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Energia

Dal solare al mini idroelettrico, nuovi investimenti nell’energia condivisa

Con il recupero di una piccola centrale idroelettrica nel veronese, una cooperativa cerca nuovi soci-investitori, promuovendo un modello di azionariato diffuso. L’impianto produrrà 700.000 kWh l’anno da immettere in rete con gli incentivi del GSE. Il ruolo delle cooperative energetiche delle rinnovabili.

Da tempo non c’è più solo il fotovoltaico nei “pacchetti” di energia condivisa proposti dalle cooperative che producono elettricità rinnovabile e la consumano con i propri soci.

Un modello, questo, ancora poco sviluppato in Italia, soprattutto se paragonato con realtà più consolidate in Germania, Danimarca e altri paesi nordici (Autarchia o democrazia energetica? Il caso delle cooperative in Alto Adige).

A Montorio Veronese, ad esempio, è stata appena inaugurata dalla cooperativa WeForGreen Sharing, una centrale mini idroelettrica, Lucense 1923, da 112 kW completamente ristrutturata dopo trent’anni di inattività.

L’impianto, realizzato dalla finanziaria locale Finval con un investimento di quasi un milione di euro, produrrà 700.000 kWh l’anno di elettricità, che corrispondono al fabbisogno di circa 250 famiglie.

Con l’ingresso del mini idroelettrico è un po’ cambiato il modello di business e, di conseguenza, lo schema per aderire a questo singolo progetto, spiega a QualEnergia.it Vincenzo Scotti, amministratore delegato di ForGreen, società veronese specializzata nelle fonti rinnovabili che nel 2015 ha dato vita alla cooperativa. WeForGreen Sharing conta oltre 500 soci e gestisce già tre parchi solari per complessivi 3 MW di potenza installata (L’energia solare da condividere, anche senza un tetto).

«La logica è sempre quella della partecipazione diffusa, in questo caso dell’azionariato diffuso», chiarisce Scotti. «L’obiettivo, infatti, è l’ingresso nel capitale della società veicolo Lucense 1923 che gestirà l’impianto idroelettrico. Ogni socio della cooperativa potrà partecipare con una quota minima di 500 euro. Abbiamo raccolto oltre venti adesioni e potremmo arrivare a 70-80 o anche di più entro la fine dell’anno».

La proprietà dell’impianto, quindi, sarà della Finval e dei soci di WeForGreen Sharing che avranno “sposato” l’iniziativa.

Si tratta, insomma, di un vero e proprio investimento con una remunerazione del capitale che si attesterà tra un minimo dell’1% e un massimo del 4,5% grazie all’attività della centrale. Quest’ultima, evidenzia poi Gabriele Nicolis, presidente della cooperativa, immetterà in rete tutta l’energia generata, ricevendo per vent’anni gli incentivi dal GSE (con tariffa onnicomprensiva).

C’è dunque una differenza rispetto ai parchi fotovoltaici che sono stati acquistati da WeForGreen Sharing: quegli impianti, precisa Nicolis, permettono ai soci di diventare autoproduttori di energia, anche se tale generazione avviene a distanza, e non sul tetto di casa propria. Nel caso di Lucense 1923, invece, il socio investe nelle fonti rinnovabili senza autoprodurre l’elettricità corrispondente ai suoi consumi.

Come osserva Scotti, «abbiamo voluto aprire la cooperativa a un progetto con una fortissima connotazione territoriale e sociale nel veronese. Un altro vantaggio per i nuovi soci sarà la possibilità di acquistare l’energia generata dalla cooperativa, che è superiore al fabbisogno complessivo degli aderenti. Nel periodo 2011-2015 c’è stato un risparmio medio del 17% in bolletta rispetto alle tariffe di maggior tutela».

Da socio autoproduttore a socio investitore e consumatore di elettricità verde, è questa in sintesi l’evoluzione di WeForGreen Sharing, che guarda già al futuro con l’idea di far entrare altri impianti nel suo portafoglio, che siano solari, eolici o idroelettrici.

