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Perché la convivialità non deve essere sottovalutata, anche per la nostra salute

Author: Wired

I modelli alimentari, inoltre, risultano positivamente influenzati dal senso di convivialità. Ecco quindi che l’avvento di un paradigma caratterizzato da minor condivisione, abitudini più individualistiche, frammentazione delle prassi legate al cibo – e ovviamente da una qualità nutrizionale più bassa – avrebbe impatti importanti, contribuendo a esiti avversi sulla salute.

Condividere i pasti è un’abitudine importante a livello globale in quanto, secondo l’indagine statunitense presentata nell’ambito di “Let’s talk about Food and Science”, il 50% degli intervistati in Italia, Germania, Stati Uniti (oltre 1000 partecipanti per ciascun paese) dichiara di consumare sei o più pasti a settimana in famiglia o con gli amici (ma il valore sale fino al 74% nel nostro paese). Il fine settimana è sicuramente un momento prezioso per riunirsi a tavola e l’apparecchiare e sparecchiare assieme non è un dettaglio ma un ulteriore boost di convivialità.

Alla luce dell’importanza dell’essere assieme, anche la condivisione di foto dei piatti diventa una prassi sempre più accettata e perfino veicolo di buon esempio.

Il senso profondo del discorso, ma lo sottolineano anche Bernardi e Visioli nella review, è che le iniziative di sanità pubblica non possono sottovalutare l’importanza di migliorare gli stili alimentari e di vita delle persone, tenendo anche conto della socialità e del networking (tanto più in una società come quella italiana dove l’invecchiamento della popolazione avanza e si fanno meno figli, ndr).

Dieta, esercizio fisico e riduzione dello stress sono i pilastri per una vita sana ma sottovalutare le interazioni sociali, ovviamente quelle positive, tanto più se mediate dal cibo, sarebbe controproducente. “Queste evidenze ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano: che si tratti di un piacevole brunch nel fine settimana o di una cena veloce in settimana, i benefici del riunirsi intorno alla tavola ci sono e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive, i pasti condivisi, in particolare se ispirati alla dieta mediterranea, hanno il potenziale per migliorare la qualità della vita degli individui e rafforzare i legami all’interno delle comunità” conferma Elisabetta Bernardi.

Insomma, gli italiani, ma anche i cugini dell’area mediterranea, farebbero bene a osservare con più attenzione alcuni cambiamenti dello stile di vita nazionale, sebbene simboli di progresso. È vero, come affermato nell’articolo del Nyt da alcune voci italiane, che il mito del pranzo domenicale ricade talvolta “sotto l’ombrello degli stereotipi ultra idealizzati che gli stranieri sembrano associare al nostro lifestyle” e che la società italiana non è ferma nel tempo con le nonne che spendono due giorni chiuse in casa. Tuttavia, come confermato dall’incontro del ciclo Let’s talk About food and science, una riflessione andrebbe fatta sul nesso tra convivialità e inferiore prevalenza di malattie cronico-degenerative, benessere psicologico e longevità. Secondo Francesco Visioli, “il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità, fa bene e lo provano numerosi studi, tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolare. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza sul comportamento alimentare: quando le persone condividono il pasto danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione e aumentando il consumo di frutta e ortaggi”.

In un mondo dove le abitudini cambiano anche sulla spinta di trend alimentari, l’importanza delle esperienze vissute duranti i pasti può stimolare riflessioni e scelte più attente, sia in termini di cosa che di come. Uno studio realizzato dal Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior & Brain Lab” dell’Università Iulm ha dimostrato, come indicato dal professore Vincenzo Russo, “che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici, in particolare quelli legati alla famiglia. I partecipanti al nostro test hanno infatti legato il consumo di pasta a momenti di condivisione familiare e amicizia”.

Author: Wired

I modelli alimentari, inoltre, risultano positivamente influenzati dal senso di convivialità. Ecco quindi che l’avvento di un paradigma caratterizzato da minor condivisione, abitudini più individualistiche, frammentazione delle prassi legate al cibo – e ovviamente da una qualità nutrizionale più bassa – avrebbe impatti importanti, contribuendo a esiti avversi sulla salute.

Condividere i pasti è un’abitudine importante a livello globale in quanto, secondo l’indagine statunitense presentata nell’ambito di “Let’s talk about Food and Science”, il 50% degli intervistati in Italia, Germania, Stati Uniti (oltre 1000 partecipanti per ciascun paese) dichiara di consumare sei o più pasti a settimana in famiglia o con gli amici (ma il valore sale fino al 74% nel nostro paese). Il fine settimana è sicuramente un momento prezioso per riunirsi a tavola e l’apparecchiare e sparecchiare assieme non è un dettaglio ma un ulteriore boost di convivialità.

Alla luce dell’importanza dell’essere assieme, anche la condivisione di foto dei piatti diventa una prassi sempre più accettata e perfino veicolo di buon esempio.

Il senso profondo del discorso, ma lo sottolineano anche Bernardi e Visioli nella review, è che le iniziative di sanità pubblica non possono sottovalutare l’importanza di migliorare gli stili alimentari e di vita delle persone, tenendo anche conto della socialità e del networking (tanto più in una società come quella italiana dove l’invecchiamento della popolazione avanza e si fanno meno figli, ndr).

Dieta, esercizio fisico e riduzione dello stress sono i pilastri per una vita sana ma sottovalutare le interazioni sociali, ovviamente quelle positive, tanto più se mediate dal cibo, sarebbe controproducente. “Queste evidenze ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano: che si tratti di un piacevole brunch nel fine settimana o di una cena veloce in settimana, i benefici del riunirsi intorno alla tavola ci sono e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive, i pasti condivisi, in particolare se ispirati alla dieta mediterranea, hanno il potenziale per migliorare la qualità della vita degli individui e rafforzare i legami all’interno delle comunità” conferma Elisabetta Bernardi.

Insomma, gli italiani, ma anche i cugini dell’area mediterranea, farebbero bene a osservare con più attenzione alcuni cambiamenti dello stile di vita nazionale, sebbene simboli di progresso. È vero, come affermato nell’articolo del Nyt da alcune voci italiane, che il mito del pranzo domenicale ricade talvolta “sotto l’ombrello degli stereotipi ultra idealizzati che gli stranieri sembrano associare al nostro lifestyle” e che la società italiana non è ferma nel tempo con le nonne che spendono due giorni chiuse in casa. Tuttavia, come confermato dall’incontro del ciclo Let’s talk About food and science, una riflessione andrebbe fatta sul nesso tra convivialità e inferiore prevalenza di malattie cronico-degenerative, benessere psicologico e longevità. Secondo Francesco Visioli, “il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità, fa bene e lo provano numerosi studi, tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolare. Il contesto sociale esercita dunque una profonda influenza sul comportamento alimentare: quando le persone condividono il pasto danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione e aumentando il consumo di frutta e ortaggi”.

In un mondo dove le abitudini cambiano anche sulla spinta di trend alimentari, l’importanza delle esperienze vissute duranti i pasti può stimolare riflessioni e scelte più attente, sia in termini di cosa che di come. Uno studio realizzato dal Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior & Brain Lab” dell’Università Iulm ha dimostrato, come indicato dal professore Vincenzo Russo, “che l’esperienza emotiva vissuta durante la degustazione della pasta preferita è pari a quella generata dalla rievocazione di ricordi felici, in particolare quelli legati alla famiglia. I partecipanti al nostro test hanno infatti legato il consumo di pasta a momenti di condivisione familiare e amicizia”.

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