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Tecnologia

Le piante luminescenti che sembrano uscite da Avatar ora esistono davvero

Author: Wired

Il tempo degli annunci sembra finito. Per la prima volta le piante che brillano di luce propria stanno per arrivare sul mercato statunitense: l’azienda Light Bio ha aperto al preordine delle sue Firefly Petunia (così chiamate perché i boccioli bioluminescenti nel buio assomigliano alle lucciole) e dovrebbe cominciare la distribuzione ad aprile.

Al di là del fine commerciale, dietro questo risultato ci sono quarant’anni di ricerca, che continua a progredire, promettendo ulteriori miglioramenti della tecnologia. E il nuovo capitolo nella storia degli organismi geneticamente modificati per diventare luminescenti è stato da poco pubblicato sulla rivista Science Advances: nelle piante stesse c’è un gene simile a quelli dei funghi finora utilizzati che appaia il metabolismo energetico con la produzione di luce “organica”.

Un gene nativo

Le piante luminescenti sono oggi ottenute incorporando nel loro genoma ben cinque geni derivati da funghi naturalmente in grado di emettere luce. Tali geni permettono alla pianta di produrre enzimi che convertono l’acido caffeico, di norma prodotto dai vegetali, in un cosiddetto “precursore luminescente”, la cui ossidazione produce l’emissione di un fotone (cioè il componente elementare della luce); infine questa molecola ossidata viene riconvertita in acido caffeico per ricominciare il ciclo.

Le cose però potrebbero presto cambiare perché Karen Sarkisyan e colleghi, supportati anche dalle aziende interessate, hanno scoperto che alcune piante possiedono esse stesse un gene che può intervenire nel processo e può pertanto sostituire la funzione di ben due geni fungini. Questa rivelazione, dicono gli esperti, avrà indubbi vantaggi sulla produzione di piante bioluminescenti sia perché richiede inferiori requisiti biologici sia perché il gene è più piccolo e compatto e potrebbe essere impiegato con più facilità anche nell’ingegnerizzazione di altri organismi che non lo possiedono naturalmente.

Più luce (e non solo)

La luce prodotta dalle piante modificate geneticamente è emessa in modo costante e senza bisogno di particolari accorgimenti (non serve esporre le piante a un certo tipo di luce o nutrirle con specifici concimi). Si tratta di una luce verde soffusa, simile – sostiene l’azienda Light Bio – alla luce lunare, ma grazie anche ai progressi scientifici è possibile che già nel prossimo futuro si sia in grado di rendere le piante dieci volte più luminose rispetto al livello attuale. Non è tutto: uno dei prossimi obiettivi su cui gli scienziati stanno lavorando è quello di sviluppare piante la cui luce non sia solo estetica ma possa essere anche un segnale per comunicare il proprio stato di salute.

Author: Wired

Il tempo degli annunci sembra finito. Per la prima volta le piante che brillano di luce propria stanno per arrivare sul mercato statunitense: l’azienda Light Bio ha aperto al preordine delle sue Firefly Petunia (così chiamate perché i boccioli bioluminescenti nel buio assomigliano alle lucciole) e dovrebbe cominciare la distribuzione ad aprile.

Al di là del fine commerciale, dietro questo risultato ci sono quarant’anni di ricerca, che continua a progredire, promettendo ulteriori miglioramenti della tecnologia. E il nuovo capitolo nella storia degli organismi geneticamente modificati per diventare luminescenti è stato da poco pubblicato sulla rivista Science Advances: nelle piante stesse c’è un gene simile a quelli dei funghi finora utilizzati che appaia il metabolismo energetico con la produzione di luce “organica”.

Un gene nativo

Le piante luminescenti sono oggi ottenute incorporando nel loro genoma ben cinque geni derivati da funghi naturalmente in grado di emettere luce. Tali geni permettono alla pianta di produrre enzimi che convertono l’acido caffeico, di norma prodotto dai vegetali, in un cosiddetto “precursore luminescente”, la cui ossidazione produce l’emissione di un fotone (cioè il componente elementare della luce); infine questa molecola ossidata viene riconvertita in acido caffeico per ricominciare il ciclo.

Le cose però potrebbero presto cambiare perché Karen Sarkisyan e colleghi, supportati anche dalle aziende interessate, hanno scoperto che alcune piante possiedono esse stesse un gene che può intervenire nel processo e può pertanto sostituire la funzione di ben due geni fungini. Questa rivelazione, dicono gli esperti, avrà indubbi vantaggi sulla produzione di piante bioluminescenti sia perché richiede inferiori requisiti biologici sia perché il gene è più piccolo e compatto e potrebbe essere impiegato con più facilità anche nell’ingegnerizzazione di altri organismi che non lo possiedono naturalmente.

Più luce (e non solo)

La luce prodotta dalle piante modificate geneticamente è emessa in modo costante e senza bisogno di particolari accorgimenti (non serve esporre le piante a un certo tipo di luce o nutrirle con specifici concimi). Si tratta di una luce verde soffusa, simile – sostiene l’azienda Light Bio – alla luce lunare, ma grazie anche ai progressi scientifici è possibile che già nel prossimo futuro si sia in grado di rendere le piante dieci volte più luminose rispetto al livello attuale. Non è tutto: uno dei prossimi obiettivi su cui gli scienziati stanno lavorando è quello di sviluppare piante la cui luce non sia solo estetica ma possa essere anche un segnale per comunicare il proprio stato di salute.

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