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HardwareSoftware

Samsung venderà anche smartphone ricondizionati?

Stando a quanto riportano fonti molto vicine a Samsung, l’azienda starebbe per iniziare la commercializzazione di prodotti ricondizionati, quindi precedentemente usati ma garantiti sia dal punto di vista estetico che funzionale.
Il produttore coreano intende così estendere il suo business presentando sul mercato (probabilmente solo in mercati selezionati), prodotti di fascia alta che sono stati riparati e che sono certificati per essere utilizzati da parte dei clienti.

L’iniziativa è volta all’ottimizzazione dei costi e a mantenere il margine operativo della società sopra il 10%.

Samsung venderà anche smartphone ricondizionati?

Gli smartphone che Samsung presenterà sotto forma di prodotti ricondizionati saranno essenzialmente quelli restituiti dai clienti che negli Stati Uniti e nella Corea del Sud hanno siglato contratti che prevedono la sostituzione dei loro terminali dopo un anno.

Stando alle indiscrezioni, Samsung dovrebbe vendere tali smartphone – non prima di averli sistemati e resi nuovamente commercializzabili – ad un prezzo scontato.
Allo stato attuale, dal momento che nulla è stato confermato da Samsung, non è dato sapere in quali mercati l’azienda intenda proporre i suoi smartphone ricondizionati e quali possano essere i prezzi promozionali.

Certo è che una mossa del genere potrebbe ampliare le quote di mercato di Samsung soprattutto nei mercati emergenti, dove l’acquisto di prodotti da 600-800 euro non è certo cosa comune. Basti pensare che in India, la spesa media per uno smartphone è di circa 90 dollari.
Facile immaginare, quindi, come Samsung faccia fatica a ritagliarsi quote di mercato rilevanti in mercati affollati di prodotti a basso o bassissimo costo.

Secondo una stima di BNP Paribas, il valore di un terminale Apple scende al 69% del costo iniziale dopo anno. Nel caso di Samsung, considerando la medesima finestra temporale, si arriva anche al 51%, almeno negli Stati Uniti.

Autore: IlSoftware.it

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Energia

Rinnovabili tedesche, tra assenza di visione e bugie della politica

Dati e studi a favore della transizione verso un futuro ad energia rinnovabile non mancano, ma non bastano per contrastare il costante attacco delle fossili, spesso sostenute dalle bugie della politica. Come quelle del ministro tedesco Gabriel che, sotto l’ombrello del mercato, tutela gli interessi di carbone e petrolio.

Leggi l’articolo nella versione digitale della rivista QualEnergia

Helmuth Schmidt, cancelliere tedesco dal 1974 al 1982, suggeriva di andare dal medico a chi aveva delle visioni. Era un socialdemocratico pragmatico: l’incarnazione della Realpolitik. È morto a novembre 2015 a 97 anni e, oltre alla sua longevità benché forte fumatore, del suo mandato non c’è molto da raccontare. Con il suo impegno deciso per l’energia nucleare e per il riarmo ha favorito la nascita dei Verdi in Germania.

Solo oggi si nota, anche, che è stato il primo a smantellare lo stato sociale e a guidare la Germania verso il futuro neoliberale dell’ideologia del “mercato libero” come meccanismo insuperabile nell’allocazione di beni e servizi.

Il freddo sociale sul paese fu opera del successore, Gerhard Schröder, con la “Agenda 2010” con la quale la Germania è diventata il paese della stabilità, austerità e crescente disuguaglianza che secondo l’Ocse aumenta più rapidamente che in quasi tutti gli altri paesi dell’organizzazione.

Un barlume di speranza per contrastare la polarizzazione economica, sociale e possibilmente per uscire un poco da un neoliberalismo barbarico e crudele era la Energiewende, la trasformazione energetica, il progetto ambientale più grande nella storia del paese, con anche importanti conseguenze sociali. La produzione di energia da fonti rinnovabili – quasi tutti gli studi sul tema sono d’accordo – è più sociale e meno autoritaria della produzione da fonti fossili. Fino a che punto ciò sia vero dipende dai concreti indirizzi politici del processo.

I primi passi dal 2000 in poi con il conto energia erano promettenti. Tanti cittadini investivano nel solare e nell’eolico, spesso sotto il tetto di un’iniziativa civica, rendendo il rifornimento energetico democratico e decentrato.

