Categorie
HardwareSoftware

Pro-Trump hackers try to silence the press

Bury bad news under a denial of service attack

It seems that there is a crew of hackers which is determined to keep bad news about the orange misogynist tax-dodger out of the press.

Newsweek ran a story which proved that Trump had violated the Cuban Trade embargo, which would cause Trump to lose any street cred he had with the important anti-Castro community in Florida.

Within an hour the Newsweek site crashed as it was hit by a denial of service attack. Editor-In-Chief Jim Impoco noted that the attack came as the story earned national attention.

“The site was down most of last evening, at a time when Kurt Eichenwald’s story detailing how Donald Trump’s company broke the law by violating the U.S. trade embargo against Cuba was being covered extensively by prominent cable news programs. Our IT team is still investigating the hack.”

Needless to say the hacker team was not one of his American deplorables. We doubt that any of them could get into their own iPhone without the aid of a responsible adult.

It seems that the attack was mounted by Tsar Putin’s disinformation unit – the main IP addresses used for the attack was Russian. Putin is rather keen to get his boy Trump elected, after all it is always good to have a bloke who owes you money with his keys on the nuclear triggers, particularly when most of them are pointed at you.

Autore: Fudzilla.com – Home

Categorie
HardwareSoftware

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Le applicazioni benchmark, com’è noto, sono dei test “preconfezionati” che permettono di misurare le prestazioni di un qualunque dispositivo e di ottenere un giudizio numerico riassuntivo.
Dal momento che il test (benchmark) viene eseguito allo stesso modo su tutti i dispositivi, la valutazione offerta si rivela un ottimo metro di paragone fra un dispositivo e l’altro.

Benchmark Android: quanto sono utili

Le app benchmark per Android sono molto utili per confrontare le prestazioni garantite dal proprio dispositivo mobile con quelle garantite dagli altri prodotti disponibili sul mercato.

I risultati forniti dai benchmark Android – come peraltro quelli restituiti da qualsiasi altro benchmark – vanno comunque presi con le pinze: le ottimizzazioni software aiutano moltissimo a “guadagnare punti”.
I produttori più abili nella fase di ottimizzazione del software, quindi, possono porsi in evidenza nei test, anche rispetto a dispositivi dotati di hardware leggermente superiore.

Basti pensare che fra gli Apple iPhone e i dispositivi a cuore Android (top di gamma) c’è spesso un’enorme differenza in termini di hardware (a vantaggio di questi ultimi).
Tutto dipende dall’ottimizzazione lato software: iOS non è affatto frammentato e gli sviluppatori possono contare su un sistema operativo che è praticamente identico su tutti i device in circolazione. Su Android, invece, le tantissime versioni del sistema operativo che ci sono in giro non permettono agli sviluppatori di ottimizzare le loro app.

Nonostante con Android 6.0 Marshmallow e Android 7.0 Nougat siano stati compiuti decisi passi in avanti soprattutto al fine di un più ragionato utilizzo della batteria, iOS è molto più severo nel ridurre al minimo i processi mantenuti costantemente in esecuzione.

E mentre iOS (di derivazione UNIX) è un sistema operativo che utilizza codice compilato per gli specifici device Apple, Android poggia sul kernel Linux 3.0 (dalla release 4.0 in avanti) e su una virtual macchine (Dalvik, poi sostituita da ART; vedere Android diventa più veloce con il nuovo “motore” ART).

La “libertà” di installare Android su una pletora di dispositivi completamente differenti l’uno dall’altro, senza le limitazioni che Apple impone “di fabbrica”, implica che il codice non possa essere sempre ottimizzato per il singolo device.
Ecco quindi la necessità di sopperire con hardware più prestazionale ed ecco perché Apple, con i suoi iPhone, riesce a garantire prestazioni di primo piano seppur usando componenti sulla carta meno performanti rispetto ai modelli “punte di diamante” sul versante Android.

Il risultato benchmark, quindi, è ampiamente influenzato dalle ottimizzazioni software applicate sui vari dispositivi. In ogni caso, ciò che conta è che l’utilizzo del device sia fluido e che il dispositivo permetta di svolgere, senza difficoltà, le operazioni che ci si prefigge di eseguire.

