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Come la scienza ha scagionato una donna accusata di aver ucciso i suoi quattro figli

Author: Wired

Eppure, oltre ai diari, l’argomentazione del pubblico ministero era ispirata dal lavoro del pediatra britannico Roy Meadow, che negli anni Settanta aveva identificato per primo la sindrome di Münchhausen per procura, patologia psichiatrica in cui un genitore arreca un danno ai propri figli con lo scopo di attrarre l’attenzione su di sé. Secondo un famoso scritto del pediatra, infatti, “una morte infantile improvvisa è una tragedia, due sono sospette e tre sono omicidio fino a prova contraria“. Durante il processo a carico di Folbigg sono stati interpellati tre medici, che hanno testimoniato di non aver mai visto o letto di tre decessi per morte improvvisa del lattante in una sola famiglia. Per questi motivi, alla fine del processo la giuria ha ritenuto la madre colpevole degli omicidi dei quattro figli, condannandola a 40 anni di carcere.

Che cos’è la calmodulina 2

A questo punto c’è un salto temporale di circa 15 anni. È il 2018 e Carola Garcia de Viñuesa, all’epoca immunologa dell’Australian National University, in cui si occupa di studiare il genoma umano per indagare le cause delle malattie rare, viene contattata dalla squadra legale di Folbigg. In effetti, dal momento che diversi patologi forensi avevano espresso alcuni dubbi in merito alle prove di natura medica fornite durante il processo del 2003, i legali di Folbigg avevano convinto l’ufficio del procuratore locale a rivalutare il caso. L’obiettivo era quello, utilizzando le tecniche di sequenziamento del dna e le conoscenze sulle malattie genetiche che all’epoca del primo processo non esistevano, di fare luce sulla causa dei quattro misteriosi decessi. Nel genoma di Folbigg e delle sue due figlie, infatti, Viñuesa ha identificato mutazioni nel gene chiamato calmodulina 2, che, secondo uno studio del 2013 del gruppo coordinato da Peter Schwartz, cardiologo, direttore del Centro per lo studio e la cura delle aritmie cardiache di origine genetica dell’Istituto Auxologico Italiano Irccs di Milano, causa morti improvvise nella primissima infanzia.

La calmodulina, infatti, è una proteina che regola una serie di enzimi e canali ionici all’interno delle cellule, compresi quelli essenziali per mediare la contrattilità del cuore. In particolare, quando nel gene che codifica questa proteina si verificano specifiche mutazioni, la proteina perde la funzionalità, aumentando il rischio di soffrire di aritmie (ovvero quando il cuore batte in maniera irregolare) anche mortali. In particolare, le mutazioni presenti nel genoma di Folbigg e delle sue figlie causano aritmie potenzialmente fatali simili a quelle associate alla cosiddetta sindrome del QT lungo (malattia genetica prima causa di morte improvvisa sotto i 20 anni), di cui Schwartz è considerato il maggior esperto a livello mondiale.

La seconda inchiesta

Tuttavia, per riaprire il caso servivano più prove: grazie a una petizione presentata da Viñuesa insieme all’Accademia australiana delle scienze, è stata predisposta una nuova inchiesta sul caso Folbigg, con l’Accademia come consulente scientifico. Quest’ultima, quindi, ha nominato un gruppo di esperti scientifici, 30 ricercatori tra i maggiori esperti in questo campo, che hanno raccolto e presentato le prove durante l’inchiesta: tra questi, vi era anche Peter Schwartz.

I ricercatori, quindi, hanno ricavato ulteriori prove scientifiche, che poi sono state raccolte in uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista Europace. In particolare, dal lavoro degli scienziati è emerso che Folbigg e le sue due figlie femmine erano portatrici di una nuova mutazione del gene calmodulina 2 in grado di causare aritmie e associata a morte improvvisa nell’infanzia. Inoltre, gli studi hanno evidenziato che Caleb e Patrick, i due figli maschi, possedevano due diverse varianti molto rare di un altro gene che è stato collegato a problemi neurologici e attacchi epilettici letali. Sulla base di questi risultati Viñuesa, Schwartz e gli altri esperti hanno testimoniato alla nuova udienza, arrivando alla sentenza del 5 giugno scorso. Adesso, un ex giudice incaricato all’interno dell’inchiesta dovrebbe rilasciare un rapporto finale che poi porterà al rilascio ufficiale di Folbigg.