Troppo democratico e decentrato per l’attuale vice cancelliere e ministro per l’economia e l’energia, Sigmar Gabriel. Nella presentazione della “riforma” dell’Energiewende afferma: «Questi (le energie rinnovabili, ndr) non sono cuccioli che hanno bisogno di protezione, ma sono cani da caccia molto agili che devono dimostrare al mercato degli appalti che sanno affrontare la concorrenza. Questo è, credo, urgente perché alla fine della giornata, vogliamo promuovere le tecnologie più efficienti e le ubicazioni più idonee e quindi anche economicamente più convenienti».

Quanto è bravo questo ministro a vendere, sotto l’ombrello del mercato, gli interessi di carbone e petrolio. Quando mai produzione e distribuzione dell’energia si è svolta su un mercato libero e trasparente?

Le distorsioni del mercato operate dai grandi del petrolio, carbone e gas accompagnano tutta la storia delle energie fossili. Oggi invece, con la crisi del clima, che il mercato di sicuro non risolverà come non può neanche garantire la sicurezza energetica, la transizione energetica deve avvenire in un quadro politico, specialmente se si considerano i grandi patrimoni che sono sotto attacco.

Se quest’affermazione è banale – e lo è – ci si chiede, come un ministro di un grande paese industriale si possa permettere d’esternare tali stupide falsità. Evidentemente può. Inutile irritarsi. Semmai c’è da chiedersi perché i protagonisti della trasformazione energetica ancora si fidino dei loro argomenti razionali di fronte all’inizio dell’impennarsi dei big business dell’energia contro la perdita dei loro asset.

I dati, le analisi, gli studi, gli argomenti per la transizione energetica ci sono e non bastano. Occorrono più resistenza, ma anche delle narrative più accattivanti per combattere le bugie della politica e dell’industria dell’energia convenzionale e far venire la voglia di un futuro rinnovabile.

L’articolo è stato pubblicato nel n.3/2016 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Assenza di visione”.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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HardwareSoftware

Oracle investe su un gruppo di ricerca anti-Google: la guerra continua

Non deve essere stata particolarmente gradita la sconfitta in tribunale dello scorso maggio ai vertici di Oracle. La compagnia sfidava a suon di leggi sui brevetti Google, rea quest’ultima di aver utilizzato le API Java appartenenti ad Oracle e protette dal diritto d’autore. Le autorità di giustizia statunitensi hanno però dato ragione a Google, facendo prevalere la disposizione legislativa del “fair use”. Tuttavia la guerra fra i due colossi del settore tecnologico non è ancora morta, anzi è ancora più che viva.

Oracle sta infatti finanziando un gruppo nonprofit chiamato Google Transparency Project, con la notizia che è inizialmente emersa su alcuni report del Fortune per poi essere stata ufficializzata dalla stessa compagnia. Con sede a Washington il progetto si offre di collaborare con le più importanti realtà editoriali statunitensi al fine di informarle sulle pratiche apparentemente sospette condotte da Big G, come le visite alla Casa Bianca dei responsabili della compagnia o il legame fra molti ex-dirigenti con l’US Digital Service.

A pagare le bollette del gruppo nonprofit c’è quindi Oracle, e la compagnia non vuole nasconderlo: “Oracle è assolutamente uno dei molti finanziatori del Transparency Project. Questa è un’informazione che il pubblico deve conoscere, ed è documentata pubblicamente al 100%”, ha commentato Ken Glueck, Senior VP di Oracle, al Fortune. Rimangono comunque ignoti gli altri finanziatori, con la possibilità di vedere nella lista anche Microsoft.

L’operato del GTP è comunque ben accolto dal Fortune: “È certamente una buona cosa gettare luce sulle pratiche di lobbying condotte da Google”, ha infatti scritto Jeff John Roberts. C’è tuttavia la necessità di capire da dove provengano le informazioni raccolte nel progetto, soprattutto se consideriamo che si tratta di un gruppo basato su indagini rivolte ad un’unica compagnia. Le ricerche del GTP hanno portato alla diffusione di numerose informazioni sulla società, come possiamo leggere qui, molte delle quali legate al processo Oracle vs Google di cui parlavamo poco sopra.