Durante l’avvio di un qualunque benchmark Android è bene astenersi dall’utilizzare il dispositivo mobile e, inoltre, disattivare temporaneamente il blocco automatico del device. Vellamo (vedere più avanti), ad esempio, interrompe l’attività di benchmarking ogniqualvolta il dispositivo dovesse essere bloccato.

Per ottenere responsi più aderenti alla realtà, inoltre, si dovrebbero eseguire i benchmark dopo aver riavviato il dispositivo (senza altre app in esecuzione) e “a smartphone freddo” (l’innalzamento delle temperature è nemico delle performance…).

Smartphone Android più veloce: AnTuTu Benchmark

Una delle app più affidabili per scoprire qual è lo smartphone Android più veloce o comunque per capire come si rapporta il dispositivo in proprio possesso con gli altri disponibili sul mercato, è senza dubbio AnTuTu Benchmark.

Scaricabile gratuitamente da questa pagina, AnTuTu dispone del database di dispositivi più ricco in assoluto.

Dopo aver effettuato il test del proprio dispositivo Android, è possibile scoprire a colpo d’occhio qual è lo smartphone Android più veloce.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Una volta scaricata l’app benchmark, è necessario cliccare su Intall&Test quindi scaricare dal Play Store anche l’app 3DBench.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Tale app permette di provare le prestazioni del dispositivo mobile durante le attività di rendering 3D.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

È necessario un download separato perché gli sviluppatori di AnTuTu aggiornano con una certa frequenza l’app principale, più leggera. 3DBench, in forza dei test che deve eseguire, è ben più pesante (oltre 72 MB); spezzare l’app benchmark in due permetterà di risparmiare banda preziosa e ridurre il consumo dati con la connettività su rete mobile.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Toccando l’icona Ranking, si ottiene la classifica completa di AnTuTu; scorrendola, si potrà immediatamente individuare come il proprio device si rapporta con gli altri.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Selezionando il piccolo pulsante Compare accanto ad uno qualunque dei dispositivi in elenco, si può scoprire per quali settori il proprio dispositivo riesce a primeggiare e in quali, invece, è più carente.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Benchmark Android con Geekbench

Un altro benchmark Android davvero molto “gettonato” è Geekbench.
Nel suo “catalogo” si trovano frequentemente anche dispositivi mobili non ancora usciti sul mercato. È quindi possibile farsi un’idea di quelle che sono le prestazioni del proprio smartphone rispetto ad altri device o a prodotti non ancora ufficialmente lanciati.

Geekbench, inoltre, propone test basati su scenari di utilizzo concreti: inutile sottoporre a benchmarking attività che si svolgono raramente.
Ogni prova, poi, è multi-core aware: ove necessario, cioè, l’app benchmark può utilizzare tutti i core offerti dal SoC installato.

Scaricabile da questa pagina nella sua versione più recente, anche Geekbench offre il giudizio finale come valore assoluto. La valutazione, però, si riferisce all’utilizzo del processore sia in modalità multi-core che single-core.

Toccando il pulsante in alto a sinistra, quindi scegliendo la voce Device, Geekbench restituisce i principali dettagli tecnici sul dispositivo mobile Android in uso (modello, piattaforma, sistema operativo, processore, velocità di clock, memoria, GPU, risoluzione e densità dello schermo).

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Il pulsante Run CPU benchmark consente di mettere alla prova il processore e valutarne le prestazioni complessive; selezionando la scheda Compute quindi scegliendo lo stesso comando, si potrà effettuare un test delle prestazioni garantite dalla sezione grafica (GPU).

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Al termine delle rilevazioni, la scheda Result indica i valori stabiliti durante i test da Geekbench mentre toccando su Single-core e Multi-core, è possibile confrontare le prestazioni con quelle fatte evidenziare dai dispositivi “concorrenti”, sia usando un singolo core che avvalendosi di più core per le elaborazioni.

Un benchmark Android alternativo: Vellamo

Merita una menzione tra i benchmark più validi anche Vellamo Mobile Benchmark.
È bene tenere presente che l’applicazione è stata sviluppata da Qualcomm e che, come suo fiore all’occhiello, vanta l’illustrazione dettagliata di tutti i test effettuati.