Un precedente importante

In effetti, come sottolinea a Nature.com lAnna-Maria Arabia, chief executive dell’Accademia australiana delle scienze, la vicenda dimostra come la scienza e i sistemi giudiziari possano lavorare insieme, per creare un sistema legale più sensibile alla scienza stessa, a partire dal riconoscimento delle competenze degli esperti interpellati durante i processi. “Quello che ha fatto il sistema giudiziario australiano ha pochi precedenti: innanzitutto perché le autorità hanno avuto il coraggio di riaprire un processo dopo vent’anni e di andare a guardare realmente come stavano le cose, e soprattutto perché sono stati coinvolti degli esperti internazionali con esperienza specifica sul gene della calmodulina e sulla sindrome del QT lungo e non ci si è limitati ai pareri espressi da medici locali senza competenze in materia, come di solito succede“, aggiunge a Wired Italia Schwartz.

“Questo è il punto critico della faccenda: molto spesso, anche in Italia, c’è la tendenza a interpellare esperti generici”, continua Schwartz. “Per esempio, in un caso come questo può essere interpellato un cardiologo, ma all’interno della cardiologia ci sono esperienze molto diverse e molto selettive, e quindi avere un parere generico in un caso particolarmente controverso ha poco valore. Quello che invece ha fatto la differenza è che le autorità giudiziarie australiane hanno sì avuto una serie di esperti locali generici, ma poi si sono rivolti alle persone, in varie parti del mondo, con la maggiore esperienza in quel campo ha fatto la differenza. Questo è sicuramente un punto importante che crea un precedente cruciale: soprattutto se il caso è delicato, come una condanna a quarant’anni di carcere, è giusto interpellare quelli che sono i maggiori esperti al mondo sulla specifica malattia in questione“.

Author: Wired

Eppure, oltre ai diari, l’argomentazione del pubblico ministero era ispirata dal lavoro del pediatra britannico Roy Meadow, che negli anni Settanta aveva identificato per primo la sindrome di Münchhausen per procura, patologia psichiatrica in cui un genitore arreca un danno ai propri figli con lo scopo di attrarre l’attenzione su di sé. Secondo un famoso scritto del pediatra, infatti, “una morte infantile improvvisa è una tragedia, due sono sospette e tre sono omicidio fino a prova contraria“. Durante il processo a carico di Folbigg sono stati interpellati tre medici, che hanno testimoniato di non aver mai visto o letto di tre decessi per morte improvvisa del lattante in una sola famiglia. Per questi motivi, alla fine del processo la giuria ha ritenuto la madre colpevole degli omicidi dei quattro figli, condannandola a 40 anni di carcere.

Che cos’è la calmodulina 2

A questo punto c’è un salto temporale di circa 15 anni. È il 2018 e Carola Garcia de Viñuesa, all’epoca immunologa dell’Australian National University, in cui si occupa di studiare il genoma umano per indagare le cause delle malattie rare, viene contattata dalla squadra legale di Folbigg. In effetti, dal momento che diversi patologi forensi avevano espresso alcuni dubbi in merito alle prove di natura medica fornite durante il processo del 2003, i legali di Folbigg avevano convinto l’ufficio del procuratore locale a rivalutare il caso. L’obiettivo era quello, utilizzando le tecniche di sequenziamento del dna e le conoscenze sulle malattie genetiche che all’epoca del primo processo non esistevano, di fare luce sulla causa dei quattro misteriosi decessi. Nel genoma di Folbigg e delle sue due figlie, infatti, Viñuesa ha identificato mutazioni nel gene chiamato calmodulina 2, che, secondo uno studio del 2013 del gruppo coordinato da Peter Schwartz, cardiologo, direttore del Centro per lo studio e la cura delle aritmie cardiache di origine genetica dell’Istituto Auxologico Italiano Irccs di Milano, causa morti improvvise nella primissima infanzia.

