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Arbitri e Var, la soluzione alla crisi? Una vecchia idea di Rosetti e Rizzoli

Author: Tuttosport

“Lavoriamo per avere uniformità. Avremo squadre arbitrali provenienti dallo stesso Paese e, se non sarà possibile, formeremo squadre con arbitri che non partecipano a campionati col Var affiancati da colleghi che lavorano ogni settimana con questa tecnologia”, Ecco, era il 6 febbraio del 2019 (col ritmo a cui viaggia la tecnologia quasi un secolo fa…) quando Roberto Rosetti, allora responsabile degli arbitri dell’Uefa, si riferiva alla necessità di uniformare le dinamiche e soprattutto le decisioni tra gli arbitri e i varisti e all’interno degli stessi varisti. Ebbene, a giudicare da quel che sta accadendo in Italia sembra proprio che questo tempo sia passato invano e che, almeno da quel che vedremo, si sia proceduto in direzione contraria, e dunque controproducente, a quel tipo di indicazione. Con l’effetto di ingenerare una confusione tale che vien da chiedersi se sia propedeutica a chissà che o semplicemente figlia spuria dell’insipienza.

Arbitri, sestetti in sintonia

In ogni caso, la parola chiave che aveva citato Rosetti all’epoca si stagliava evidente nell’ambito del suo discorso: “squadre”. Vale a dire un gruppo coeso di sei uomini – arbitro, assistenti, quarto ufficiale e varisti – che si muove assieme, che ragiona assieme, che ha sintonia e affinità e, dettaglio non trascurabile, specificità nel ruolo: sia perché il compito richiede specializzazione, sia perché – chissà mai – non vi sia la recondita speranza di poter scalzare un giorno il collega dal ruolo più gratificante e mediatico di arbitro in campo.

Rocchi e il caso arbitri: l’analisi tra sviste, stecche, svarioni e recidive

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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“Lavoriamo per avere uniformità. Avremo squadre arbitrali provenienti dallo stesso Paese e, se non sarà possibile, formeremo squadre con arbitri che non partecipano a campionati col Var affiancati da colleghi che lavorano ogni settimana con questa tecnologia”, Ecco, era il 6 febbraio del 2019 (col ritmo a cui viaggia la tecnologia quasi un secolo fa…) quando Roberto Rosetti, allora responsabile degli arbitri dell’Uefa, si riferiva alla necessità di uniformare le dinamiche e soprattutto le decisioni tra gli arbitri e i varisti e all’interno degli stessi varisti. Ebbene, a giudicare da quel che sta accadendo in Italia sembra proprio che questo tempo sia passato invano e che, almeno da quel che vedremo, si sia proceduto in direzione contraria, e dunque controproducente, a quel tipo di indicazione. Con l’effetto di ingenerare una confusione tale che vien da chiedersi se sia propedeutica a chissà che o semplicemente figlia spuria dell’insipienza.

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In ogni caso, la parola chiave che aveva citato Rosetti all’epoca si stagliava evidente nell’ambito del suo discorso: “squadre”. Vale a dire un gruppo coeso di sei uomini – arbitro, assistenti, quarto ufficiale e varisti – che si muove assieme, che ragiona assieme, che ha sintonia e affinità e, dettaglio non trascurabile, specificità nel ruolo: sia perché il compito richiede specializzazione, sia perché – chissà mai – non vi sia la recondita speranza di poter scalzare un giorno il collega dal ruolo più gratificante e mediatico di arbitro in campo.

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