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The Last of Us: Parte II, le nostre prime impressioni sull'ambiziosa esclusiva PS4

Author: GAMEmag – Videogames

Con ogni probabilità, The Last of Us: Parte II è uno dei videogiochi più attesi del 2020. Lo è in primis per gli utenti PlayStation 4, che avranno il piacere di giocarlo in esclusiva prima di poter mettere le mani su PS5. e lo è per gli appassionati del medium videoludico stesso, che finalmente assisteranno al debutto di uno dei titoli più chiacchierati, e più controversi, degli ultimi anni.

Grazie a Sony abbiamo avuto la possibilità di provare in anteprima il survival di Naughty Dog, consentendoci di scoprire – con la calma e le tempistiche ideali – cosa sarebbe riuscito a realizzare il team di Santa Monica dopo innumerevoli rinvii e qualche spiacevole incidente.

È stata l’occasione perfetta per approfondire la conoscenza delle nuove meccaniche di gioco e per rifarci gli occhi sull’impressionante comparto tecnico del titolo che, insieme a Ghost of Tsushima, spingerà al limite l’hardware di PS4.

Il viaggio di Ellie: alla ricerca di Nora… e di provviste

Per parlarvi di The Last of Us: Parte II e delle relative novità abbiamo preso in esame una determinata sezione della campagna, quella che vede la protagonista impegnata in un’importante missione: l’obiettivo è trovare una donna di nome Nora, raggiungendo un ospedale situato nel cuore di Seattle. Lo scenario in questione è stato già mostrato durante l’ultimo reveal del gameplay, attraverso un trailer che, tuttavia, mostrava solo alcuni frangenti della missione. Potrete comunque dormire sonni tranquilli: la seguente anteprima NON conterrà spoiler.

Il nostro punto di partenza coincide con un vecchio teatro, dove Ellie si è accampata prima di poter procedere con le sue particolari mansioni. Ci tuffiamo dunque tra le desolate strade di Seattle, una delle città più colpite dalla pandemia di Cordyceps, il fungo parassita che da anni ha messo in ginocchio l’intero mondo cambiandone profondamente i connotati. All’orizzonte intravediamo la grande struttura ospedaliera, ma ci sono svariati chilometri di strada a separarci dall’obiettivo, così come alcuni ostacoli che ci toccherà raggirare.

Ha quindi inizio la prima di una serie di fasi esplorative che porteranno Ellie a scandagliare gli edifici presenti in zona, alla ricerca delle sempre più preziose risorse e di un varco che le permetta di raggiungere l’edificio designato. Per cominciare esploriamo un piccolo negozio in rovina, i cui scaffali espongono ancora qualche ‘scarto’ che potrebbe tornarci utile. Dopo aver ispezionato le varie stanze dell’edificio ci affacciamo nuovamente all’esterno, dove altre strutture si ergono tra noi e l’obiettivo della missione, ma questa volta potremmo non essere gli unici ‘turisti’ presenti in zona: dalla strada percepiamo un’atmosfera sinistra, a tratti angosciante, che sembra avvisarci dei pericoli che si annidano nell’ombra, attendendo il nostro arrivo.

Proprio come avveniva nel prequel, materiali e munizioni sono disseminati, in maniera più o meno visibile, in tutte le location accessibili: la loro raccolta ci consentirà di fabbricare nuovi oggetti per il nostro inventario e di rifornire le bocche da fuoco con i pochi proiettili che il gioco mette a disposizione. I principali materiali consistono in alcol, stoffa, nastro adesivo e persino miscele esplosive, dalla cui combinazione potremo ricavare kit medici con cui rattoppare le ferite di Ellie, molotov, trappole e anche un silenziatore da abbinare alla nostra pistola. Ciascun materiale potrà essere racimolato attraverso piccole e grandi unità fino a riempire un massimo di tre misuratori: in tal modo il giocatore sarà costantemente spinto a costruire nuovi item per far spazio agli eventuali oggetti che raccoglierebbe nel corso dell’avventura.

