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Ora che cinema e videogiochi sono morti, cosa succederà?

Author: GAMEmag

Che esista effettivamente una crisi di cinema e videogiochi è molto difficile da dimostrare direttamente, ma ci sono alcuni fenomeni che, a mio modo di vedere le cose, non possono essere ignorati. Cercando di semplificare il più possibile, sono riconducibili a queste due news che abbiamo pubblicato recentemente: sulla crescita dei videogiochi live service e sull’incapacità di Sony PlayStation a rilasciare titoli single player come ha abituato i suoi fan negli ultimi decenni.

Unendo i due dati, sembrerebbe che i giocatori dedichino più tempo alle piattaforme, ovvero a titoli che si rinnovano continuamente nei contenuti ma che non comportano un balzo tecnologico sensibile. Allo stesso tempo, i single player sembrano interessare sempre meno: ovvero, l’impressione è che l’utenza alla ricerca di un’immedesimazione nella storia non faccia più ricorso ai videogiochi.

The Last of Us - Part II

Tuttavia, una lettura attenta dei dati e degli sviluppi recenti suggerisce che questa visione sia quantomeno parziale, se non del tutto fuorviante. Il 2023, ad esempio, è stato uno dei migliori anni in assoluto per quanto riguarda il rilascio di giochi single player di elevatissima qualità visto che abbiamo avuto, tutti insieme, Zelda: Tears of the Kingdom, Baldur’s Gate 3, Spider-Man 2, Sea of Stars, Resident Evil 4 Remake, Alan Wake 2, Final Fantasy XVI, solo per citarne alcuni.

Anche il cinema ha vissuto un anno contrastante nel 2023. Gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori hanno senza dubbio influito negativamente sulla produzione, generando preoccupazioni diffuse. Tuttavia, il successo di film come Barbie, Oppenheimer e Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, testimonia un’industria che, seppur scossa, è ancora capace di produrre opere di grande impatto culturale e commerciale. Il 2023 ha visto una diversificazione delle offerte cinematografiche, con biografie intelligenti e produzioni che hanno saputo attrarre un vasto pubblico.

Detto questo, sembra esistere una crisi latente nell’innovazione delle forme di narrazione al cinema che può avere dei punti di contatto con la difficoltà a produrre nuovi giochi single player che possano effettivamente coinvolgere il pubblico. Nel cinema non esiste un miglioramento delle tecniche di narrazione ormai da diverso tempo: il riciclo di vecchie forme di raccontare, seppure unito a storie interessanti, ha prodotto una certa sterilità. Il mio punto di riferimento in questo ambito è Quentin Tarantino e vedo un’assonanza tra questi concetti e la sua evoluzione narrativa nel fatto che non riesca, ormai da diversi anni, a capire come poter portare a un nuovo livello il suo cinema, come ha invece fatto nel passato nei suoi 10 step di miglioramento continuo della narrazione.

La frammentazione del livello di interesse che hanno prodotto social, serie televisive e forme di racconto crossmediale ha ridotto il coinvolgimento degli spettatori in opere lunghe, nel film di due ore o più, o nei videogiochi che richiedono 100 ore per poter essere completati. Questi due tipi di contenuti artistici, pur tuttavia, rimangono i “preferiti” dalla critica: per poter ottenere una valutazione alta in una recensione un videogioco deve coinvolgere per tantissime ore i suoi utenti (vedasi Baldur’s Gate 3) e un film deve immedesimare e rapire l’attenzione senza che possa essere frammentata.

Baldur's Gate 3

Presupposti che non solo non sembrano più essere compatibili con le abitudini del pubblico, ma che vanno incontro a una serie di difficoltà finanziarie evidenti soprattutto nel mondo dei videogiochi. Realizzare un gioco come Baldur’s Gate 3 richiede una dedizione degli sviluppatori pressoché totale e per molti anni, insieme a finanziamenti faraonici per poter supportare un team di sviluppo ampio e così tanto dedicato: tali finanziamenti non sono più giustificati dai ricavi che poi il gioco porta. Altri titoli single player ugualmente profondi, ma meno longevi, come Alan Wake 2 o Hellblade 2, invece, non sembrano più “giustificare il costo del biglietto”, perché hanno portato a ricavi troppo bassi rispetto ai finanziamenti che sono stati necessari per produrli. Il pubblico sembra dire: “non mi interessa la profondità, ma voglio giocare per tanto tempo, sennò non spendo quei soldi”. O, perlomeno, non lo faccio per un videogioco.

