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Turchia e Stati Uniti si sono accordati per una tregua in Siria

Author: Giulia Giacobini Wired

Il cessate il fuoco è frutto di un accordo tra Turchia e Stati Uniti, ma secondo molti analisti somiglia più all’imposizione di una resa ai curdi – e persino Washington ci rimette

Il vicepresidente degli Stati Uniti e il presidente turci (foto: Murat Cetinmuhurdar/Turkish Presidency via Getty Images)

A partire da oggi, 18 ottobre, e per i prossimi quattro giorni non cadranno altre bombe del nord della Siria, e non verranno ferite o uccise altre persone. La tregua è frutto di un accordo che Turchia e Stati Uniti hanno raggiunto ieri, dopo un incontro ad Ankara tra il vicepresidente statunitense Mike Pence, il segretario di stato Mike Pompeo e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, e metterà temporaneamente fine all’operazione militare che Erdogan ha lanciato una settimana fa per “neutralizzare” i curdi siriani. Il conflitto ha già causato centinaia di vittime e più di 130mila sfollati.

Il cessate il fuoco prevede che i combattenti curdi siriani abbandonino nelle prossime 120 ore (cinque giorni) la zona a Est del fiume Eufrate che si estende per 30 chilometri oltre il confine turco siriano, smantellino le loro postazioni militari e depongano le armi.

Se lo faranno o meno è ancora da chiarire. Mazloum Abdi, il comandante delle truppe a maggioranza curda – le Forze democratiche siriane – ha detto che sono disposti ad accettare la tregua e lasceranno la parte centrale della regione che la Turchia vuole occupare, ma non se ne andranno dai territori a est e ovest della suddetta.

Pence ha detto che al termine di questi cinque giorni, se i curdi rispetteranno le condizioni, la Turchia metterà fine al conflitto. Il vicepresidente non ha chiarito come lui e Pompeo abbiano fatto a convincere Erdogan, che nei giorni scorsi aveva detto che nessuno lo avrebbe potuto fermare: è possibile però che abbiano fatto leva sulla fragile economia turca, che il presidente Trump aveva già minacciato di colpire. Una volta raggiunto l’accordo, Pence ha infatti detto che gli Stati Uniti non imporranno nuove sanzioni alla Turchia e rimuoveranno quelle che avevano già applicato pochi giorni fa.

Una vittoria per Trump?

Donald Trump ha detto che questa “magnifica” intesa salverà “milioni di vite” e in una conferenza stampa ha ringraziato pubblicamente Erdogan, definendolo un “amico” e un “leader eccezionale”. Molti analisti hanno però sensibilmente ridimensionato la portata di questo risultato, sostenendo che è quantomeno incompleto poiché non specifica cosa dovrebbe fare l’esercito siriano, che è entrato in quella zona del Kurdistan siriano dopo aver stretto un accordo coi curdi in funzione anti-Ankara e chi dovrebbe pattugliare i confini, e non ha coinvolto le altri parti in causa (cioè la stessa Siria, la Russia e l’Iran, che hanno entrambe truppe sul suolo siriano).

Inoltre, l’accordo sembra somigliare più a un armistizio imposto ai curdi che a una vera e propria tregua. L’allontanamento dei curdi dalla zona al confine tra Turchia e Siria è esattamente ciò che Erdogan aveva chiesto e di cui aveva bisogno per creare una sorta di zona cuscinetto dove trasferire tutti i profughi che dal 2011 sono emigrati in Turchia

Matt Bradley, giornalista di Nbc News ed esperto di Medioriente, ha scritto su Twitter che l’accordo tra Turchia e Stati Uniti è “il secondo grande tradimento verso i curdi in Siria” dopo la decisione di Trump di ritirare le truppe nel nord del paese che ha dato ufficialmente il via all’operazione di Ankara.

Secondo diversi politici americani, i curdi non sono però gli unici a rimetterci. L’intesa è una sconfitta anche per Washington. Il senatore repubblicano Mitt Romney, che nel 2012 si era candidato alle presidenziali ed era stato battuto da Barack Obama, ha commentato: “Siamo così deboli e inetti diplomaticamente parlando che la Turchia può forzarci la mano? La Turchia?”.

In effetti, la Turchia ha ottenuto esattamente quello che voleva, e non è ben chiaro cosa ci abbiano guadagnato gli Stati Uniti (né, se è per questo, a che titolo trattavano dopo essersi ritirati). Se Pence e Pompeo si fossero piegati alle richieste di Erdogan, sottolinea il New York Times, si tratterebbe della seconda umiliazione per l’amministrazione Trump nel giro di due settimane. Ieri Erodgan aveva infatti detto di aver gettato un’improbabile lettera che Trump gli aveva mandato il 9 ottobre scorso per convincerlo a fermare l’operazione militare in Turchia.

Il ruolo internazionale degli Usa ne esce fortemente ridimensionato, in ogni caso: al termine della tregua, Erdogan non incontrerà infatti Trump bensì il presidente russo Vladimir Putin, ed è probabile che Washington verrà estromessa da qualsiasi altra trattativa. Da quando gli Stati Uniti hanno infatti deciso di ritirarsi, la Russia ha preso il loro posto ed è diventata il paese con cui parlare. Non a caso, l’accordo che i curdi hanno stretto con l’esercito del dittatore siriano Bashar Al Assad per respingere l’offensiva turca è avvenuto proprio con il benestare di Mosca.

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