Tornando al viaggio di Ellie, la nostra giovane protagonista sarà costretta a intrufolarsi in un palazzo attraverso una piccola feritoia, dopo aver trovato l’ennesimo ingresso sbarrato. In uno degli appartamenti del complesso abitativo individuiamo un banco da lavoro, uno dei tanti che troveremo durante il nostro viaggio. Grazie a questi banchi sarà possibile potenziare le armi sfruttando un intuitivo sistema di modifiche con cui agganciare mirini telescopici, caricatori più capienti e altri supporti a ogni strumento dell’arsenale: per accedere alle modifiche – a cui sono affibbiati altrettanti bonus (cadenza di fuoco, danni, ecc.) – basterà utilizzare viti, molle e ingranaggi raccolti in giro e rappresentanti una vera e propria valuta in-game. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dal realismo delle animazioni e dal livello di dettaglio che caratterizza il solo processo di potenziamento delle armi, una bontà qualitativa che, come vedremo, toccherà ogni aspetto di questo titolo.

Prima di abbandonare l’appartamento, il nostro sguardo ha incrociato una rivista lasciata in una camera da letto: a differenza delle lettere trovate in giro dagli altri sopravvissuti – attraverso cui scopriremo interessanti retroscena sulla devastante infezione – i magazine sbloccheranno nuovi rami di abilità, consentendo a Ellie di acquisire ulteriori bonus e opzioni aggiuntive per il suo inventario. In questo caso specifico abbiamo trovato la rivista dedicata agli esplosivi, grazie alla quale possiamo creare delle letali frecce esplosive per il nostro arco o aumentare la produzione di trappole e molotov. Come per le armi, anche i ‘potenziamenti’ di Ellie richiederanno una moneta di scambio, ovvero gli stimolanti riesumati dalle scorte mediche rimaste nei paraggi.

Combattere per sopravvivere: il duplice volto del combat system

Dopo aver riempito nuovamente il suo zaino, Ellie prosegue nel suo viaggio, dimostratosi ormai più rognoso del previsto. La protagonista si ritroverà presto coinvolta in una spiacevole situazione, quella che la vede affrontare un gruppo di infetti.

Ci siamo scontrati con alcuni Runner e Clicker, abbattendo facilmente i primi con colpi ben piazzati alla testa e trovando qualche difficoltà in più nel far fuori i secondi, più resistenti e decisamente più pericolosi: oltre a vantare uno strato protettivo che protegge il loro cranio, i Clicker compenseranno la propria cecità con l’abilità di poter rilevare la nostra presenza attraverso i suoni; cosa più importante, se verremo afferrati da uno di questi famelici infetti andremo incontro a morte certa.

In queste circostanze, il giocatore non dovrà solo prestare attenzione alle figure ostili e al loro posizionamento nell’ambiente circostante: Ellie dovrà anche mantenere un basso profilo per non provocare rumori che possano allarmare i nemici circa la nostra presenza, né potrà dare nell’occhio attirando gli sguardi di Runner o Stalker, gli unici a poter ancora godere di una buona vista. Questi ultimi, incontrati nello scenario qui analizzato, si distinguono dagli altri infetti per una marcata aggressività in battaglia e, soprattutto, per la loro silenziosità, grazie alla quale riusciranno a sottrarsi al nostro udito – skill attiva che, normalmente, ci consente di scovare i nemici nelle vicinanze evidenziandone le sagome attraverso muri e altri tipi di ripari.

Se non si fosse ancora capito, la furtività ricoprirà un ruolo fondamentale all’interno di questo capitolo; lo dimostra la sequenza ambientata nell’ospedale, vista in occasione del più recente State of Play e giocata all’interno della nostra missione. Qui abbiamo affrontato le forze armate del WLF (Washington Liberation Front), presenti in gran numero all’esterno e all’interno della soverchiante struttura dov’è localizzato l’obiettivo. Durante il primissimo scontro, del tutto scriptato, Ellie eliminerà una delle guardie di pattuglia senza attirare ulteriori attenzioni, ma sarà libera di procedere in due differenti modi: mantenendo un basso profilo o assalendo il nemico ad armi spianate – opzione, quest’ultima, che equivale a una condanna a morte, a prescindere dal livello di sfida scelto.