Quest’ultimo punto diluisce fortemente la capacità del media videoludico di innovare sul fronte tecnologico. Mentre in passato, per poter supportare storie sempre più particolareggiate, occorreva migliorare i motori grafici con una frequenza molto serrata, con conseguente necessità dell’hardware ad alimentare questo fenomeno, ora la rivalsa dei live service e titoli single player che puntano più sulla quantità dei contenuti che sulla densità visiva sembrano aver compromesso sensibilmente questo tipo di evoluzione tecnologica. Si veda ad esempio Unreal Engine 5: mentre le precedenti versioni del motore grafico Epic Games arrivavano subito a un nutrito numero di videogiochi, ora dobbiamo aspettare moltissimo prima che un titolo UE5 arrivi a soddisfare le nostre aspettative e meravigliarci veramente sul fronte della grafica.

Hellblade 2

La non necessità di dover produrre così tanti titoli single player è poi uno degli aspetti che hanno portato a un così consistente numero di licenziamenti nell’industria dei videogiochi. Anche su questo fronte ci sono tante ragioni concomitanti che spiegano il fenomeno, quindi non si può giungere a una conclusione con tanta leggerezza. Incidono sicuramente la pandemia, così come l’intelligenza artificiale, oltre che le varie acquisizioni (di cui quelle di Microsoft sono solamente una parte, e basti ricordare Bungie che va in Sony PlayStation, Codemasters in Electronic Arts o Gearbox in Embracer, tanto per fare pochissimi nomi di un elenco che potrebbe essere molto più lungo). Ma nel 2023 ci sono stati 10 mila licenziamenti nel settore dei videogiochi che hanno colpito sviluppatori di ogni tipo, e nel 2024 se ne contano quasi altrettanti. Questi eventi hanno causato molto panico in seno all’industria, con molti che li hanno visti come l’inizio di un “secondo crash del videogioco”, dopo quello storico del 1983.

Tuttavia, mentre è innegabile che entrambi i settori abbiano affrontato difficoltà significative, parlare di crisi generalizzata appare eccessivo. L’industria dei videogiochi continua a evolversi, con modelli di business che si adattano alle nuove esigenze dei giocatori, e il cinema, nonostante le battute d’arresto, riesce ancora a produrre contenuti di qualità e successo. La chiave per il futuro risiede nella capacità di entrambe le industrie di adattarsi e innovare, rispondendo alle sfide con creatività e resilienza, con l’obiettivo di ritagliarsi il proprio pubblico mentre le attenzioni vengono distolte da forme di intrattenimento sempre più veloci e frammentate. Quel che è certo che i videogiochi, così come il cinema, non saranno più come li abbiamo conosciuti fino a oggi.

Author: GAMEmag

Che esista effettivamente una crisi di cinema e videogiochi è molto difficile da dimostrare direttamente, ma ci sono alcuni fenomeni che, a mio modo di vedere le cose, non possono essere ignorati. Cercando di semplificare il più possibile, sono riconducibili a queste due news che abbiamo pubblicato recentemente: sulla crescita dei videogiochi live service e sull’incapacità di Sony PlayStation a rilasciare titoli single player come ha abituato i suoi fan negli ultimi decenni.

Unendo i due dati, sembrerebbe che i giocatori dedichino più tempo alle piattaforme, ovvero a titoli che si rinnovano continuamente nei contenuti ma che non comportano un balzo tecnologico sensibile. Allo stesso tempo, i single player sembrano interessare sempre meno: ovvero, l’impressione è che l’utenza alla ricerca di un’immedesimazione nella storia non faccia più ricorso ai videogiochi.

The Last of Us - Part II

Tuttavia, una lettura attenta dei dati e degli sviluppi recenti suggerisce che questa visione sia quantomeno parziale, se non del tutto fuorviante. Il 2023, ad esempio, è stato uno dei migliori anni in assoluto per quanto riguarda il rilascio di giochi single player di elevatissima qualità visto che abbiamo avuto, tutti insieme, Zelda: Tears of the Kingdom, Baldur’s Gate 3, Spider-Man 2, Sea of Stars, Resident Evil 4 Remake, Alan Wake 2, Final Fantasy XVI, solo per citarne alcuni.

Anche il cinema ha vissuto un anno contrastante nel 2023. Gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori hanno senza dubbio influito negativamente sulla produzione, generando preoccupazioni diffuse. Tuttavia, il successo di film come Barbie, Oppenheimer e Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, testimonia un’industria che, seppur scossa, è ancora capace di produrre opere di grande impatto culturale e commerciale. Il 2023 ha visto una diversificazione delle offerte cinematografiche, con biografie intelligenti e produzioni che hanno saputo attrarre un vasto pubblico.