Google Transparency Project fa parte di un’organizzazione più ampia nota come Campaign for Accountability, che ha il fine ultimo di utilizzare “la ricerca, il contenzioso e le comunicazioni aggressive per esporre come certe decisioni che vengono prese dietro le porte delle sale di riunione aziendali e degli uffici governativi impattino sulle vite degli americani”. Oltre ai temi tecnologici la campagna interviene anche in altri ambiti, come la discriminazione sessuale e la tutela dell’ambiente.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Tecnologia

Chuwi HiBook Pro disponibile, ottimo tablet dual boot a prezzo conveniente

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Chuwi HiBook Pro è un signor tablet come forse qualcuno di voi saprà essendo stato presentato a maggio. Se finora non sapevamo a che prezzo sarebbe stato disponibile sul mercato e soprattutto se fosse mai arrivato qui da noi, oggi possiamo dirvi qualcosa di più: Chuwi HiBook Pro costerà infatti 180 euro aumentati di 43 euro per l’acquisto della tastiera, che è venduta assieme al dispositivo (parliamo infatti di un convertibile, come si evince pure dalla foto).

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Economia

Con il rialzo dei titoli di Stato USA migliora la richiesta di USD

valute 22Lunedì l’USD è passato di mano con sicurezza, guadagnando terreno contro tutte le altre valute, mentre i rendimenti dei titoli di Stato USA continuavano a rafforzarsi sull’onda dei commenti da falco di Stanley Fisher. Dopo i commenti di Lockhart e Dudley della scorsa settimana, il vice presidente della Federal Reserve ha espresso la sua fiducia nell’economia USA, dichiarando: “Mi aspetto che nei prossimi trimestri la crescita del PIL acquisisca slancio, man mano che gli investimenti si riprenderanno da una fase sorprendentemente debole e che diminuirà l’effetto zavorra dovuto all’apprezzamento del dollaro.” Fischer, però, non ha fornito orientamenti sul tasso d’interesse in vista del discorso di Janet Yellen a Jackson Hole, in programma venerdì prossimo. L’EUR/USD è sceso a 1,1271 in Asia, in calo dello 0,50% rispetto alla chiusura di venerdì, mentre saliva tutta la curva dei rendimenti USA. I rendimenti dei titoli del Tesoro a due anni sono lievitati allo 0,7750%, i rendimenti dei decennali hanno testato i livelli intorno all’1,60%. Nella notte l’indice del dollaro è salito dello 0,40%, attestandosi a 94,86, tornando sopra il livello a 94,75 (61,8% di Fibonacci sul rally di giugno-luglio). In un’ottica di medio termine, l’indicatore rimane all’interno del canale rialzista dopo aver toccato, giovedì scorso, il minimo del canale ascendente a quota 94,20. Durante la seduta asiatica, il dollaro neozelandese è sceso dello 0,75%, a 0,7210 USD, senza riuscire a tener testa al biglietto verde in rialzo. Analogamente, l’AUD ha continuato a indebolirsi a Sydney, cedendo lo 0,50% e portandosi a 0,7590 contro il biglietto verde. Come abbiamo detto più volte, il mercato è più sensibile all’aumento delle aspettative su un rialzo dei tassi negli USA che a un taglio del tasso dalla RBA. Per capovolgere l’attuale momentum positivo sarebbe necessario uno sfondamento del minimo del canale ascendente – pari attualmente a 0,74.

Lunedì i rendimenti sui mercati azionari asiatici sono stati contrastati: in Giappone e in Nuova Zelanda i listini hanno esteso i guadagni, invece la Cina e le altre piazze asiatiche hanno mostrato il segno meno. Stamattina il Nikkei ha guadagnato lo 0,32%, il più ampio indice Topix è lievitato dello 0,62%. Nella Cina continentale, gli indici compositi di Shanghai e Shenzhen hanno ceduto rispettivamente lo 0,41% e lo 0,75%. Sulle piazze offshore, l’Hang Seng di Hong Kong ha perso lo 0,46%, il Taiex di Taiwan lo 0,58%. Infine, l’indice NZX neozelandese ha guadagnato lo 0,77%, l’ASX australiano ha ceduto un marginale 0,21%.

È stato un inizio di settimana difficile anche per i metalli preziosi: oro e argento hanno ceduto rispettivamente lo 0,63% e il 2,23%. Il metallo giallo è sceso a 1.333 USD a Tokyo, l’argento ha invece testato il livello di supporto a 18,80 USD. È arrivato il momento di acquistare sui minimi?

In questo avvio di settimana ci sono pochissimi appuntamenti economici in calendario. Gli operatori monitoreranno i depositi a vista in Svizzera; l’indice sull’attività della Fed di Chicago; la bilancia commerciale e la creazione di lavoro formale in Brasile; nelle prossime ore anche Wheeler (RBNZ) terrà un discorso a Dunedin.

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