Categorie
Pc Games

Nintendo NX forse in produzione entro fine anno

Secondo alcune indiscrezioni ad opera dei produttori taiwanesi di componenti elettronici pare che la giapponese Nintendo abbia intenzione di avviare la produzione di prova della sua console di prossima generazione, Nintendo NX, nel corso del terzo trimestre 2016 con l’obiettivo di poter passare alla produzione in volumi commerciali nella prima parte dell’ultimo trimestre dell’anno.

Se tutto ciò dovesse trovare riscontro nei fatti, la console NX verrà realizzata in anticipo rispetto alla tabella di marcia originariamente pianificata, che voleva la produzione in volumi per la prima parte del 2017. Più del 40% della produzione sarà condotta da Foxconn Electronics, mentre del resto si occuperanno le giapponesi Misumi Electronics e Hosiden.

Nintendo aveva originariamente deciso di avviare la produzione già nel corso del secondo trimestre 2016, tuttavia le continue variazoni nella progettazione e nelle specifiche di NX hanno spinto l’azienda giapponese a posticipare la produzione al prossimo anno. Le indiscrezioni suggeriscono pertanto che Nintendo NX sia ormai arrivata ad una fase definitiva della propria gestazione e sia pornta al passo successivo.

Allo stato attuale delle cose tuttavia si conosce abbastanza poco della prossima console di casa Nintendo, che dovrebbe comunque essere baata su SoC NVIDIA Tegra X1. Qualche giorno fa sono circolate altre voci di corridoio secondo le quali NX potrebbe prevedere la presenza di un’unità di calcolo esterna da usarsi in ambiente domestico. Ne abbiamo parlato qui.

Autore: GAMEmag – Videogames

Categorie
HardwareSoftware

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

Una delle domande più “gettonate” prima di vendere o prestare a terzi un dispositivo Android, ad esempio un device che non si usa più, riguarda la procedura da seguire per cancellare i dati in modo sicuro, soprattutto i file personali.

Come fare per formattare Android?
Diciamo subito che “Android non si formatta“: ciò che si dovrebbe fare, piuttosto, prima di cedere a terzi un dispositivo mobile, è cancellare i dati presenti quindi effettuare il wiping dello spazio libero.

A suo tempo Avast fece un interessante esperimento: i tecnici della società – che di recente ha acquisito AVG (Avast acquisisce AVG per 1,3 miliardi di dollari) provarono ad acquistare online diversi terminali Android da utenti che li mettevano all’asta o che comunque se ne volevano disfare.

Sottoponendo ad analisi il contenuto di ciascun dispositivo mobile, i tecnici di Avast hanno avuto modo, concretamente, di recuperare migliaia di dati personali appartenenti a terzi. Foto e video (…talvolta davvero “privati”…), registrazioni audio, documenti, password, ancora conservati nella memoria del device.

Nell’articolo Cancellare dati da Android prima di vendere cellulare o tablet (dove abbiamo dato ampio spazio anche ai risultati della ricerca condotta dai tecnici di Avast) abbiamo visto che la cancellazione sicura dei dati su Android non è cosa semplicissima, per svariati motivi:

1) Effettuando una sovrascrittura ripetuta dei blocchi di memoria con le più svariate tecniche (non importa se si effettuano sovrascritture random, byte null e così via) alcune informazioni potrebbero ancora sopravvivere. Se non altro almeno come “frammenti”.

2) Aziende specializzate potrebbero eventualmente rimuovere i chip di memoria e tentare comunque un recupero dei dati usando tecnologie più avanzate.

3) Una sovrascrittura ripetuta dei dati conservati nelle memorie flash dei dispositivi mobili, di solito, consente di ottenere il risultato sperato ma è bene tenere presente che potrebbe contribuire a ridurne la vita.

Formattare Android prima di consegnarlo a terzi

Prima di vendere un dispositivo Android o comunque consegnarlo a terzi, l’ideale sarebbe attivare la crittografia prima di cancellare tutti i dati.

Riportare il dispositivo allo stato di fabbrica (ripristino dei dati di fabbrica) non offre un sufficiente grado di sicurezza perché gran parte dei file memorizzati sul device risulterà agevolmente recuperabile.

