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Meat sounding, la Francia segue l’Italia

Author: Rinnovabili.it

Immagine di timolina su Freepik

Cosa si nasconde dietro le parole del cibo

Anche sul meat sounding la Francia segue la scia dell’Italia, come era già successo con la carne coltivata.

A dicembre un deputato francese aveva presentato un disegno di legge per chiedere di vietare in Francia la produzione, la commercializzazione e la vendita della carne coltivata.

In Francia, peraltro, dal 2021 già esisteva una legge che vietava di servire i prodotti derivati dall’agricoltura cellulare nella ristorazione collettiva.

Più recente è la posizione contraria alla carne coltivata assunta dalla Florida, a cui stanno guardano con interesse anche l’Arizona e il Tennessee, ma potrebbe estendersi ad altri Stati USA.

Leggi anche Carne coltivata, la Francia segue l’Italia

Nel 2020 il primo tentativo di vietare il meat sounding

Il meat sounding cela prodotti vegetali o vegani dietro nomi che fanno pensare alla carne.

A dire il vero, le perplessità non sono nate oggi. Nel 2020 era stata lanciata la campagna “Ceci n’est pas une steak” che riprendeva i quadri del pittore surrealista René Magritte. L’obiettivo della campagna era ottenere dei regolamenti comunitari sulla carne coltivata, ma l’esito non fu positivo.

Una iniziativa del 2017 che in qualche modo si collega a quella attuale contro il meat sounding ebbe invece migliore fortuna e andò in porto con successo.

Si tratta del divieto di commercializzare nei Paesi dell’Unione Europea i prodotti con un nome evocativo dei derivati dal latte anche se di questo non c’è traccia: ad esempio, latte di cocco o di mandorla, yogurt di soia e simili.

Come c’era da aspettarsi, i produttori e i riveditori non sono affatto d’accordo: quale sarà la nuova denominazione per prodotti come hamburger vegano, pancetta meat-free o salsicce vegetali? Il dubbio non è ancora sciolto, ma le multe non ammetteranno incertezze e saranno salatissime: 7.500 euro.

Qualcuno ha provato a dire che i consumatori saranno confusi e non riconosceranno più i prodotti a cui sono abituati, ma la legge non ammette scuse.

Leggi anche Carne coltivata, 12 Paesi UE chiedono un supplemento di indagine

Quanto conta la salute delle persone?

Contro il decreto sul meat sounding si è schierato Protéines France, il consorzio che riunisce le aziende che vogliono sviluppare le nuove proteine vegetali e rendere la Francia leader mondiale del settore.

Le perplessità sul meat sounding non sono solo europee. Dal 2022 il Sudafrica ha bandito le ambiguità nella definizione dei prodotti vegetali che vorrebbero evocare le proteine animali, quindi niente più “plant-based meatballs”.

Alla fine di tutto, il risultato è che il divieto vale per i prodotti Made in France, ma non per quelli prodotti in altri paesi: ovvio che i produttori francesi siano preoccupati di essere scavalcati dalla concorrenza estera. Quindi, a ben vedere, si tratta come sempre di questioni commerciali.

Quello che sembra un po’ surreale, se non ci fossero di mezzo la poca chiarezza che ancora circonda queste produzioni e quindi il loro effetto sulla salute dei consumatori, è che nel mercato globale le multinazionali del cibo fanno la parte del leone.

Author: Rinnovabili.it

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Cosa si nasconde dietro le parole del cibo

Anche sul meat sounding la Francia segue la scia dell’Italia, come era già successo con la carne coltivata.

A dicembre un deputato francese aveva presentato un disegno di legge per chiedere di vietare in Francia la produzione, la commercializzazione e la vendita della carne coltivata.

In Francia, peraltro, dal 2021 già esisteva una legge che vietava di servire i prodotti derivati dall’agricoltura cellulare nella ristorazione collettiva.

Più recente è la posizione contraria alla carne coltivata assunta dalla Florida, a cui stanno guardano con interesse anche l’Arizona e il Tennessee, ma potrebbe estendersi ad altri Stati USA.

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Nel 2020 il primo tentativo di vietare il meat sounding

Il meat sounding cela prodotti vegetali o vegani dietro nomi che fanno pensare alla carne.

A dire il vero, le perplessità non sono nate oggi. Nel 2020 era stata lanciata la campagna “Ceci n’est pas une steak” che riprendeva i quadri del pittore surrealista René Magritte. L’obiettivo della campagna era ottenere dei regolamenti comunitari sulla carne coltivata, ma l’esito non fu positivo.

Una iniziativa del 2017 che in qualche modo si collega a quella attuale contro il meat sounding ebbe invece migliore fortuna e andò in porto con successo.

Si tratta del divieto di commercializzare nei Paesi dell’Unione Europea i prodotti con un nome evocativo dei derivati dal latte anche se di questo non c’è traccia: ad esempio, latte di cocco o di mandorla, yogurt di soia e simili.

Come c’era da aspettarsi, i produttori e i riveditori non sono affatto d’accordo: quale sarà la nuova denominazione per prodotti come hamburger vegano, pancetta meat-free o salsicce vegetali? Il dubbio non è ancora sciolto, ma le multe non ammetteranno incertezze e saranno salatissime: 7.500 euro.

Qualcuno ha provato a dire che i consumatori saranno confusi e non riconosceranno più i prodotti a cui sono abituati, ma la legge non ammette scuse.

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Quanto conta la salute delle persone?

Contro il decreto sul meat sounding si è schierato Protéines France, il consorzio che riunisce le aziende che vogliono sviluppare le nuove proteine vegetali e rendere la Francia leader mondiale del settore.

Le perplessità sul meat sounding non sono solo europee. Dal 2022 il Sudafrica ha bandito le ambiguità nella definizione dei prodotti vegetali che vorrebbero evocare le proteine animali, quindi niente più “plant-based meatballs”.

Alla fine di tutto, il risultato è che il divieto vale per i prodotti Made in France, ma non per quelli prodotti in altri paesi: ovvio che i produttori francesi siano preoccupati di essere scavalcati dalla concorrenza estera. Quindi, a ben vedere, si tratta come sempre di questioni commerciali.

Quello che sembra un po’ surreale, se non ci fossero di mezzo la poca chiarezza che ancora circonda queste produzioni e quindi il loro effetto sulla salute dei consumatori, è che nel mercato globale le multinazionali del cibo fanno la parte del leone.

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