Rispetto ai benchmark Android citati in precedenza, Vellamo – scaricabile cliccando qui – consente di svolgere delle prove non previste in altre app della sua stessa categoria.

Innanzi tutto, dopo l’installazione, Vellamo consente di ottenere tutti i dettagli sul proprio dispositivo mobile effettuando un’operazione di swiping e portandosi nella scheda Strumenti.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Dalla schermata principale, poi, è possibile eseguire un test dei browser installati così da capire come si comporta il proprio smartphone nel rendering delle pagine web e quale browser è il più veloce per la navigazione online.

Il test è avviabile toccando Esegui, non prima di aver scelto il browser o i browser da mettere alla prova.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Il risultato finale viene elaborato previo svolgimento di una serie di test, molto differenti l’uno dall’altro e facenti leva su diverse librerie.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Le performance dello smartphone durante l’utilizzo dei browser vengono verificate avviando in locale un agile server web che viene usato per generare le pagine usate per le varie prove.

Il test Metal, anch’esso accessibile dalla schermata principale di Vellamo, permette di verificare le performance del dispositivo in modalità single core. È infatti cosa assai comune l’utilizzo di un singolo core per l’espletamento delle varie attività ed è quindi importante che il dispositivo Android sia veloce in modalità single core.
Le varie prove prevedono anche la verifica della velocità della memoria: la velocità di I/O incide direttamente sul tempo di caricamento delle app.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

L’ultimo test (Multicore) è ancora in fase “beta” e permette di stabilire quanto efficacemente cooperano i vari core per portare a termine un compito comune.
Vellamo consiglia di non svolgere il test quando il dispositivo è già surriscaldato perché, ovviamente, in questi casi, non si otterranno i risultati migliori dal momento che la potenza del processore viene automaticamente “ridimensionata” per far fronte all’aumento delle temperature.

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Tutti i dati tecnici sul dispositivo Android con CPU-Z

CPU-Z per Android (scaricabile cliccando qui) è l'”alter ego” dell’apprezzato programma da anni disponibile per i sistemi Windows (vedere, ad esempio, Memoria RAM, come sceglierla e quando estenderla).

Benchmark Android, come sapere quale dispositivo è più performante

Una volta installato e avviato, CPU-Z restituisce tutti i dati – in tempo reale – sul funzionamento del dispositivo mobile: velocità di clock istantanea dei vari core, carico complessivo della CPU, velocità di clock della GPU, memoria RAM disponibile, virtual machine Java in uso (Dalvik o ART), tempo di accensione del dispositivo, stato della batteria, temperatura della batteria e di tutte le componenti hardware, dati rilevati dai sensori e così via.

Passando con un’operazione di swiping verso destra o sinistra, può accadere che CPU-Z sembri bloccato per qualche istante. Tutto sotto controllo: è l’applicazione che, nella versione gratuita, procede con il caricamento di un’inserzione pubblicitaria a schermo intero.

Autore: IlSoftware.it

Categorie
Energia

Ecco come potrebbe funzionare il nuovo ecobonus “condominiale”

La proroga della detrazione fiscale del 65% per gli interventi di efficienza energetica in arrivo con la legge di Stabilità conterrà anche misure per rendere l’incentivo più accessibile per gli interventi nei condomini, senza che gli inquilini debbano anticipare la spesa. Vediamo come potrebbe funzionare.

Nella legge di Stabilità in arrivo sembra ormai certo che ci sarà la proroga della detrazione fiscale del 65% per gli interventi di efficienza energetica.

Nelle settimane scorse sia dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio che dal viceministro dell’Economia, Enrico Morando, era stata annunciata la proroga dell’ecobonus con modifiche molto interessanti.

Si è parlato di un incentivo che potrebbe superare il 65% qualora gli interventi di efficientamento siano abbinati a  lavori antisismici e, soprattutto, di soluzioni tali da rendere il meccanismo accessibile a una platea più vasta di soggetti.

L’obiettivo dichiarato è quello di spingere le ristrutturazioni anche nei condomini e di permettere di godere delle detrazioni anche agli incapienti, cosa che si è cercato di fare – con risultati ancora da verificare – con la finanziaria dell’anno scorso, che ha reso cedibile la detrazione.