Crittografando tutto il contenuto del dispositivo Android quindi effettuandone il ripristino allo stato “di fabbrica” si inibirà di fatto il recupero della maggior parte dei dati. Il motivo è presto spiegato: dopo aver crittografato il dispositivo, i dati in esso contenuti saranno nuovamente memorizzati (sovrascrivendo le copie precedentemente in essere) usando una chiave “ad hoc”.
Una volta che si riporterà il device allo stato di fabbrica, tale chiave crittografica andrà persa e, utilizzando appositi software, si otterranno solo frammenti cifrati – inservibili – dei dati dell’utente.

Successivamente, soprattutto se la crittografia del dispositivo fosse avvenuta successivamente ad una cancellazione manuale dai dati personali o sensibili, suggeriamo di effettuare un’operazione di wiping dello spazio libero.
Una buona idea, dopo il ripristino allo stato di fabbrica del device, potrebbe essere quella di creare un file video di grandi dimensioni in modo da sovrascrivere lo spazio libero quindi procedere con una nuova operazione di crittografia e ripristino del dispositivo.

Ecco i passaggi che consigliamo di seguire:

1) Prima di cancellare qualunque dato personale dal dispositivo mobile consigliamo di:
– effettuare il logout dai propri account utente (i.e. Google)
– portarsi nella sezione Sicurezza o Privacy delle impostazioni di Android e attivare la Crittografia dispositivo.
Per poter attivare la crittografia del dispositivo Android, si dovrà necessariamente attivare una protezione mediante PIN o password.

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

Inoltre, il dispositivo Android dovrà essere connesso alla rete elettrica e avere comunque un’autonomia della batteria superiore all’80%. Si tratta di garanzie che Android richiede per evitare perdite o corruzione di dati.

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

2) Avviare la crittografia dei dati contenuti nel dispositivo Android. Il device sarà riavviato e l’operazione di cifratura potrebbe richiedere fino ad alcune ore di tempo per poter essere portata a compimento.

3) Dopo aver effettuato l’accesso al dispositivo (bisognerà digitare il PIN o la password precedentemente impostati), ad operazione conclusa, si potrà tornare nella sezione Privacy o Sicurezza di Android: si noterà che in corrispondenza di Crittografia dispositivo si troverà l’indicazione Crittografato.
Di solito la crittografia è attiva di default sui terminali Android 6.0 Marshmallow e successivi: nelle precedenti versioni di Android, invece, bisognerà abilitarla manualmente.

4) Dalla sezione Backup e ripristino della impostazioni di Android, si potrà selezionare Ripristino dati di fabbrica quindi acconsentire all’eliminazione dei dati personali e di tutto il contenuto delle memorie.

5) Al successivo riavvio di Android, dopo la reimpostazione del sistema (non si inserisca alcuna SIM e non si imposti il proprio account Google), suggeriamo di rimuovere subito l’eventuale scheda microSD in modo da evitare di consegnarla a terzi insieme con il dispositivo mobile.

6) Collegare il dispositivo Android a un PC mediante cavo USB quindi verificare la lettera identificativa di unità assegnata alla memoria interna del device.

7) Scaricare sul PC locale le seguenti due app Android dallo store di Google. Per procedere useremo un servizio per il download dei pacchetti di installazione in formato APK.
In entrambi i casi, dopo aver fatto clic sui due link di seguito pubblicati, si dovrà selezionare il pulsante Generate download link quindi Click here to download com.defianttech.diskdigger e Click here to download com.pinellascodeworks.securewipe:

Download DiskDigger
Download Secure Wipe

8) Copiare entrambi i file .APK nella memoria interna del dispositivo mobile, collegato via USB.

9) Installare entrambe le applicazioni toccando sui rispettivi file APK (allo scopo è possibile usare il Gestore file proposto di default nella versione di Android in uso). Prima di procedere, è bene ricordarsi di attivare la casella che permette l’installazione delle app da Origini sconosciute.

10) Avviare Disk Digger e verificare quanti e quali file risultano recuperabili. La versione gratuita di Disk Digger consente di andare alla ricerca delle tracce lasciate da file JPG, MP4 e PNG: più che sufficiente per verificare se le informazioni personali risultano ripristinabili o meno.