Senza dimenticare le iniziative di educazione ambientale (visite delle scuole e museo eco didattico nei locali ristrutturati di Lucense 1923) e quelle di mobilità sostenibile, ad esempio attraverso la recente partecipazione a un gruppo d’acquisto per veicoli elettrici e ibridi.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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LUUV: lo stabilizzatore è sia fisico sia motorizzato

LUUV a Photokina 2016 ha messo in mostra due sistemi di stabilizzazione (uno fisico, l’altro motorizzato) che possono operare insieme per riprese ferme anche in condizioni difficili. Il marchio tedesco mette infatti a disposizione un sistema che con un peso stabilizza anche fotocamere di grandi dimensioni e peso e una testa motorizzata per le action camera: per riprese super stabili possono essere utilizzate insieme

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Autore: TVtech – Video e Web Tv sulla tecnologia, sull’informatica e sul mondo ICT – Ultimi Video

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HardwareSoftware

Lenovo licenzia centinaia di dipendenti della divisione Moto

Lenovo ha confermato nelle scorse ore un nuovo piano di licenziamenti con cui prevede di “far fuori” un significativo numero di impiegati. Il piano coinvolgerà “meno del 2% della forza lavoro” della compagnia, pari a 55 mila impiegati in tutto il mondo. La maggior parte dei dipendenti coinvolti nel nuovo taglio aziendale fa parte della divisione smartphone, ma non è chiaro ancora il numero esatto dei dipendenti che verranno licenziati dalla società. 

I licenziamenti appena annunciati fanno seguito ad un corposo taglio nel personale dell’anno scorso, dove Lenovo ha ridotto la sua forza lavoro di 3.200 uomini. La strategia fa parte, secondo le parole della società, di una “nuova manovra di integrazione fra Lenovo e la divisione produttiva di smartphone Motorola al fine di ottimizzare il portafoglio di prodotti per competere al meglio nel mercato globale”. Nonostante i licenziamenti verrà comunque mantenuta la sede di Motorola a Chicago. Vengono pertanto smentite le voci che volevano una riorganizzazione delle due società nel Nord Carolina per entrambe le compagnie, dove Lenovo ha attualmente i propri uffici principali.

I tagli nel personale rappresentano la prassi dopo una fusione di questo tipo fra due colossi, dal momento che fra le due compagnie vengono a trovarsi ruoli ridondanti e sostanzialmente poco utili. Tuttavia la fusione fra Lenovo e Motorola è stata imbastita non senza qualche difficoltà: nonostante la divisione Moto abbia prodotto dispositivi molto interessanti sul piano tecnico, la compagnia americana non è riuscita ad ottenere la stessa competitività commerciale che mostrava qualche anno fa. A peggiorare la situazione di Motorola e la sua immagine anche una recente serie di abbandoni da parte di dirigenti chiave della compagnia.

Potete leggere qui di seguito la nota ufficiale rilasciata da Lenovo liberamente tradotta in italiano:

“Lenovo annuncia un piano di risorse che coinvolge meno del 2% dei suoi 55 mila impiegati in tutto il mondo. La maggior parte delle posizioni eliminate sono parte di una integrazione strategica in corso fra Lenovo e la sua divisione smartphone Motorola al fine di allineare ulteriormente la propria organizzazione e semplificare il portafoglio di prodotti per competere meglio nel mercato degli smartphone globale.

L’azienda sta compiendo degli adattamenti anche in altre divisioni per gestire meglio i costi, ricercare una migliore efficienza e sostenere il miglioramento continuo delle prestazioni finanziarie complessive. Anche se queste azioni non sono mai facili, fanno parte degli sforzi necessari per assicurare una crescita nei profitti a lungo termine in tutte le nostre attività.

Lenovo è assolutamente legata a Chicago e pensiamo di mantenere la sede di Motorola Mobility nella città. Chicago ha una meritata reputazione di eccellenza tecnica e in qualità di fulcro della ricerca e sviluppo che compiamo per la divisione smartphone, ci aspettiamo di trarre vantaggio dai talenti locali per continuare a progettare i prodotti Moto nella città”.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Energia

La Polonia calpesta l’accordo sul clima per difendere il suo carbone

La Polonia calpesta l'accordo sul clima per difendere il suo carbone

(Rinnovabili.it) – La strada dell’Unione Europea verso la ratifica dell’Accordo sul clima è sempre più in salita. A mettersi di traverso questa volta è la Polonia, che vede come fumo negli occhi l’ipotesi – avanzata negli ultimi giorni – di procedere prima a una ratifica a livello Ue, e solo in seguito con un voto dei singoli parlamenti nazionali. Il contenuto di una lettera inviata dal ministro dell’Ambiente di Varsavia Jan Szyszko ai suoi omologhi infatti lascia poco spazio alle interpretazioni.

La farraginosità e la lentezza dei membri Ue è ormai arrivata a livelli imbarazzanti. Colpa, se così si può dire, dell’inattesa ratifica dell’accordo sul clima da parte della Cina: inattesa per Bruxelles, che contava su un temporeggiamento ben più lungo di Pechino. Ma da quando il secondo più grande inquinatore del pianeta ha aggiunto la sua firma, il raggiungimento delle clausole minime perché l’accordo entri in vigore è dietro l’angolo. La soglia richiesta dei 55 Stati firmatari è stata superata, e quella del 55% delle emissioni è a un passo. Con l’India e il Giappone che stanno per unirsi, l’accordo può entrare in vigore alla COP22 di novembre senza che l’Ue si sia ancora mossa.

