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Cosa sono le casse di espansione dei fiumi che ci sono in Emilia, ma non in Romagna

Author: Wired

Le casse di espansione, o grandi dighe, sembrano essere una soluzione in grado di contenere le acque dei fiumi in caso di eventi climatici estremi come l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. Tuttavia, dove esistono, queste infrastrutture sono state pensate per fronteggiare eventi eccezionali, mentre la maggiore frequenza di fenomeni estremi, causata dal cambiamento climatico antropogenico, le rende sempre meno efficaci. Per questo dovrebbero essere rinnovate e aggiornate, anche se l’unica soluzione a lungo termine resta quella di fermare il riscaldamento globale per impedirne le conseguenze più disastrose.

Una cassa di espansione

Una cassa di espansione

(Foto: Google Maps)

In Emilia, zona interessata storicamente da importanti alluvioni per la presenza di numerosi affluenti del fiume Po, le casse di espansione sono state installate lungo gli argini di tutti i corsi d’acqua già dalla fine degli anni Settanta, per iniziativa dell’Agenzia interregionale del Po a seguito delle alluvioni del 1973.

Un intervento lungimirante iniziato nel Modenese, guidato all’epoca dal Partito comunista italiano, e poi replicato nel resto dell’Emilia, ma pensato per reagire ad eventi estremi con cadenza duecentennale, come ha sottolineato su Agi il professore di ingegneria civile Armando Brath, dell’università di Bologna, non per la frequenza attuale dovuta al cambiamento climatico.

Le differenze tra Emilia e Romagna

Anche per questo motivo, la recente alluvione ha interessato molte zone dell’Emilia in maniera più contenuta rispetto alla Romagna, dove le casse di contenimento non sono presenti perché storicamente l’area è stata soggetta a minori alluvioni rispetto all’Emilia, come si legge su un report dell’Associazione idrotecnica italiana. Tuttavia, vale la pena ripeterlo, la situazione climatica e meteorologica sta cambiando rapidamente, portando con sé la necessità di nuovi interventi.

Le casse di espansione funzionano come bacini di contenimento in cui far defluire le acque dei fiumi quando raggiungono la piena, così da evitarne la tracimazione. Sono costituite da grandi vasche artificiali dotate di sistemi di scarico controllati per alleggerire la piena, la portata e la pressione delle acque.

Possono essere di due tipi. Le cosiddette casse in linea, posizionate dall’interno del fiume e realizzate tramite una paratia che sbarra il corso del fiume e ne rallenta la corsa, facendo defluire l’acqua più lentamente attraverso piccole aperture chiamate luci. E le casse laterali, cioè bacini artificiali posizionati di fianco al fiume dove l’acqua defluisce automaticamente in caso di piena.

Entrambe riescono a contenere efficacemente le piene, ma essendo anche molto ingombranti è difficile realizzarle, sia per l’alto costo economico dovuto all’espropriazione dei terreni necessari, sia perché sono interventi il cui rendimento politico immediato è molto basso e gli amministratori sono solitamente restii a impegnarsi in progetti del genere.

Author: Wired

Le casse di espansione, o grandi dighe, sembrano essere una soluzione in grado di contenere le acque dei fiumi in caso di eventi climatici estremi come l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. Tuttavia, dove esistono, queste infrastrutture sono state pensate per fronteggiare eventi eccezionali, mentre la maggiore frequenza di fenomeni estremi, causata dal cambiamento climatico antropogenico, le rende sempre meno efficaci. Per questo dovrebbero essere rinnovate e aggiornate, anche se l’unica soluzione a lungo termine resta quella di fermare il riscaldamento globale per impedirne le conseguenze più disastrose.

Una cassa di espansione

Una cassa di espansione

(Foto: Google Maps)

In Emilia, zona interessata storicamente da importanti alluvioni per la presenza di numerosi affluenti del fiume Po, le casse di espansione sono state installate lungo gli argini di tutti i corsi d’acqua già dalla fine degli anni Settanta, per iniziativa dell’Agenzia interregionale del Po a seguito delle alluvioni del 1973.

Un intervento lungimirante iniziato nel Modenese, guidato all’epoca dal Partito comunista italiano, e poi replicato nel resto dell’Emilia, ma pensato per reagire ad eventi estremi con cadenza duecentennale, come ha sottolineato su Agi il professore di ingegneria civile Armando Brath, dell’università di Bologna, non per la frequenza attuale dovuta al cambiamento climatico.

Le differenze tra Emilia e Romagna

Anche per questo motivo, la recente alluvione ha interessato molte zone dell’Emilia in maniera più contenuta rispetto alla Romagna, dove le casse di contenimento non sono presenti perché storicamente l’area è stata soggetta a minori alluvioni rispetto all’Emilia, come si legge su un report dell’Associazione idrotecnica italiana. Tuttavia, vale la pena ripeterlo, la situazione climatica e meteorologica sta cambiando rapidamente, portando con sé la necessità di nuovi interventi.

Le casse di espansione funzionano come bacini di contenimento in cui far defluire le acque dei fiumi quando raggiungono la piena, così da evitarne la tracimazione. Sono costituite da grandi vasche artificiali dotate di sistemi di scarico controllati per alleggerire la piena, la portata e la pressione delle acque.

Possono essere di due tipi. Le cosiddette casse in linea, posizionate dall’interno del fiume e realizzate tramite una paratia che sbarra il corso del fiume e ne rallenta la corsa, facendo defluire l’acqua più lentamente attraverso piccole aperture chiamate luci. E le casse laterali, cioè bacini artificiali posizionati di fianco al fiume dove l’acqua defluisce automaticamente in caso di piena.

Entrambe riescono a contenere efficacemente le piene, ma essendo anche molto ingombranti è difficile realizzarle, sia per l’alto costo economico dovuto all’espropriazione dei terreni necessari, sia perché sono interventi il cui rendimento politico immediato è molto basso e gli amministratori sono solitamente restii a impegnarsi in progetti del genere.

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