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

11) Se Disk Digger fosse in grado di recuperare più file personali, una buona idea potrebbe essere quella di creare un lungo file video con l’app Fotocamera di Android in modo da occupare tutto lo spazio disponibile.
Si potrà quindi provare a ripetere la procedura dal punto 1) crittografando nuovamente il contenuto del dispositivo per poi riportarlo allo “stato di fabbrica”.

12) Nel caso in cui Disk Digger fosse ancora in grado di recuperare qualche dato personale, nel caso dei dispositivi che usano strumenti di recovery come TWRP o CWM, il consiglio è quello di riavviare il device nella modalità di ripristino (verificare i pulsanti da mantenere simultaneamente premuti all’accensione dell’oggetto) quindi scegliere le voci Wipe data/factory reset, Wipe cache partition e Wipe Dalvik Cache (di solito nel menu Advanced).

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

13) Effettuata questa operazione, si può avviare normalmente il dispositivo, configurare di nuovo Android (ancora, senza effettuare mai l’accesso ai propri account; i.e. Google) quindi collegarlo via USB a un PC e copiare i file APK delle due app citate in precedenza (Disk Digger e Secure Wipe).

14) Dopo aver installato entrambe le app, si potrà eseguire Secure Wipe, spuntare entrambe le prime due caselle in modo da richiedere la sovrascrittura dello spazio libero quindi avviare la procedura di wiping (pulsante Start wiping).

Formattare Android, come preparare un dispositivo per venderlo

15) A questo punto, a wiping concluso, Disk Digger non dovrebbe più essere in grado di recuperare i dati personali dell’utente, precedentemente conservati sul dispositivo mobile.
In caso di dubbi, si potrà eventualmente ripetere la procedura verificando sempre con Disk Digger tutti i miglioramenti.

Autore: IlSoftware.it

Categorie
Energia

Calo di produzione: che sta succedendo al fotovoltaico italiano?

Fra gennaio e giugno 2016 in Italia c’è stato un impressionante calo del 13,4% della produzione del parco fotovoltaico. In parte dipende dal meteo, ma le cause sono anche altre. Abbiamo intervistato alcuni operatori del settore per capire qual’è il problema e come affrontarlo.

Il nostro Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quando parla di rinnovabili ricorda sempre che l’Italia ha il record mondiale di produzione da fotovoltaico sul totale della produzione elettrica.

E questo, pare di capire, ci dovrebbe rendere tutti contenti e soddisfatti per i prossimi decenni a venire, senza pretendere ulteriori interventi legislativi a favore di questa fonte.

Purtroppo però, continuando così, quel dato non lo si potrà più sbandierare in giro: mentre altri paesi installano GW su GW di nuovi impianti solari, risalendo quindi la classifica, l’Italia si è quasi fermata, +270 MW nel 2015, e, ancora peggio, nel 2016 la produzione da solare sta mostrando una preoccupante tendenza alla discesa.

Secondo i dati Terna il solare italiano ha prodotto fra gennaio e giugno 2016 11,2 TWh, contro i 12.9 dello stesso periodo 2015, un calo di 1,7 TWh, corrispondente a un impressionante 13,4 per cento in meno.

La prima cosa che viene da pensare è che, in assenza del continuo e consistente aumento annuale di potenza a cui eravamo abituati fino a qualche anno fa, il solare cominci ad andare su e giù seguendo i capricci del meteo.

I 270 MW del 2015 hanno fatto crescere la potenza di appena l’1,5%, a cui va sottratto il calo di potenza naturale per invecchiamento degli impianti già esistenti, circa l’1%.

Il restante mezzo punto di crescita effettiva non mette certo al riparo dal calo di “materia prima” di un anno nuvoloso come il 2016, tanto più se segue un anno come il 2015 che era stato molto soleggiato.

«In effetti» ci dice Giovanni Massari della GM, installatore di solare di Gassino Torinese «gli impianti che gestiamo hanno rivelato un calo di irraggiamento nel 2016 pari a circa il 5%, rispetto al 2015. Se consideriamo che il maltempo ha colpito soprattutto fra maggio e giugno, mesi di grande produzione solare, questo potrebbe spiegare in buona parte il calo di produzione generale».

Ma l’Italia è lunga, e anche se al centro-nord è installata quasi la metà della potenza solare, il meteo al centro-sud, che ospita l’altra metà, non è stato così sfavorevole .

