare tecnologie informatiche, telecomunicazioni, sistemi di controllo, robotica, scienza dei materiali e ingegneria aerospaziale. Poi, permette lo sviluppo delle competenze di tecnici e scienziati per progettare e gestire, in modo autonomo, missioni extra atmosferiche di alta complessità. Infine ci sono le ragioni scientifiche: all’inizio di gennaio, due sistemi alluneranno nel cratere von Karman all’interno del bacino Polo Sud-Aitken, un buco di 2500 chilometri di diametro con una profondità di circa 13, che si presume possa aver esposto anche il mantello, lo strato sottostante la superficie. Nell’ambito della missione, sarà anche testata la crescita di due specie di piante, per capire come e se sviluppino la fotosintesi in microgravità.

Lanciata nel pieno di una diatriba fra Stati Uniti e Cina sulle telecomunicazioni e le tecnologie digitali, Chan’e-4 ha anche un evidente valore strategico: schermato dall’inquinamento elettromagnetico della Terra, il lato oscuro della Luna permette osservazioni dello spazio profondo nelle lunghezze d’onda radio a bassa frequenza. Una nuova space race per garantirsi il controllo delle tecnologie più promettenti del futuro prossimo.

3. Aeolus verso la ridefinizione della meteorologia

Il satellite Aeolus in una ricostruzione artistica (immagine Esa/Atg Medialab)
Il satellite Aeolus in una ricostruzione artistica (immagine: Esa/Atg Medialab)

Dal 24 agosto, Aeolus ci osserva da 320 chilometri dalla Terra. Portato in un’orbita eliosincrona da un lanciatore Vega (dell’italiana Avio) nella missione VV12 di Arianspace, il satellite promette di rivoluzionare la meteorologia: grazie a un laser progettato dall’italiana Leonardo, infatti, Aeolus consente per la prima volta nella storia di misurare l’intensità e la direzione dei venti dallo spazio, migliorando l’accuratezza delle previsioni e dei modelli climatici e permettendo di tracciare lo spostamento dei gas inquinanti su scala globale. Una tecnologia unica, costata 16 anni di lavoro e 480 milioni di euro, che “nemmeno la Nasa è riuscita a progettare con successo” avevano sottolineato 24 ore prima del lift-off, Johan-Dietrich Wörner, il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea, e Joseph Aschbacher, direttore del programma di Osservazione della Terra. Proprio dal prossimo gennaio, i dati gestiti dal centro di Frascati verranno messi a disposizione delle principali agenzie meteo internazionali. Se tutto andrà come previsto, Aeolus sarà solo il primo di un insieme di satelliti destinati a studiare i cambiamenti climatici con particolare interesse per le fasce tropicali, dove si registrano i fenomeni meteorologici più violenti.

4. InSight tocca il Pianeta rosso

Kris Bruvold (a sinistra) e Sandy Krasner (destra) festeggiano l'ammartaggio di InSight. (Foto: Nasa/Bill Ingalls)
Kris Bruvold (a sinistra) e Sandy Krasner (destra) festeggiano l’ammartaggio di InSight (foto: Nasa/Bill Ingalls)

Il suo nome è l’anagramma di Interior Exploration using Seismic Investigations, Geodesy and Heat Transport e il suo viaggio è stato altrettanto lungo: sette mesi e 458 milioni di chilometri percorsi. Alla fine, però, partita il 5 maggio dalla base dell’aeronautica americana di Vandenberg, in California, la sonda della Nasa InSight arriva su Marte lunedì 26 novembre. In Italia sono le 21 quando il lander conferma il completamento della sequenza di atterraggio nei pressi dell’equatore, sul lato occidentale di una pianura lavica chiamata Elysium Planitia.

InSight – commenta Jim Bridestine, l’amministratore dell’agenzia spaziale americana – studierà l’interno di Marte e fornirà informazioni scientifiche di valore mentre ci prepariamo a inviare astronauti sulla Luna e, successivamente, sul Pianeta Rosso. Il bello, per Nasa, deve ancora venire”.

5. Oltre ogni confine: la Voyager 2 supera l’eliopausa

Durante l’estate del 1965, il Jet Propulsion Laboratory affidò a un impiegato part-time, il 31enne Gary Flandro, il compito di studiare nuove traiettorie per l’esplorazione del Sistema solare. Calcolando e disegnando a mano, Flandro scoprì un allineamento tra i pianeti esterni che si verifica ogni 175 anni e che avrebbe permesso a una sonda lanciata alla fine del decennio successivo verso Giove di sorvolare anche Saturno, Urano e Nettuno sfruttando la fionda gravitazionale di ciascun pianeta.

