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L’evoluzione dell’e-commerce prima, durante e dopo il Covid

e-commerceL’impatto del Covid-19 sul commercio B2C è stato talmente elevato da causare una vera e propria rivoluzione: milioni di italiani hanno comprato in rete per la prima volta, superando la diffidenza legata al tema e riscontrando che l’e-commerce funziona davvero.

Author: MondoLavoro

Fare acquisti online è diventato un gesto banale e quotidiano quasi per tutti, ormai, ma fino a pochi anni fa era considerato un gesto da “smanettoni”. In parte questo cambio di abitudini è dovuto al radicamento di Amazon in una posizione sempre più forte (grazie anche a servizi come Prime, che hanno abituato le persone a comprare gli oggetti più disparati e a riceverli a casa in poche ore), ma se ci fermiamo a pensare a quanto abbiamo influito la pandemia sulle scelte di consumo dei cittadini italiani potremmo restare sbalorditi.

L’e-commerce prima del Covid

Sebbene dal 2015 al 2019 l’e-commerce in Italia sia quasi raddoppiato, la sua incidenza lasciava perplessi gli addetti ai lavori, perché valeva nel 2019 poco più del 7% del sell-out totale. Nel 2019 in Italia ha generato il 65% della crescita retail complessiva.

L’e-commerce è diventato decisivo nello sviluppo di nuovi modelli relazionali con i consumatori fortemente innovativi. Inoltre il successo dell’e-commerce e la nascita di nuove modalità di acquisto e di interazione hanno cambiato il significato originario del negozio fisico, che non è più l’unica possibilità di accesso fisico al prodotto. In questo processo di trasformazione, i retailer tradizionali hanno attribuito al negozio nuove funzionalità, prevalentemente in ottica relazionale, demandando la fase transazionale all’e-commerce.

L’e-commerce durante il Covid

Le conseguenze della pandemia e del primo lockdown hanno avuto un impatto su moltissime abitudini quotidiane, così come sulle scelte di consumo. Chiusi in casa e con una buona parte dei negozi chiusi in quanto venditori di beni considerati dai decreti quali “non necessari”, moltissimi italiani sono stati obbligati a cercare quei beni in rete. 

Questo ha portato ad una crescita delle vendite di prodotti di largo consumo online passando da un 81,0% a un +162,1% (dato rilevato da Nielsen).

Solo nel 2020 si sono infatti registrati oltre 2 milioni di nuovi consumatori online nel nostro paese, di cui 1,3 milioni sono arrivati alle piattaforme di acquisto digitale proprio durante l’emergenza sanitaria del Covid-19 (dati di Osservatorio eCommerce B2C).

Nei giorni di lockdown, sono aumentate sensibilmente le vendite di prodotti per gli animali (+154%), quelle di cibi freschi e confezionati (+130%), e i prodotti per la cura della casa (+126%) e della persona (+93%). 

Per la prima volta il settore grocery si è avvicinato notevolmente all’e-commerce. La soluzione più immediata è stata l’utilizzo di soggetti terzi già presenti online. Sono diversi i ristoranti che hanno digitalizzato la propria offerta di piatti pronti attraverso piattaforme di food delivery e tanti i supermercati che hanno attivato l’e-commerce mediante alleanze con piattaforme che già da tempo abilitano la spesa online di alcune strutture della grande distribuzione.

Le vendite online in Italia per il 2020 hanno rappresentato un fatturato complessivo di 30,6 miliardi di euro, con il 76,5% rappresentato da acquisti di prodotti e il restante 23,5% investito in servizi. Sono anche cambiate le modalità di acquisto: mentre fino al 2019 si acquistava principalmente da computer, durante l’anno pandemico il 51% delle transazioni su e-commerce è avvenuto via smartphone (con un aumento del 42% rispetto all’anno precedente).

Le categorie merceologiche più e meno vendute

Chi ha fatto faville…

Secondo i dati di Amazon nel 2020 le categorie che sono cresciute maggiormente in termini di vendita sono state le mascherine chirurgiche, che crescono del +12.559%, la spesa online – che è il driver dell’e-commerce – +5436%, e i prodotti per fare palestra in casa + 1053%.

Le prime 10 categorie di prodotti più venduti tramite l’e-commerce durante il coronavirus sono state:

  • guanti monouso (+670%)
  • macchine per il pane (+652%)
  • prodotti per tosse e raffreddore (+535%)
  • zuppe (+397%)
  • cereali secchi e riso (+386%)
  • cibo in scatola (+377%)
  • coppe di frutta confezionate (+326%)
  • attrezzatura per l’allenamento con pesi (+307%)
  • latte e panna (279%)
  • prodotti per lavare i piatti (275%)

… e chi è rimasto indietro

Non c’è da stupirsi se durante il 2020 hanno registrato perdite tutti quei produttori di beni che normalmente si usano per uscire, quali borse da lavoro (-48%) e i prodotti usati per gli spostamenti, borse da viaggio, valigie. In ogni caso, come si vede, le categorie in decrescita sono poche e decrescono in maniera tutto sommato contenuta.