Con la nuova Legge di Stabilità sono in cantiere nuove misure. “La previsione dell’estensione ai condomini degli ecobonus – aveva spiegato Delrio in audizione alla Camera – richiede e richiederà un protagonismo diverso delle ESCo e di altri strumenti, perché ovviamente la ristrutturazione e la riqualificazione di un intero edificio è tanto più appetibile quanto meno il condomìno deve sborsare inizialmente una cifra.”

Una delle soluzioni che il governo sta valutando è quella proposta dall’Enea e da GBC Italia, che prevede l’incentivazione degli interventi di efficientamento energetico globale nei condomini grazie a un fondo di 4-5 miliardi di euro costituito da Cassa depositi e prestiti, banche e operatori.

Il fondo anticiperebbe al 90% il costo di questi interventi, che coinvolgono l’intero condominio, mentre il rimanente 10% resterebbe a carico dei proprietari. A ripagare il fondo sarà il bonus del 65% erogato dallo Stato, sommato al risparmio energetico, e recuperato tramite l’addebito agli utenti nella bolletta energetica degli appartamenti.

“Non è da escludere un meccanismo del tipo canone Rai in bolletta, spiega il presidente dell’Enea Francesco Testa in un’intervista uscita ieri su Firstonline. Nella stessa intervista Testa fa un esempio di come potrebbe funzionare il meccanismo:

“Abbiamo calcolato che è possibile risparmiare tra il 50 e il 60% della bolletta energetica, tanto maggiore quanto più vecchio è l’immobile. Prendiamo il caso di un condominio di 40 appartamenti con un intervento complessivo di 600.000 euro, equivalente a 15.000 euro ad appartamento per realizzare cappotto isolante, infissi, caldaie. Il 65% viene ceduto al finanziatore che recupererà il bonus: calcoliamo 9.000 euro detratti gli interessi. Rimangono 6.000 euro. Ebbene, il risparmio ottenibile sulla bolletta è valutato circa 900 euro l’anno ovvero la metà della spesa media di una famiglia italiana. Quindi in poco più di 6 anni la famiglia recupera la spesa e si ritrova con un immobile rivalutato.”

Inoltre, aggiunge Testa, “il privato potrebbe anticipare solo il 10% della spesa, cioè 1.500 euro, perché il resto potrebbe venire rateizzato nella stessa bolletta.”

Tutto questo potrebbe accellerare l’ingresso delle utility nel mercato dell’efficienza energetica: “Oggi – continua il presidente dell’Enea – le aziende che vendono luce e gas offrono già una quantità di servizi aggiuntivi, dalle assicurazioni ai buoni per la spesa. L’efficienza energetica è tipicamente un servizio aggiuntivo e le società hanno interesse a fidelizzare i loro clienti per dieci anni: con la prossima liberalizzazione si calcola che non meno di 4 milioni di famiglie cambieranno fornitore. E sceglieranno anche sulla base di questi servizi che migliorano la spesa”. 

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Categorie
HardwareSoftware

Samsung annuncia ufficialmente la riapertura delle vendite del Galaxy Note 7

Dopo aver bloccato tutte le vendite e aver sostituito gli smartphone già in commercio, Samsung procede alla riattivazione delle vendite del nuovo Galaxy Note 7. Lo fa dalla Corea, il 1° di ottobre, e nei prossimi giorni anche nel resto del mondo, Italia compresa. La brutta vicenda delle esplosioni di una trentina di Note 7 sembra dunque essere stata lasciata alle spalle e l’azienda sudcoreana è pronta a combattere con il nuovo iPhone 7 Plus di Apple.

31016_rivendita_note7.jpg (262985 bytes)

Per tutti coloro che avevano in mente di acquistare un Galaxy Note 7 di Samsung è dunque arrivato il momento e l’azienda, tramite un post ufficiale, fa sapere che tutti i dispositivi in arrivo sul mercato non posseggono le batterie incriminate e che dunque non vi saranno problemi legati al precedente inconveniente. I controlli da parte dell’azienda si sono subito intensificati già dai primi esemplari esplosi, per identificare la causa del problema in un difetto presente nelle batterie, da lei stessa prodotte.