Il risultato dello studio furono la Voyager 1, lanciata il 5 settembre del 1977, e la gemella Voyager 2, partita 16 giorni prima ma destinata a raggiungere Giove più tardi. Ancora attive grazie a un generatore al Plutonio, le sonde non hanno mai smesso di trasmettere dati alla Terra. E mentre la Voyager 1 è oggi a circa 21 miliardi di chilometri da noi, lo scorso 5 novembre la Voyager 2 è stata il secondo oggetto ad abbandonare l’eliopausa, la zona di dominio energetico del vento solare. Se ne sono accorti i controllori al Jpl, che hanno visto scomparire il segnale delle particelle di origine solare e crescere quello dei raggi cosmici provenienti dalla galassia. Tuttora la sonda trasmette 180 bit al secondo. Sono pochi, ma scrivono la storia.

6. Osiris Rex intercetta Bennu

Gli scienziati della Nasa l’hanno costruita per portare sulla Terra una “capsula del tempo”, un frammento di roccia che permetterà di studiare il passato remoto del nostro Sistema solare e, probabilmente, gettare le basi per un futuro sfruttamento minerario degli asteroidi. Di certo c’è che, intanto, dopo un viaggio di 2 milioni e 200mila chilometri, la sonda Osiris Rex è riuscita ad agganciare l’asteroide 101955 Bennu, un sasso spaziale di 600 metri di diametro che si muove a una velocità di 28 chilometri al secondo. Tra il 4 e il 17 dicembre, per studiare le manovre di atterraggio, la sonda ha effettuato cinque avvicinamenti alla superficie a circa 7 chilometri, per poi abbassarsi di altri 1500 metri. Il clou della missione sarà a giugno del 2020, quando la sonda eseguirà il cosiddetto touch and go: con un braccio robotico toccherà la superficie dell’asteroide e grazie a un’esplosione controllata ne aspirerà i frammenti, con la speranza di raccoglierne fra i 60 grammi e i 2 chili. Nel marzo del 2021 inizierà il viaggio di rientro, destinazione Utah, dove Osiris Rex dovrebbe arrivare il 24 settembre del 2023. Con capsula del tempo annessa.

7. BepiColombo: destinazione Mercurio

Il lancio di BepiColombo a bordo dell'Ariane 5 (foto: Esa)
Il lancio di BepiColombo a bordo dell’Ariane 5 (foto: Esa)

L’idea del sorvolo ravvicinato di Venere che nel 1974 permise alla navetta Mariner 10 di raggiungere Mercurio fu di Giuseppe Colombo. Per questo, al matematico, astronomo e ingegnere padovano è stata intitolata la sonda che, lanciata dallo spazioporto di Kourou il 20 ottobre, raggiungerà il più piccolo dei pianeti del Sistema solare nel 2025, dopo aver percorso 9 miliardi di chilometri.

Missione congiunta delle agenzie spaziali europea (Esa) e giapponese (Jaxa), BepiColombo effettuerà i nove flyby planetari necessari per avere la giusta spinta gravitazionale e arrivare a destinazione. Quindi, una volta lì, libererà due orbiter capaci di studiare la superficie, il sottosuolo e la magnetosfera di Mercurio, un pianeta dove l’intensità solare è dieci volte quella terrestre (con escursioni termiche fra i -180 e i 450 gradi centigradi), ma il cui studio potrebbe fornire informazioni preziose sull’origine dell’intero Sistema solare. Per Colombo, non a caso conosciuto come “il meccanico del cielo” e già sviluppatore del satellite a guinzaglio portato in orbita dai nostri Malerba, Cheli e Guidoni, non potrebbe esserci riconoscimento migliore.

8. La Soyuz sfiora la tragedia

Il momento del salvataggio di Ovchinin e Hague lo scorso 11 ottobre (foto: TASS\Getty Images)
Il momento del salvataggio di Ovchinin e Hague lo scorso 11 ottobre (foto: TASS\Getty Images)

11 ottobre, le 10:42 in Italia. Sono passati circa 120 secondi dal lancio dallo spazioporto di Baikonur, in Kazakhstan, quando un sensore della Soyuz, che sta portando sulla Stazione Spaziale il cosmonauta Aleksej Ovchinin e il collega americano Nick Hague, rileva un’anomalia a uno dei quattro booster principali: 50 millisecondi dopo si innesca l’espulsione di emergenza dell’equipaggio, con conseguente rientro balistico. Appena in tempo: sganciatosi malamente a causa di una valvola non correttamente montata, il booster va fuori assetto ed esplode. Dopo un volo in cui raggiungono un’accelerazione di 6,7 volte la forza di gravità, Ovchinin e Hague atterrano sani e salvi.

