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Le frequenze di clock dei processori toccano i massimi: si punta sul numero dei core

Author: IlSoftware.it

Per tanti anni i produttori di processori hanno fatto a gara sfidandosi a colpi di MHz, per fare in modo che la CPU più potente fosse contraddistinta anche dalla frequenza di clock più elevata. Quando si parla di processori la frequenza di lavoro, si sa, non è l’aspetto più importante in assoluto: architetture contraddistinte da consumi energetici simili e valori di IPC (Instructions Per Cycle) comparabili, le frequenze di lavoro diventano comunque un dato rilevante.

Gli AMD Ryzen 3000, per esempio, hanno raggiunto gli Intel Core 9000 in termini di IPC ma i secondi, grazie alle frequenze di clock più elevate che possono raggiungere, sono in grado di offrire migliori prestazioni per core.

Negli ultimi tempi la corsa verso i 5 GHz e oltre ha lasciato il passo all’adozione, da parte dei processori di punta, di un numero di core sempre maggiore. Il cambio di rotta si è concretizzato con l’arrivo dei Ryzen di prima generazione, CPU che hanno introdotto gli 8 core fisici (16 logici) come nuovo “standard” per i prodotti mainstream.
Con l’annuncio del nuovissimo Ryzen 9 3950X si è compiuto un ulteriore balzo in avanti per arrivare a 16 core e 32 thread: AMD presenta la CPU ad alte prestazioni Ryzen 9 3950X e una sorpresa: l’APU Athlon 3000G.

Enormi i progressi che sono stati portati innanzi in soli due anni: da un’era in cui dominavano i processore quad-core (8 thread), si è arrivati a moltiplicare per quattro il numero dei core con le frequenze di lavoro che contano un po’ di meno.
Ciò è dovuto al fatto che i carichi di lavoro multi-thread sono notevolmente cresciuti così come il valore IPC. La tendenza è evidente e se si guardano le frequenze di lavoro dei processori per sistemi portatili ci si accorgerà che si è registrata addirittura una riduzione del clock compensato da valori IPC più elevati e da più core (l’attenzione si è inoltre concentrata sull’applicazione di miglioramenti a livello di consumi energetici).Se tutto procede come previsto, la serie Intel Comet Lake S che costituirà la spina dorsale dell’offerta della società di Santa Clara per i sistemi desktop, manterrà il processo di produzione 14 nm++ e l’attuale IPC. Sono previsti un piccolo aumento delle frequenze (100-200 MHz) e un aumento del numero massimo di core fisici e logici (10 e 20, rispettivamente).
Con gli Ice Lake dovremmo assistere al passaggio di Intel ai 10 nm con un aumento del valore IPC quantificabile, secondo i tecnici di Intel, intorno al 18% rispetto alla generazione Skylake. Contestualmente aumenteranno i core e ci sarà una seppur piccola crescita delle frequenze di lavoro.

Zen 3, la prossima architettura AMD, sarà prodotta con un processo di 7 nm+. In questo caso la società di Sunnyvale non dovrebbe aumentare ancora il numero di core fisici e logici ma dovrebbe assicurare comunque una crescita del valore IPC tra l’8% e il 10% rispetto a Zen 2. Le frequenze di lavoro dovrebbero anche qui aumentare di 100-200 MHz.

Con il lancio della PlayStation 5 e Xbox Scarlett, entro la fine del 2020, si inizierà ad assistere all’utilizzo effettivo anche in campo gaming di CPU con un numero di core fisici superiore a sei. Anche qui la frequenza di clock ha ceduto al numero di core, ai consumi energetici e, di conseguenza, a un più efficace controllo delle temperature operative.

La progettazione di un chip che funziona a frequenze di lavoro molto elevate e che ha anche un elevato numero di core può essere tecnicamente fattibile, ma si traduce in un processore con un TDP e un consumo enorme che richiede un sistema di dissipazione molto costoso, che lo renderebbe una soluzione che non avrebbe spazio sul mercato.

Come abbiamo visto in quel momento, si prevede che i processori quad-core diventino obsoleti e che i processori a sei core inizino a mostrare segni di esaurimento man mano che il ciclo di vita di entrambe le console avanza e la transizione finale alla nuova generazione è completata.

In generale va detto che l’utilizzo di frequenze di lavoro più basse non significa necessariamente meno prestazioni. La potenza effettiva di un processore è infatti definita da diverse caratteristiche: l’architettura, il numero di core e le capacità multithreading (HyperThreading nel caso di Intel e SMT per AMD), quantità e tipi di cache integrata, frequenza di clock effettiva (velocità massima associata alle modalità turbo).

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