«Noi, nei nostri impianti situati fra Abruzzo e Sicilia non abbiamo registrato particolari cali di irraggiamento fra 2015 e 2016» ci dice Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare e AD di Enerpoint. E allora cosa sta succedendo?

Ci sono da tempo dei sospetti che le performance del FV italiane siano lontane da quelle ottimali: in questo articolo di QualEnergia.it di poche settimane fa era stato fatto notare come, a fronte di una produzione teorica media annua di 1368 kWh/kW installato, il FV italiano si fermi a 1206 kWh/kW, una mancata produzione del 10% cento che è tempo di cercare di capire da cosa si origini.

E le notizie che abbiamo raccolto fra gli operatori del settore che abbiamo sentito non sono buone: questo improvviso calo fra 2015 e 2016 potrebbe essere il sintomo dell’arrivare al pettine di nodi nati anni fa: realizzazione affrettata e con materiale non di qualità fatta ai tempi del boom degli incentivi, sciatteria o ignoranza per quanto riguarda la manutenzione, continue norme punitive e conseguente crisi del settore che ha tagliato i fondi per mantenere efficienti gli impianti.

Insomma il FV italiano sembra essere stato fatto “all’italiana”… Vediamo punto per punto, i fattori che potrebbe influire sul calo di produzione.

1° fattore) Materiali scadenti

«Ai tempi del boom degli incentivi, nel 2010-2011» ci dice Stefano Neva, di Alea Quotidia, una società milanese che progetta e costruisce impianti fotovoltaici nel Nord Italia «un produttore di pannelli mi confessò candidamente di stare immettendo sul mercato pannelli di scarsa qualità, non controllati, per stare dietro alle richieste che lo sommergevano.»

Conferma Massimo Gamba, consigliere di Italia Solare, progettista di impianti FV, ed esperto di verifica e manutenzione. «Durante le nostre verifiche capita spesso di trovare moduli con difetti, molti dei quali richiedono strumenti appositi, come le termo camere, per essere evidenziati, ma alcuni sono visibili ad occhio nudo.»

Tra i dieftt più comuni Gamba cita le “bave di lumaca”, strisce decolorate che talvolta corrispondono a micro fratture da cui può penetrare l’umidità nel pannello. Capita per lo più con i moduli a film sottile, ma può succedere anche ai policristallini.

“Questi difetti – spiega – possono ridurre anche della metà o più la produzione del pannello. Inoltre i moduli di qualità non ottimale possono degradarsi più rapidamente del normale: in genere i pannelli perdono lo 0,7% di produzione ogni anno, ma mi è capitato in un caso di verificare un calo del 7% in tre anni.”

Ci sono poi difetti agli inverter: «di nuovo soprattutto a quelli di marche più economiche, che fanno perdere una consistente parte dell’energia, anche il 5-6% – continua l’esperto.»

Infine possono esserci problemi ai cavi o ai fusibili: se saltano questi ultimi, si può spegnere un’intera stringa di moduli e se l’impianto, come accade spesso con quelli di prima del 2010, non è monitorato a distanza, può anche non accorgersene nessuno per lungo tempo. Tutto ciò è spesso frutto del desiderio di risparmiare il più possibile, che ha portato a installare materiali di qualità inferiore, di cui ora si paga il prezzo.»

E farsi rimborsare il mancato rispetto della garanzia nelle prestazioni oggi non è facile, anche perché molte delle ditte di produzione e installazione degli anni del boom sono scomparse.

2° fattore) Scarsa manutenzione

I problemi di cui sopra potrebbero essere risolti ed evitati con una corretta manutenzione periodica.

«Ma molti, e poco seri, venditori di fotovoltaico, per incrementare la convenienza delle loro offerte, hanno trascurato, e ancora trascurano, di avvertire il cliente che il loro impianto richiede controlli e manutenzione periodica, con le relative spese», ci dice Alex Del Santo di Conergy.

«Occorrere invece fornire al cliente linee guida chiare, che spieghino cosa vada fatto per mantenere la produzione al massimo, e offrirgli sempre la possibilità di un controllo a distanza da parte di esperti, che si accorgano subito dei malfunzionamenti».