La Polonia calpesta l'accordo sul clima per difendere il suo carbonePer questo le diplomazie europee si dovrebbero incontrare venerdì 30: all’ordine del giorno la decisione di creare un binario preferenziale per la ratifica, che eviti la figuraccia e riservi un posto all’Europa nel gruppo dei Paesi che potranno decidere modi e tempi dell’implementazione. Ma in questo modo bisogna scavalcare la sovranità nazionale di tutti i membri. E la Polonia sembra decisa ad approfittarne.

Nella lettera inviata da Szyszko, infatti, Varsavia detta le sue condizioni: sì alla firma rapida a livello Ue, ma solo se saranno date precise garanzie alla Polonia. La richiesta è che venga tenuto conto degli sforzi compiuti finora dal paese est europeo e della specificità del suo mix energetico. Tradotto: la Polonia ha un’economia fortemente dipendente dal carbone e dalla lignite (che Szyszko cita espressamente), perciò la firma arriverà soltanto se Bruxelles acconsente a un trattamento di favore. Già lo scorso luglio Varsavia aveva chiesto uno “sconto” del 7% sulla riduzione delle emissioni nazionali rispetto all’obiettivo europeo fissato al taglio del 40% entro il 2030 sui valori del 1990.

Autore: Rinnovabili

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Economia

Forex e CFD: Saxo Bank offre maggiore liquidità e trasparenza con l’introduzione di un nuovo modello esecuzione ordini

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Saxo Bank, specialista nel trading e negli investimenti online, ha annunciato il lancio di un nuovo sistema “Order Driven Execution” per il Forex Spot, Forex Forward e per i CFD su Indici e Materie Prime, allineandosi a quanto già offerto su altre asset class e consolidando la propria offerta di trading multi-asset.

Il modello Order Driven, attualmente in modalità di test in vista del lancio previsto in novembre, offrirà ai clienti un prezzo di esecuzione basato sulla liquidità offerta da Saxo Bank in aggiunta a quella disponibile sui mercati.

Il nuovo modello è al centro del continuo impegno di Saxo nel fornire le migliori modalità di esecuzione, dando ai clienti l’opportunità di ottenere il controllo completo del loro trading, offrendo loro una sempre maggiore trasparenza ed autonomia. Ciò significa maggiore elasticità per il cliente nello scegliere i prezzi dei propri ordini, migliori prezzi offerti, possibilità di eseguire gli ordini anche parzialmente.

“Il Forex, come asset class, ha vissuto una notevole crescita negli ultimi dieci anni ed è fondamentale che i sistemi di esecuzione siano al passo dell’evoluzione del settore. In particolare, tecnologia e automazione offrono l’opportunità di migliorare costantemente l’esperienza dei clienti e di offrire loro maggiore controllo e trasparenza sugli ordini, aumentando allo stesso tempo ampiezza e profondità del mercato”, ha commentato Kurt vom Scheidt, Global Head of Foreign Exchange di Saxo Bank.

“Siamo orgogliosi di guidare la nostra industry verso una migliore efficienza e trasparenza del mercato Forex. In quanto “early adopter” del FX Global Code of Conduct e delle nuove linee guida per la “best execution” che verranno applicate dalla MiFID II, siamo in grado di offrire un processo di gestione degli ordini più trasparente”, ha proseguito vom Scheidt.

“In Saxo Bank stiamo cercando di apportare miglioramenti all’intero settore Forex, perché per noi è fondamentale che i nostri clienti possano usufruire dei vantaggi derivanti da una maggiore fiducia e una migliore modalità di esecuzione degli ordini. Questa innovazione è parte di una serie di progetti che abbiamo portato alla luce nell’ultimo anno e desideriamo proseguire in questa direzione, verso standard sempre migliori”, ha concluso il suo intervento il manager della banca danese.

“Abbiamo dato il via a questo progetto per offrire ai clienti un migliore accesso alla liquidità dei mercati l’anno scorso, quando siamo passati, per i CFD su Azioni, ad un puro modello DMA (Accesso Diretto al Mercato) utilizzando la tecnologia Smart Order Routers per offrire la maggior liquidità possibile e aumentare l’efficienza nell’esecuzione degli per i nostri clienti. Ora proseguiremo questo viaggio in tutta la galassia dei CFD e riteniamo che questo possa migliorare notevolmente l’esperienza di trading dei nostri clienti”, ha a sua volta evidenziato Søren Nedergaard, Global Head of CFD & Listed Products di Saxo Bank.

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