Nel complesso una giornata positiva” dirà poco prima del ripristino dei voli crewed verso la Iss, avvenuto il 3 dicembre, Gabriele Mascetti, il responsabile dei Voli umani in microgravità dell’Agenzia Spaziale Italiana. Ha ragione lui: non solo i sistemi della Soyuz ne hanno una volta ancora ribadito l’affidabilità, ma hanno ricordato a tutti quanto ogni impresa spaziale sia il frutto di un lavoro rigoroso e impegnativo, in cui ogni rischio va ridotto al minimo.

Che sia un’astronave di 52 anni l’unico mezzo a portare i nostri astronauti in orbita dal 2011 non può che stimolare i suoi successori, i cui lanci test con equipaggio sono previsti dal prossimo giugno.

9. I partner commerciali della Nasa nella prossima conquista lunare

Jim Bridenstine (a sinistra) con i rappresentanti delle aziende partner della Nasa (foto: Nasa)
Jim Bridenstine (a sinistra) con i rappresentanti delle aziende partner della Nasa (foto: Nasa)

Deep Space Systems, Intuitive Machines, Draper, Firefly Aerospace, Moon Express, Lockheed Martin, Astrobotic, Masten Space Systems, Orbit Beyond: sono i nomi dei partner privati che accompagneranno la Nasa nell’ambito del Commercial Lunar Payload Services (o Clps), il progetto da 2,6 miliardi di dollari per inviare sulla Luna piccoli carichi da 10 chilogrammi con strumentazioni scientifiche e tecnologiche anche adatte a cercare risorse rare sulla Terra.

L’annuncio ufficiale arriva dalla Nasa il 29 novembre e fa discutere per l’assenza di attori importanti come Space X o Blue Origin. Di fatto inaugura una nuova era per le missioni spaziali, che l’amministratore della Nasa, Bridenstine, descrive come “un grande cambiamento per l’agenzia”: aziende private in concorrenza per trovare l’approccio migliore alla riconquista lunare, con riduzione di costi e rischi per l’agenzia spaziale statunitense.

10. Il Lunar Orbital Platform-Gateway si farà (anche in Italia)

 Renderizzazione della Lunar Orbital Platform-Gateway (immagine: Nasa)
Renderizzazione della Lunar Orbital Platform-Gateway (immagine: Nasa)

Servirà da communication hub, laboratorio scientifico, modulo abitativo e di attracco per mezzi unmanned o con equipaggio, hangar per rover o chissà quali robot a venire. Soprattutto, però, la Lunar Orbital Platform-Gateway sarà l’avamposto spaziale dell’Uomo, sistemato in orbita cis-lunare: una tappa fondamentale per raggiungere obbiettivi ben più in là del nostro satellite naturale, primo fra tutti Marte. Alla sua realizzazione, che dovrebbe iniziare già nel 2020, parteciperanno le agenzie attualmente in partnership per la Stazione spaziale internazionale: la Nasa, l’Esa, la russa Roscosmos, la giapponese Jaxa e l’ente spaziale canadese, la Csa.

Che dopo anni di indiscrezioni, il progetto abbia subito un’accelerazione, lo hanno confermato Samantha Cristoforetti, nominata crew rapresentative della futura stazione, e la commessa arrivata dall’Agenzia Spaziale Europea a Thales Alenia Space, l’azienda franco italiana (per il 67% di Thales e il 33% di Leonardo), già responsabile della costruzione di buona parte della Iss.

Il contratto siglato a settembre le attribuisce lo sviluppo di due moduli fondamentali del Gateway: lo I-Hab, o International Habitat, e l’Esprit, acronimo di European System Providing Refuelling, Infrastructure and Telecommunications. Il primo rappresenterà un’evoluzione degli elementi pressurizzati già presenti sulla Stazione Spaziale e permetterà l’attracco ai veicoli che giungeranno sulla Lunar Orbital Platform-Gateway, ma anche a quelli pronti per l’esplorazione marziana, di asteroidi e dello spazio profondo. Il modulo Esprit sarà un sistema di supporto che accompagnerà il primo modulo pressurizzato realizzato dagli Stati Uniti, lo Utilization Module. Avrà funzioni di deposito e distributore di propellente, e sarà una camera di compensazione per condurre esperimenti scientifici.

Un’impresa industriale, vero, ma i cui protagonisti rimangono sempre e comunque gli abitanti del piccolo mondo.

Vuoi ricevere aggiornamenti su questo argomento?

Segui

Potrebbe interessarti anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.