Il problema è particolarmente grave per gli impianti di piccole dimensioni, circa 7 GW, i cui proprietari quasi sempre sono stati illusi che il FV “non richiede manutenzione”, a parte il cambio dell’inverter dopo 10 anni.

In realtà non è così, spiega Gamba: «La manutenzione è fondamentale per il FV e non solo per mantenere i livelli di produzione, ma anche perché guasti possono provocare cortocircuiti e quindi incendi, con danni a cose e persone. Per evitare cali, comunque, la cosa più ovvia è almeno tenere puliti i pannelli, ma non tutti ci pensano e talvolta, per quelli messi sui tetti, la cosa non è neanche così semplice.»

«Secondariamente, nel caso l’impianto non sia controllato a distanza, cosa che accade raramente per quelli domestici e per quelli più vecchi – continua – occorrerebbe verificare periodicamente che la produzione in kWh per ogni kW di potenza, rientri nella normalità della propria zona geografica. Se si notano notevoli scostamenti dalla media chiamare un elettricista abilitato per il FV con patentino europeo. Questo verificherà inverter e moduli, per scoprire perdite di potenza, riparare guasti ed eventualmente sostituire parti difettose, approfittandone, magari per migliorare l’impianto con componenti più moderne.»

E qui casca l’asino…nel senso che al momento mancano le normative per compiere queste riparazioni. «Il GSE ha ritirato recentemente le norme tecniche sulle procedure per sostituire i moduli senza produrne ancora di nuove. Il risultato è che mentre per gli inverter la procedura è chiara, per i pannelli la sostituzione adesso la si fa a proprio rischio e pericolo, perché non si sa se sarà accettabile o meno dal GSE in futuro» commenta Massari.

«E meno male che le ha ritirate», aggiunge Viscontini «perché le vecchie norme prevedevano assurdità, tipo usare pannelli con una potenza uguale a quella degli originali, mentre i modelli attuali hanno potenze più alte, anche se costano meno: certe volte toccava costruire costose imitazioni dei vecchi pannelli usando celle difettose, per limitare la potenza. Inoltre le vecchie norme, per evitare crescite impreviste degli incentivi, prevedevano che qualunque riparazione si facesse, l’incentivo venisse calcolato sulla media delle produzioni pregresse, per quanto calate fossero a causa di usura o guasti, scoraggiando di fatto manutenzione e riparazioni».

Insomma l’ennesimo ostacolo messo sulla strada del solare. «Ed era un ostacolo particolarmente odioso, che fa sprecare senza ragione preziosa energia rinnovabile –  aggiunge Neva  – perché con una corretta manutenzione la produzione solare può essere mantenuta esattamente ai livelli previsti, come verifichiamo ogni giorno sugli impianti che gestiamo da molti anni».

Non c’è che da sperare che il GSE colmi presto il vuoto normativo, e lo faccia con ragionevolezza.

3° fattore) La crisi del settore

«Quando fu introdotto lo Spalma Incentivi noi avvertimmo che ci sarebbero state gravi conseguenze nel settore: quel provvedimento, infatti era basato sul principio che ogni operatore nel FV si stesse arricchendo con incentivi esagerati, mentre il 90%, in realtà, ha margini ridotti e gira quasi tutto l’incasso alle banche che hanno finanziato l’impianto», osserva Viscontini

«Con la riduzione retroattiva degli incentivi – spiega – moltissimi operatori del FV, ma anche industrie o agricoltori che avevano investito in questi impianti per avere un aiuto a superare la crisi, vedono ora azzerati i margini di guadagno, e, come prima cosa tagliano sulla manutenzione abbandonando gli impianti a loro stessi, con la conseguenze dette prima: un rapido calo della produzione. Sappiamo di migliaia di casi di questo tipo: operatori scoraggiati dai continui nuovi adempimenti e spese, che si pentono di aver mai investito nel solare.»

A questo si aggiunge la poco nota piaga dei furti, che prendono di mira sia i moduli che i cavi di collegamento, per ricavarne il rame: «solo ad Enerpoint – racconta Viscontini – abbiamo subito furti per 500mila euro nel 2015. Le assicurazioni pagano, ma, come al solito, dopo aver tentato di evitarlo con ogni scusa, il minimo possibile e dopo tanto tempo. E intanto, se il proprietario non può anticipare di tasca sua le spese di ripristino, l’impianto resta spento. Ne conosco uno da 4 MW che, dopo un furto, è in questa condizione da due anni».