La calmodulina, infatti, è una proteina che regola una serie di enzimi e canali ionici all’interno delle cellule, compresi quelli essenziali per mediare la contrattilità del cuore. In particolare, quando nel gene che codifica questa proteina si verificano specifiche mutazioni, la proteina perde la funzionalità, aumentando il rischio di soffrire di aritmie (ovvero quando il cuore batte in maniera irregolare) anche mortali. In particolare, le mutazioni presenti nel genoma di Folbigg e delle sue figlie causano aritmie potenzialmente fatali simili a quelle associate alla cosiddetta sindrome del QT lungo (malattia genetica prima causa di morte improvvisa sotto i 20 anni), di cui Schwartz è considerato il maggior esperto a livello mondiale.

La seconda inchiesta

Tuttavia, per riaprire il caso servivano più prove: grazie a una petizione presentata da Viñuesa insieme all’Accademia australiana delle scienze, è stata predisposta una nuova inchiesta sul caso Folbigg, con l’Accademia come consulente scientifico. Quest’ultima, quindi, ha nominato un gruppo di esperti scientifici, 30 ricercatori tra i maggiori esperti in questo campo, che hanno raccolto e presentato le prove durante l’inchiesta: tra questi, vi era anche Peter Schwartz.

Alla domanda del Telegraph su quanto tempo gli ci sia voluto per rendersi conto che poteva esserci una spiegazione naturale alla morte dei bambini, Schwartz ha risposto: “È stato immediato. Sappiamo che se un bambino muore improvvisamente, non ha un coltello nella schiena e possiede questa mutazione genetica, allora è questa la causa della morte”.

I ricercatori, quindi, hanno ricavato ulteriori prove scientifiche, che poi sono state raccolte in uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista Europace. In particolare, dal lavoro degli scienziati è emerso che Folbigg e le sue due figlie femmine erano portatrici di una nuova mutazione del gene calmodulina 2 in grado di causare aritmie e associata a morte improvvisa nell’infanzia. Inoltre, gli studi hanno evidenziato che Caleb e Patrick, i due figli maschi, possedevano due diverse varianti molto rare di un altro gene che è stato collegato a problemi neurologici e attacchi epilettici letali. Sulla base di questi risultati Viñuesa, Schwartz e gli altri esperti hanno testimoniato alla nuova udienza, arrivando alla sentenza del 5 giugno scorso. Adesso, un ex giudice incaricato all’interno dell’inchiesta dovrebbe rilasciare un rapporto finale che poi porterà al rilascio ufficiale di Folbigg.

È un giorno per celebrare che la scienza è stata ascoltata e ha fatto la differenza. E non solo a questo caso, credo”, ha detto a Science.org Viñuesa, che spera che questo caso diventi un modello con cui i sistemi legali possono rapportarsi con la scienza.

Un precedente importante

In effetti, come sottolinea a Nature.com lAnna-Maria Arabia, chief executive dell’Accademia australiana delle scienze, la vicenda dimostra come la scienza e i sistemi giudiziari possano lavorare insieme, per creare un sistema legale più sensibile alla scienza stessa, a partire dal riconoscimento delle competenze degli esperti interpellati durante i processi. “Quello che ha fatto il sistema giudiziario australiano ha pochi precedenti: innanzitutto perché le autorità hanno avuto il coraggio di riaprire un processo dopo vent’anni e di andare a guardare realmente come stavano le cose, e soprattutto perché sono stati coinvolti degli esperti internazionali con esperienza specifica sul gene della calmodulina e sulla sindrome del QT lungo e non ci si è limitati ai pareri espressi da medici locali senza competenze in materia, come di solito succede“, aggiunge a Wired Italia Schwartz.

“Questo è il punto critico della faccenda: molto spesso, anche in Italia, c’è la tendenza a interpellare esperti generici”, continua Schwartz. “Per esempio, in un caso come questo può essere interpellato un cardiologo, ma all’interno della cardiologia ci sono esperienze molto diverse e molto selettive, e quindi avere un parere generico in un caso particolarmente controverso ha poco valore. Quello che invece ha fatto la differenza è che le autorità giudiziarie australiane hanno sì avuto una serie di esperti locali generici, ma poi si sono rivolti alle persone, in varie parti del mondo, con la maggiore esperienza in quel campo ha fatto la differenza. Questo è sicuramente un punto importante che crea un precedente cruciale: soprattutto se il caso è delicato, come una condanna a quarant’anni di carcere, è giusto interpellare quelli che sono i maggiori esperti al mondo sulla specifica malattia in questione“.

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