Le prime 10 categorie di prodotti meno venduti tramite l’e-commerce durante il coronavirus sono:

  • valigeria (-77%)
  • ventiquattrore (-77%)
  • macchine fotografiche (-64%)
  • costumi da bagno per uomo (-64%)
  • abiti da sposa (-63%)
  • abbigliamento formale da uomo (-62%)
  • costumi da bagno per donna (-59%)
  • maglia per sport acquatici (-59%)
  • scarpe da atletica per uomo (-59%)
  • borse da palestra (-57%)

I rischi degli acquisti online 

Questo boom appena descritto ha ovviamente dei lati negativi, non solo sulle forme tradizionali di commercio, ma anche nell’aumento di frodi, truffe e attacchi informatici.  

I criminali informatici hanno approfittato del grande numero di informazioni veicolate verso i siti web durante il lockdown, poiché sempre più utenti rimangono online per tanto tempo condividendo dati sensibili per hacker.

L’FBI (Internet Crime Report) ha riportato che l’Italia è uno dei paesi occidentali più colpiti dalle frodi, con oltre 21.800 casi rilevati nel 2020. Il danno stimato complessivo sfiora i 125 milioni di Euro. Una situazione che continua a crescere, secondo il report della Polizia Postale 2021 che ha segnalato un aumento del 27% dei tentativi di raggiro online rispetto all’anno precedente.

Quali sono le frodi più diffuse? La richiesta di dati sensibili, il dirottamento di pagamento su siti attaccati, ma anche le classiche offerte “incredibili” su beni di lusso e di status. 

Un esempio sono i messaggi e le email di hacker che si spacciano per corrieri e che richiedono dati sensibili o un piccolo pagamento per sbloccare una consegna: sono molte le persone che sono cadute in questa truffa, specie se non sono abituate agli acquisti in rete.

E dopo il Covid quale sarà il futuro dell’e-commerce?

È evidente che le abitudini di consumo sono cambiate e non c’è intenzione o volontà di tornare indietro. Malgrado la congiuntura economica negativa, tra guerra e inflazione, l’Osservatorio eCommerce B2c ha registrato che l’e-commerce continua a crescere per chi vende prodotti (+8% rispetto al 2021, con 33,2 miliardi di euro), mentre si assiste a un vero boom degli acquisti di servizi online (+59% – 14,9 miliardi di euro). 

L’incremento dei costi di energia e materie prime e l’impatto della diminuzione dell’export verso paesi come la Russia si fanno sentire sul mercato italiano, e questo vale anche per le vendite digitali. 

Inoltre, rispetto al 2020 dove sembrava una netta guerra tra le modalità di vendita tradizionali e gli e-commerce, sta emergendo che i consumatori prediligono i modelli retail che sappiano coniugare i punti di forza di tutte le modalità di acquisto, cercando di prendere i vantaggi di entrambe le modalità. Per esempio, la possibilità di verificare la presenza dei prodotti in negozio prima di recarvisi e, in alternativa, di poter ordinare online quanto non disponibile a scaffale, formule di “click&collect” (pagando magari in contanti al momento del ritiro). D’altro canto sono sempre più le società digitali che sperimentano popup store o altri progetti alternativi in luoghi nodali delle grandi città per raggiungere più persone. 

Fondamentale rimane la logistica, che dovrà adeguarsi al nuovo commercio di prossimità, imparando a gestire in modo più dinamico la disponibilità dei prodotti distribuiti su tutto il territorio e non solo sui magazzini centrali.

L’altro punto su cui sempre più consumatori si stanno interrogando è la sostenibilità degli acquisti online. La presenza online è fortemente raccomandata per le attività commerciali, che possono scegliere se appoggiarsi a grandi piattaforme come Amazon o eBay oppure crearsi il proprio e-commerce indipendente. 

Per chi decide di avere la propria piattaforma di vendita indipendente, è stata stilata una lista di  5 consigli per migliorare l’esperienza cliente nel post vendita.

  1. Aggregare su un unico pannello le informazioni sulle spedizioni in corso (il cosiddetto tracking) di tutti i corrieri utilizzati, per non farsi sfuggire segnalazioni dei clienti o problemi incontrati dallo spedizioniere.
  2. Anticipare le richieste dei destinatari di spedizioni con criticità, andandole a filtrare e gestendole in modo organico, in modo da non impazzire tra molteplici canali e soddisfare il cliente, prima che subentri la frustrazione o – peggio – la lamentela e l’eventuale recensione negativa.
  3. Mantenere le promesse quando ci si interfaccia col cliente: è sempre preferibile fornire tempi un po’ più larghi, per sorprendere l’utente, quando si è trovata la soluzione al problema specifico.
  4. Automatizzare l’invio delle informazioni ai destinatari,tramite email o SMS: in questo modo, il cliente si sente seguito dall’e-commerce fino alla consegna al domicilio e soprattutto riceve aggiornamenti precisi senza dover chiamare e mandare messaggi.
  5. Personalizzare i messaggi sulla consegna: consultando una tracking page brandizzata con logo, colori e stile aziendale non subirà una “frattura” nell’esperienza con lo shop, come se la consegna fosse “solo questione del corriere”.

L’e-commerce è sempre stata una grande sfida fin da prima del lockdown. Ora e in futuro diventerà un requisito fondamentale per il successo di tutte quelle aziende che vogliono restare al passo con i tempi: non è un caso se sono diverse le figure professionali legate all’ecommerce sempre più ricercate. Scopri quali sono!

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