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Quando rischiammo di scomparire dalla faccia della Terra

Author: Wired

C’è stato un momento nell’evoluzione, circa un milione di anni fa, in cui gli antenati delle specie Homo hanno rischiato di scomparire. E l’umanità non sarebbe mai esistita. È quello che sostengono i ricercatori di una collaborazione internazionale – tra cui anche autori italiani – sulle pagine di Science: affidandosi a nuove tecniche di analisi del genoma, gli esperti ritengono che circa 900mila anni fa la popolazione di antenati comuni a denisoviani, neanderthal e sapiens si sia ridotta del 98,7% a causa, forse, dei cambiamenti climatici.

Collo di bottiglia

I ricercatori hanno analizzato (attraverso un nuovo metodo chiamato FitCoal) il genoma di 3.154 persone provenienti da tutto il mondo e appartenenti a 10 popolazioni africane e 40 non africane, facendo particolare attenzione a come i lignaggi genetici si siano differenziati nel tempo. Hanno così dedotto che tra 930mila e 813mila anni fa la variabilità genetica si è ridotta del 65,85% – un fenomeno che si verifica quando una popolazione va incontro a quello che viene chiamato un collo di bottiglia, cioè una diminuzione drastica del numero di individui a causa di eventi come disastri naturali, epidemie, siccità, carestie, guerre. Hanno così stimato che la popolazione di nostri antenati deve essersi ridotta di oltre il 98%, rischiando concretamente di scomparire. Tale conclusione spiegherebbe anche altre evidenze, come la grossa perdita di reperti fossili tra africani ed eurasiatici risalente allo stesso periodo.

Le cause

Non potremo mai essere certi delle cause che hanno portato i nostri antenati sull’orlo dell’estinzione, ma è plausibile che abbiano contribuito i cambiamenti climatici (cicli di glaciazione) a cui la Terra è andata incontro durante il Pleistocene. Condizioni climatiche così sfavorevoli avrebbero potuto alimentare carestie e conflitti che avrebbero ridotto ulteriormente le dimensioni della popolazione.

Evolversi nelle difficoltà

Gli esperti propongono anche l’idea che il collo di bottiglia abbia contribuito a separare il nostro ramo evolutivo da quello delle scimmie antropomorfe, rendendo così possibile l’umanità moderna. Le odierne scimmie antropomorfe (come scimpanzè e gorilla) hanno 24 coppie di cromosomi, mentre Homo sapiens ne ha 23. È possibile che in quel momento di estrema difficoltà si sia verificata la fusione di due cromosomi ancestrali che hanno dato origine a quello che oggi è il nostro cromosoma 2.

Non solo. La scoperta, secondo gli autori, apre un nuovo campo di indagine nell’evoluzione umana perché solleva molte domande: in quali luoghi sono sopravvissuti questi individui? Come hanno superato i catastrofici cambiamenti climatici? La selezione naturale durante il collo di bottiglia ha accelerato l’evoluzione del cervello umano?

Questi risultati, insomma, sono solo l’inizio del percorso per ricostruire il complesso quadro dell’evoluzione umana.

Author: Wired

C’è stato un momento nell’evoluzione, circa un milione di anni fa, in cui gli antenati delle specie Homo hanno rischiato di scomparire. E l’umanità non sarebbe mai esistita. È quello che sostengono i ricercatori di una collaborazione internazionale – tra cui anche autori italiani – sulle pagine di Science: affidandosi a nuove tecniche di analisi del genoma, gli esperti ritengono che circa 900mila anni fa la popolazione di antenati comuni a denisoviani, neanderthal e sapiens si sia ridotta del 98,7% a causa, forse, dei cambiamenti climatici.

Collo di bottiglia

I ricercatori hanno analizzato (attraverso un nuovo metodo chiamato FitCoal) il genoma di 3.154 persone provenienti da tutto il mondo e appartenenti a 10 popolazioni africane e 40 non africane, facendo particolare attenzione a come i lignaggi genetici si siano differenziati nel tempo. Hanno così dedotto che tra 930mila e 813mila anni fa la variabilità genetica si è ridotta del 65,85% – un fenomeno che si verifica quando una popolazione va incontro a quello che viene chiamato un collo di bottiglia, cioè una diminuzione drastica del numero di individui a causa di eventi come disastri naturali, epidemie, siccità, carestie, guerre. Hanno così stimato che la popolazione di nostri antenati deve essersi ridotta di oltre il 98%, rischiando concretamente di scomparire. Tale conclusione spiegherebbe anche altre evidenze, come la grossa perdita di reperti fossili tra africani ed eurasiatici risalente allo stesso periodo.

Le cause

Non potremo mai essere certi delle cause che hanno portato i nostri antenati sull’orlo dell’estinzione, ma è plausibile che abbiano contribuito i cambiamenti climatici (cicli di glaciazione) a cui la Terra è andata incontro durante il Pleistocene. Condizioni climatiche così sfavorevoli avrebbero potuto alimentare carestie e conflitti che avrebbero ridotto ulteriormente le dimensioni della popolazione.

Evolversi nelle difficoltà

Gli esperti propongono anche l’idea che il collo di bottiglia abbia contribuito a separare il nostro ramo evolutivo da quello delle scimmie antropomorfe, rendendo così possibile l’umanità moderna. Le odierne scimmie antropomorfe (come scimpanzè e gorilla) hanno 24 coppie di cromosomi, mentre Homo sapiens ne ha 23. È possibile che in quel momento di estrema difficoltà si sia verificata la fusione di due cromosomi ancestrali che hanno dato origine a quello che oggi è il nostro cromosoma 2.

Non solo. La scoperta, secondo gli autori, apre un nuovo campo di indagine nell’evoluzione umana perché solleva molte domande: in quali luoghi sono sopravvissuti questi individui? Come hanno superato i catastrofici cambiamenti climatici? La selezione naturale durante il collo di bottiglia ha accelerato l’evoluzione del cervello umano?

Questi risultati, insomma, sono solo l’inizio del percorso per ricostruire il complesso quadro dell’evoluzione umana.

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