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Tecnologia

Come funziona Third Thumb, il terzo pollice robotico facile da usare per (quasi) tutti

Author: Wired

Interazione umano-macchina

Il progetto Third Thumb, però, non è “solo” sviluppare un dispositivo potenzialmente utile, ma è un’indagine attorno a tutto ciò che è o potrebbe diventare il rapporto tra gli esseri umani e le macchine. Nel 2021 il gruppo di ricerca aveva indagato, per esempio, come il cervello umano risponde all’utilizzo di un’estensione artificiale del corpo, dimostrando che ci adattiamo facilmente alla percezione e all’utilizzo del dito in più (in altre parole cambia la rappresentazione della mano nella corteccia cerebrale senso-motoria) e che altrettanto facilmente, una volta tolta la protesi, i cambiamenti cerebrali scompaiono.

Stop alle discriminazioni

Un altro aspetto fondamentale quando si sta sviluppando una nuova tecnologia è l’inclusività.
“La tecnologia sta cambiando la nostra stessa definizione di cosa significhi essere umani, con le macchine che diventano sempre più parte della nostra vita quotidiana e anche delle nostre menti e dei nostri corpi”, spiega Tamar Makin, responsabile del progetto di ricerca dell’Università di Cambridge. “Queste tecnologie aprono nuove entusiasmanti opportunità che possono apportare benefici alla società, ma è fondamentale considerare come possano aiutare tutte le persone allo stesso modo, in particolare le comunità emarginate che sono spesso escluse dalla ricerca e dallo sviluppo dell’innovazione”.

Il risultato finale, per il team di ricerca, dovrà essere diverso da quanto è avvenuto in passato con altre tecnologie che, benché utili, hanno prodotto discriminazioni perché non hanno tenuto conto delle differenze che esistono tra esseri umani. Andando indietro nel tempo, i sedili e le cinture delle automobili garantiscono ancora oggi maggior sicurezza per le persone di sesso maschile in caso di incidente, perché i manichini da crash-test rappresentavano un maschio medio. Un altro esempio sono diversi tipi di utensili che risultano più pericolosi se utilizzati da persone mancine, che dunque impiegano la mano sinistra o cercano di usarli con la mano non dominante. Ancora, i sistemi di riconoscimento vocale e alcune tecnologie per la realtà aumentata riconoscono peggio la voce/i movimenti degli utenti di pelle nera rispetto a quelli di pelle bianca.

“Per garantire che tutti abbiano l’opportunità di partecipare e beneficiare di questi entusiasmanti progressi – continua Makin – dobbiamo integrare e misurare esplicitamente l’inclusività durante le primissime fasi possibili del processo di ricerca e sviluppo”.

Un progetto di co-sviluppo col pubblico

Con questo obiettivo il team di Makin e Clode nel 2022 ha portato Third Thumb fuori dal laboratorio e dalla cerchia dei test sui piccoli numeri, presentandolo alla Royal Society Summer Science Exhibition e facendolo provare a 596 persone di tutte le età, dai 3 ai 96 anni, senza selezione a priori. Il dispositivo, disponibile in due taglie, è stato leggermente modificato per questioni pratiche (alimentato in modo diretto per evitare di dover continuamente ricaricare le batterie) e igieniche (i sensori di pressione erano fissati a una piattaforma esterna anziché all’interno delle scarpe) e i ricercatori presenti hanno raccolto, dopo la firma del consenso informato, alcune informazioni sulle persone che sceglievano di mettere alla prova il terzo pollice.

Author: Wired

Interazione umano-macchina

Il progetto Third Thumb, però, non è “solo” sviluppare un dispositivo potenzialmente utile, ma è un’indagine attorno a tutto ciò che è o potrebbe diventare il rapporto tra gli esseri umani e le macchine. Nel 2021 il gruppo di ricerca aveva indagato, per esempio, come il cervello umano risponde all’utilizzo di un’estensione artificiale del corpo, dimostrando che ci adattiamo facilmente alla percezione e all’utilizzo del dito in più (in altre parole cambia la rappresentazione della mano nella corteccia cerebrale senso-motoria) e che altrettanto facilmente, una volta tolta la protesi, i cambiamenti cerebrali scompaiono.

Stop alle discriminazioni

Un altro aspetto fondamentale quando si sta sviluppando una nuova tecnologia è l’inclusività.
“La tecnologia sta cambiando la nostra stessa definizione di cosa significhi essere umani, con le macchine che diventano sempre più parte della nostra vita quotidiana e anche delle nostre menti e dei nostri corpi”, spiega Tamar Makin, responsabile del progetto di ricerca dell’Università di Cambridge. “Queste tecnologie aprono nuove entusiasmanti opportunità che possono apportare benefici alla società, ma è fondamentale considerare come possano aiutare tutte le persone allo stesso modo, in particolare le comunità emarginate che sono spesso escluse dalla ricerca e dallo sviluppo dell’innovazione”.

Il risultato finale, per il team di ricerca, dovrà essere diverso da quanto è avvenuto in passato con altre tecnologie che, benché utili, hanno prodotto discriminazioni perché non hanno tenuto conto delle differenze che esistono tra esseri umani. Andando indietro nel tempo, i sedili e le cinture delle automobili garantiscono ancora oggi maggior sicurezza per le persone di sesso maschile in caso di incidente, perché i manichini da crash-test rappresentavano un maschio medio. Un altro esempio sono diversi tipi di utensili che risultano più pericolosi se utilizzati da persone mancine, che dunque impiegano la mano sinistra o cercano di usarli con la mano non dominante. Ancora, i sistemi di riconoscimento vocale e alcune tecnologie per la realtà aumentata riconoscono peggio la voce/i movimenti degli utenti di pelle nera rispetto a quelli di pelle bianca.

“Per garantire che tutti abbiano l’opportunità di partecipare e beneficiare di questi entusiasmanti progressi – continua Makin – dobbiamo integrare e misurare esplicitamente l’inclusività durante le primissime fasi possibili del processo di ricerca e sviluppo”.

Un progetto di co-sviluppo col pubblico

Con questo obiettivo il team di Makin e Clode nel 2022 ha portato Third Thumb fuori dal laboratorio e dalla cerchia dei test sui piccoli numeri, presentandolo alla Royal Society Summer Science Exhibition e facendolo provare a 596 persone di tutte le età, dai 3 ai 96 anni, senza selezione a priori. Il dispositivo, disponibile in due taglie, è stato leggermente modificato per questioni pratiche (alimentato in modo diretto per evitare di dover continuamente ricaricare le batterie) e igieniche (i sensori di pressione erano fissati a una piattaforma esterna anziché all’interno delle scarpe) e i ricercatori presenti hanno raccolto, dopo la firma del consenso informato, alcune informazioni sulle persone che sceglievano di mettere alla prova il terzo pollice.

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