Optando per il più favorevole approccio stealth, Ellie potrà sfruttare i ripari e l’erba alta per restare nascosta e meditare sulla prossima mossa. A quel punto si apriranno due ulteriori percorsi: far fuori ogni singolo nemico, spianandosi la strada verso l’obiettivo, o raggiungere il punto indicato evitando del tutto lo scontro. Inutile dire che quest’ultima alternativa richiederà una gran dose di pazienza e non risulterà sempre l’opzione ideale, ma la libertà di scelta rappresenta senz’altro un valore aggiiunto. Qualsiasi sia la strategia adottata, in questi scenari si respira un clima di tensione costante, in cui il minimo errore può far degenerare l’intera situazione.

A proposito di difficoltà, quest’ultima può essere liberamente personalizzata per venire incontro alle specifiche esigenze del giocatore. The Last of Us: Parte II offre un innovativo sistema che ci permette di regolare diversi parametri legati al livello di sfida: è possibile determinare la quantità di danni inflitti a Ellie, la precisione dei tiri dei nemici e la complessità dei loro comportamenti, così come il livello di percezione visiva, uditiva e olfattiva delle figure ostili, siano essi infetti o sopravvissuti. Uno degli aspetti più ‘spaventosi’ di questo sistema riguarda, però, le risorse: una scarsa quantità di materiali e munizioni – come quella che caratterizza la difficoltà Sopravvissuto – costringerà il giocatore a valutare più attentamente la scelta degli oggetti fabbricabili, così come l’impiego dei proiettili, ora più preziosi che mai.

Durante la nostra prova siamo passati dalla difficoltà Intermedia a quella Sopravvissuto notando differenze a dir poco abissali, ma approfondiremo questo discorso solo in fase di recensione.

The Last of Us: Parte II sfida l’hardware di PS4

Rimanderemmo anche i pareri inerenti al comparto tecnico, ma vogliamo scomporci offrendovi i primi pareri su quello che riteniamo uno dei principali punti di forza della produzione Naughty Dog.

Come il suo predecessore, The Last of Us: Parte II sfrutta ogni briciolo di potenza hardware offerto dalla console di riferimento, PlayStation 4 in questo caso. Per la nostra prova abbiamo fatto girare il gioco su una PS4 Pro, piattaforma su cui la prossima esclusiva Sony potrà offrire qualcosa in più sul fronte prettamente visivo. A saltare all’occhio, in ogni caso, è l’incredibile fotorealismo che riguarda ogni elemento su schermo: dai personaggi, e dalle relative espressioni facciali, alle colossali strutture che ci troveremo a esplorare, passando per le arrugginite bocche da fuoco e i macabri, decadenti corpi degli infetti.

Abbiamo già accennato all’egregia fattura di alcune animazioni, ma solo controllando Ellie all’interno del mondo di gioco ci accorgiamo di quanto sia minuzioso il lavoro svolto dal team di sviluppo. Le interazioni con l’ambiente circostante appaiono spontanee e quindi realistiche, così come ci è sembrato verosimile il comportamento delle armi e i loro effetti sui materiali colpiti. A incorniciare il tutto ci pensa il sistema d’illuminazione, con una sapiente gestione di luci e ombre che ci regala un’atmosfera degna dei migliori survival horror.

Nel complesso è davvero difficile realizzare che un gioco del genere stia girando su console. Non abbiamo notato particolari compromessi tecnici che non riguardassero il framerate – ancorato ai 30 fotogrammi al secondo, anche su Pro – o la definizione delle ombre, talvolta leggermente sfocate. L’unica critica andrebbe mossa contro le lunghe schermate di caricamento che anticipano il caricamento di ogni partita, ma la loro assenza tra una missione e l’altra rende l’esperienza di gioco estremamente fluida e piacevole.

Nelle due ore che ritagliano la sequenza appena descritta siamo stati accompagnati dalla maestosa colonna sonora, che riporta ancora una volta la firma del compositore argentino Gustavo Santaolalla. Impressioni decisamente positive anche per il doppiaggio, sia nella sua versione originale che in quella italiana, che vede il ritorno della storica doppiatrice di Ellie (Gea Riva).

Il prossimo 12 giugno, alle ore 9.00, vi offriremo la nostra opinione completa su The Last of Us: Parte II. Sarà l’occasione per parlarvi nel dettaglio della storia e dei protagonisti di questo ambizioso sequel, e per scoprire insieme in che modo Neil Druckmann e colleghi avranno affrontato il delicato tema della violenza, il quale avrebbe già scatenato diverse discussioni – anche particolarmente accese – in seguito all’ultima presentazione dello State of Play.

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