31016_stand_note7_.jpg (147609 bytes)

Per essere sicuri che il Note 7 in arrivo o comunque acquistato sia effettivamente esente dal problema, Samsung, ha dovuto modificare l’icona della batteria presente sul nuovo Note 7. Per questo i nuovi dispositivi useranno un’icona di colore verde sia nella barra delle notifiche, sia durante il blocco del dispositivo ma anche nell’Always-On-Display. Anche la confezione dei nuovi Note 7 recherà un piccolo simbolo quadrato sull’etichetta, in modo tale da permettere all’utente di verificare nell’immediato l’assenza di un prodotto con batteria difettosa.

31016_icona_note7.jpg (46219 bytes)

In Corea l’azienda ha cercato di riappropriarsi della fedeltà degli utenti persi intensificando la pubblicità del suo nuovo prodotto. Per questo ha allestito molteplici aree espositive, nei vari centri commerciali, permettendo quindi la prova in presa diretta del nuovo smartphone. La campagna pubblicitaria ha permesso di vendere direttamente oltre 30.000 unità di Note 7 in soli 2 giorni. Un dato decisamente importante segno che il nuovo phablet di casa Samsung riscuote comunque un alto grado di fiducia da parte degli utenti anche dopo la disavventura dell’esplosione delle batterie.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

Categorie
Energia

Rifiuti: Albania pattumiera d’Europa, la società civile protesta

Rifiuti: Albania pattumiera d’Europa, la società civile protesta

(Rinnovabili.it) – Migliaia di cittadini albanesi sono scesi in piazza a protestare contro la legge che permette l’importazione nel paese di rifiuti prodotti da altri paesi europei. Il timore degli ambientalisti è che il provvedimento trasformi l’Albania nella nuova pattumiera d’Europa (dopo il no del Marocco), nonostante le rassicurazioni fornite dal governo di centrosinistra guidato da Edi Rama.

La legge – approvata dal parlamento con i soli 63 voti della maggioranza – mira, nell’intenzione del governo, a far ripartire l’industria nazionale del riciclo. Secondo il provvedimento infatti i rifiuti importati saranno trattati esclusivamente dagli impianti di riciclo, che tratteranno le frazioni di carta, plastica e legno. Per l’esecutivo non c’è alcun rischio che la filiera vada fuori controllo in qualche punto e che alcune tipologie di rifiuti possano essere smaltite in discarica o negli inceneritori, aggirando i controlli.

Rifiuti: Albania pattumiera d’Europa, la società civile protestaArgomenti che non convincono affatto gli ambientalisti. Prima di tutto perché il premier Rama ha tradito una delle sue promesse elettorali. Nel 2013, quando si era insediato da poco, fu proprio l’attuale esecutivo ad abrogare la legge che permetteva l’importazione di rifiuti da altri paesi, voluta dal governo precedente di Sali Berisha. Il premier aveva affermato che il paese dovesse prima pensare a pulire la propria immondizia, e solo dopo ragionare sull’importazione di quella altrui. Una frase che in molti oggi gli rinfacciano.

Secondo gli ambientalisti, la legge permetterà ai più ricchi paesi vicini – come l’Italia – di inviare in Albania rifiuti pericolosi. “Il provvedimento contiene delle scappatoie subdole, che permettono l’importazionne di rifiuti anche per produrre energia elettrica tramite gli inceneritori. Questo causerà inevitabilmente più inquinamento”, ha dichiarato un manifestante all’agenzia Reuters.

Timori che paiono giustificati visto i precedenti: 4 anni fa l’Ue avviò un’inchiesta su presunti trasferimenti illegali di rifiuti tossici dalla Francia verso il paese balcanico, migliaia di tonnellate che sarebbero state fatte entrare in modo fraudolento tra il 2003 e il 2010. Qualche anno prima, all’indomani della fine della Jugoslavia, l’Albania era stata al centro di enormi scandali legati proprio al traffico criminale di rifiuti tossici. Per citare un solo caso, nel 1992 la tedesca Schnidt inviò a Tirana quasi 500 t di sostanze chimiche vietate nell’allora Comunità europea, tra cui una partita di toxafene, che ha una tossicità così elevata che ne basta un litro per contaminare 2 mln di mc di acqua.

Autore: Rinnovabili