Detto questo, sembra esistere una crisi latente nell’innovazione delle forme di narrazione al cinema che può avere dei punti di contatto con la difficoltà a produrre nuovi giochi single player che possano effettivamente coinvolgere il pubblico. Nel cinema non esiste un miglioramento delle tecniche di narrazione ormai da diverso tempo: il riciclo di vecchie forme di raccontare, seppure unito a storie interessanti, ha prodotto una certa sterilità. Il mio punto di riferimento in questo ambito è Quentin Tarantino e vedo un’assonanza tra questi concetti e la sua evoluzione narrativa nel fatto che non riesca, ormai da diversi anni, a capire come poter portare a un nuovo livello il suo cinema, come ha invece fatto nel passato nei suoi 10 step di miglioramento continuo della narrazione.

La frammentazione del livello di interesse che hanno prodotto social, serie televisive e forme di racconto crossmediale ha ridotto il coinvolgimento degli spettatori in opere lunghe, nel film di due ore o più, o nei videogiochi che richiedono 100 ore per poter essere completati. Questi due tipi di contenuti artistici, pur tuttavia, rimangono i “preferiti” dalla critica: per poter ottenere una valutazione alta in una recensione un videogioco deve coinvolgere per tantissime ore i suoi utenti (vedasi Baldur’s Gate 3) e un film deve immedesimare e rapire l’attenzione senza che possa essere frammentata.

Baldur's Gate 3

Presupposti che non solo non sembrano più essere compatibili con le abitudini del pubblico, ma che vanno incontro a una serie di difficoltà finanziarie evidenti soprattutto nel mondo dei videogiochi. Realizzare un gioco come Baldur’s Gate 3 richiede una dedizione degli sviluppatori pressoché totale e per molti anni, insieme a finanziamenti faraonici per poter supportare un team di sviluppo ampio e così tanto dedicato: tali finanziamenti non sono più giustificati dai ricavi che poi il gioco porta. Altri titoli single player ugualmente profondi, ma meno longevi, come Alan Wake 2 o Hellblade 2, invece, non sembrano più “giustificare il costo del biglietto”, perché hanno portato a ricavi troppo bassi rispetto ai finanziamenti che sono stati necessari per produrli. Il pubblico sembra dire: “non mi interessa la profondità, ma voglio giocare per tanto tempo, sennò non spendo quei soldi”. O, perlomeno, non lo faccio per un videogioco.

Quest’ultimo punto diluisce fortemente la capacità del media videoludico di innovare sul fronte tecnologico. Mentre in passato, per poter supportare storie sempre più particolareggiate, occorreva migliorare i motori grafici con una frequenza molto serrata, con conseguente necessità dell’hardware ad alimentare questo fenomeno, ora la rivalsa dei live service e titoli single player che puntano più sulla quantità dei contenuti che sulla densità visiva sembrano aver compromesso sensibilmente questo tipo di evoluzione tecnologica. Si veda ad esempio Unreal Engine 5: mentre le precedenti versioni del motore grafico Epic Games arrivavano subito a un nutrito numero di videogiochi, ora dobbiamo aspettare moltissimo prima che un titolo UE5 arrivi a soddisfare le nostre aspettative e meravigliarci veramente sul fronte della grafica.

Hellblade 2

La non necessità di dover produrre così tanti titoli single player è poi uno degli aspetti che hanno portato a un così consistente numero di licenziamenti nell’industria dei videogiochi. Anche su questo fronte ci sono tante ragioni concomitanti che spiegano il fenomeno, quindi non si può giungere a una conclusione con tanta leggerezza. Incidono sicuramente la pandemia, così come l’intelligenza artificiale, oltre che le varie acquisizioni (di cui quelle di Microsoft sono solamente una parte, e basti ricordare Bungie che va in Sony PlayStation, Codemasters in Electronic Arts o Gearbox in Embracer, tanto per fare pochissimi nomi di un elenco che potrebbe essere molto più lungo). Ma nel 2023 ci sono stati 10 mila licenziamenti nel settore dei videogiochi che hanno colpito sviluppatori di ogni tipo, e nel 2024 se ne contano quasi altrettanti. Questi eventi hanno causato molto panico in seno all’industria, con molti che li hanno visti come l’inizio di un “secondo crash del videogioco”, dopo quello storico del 1983.

Tuttavia, mentre è innegabile che entrambi i settori abbiano affrontato difficoltà significative, parlare di crisi generalizzata appare eccessivo. L’industria dei videogiochi continua a evolversi, con modelli di business che si adattano alle nuove esigenze dei giocatori, e il cinema, nonostante le battute d’arresto, riesce ancora a produrre contenuti di qualità e successo. La chiave per il futuro risiede nella capacità di entrambe le industrie di adattarsi e innovare, rispondendo alle sfide con creatività e resilienza, con l’obiettivo di ritagliarsi il proprio pubblico mentre le attenzioni vengono distolte da forme di intrattenimento sempre più veloci e frammentate. Quel che è certo che i videogiochi, così come il cinema, non saranno più come li abbiamo conosciuti fino a oggi.

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