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Tumore del colon retto, al via la ricerca per una nuova cura

I risultati dello studio dell’Ifom di Milano e dell’università degli studi di Torino condotti sui topi da laboratorio mostrano come è possibile modificare l’ecosistema dei tumori al colon retto eterogenei per favorire la risposta all’immunoterapia

Author: Wired

È un’opzione terapeutica estremamente promettente per molte patologie tumorali, ma nel caso del tumore del colon retto, che rappresenta la seconda causa di morte per motivi oncologici a livello mondiale, l’impiego dell’immunoterapia è oggi fortemente limitato. Questo perché in gran parte dei casi – pari a circa il 95% dei pazienti metastatici – i tumori del colon sono immunologicamente “freddi”, ovvero refrattari all’immunoterapia, e solo il 5% sono invece tumori “caldi” in grado di trarre beneficio da questi trattamenti innovativi. La differenza è verosimilmente dovuta ai meccanismi di riparazione del dna e più precisamente a quello che gli scienziati chiamano mismatch repair (Mmr). 

Nel 95% circa dei pazienti con tumore del colon retto metastatico – illustra Alberto Bardelli, direttore del programma di ricerca Ifom Genomica dei tumori e terapie anticancro mirate e professore ordinario all’università degli studi di Torino – questo meccanismo di riparazione è integro e funzionante. Pertanto questi tumori risultano immunologicamente freddi e refrattari all’immunoterapia con gli inibitori dei checkpoint immunitari. Solo nel restante 5% circa dei pazienti il tumore ha perso questo meccanismo di riparazione del dna e, di conseguenza, è caratterizzato da un’elevata produzione di proteine alterate che in gergo si chiamano neoantigeni. Tali proteine attraggono le cellule del sistema immunitario rendendo il tumore efficacemente trattabile con l’immunoterapia”. 

Due anni fa – spiega Vito Amodio, ricercatore di Ifom, università degli studi di Torino e Istituto di Candiolo Irccs – ci siamo chiesti se fosse possibile aumentare la percentuale dei pazienti che possono beneficiare dell’immunoterapia identificando quei tumori freddi che al loro interno nascondono una componente calda”. Proprio in questa direzione è andato questo studio, condotto sempre da Bardelli e dal suo gruppo all’Ifom di Milano e all’università degli studi di Torino con il sostegno di Fondazione Airc. “Abbiamo scoperto che nel piccolo gruppo di tumori eterogenei per lo status del Mmr – prosegue Amodio, primo autore dell’articolo e titolare di una borsa di studio Airc -, coesistono aree tumorali potenzialmente fredde e calde da un punto di vista immunologico. Ci siamo chiesti se ci fossero terapie già disponibili in grado di aumentare l’efficacia dell‘immunoterapia per i tumori del colon retto che al momento non ne beneficiano”.

I ricercatori hanno studiato in laboratorio questa condizione di eterogeneità molecolare quale potenziale bersaglio su cui agire per trasformare i tumori freddi e refrattari al sistema immunitario in tumori caldi e in grado di rispondere all’immunoterapia. Gli incoraggianti risultati ottenuti sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cancer Cell, che ha dedicato allo studio anche la copertina del giornale. “Abbiamo progettato esperimenti appositi, in topi di laboratorio nei quali è stato possibile riprodurre almeno in parte la malattia osservata nei pazienti – racconta Giovanni Germano, ricercatore di Ifom, università degli studi di Torino e Istituto di Candiolo Irccs e coautore dell’articolo accanto a Bardelli -. Grazie all’utilizzo di tecniche di biologia molecolare e di analisi bioinformatiche abbiamo scoperto come la porzione di cellule con un Mmr alterato possa attivare una risposta immunitaria efficace anche contro la controparte caratterizzata da un Mmr funzionante”. 

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