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Antibiotici in agricoltura e pericoli per la salute umana

L’uso di antibiotici in agricoltura e negli allevamenti è destinato ad aumentare, soprattutto in Asia e in Africa dove sta crescendo la domanda di proteine animali. Se gli antibiotici hanno permesso la crescita degli allevamenti intensivi, il loro uso eccessivo causa fenomeni di resistenza con gravi conseguenze per la salute umana

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Gli antimicrobici, tra cui gli antibiotici, sono sostanze usate per eliminare i microrganismi o perinterromperne la crescita e la proliferazione. La resistenza agli antimicrobici è la capacità dei microrganismi di resistere a questi trattamenti.

L’uso scorretto o l’abuso di antibiotici sono considerati le cause della crescita e della diffusione di microorganismi resistenti alla loro azione, con conseguente perdita di efficacia delle terapie e gravi rischi per la salute pubblica.

Il problema ha a che fare anche con la sicurezza alimentare, perché i batteri resistenti possono essere presenti in animali e cibi.

Antibiotici e allevamenti intensivi

L’uso di antibiotici in agricoltura ha permesso la crescita degli allevamenti intensivi per soddisfare la crescente domanda di proteine animali.

Il risvolto della medaglia è che l’uso eccessivo causa la resistenza agli antibiotici, con importanti conseguenze per la salute degli animali e, potenzialmente, per la salute umana.

Nonostante questo dato sia riconosciuto da tutti gli scienziati, l’uso di antibiotici negli allevamenti sembra destinato a crescere dell’8% tra il 2020 e il 2030, riporta l’articolo Antibiotic use in farming set to soar despite drug-resistance fears, pubblicato in “Nature”.

Gli antibiotici sono usati per curare le infezioni del bestiame, per accelerarne la crescita e per prevenire le malattie negli allevamenti intensivi. Gli scienziati ritengono che dietro all’aumento di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici nell’uomo ci sia proprio il loro uso indiscriminato in agricoltura: un esempio di batterio che ha sviluppato una resistenza agli antibiotici è lo Staphylococcus aureus.

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I produttori aggirano le regole imposte dai governi

La questione è spinosa. Molti governi – ad esempio in Europa e negli Stati Uniti – impongono delle regole per ridurre l’uso di antibiotici per far crescere gli animali; i produttori, però, aggirano l’ostacolo dicendo che li commercializzano per prevenire le malattie.

Non è semplice calcolare le quantità di antibiotici utilizzate perché molti paesi non rivelano i dati sul loro utilizzo in agricoltura; il 40% circa dei paesi nemmeno segnala il loro uso alla World Organization for Animal Health (WOAH).

Global trends in antimicrobial use in food-producing animals: 2020 to 2030 è un’interessante ricerca pubblicata in “Plos Global Public Health” in cui i ricercatori cercano di fare il punto della situazione attuale.

Asia e Africa: più proteine animali, più antibiotici

Gli autori della ricerca hanno stimato l’uso di antibiotici in 229 paesi raccogliendo i dati dei governi e di articoli scientifici e incrociandoli con i dati sulle popolazioni animali e sulla vendita di antibiotici.

Il risultato della stima è preoccupante perché in Africa e in Asia se ne consumano più del doppio di quanto sembra, perché molti paesi non ne dichiarano l’uso. Qui, inoltre, la domanda crescente di proteine animali ne farà aumentare notevolmente l’uso da qui al 2030.

Altri paesi grandi produttori agricoli come Russia e India sostengono che si impegneranno a ridurre l’uso di antibiotici in agricoltura entro il 2030. Servirebbero però approcci più rigorosi: la Svezia, ad esempio, richiede la prescrizione del veterinario per la somministrazione di antibiotici. Se poi i dati sul loro utilizzo fossero più accessibili al pubblico, e ci fosse una chiara informazione sui rischi per la salute umana, è probabile che gli allevatori ne farebbero un uso più responsabile.

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