Concludendo, se queste sono le ragioni dietro al calo, anche il ritorno di un anno soleggiato non risolverà la questione: il FV italiano, dopo un breve periodo di “splendore”, rischia di affondare in una palude di incuria e degrado. Ma che si può fare?

«A settembre apriremo un tavolo con il GSE per trovare un accordo che permetta al tempo stesso di incoraggiare la manutenzione, che di mantenere il costo degli incentivi nei livelli previsti per legge – anticipa Viscontini – E nei prossimi mesi produrremo un manuale con le linee guida sulla manutenzione da far arrivare gratuitamente a tutti i proprietari di piccoli impianti FV, con i consigli per verificare se il proprio impianto stia funzionando al meglio, le cose da fare per mantenere la produzione al massimo e, nel caso, gli indirizzi di tecnici specializzati a cui rivolgersi per un controllo approfondito ed eventuali riparazioni. Infine contiamo di intervenire presso le assicurazioni, perché cerchino di accelerare le pratiche di rimborso dei furti».

Speriamo che basti per evitare il tramonto del solare italiano.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

Categorie
TvTech

Sony A6300: l’autofocus sotto la lente di ingrandimento

In questo video mettiamo sotto la lente di ingrandimento il comparto autofocus della mirrorless Sony Alfa A6300: le potenzialità del sistema con 425 punti a rilevazione di fase sul sensore sono grandi, ma l’ergonomia ne penalizza in parte l’uso nell’utilizzo sul campo. La recensione completa è sulle pagine di Fotografi Digitali http://www.fotografidigitali.it/articoli/4702/sony-a6300-la-mirrorless-aps-c-sfida-le-ammiraglie_index.html

Tag: fotocameramirrorlessRecensioneSony

Autore: TVtech – Video e Web Tv sulla tecnologia, sull’informatica e sul mondo ICT – Ultimi Video

Categorie
Economia

Ferragosto: al mare prezzi salati. Ecco le mete italiane più care

cinque terre, case vacanze - PixabayIl periodo clou dell’estate italiana, Ferragosto, è dietro l’angolo e sono tanti gli italiani a scegliere il mare per trascorrere questo weekend lungo. Ma a essere salata non sarà soltanto l’acqua: i prezzi delle località marittime più famose della Penisola sono schizzati alle stelle, sorpassando in alcuni casi 500 euro per notte. Ecco le mete più care, secondo l’osservatorio trivago.

Forte dei Marmi è la meta più cara per Ferragosto, segue Positano
Anche quest’anno spicca Forte dei Marmi tra le mete più care per questo Ferragosto. Nei giorni a cavallo della metà del mese, serve una media di 564 euro a notte in camera doppia per festeggiare in spiaggia il momento chiave dell’estate. Da sottolineare i rincari che arrivano fino al 98% rispetto al prezzo medio di agosto (285 euro).
Dalla Toscana si passa alla Campania, regione che ospita la seconda meta più costosa di questo Ferragosto italiano: Positano. 517 euro, il 44% in più rispetto alla media di agosto (359 euro), è all’incirca la spesa da calcolare per una notte in camera doppia.

Il rincaro maggiore si registra ad Alassio
Se Forte dei Marmi è la più costosa, Alassio è quella che ha alzato maggiormente le tariffe per Ferragosto: si spende ben il 117% in più rispetto alla media del mese. Infatti, se ad agosto bisogna calcolare una media 229 euro a notte, durante il weekend lungo del 15 ne servono ben 496 euro.

Più democratica la riviera romagnola, San Vito lo Capo e Vieste
Più abbordabili delle capolista sono Riccione, San Vito Lo Capo e Vieste. Per Ferragosto, i listini in queste località si mantengono sotto i 250 euro. La più cara è Riccione, con una media di 234 euro a notte, segue San Vito Lo Capo con 226 euro, Vieste con 223 euro, infine Cattolica, con 216 euro per camera doppia.

VN:F [1.9.20_1166]

Rating: 0 (from 0 votes)

Autore: Finanza.com Blog Network Posts