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Intel punta sulle connessioni ottiche per sostituire il rame

Dopo ben 16 anni di lavoro, Intel annuncia di essere pressoché pronta per sostituire i collegamenti in rame tra computer e componenti interni con connessioni ottiche.
L’azienda di Santa Clara ha infatti iniziato la commercializzazione di moduli fotonici in silicio che usano la luce e il laser per velocizzare i trasferimenti dati.

Questo tipo di componentistica, stando a quanto dichiarato da Diane Bryant, vice presidente esecutivo e general manager di Intel Data Center Group, consentirà – inizialmente – di gestire comunicazioni ottiche fra server e datacenter. Successivamente, però, lo stesso sistema sarà sfruttato per velocizzare lo scambio di dati all’interno dei computer.

Intel punta sulle connessioni ottiche per sostituire il rame

I primi moduli fotonici in silicio permetteranno di raggiungere velocità pari a 100 Gbps e verrà sempre usato il protocollo ethernet ma saranno comunque richiesti speciali switch per gestire le comunicazioni.

Intel ha messo a punto un nuovo connettore, chiamato MXC, che potrà essere sfruttato per interconnettere i server. Il protocollo O-PCI (Optical PCI) per PCI-Express consentirà le comunicazione attraverso cavi ottici.

L’utilizzo di interconnessioni fotoniche permetterà, sul lungo periodo, di ripensare alla struttura dei datacenter. Sarà ad esempio possibile inserire CPU, RAM, storage e così via in “contenitori” a sé stanti grazie ai collegamenti veloci.
Diversamente dai cavi in rame, le connessioni ottiche non possono trasferire energia: periferiche esterne, quindi, dovranno comunque essere collegate ad una fonte di alimentazione.

Autore: IlSoftware.it

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Energia

La crescita continua e l’effetto rebound

I benefici economici derivanti da una maggiore efficienza dell’uso dell’energia o delle risorse si traducono spesso in un incremento della domanda energetica e di risorse. Il cosiddetto “effetto rebound” rende così l’efficienza solo un vantaggio temporaneo. Un articolo di Gianfranco Bologna.

Leggi l’articolo nella versione digitale della rivista QualEnergia

Nonostante l’ingente mole di pubblicazioni scientifiche in merito, gli effetti che l’impatto umano produce sui sistemi naturali – equivalenti a quelli provocati dalle grandi forze geofisiche che hanno plasmato il nostro pianeta in 4,6 miliardi di anni, tanto da richiedere alla comunità scientifica il riconoscimento di un nuovo periodo geologico definito Antropocene – sembrano ancora profondamente ignoti al mondo politico.

Ancora oggi si discute della necessità di una crescita continua dell’economia mondiale, definendola spesso Green Growth e sottolineando, nel migliore dei casi, l’importanza del disaccoppiamento, decoupling, tra il livello di crescita economica e l’intensità dell’utilizzo dell’energia e delle risorse.

Il quesito di fondo è: cosa provocherà un tale tasso di crescita alle fondamenta su cui si regge l’intera economia, vale a dire gli ecosistemi viventi e le risorse naturali che li costituiscono. Ciò che emerge da tutti gli sforzi di decoupling fatti sinora è abbastanza chiaro: generano incrementi nella produttività e fanno aumentare la crescita.

I guadagni economici derivanti da una maggiore efficienza dell’uso dell’energia o delle risorse vengono normalmente utilizzati dalle aziende per espandere le proprie attività e, per le famiglie, i propri consumi. Il risultato è che nel tempo la domanda di energia e risorse aumenta.

Per chi compra un’auto energeticamente efficiente, per esempio, l’esperienza mostra che una spesa più bassa per il carburante si traduce in un maggiore utilizzo dell’auto. Questo fenomeno che viene definito effetto rebound significa che dal punto di vista ambientale l’efficienza è un’arma a doppio taglio.

In parole povere e nei casi migliori, i cambiamenti nei modelli di consumo sembrano avere, alla luce di molte analisi effettuate in diversi paesi, un effetto temporaneo.

Ciò non significa che dovremmo focalizzarci meno sulla scelta di elettrodomestici energeticamente efficienti, migliorando l’efficienza energetica nelle nostre case, mangiando meno carne e comprando auto a più basso consumo. Dal punto di vista del benessere umano, una maggiore efficienza energetica e di carbonio è sempre positiva.

L’effetto rebound quindi non dovrebbe scoraggiare le nostre società a battersi per raggiungere la massima efficienza nell’uso di energia e di risorse. Ci sono molte ragioni a favore di politiche che le incoraggino che, se non altro, ci fanno guadagnare tempo, ritardando così gli impatti ambientali.

Per agire in maniera più organica dobbiamo avviare anche altre importanti politiche che riducano significativamente il nostro impatto sulle risorse come, per esempio, la tassazione dell’uso delle risorse stesse.

L’articolo è stato pubblicato nel n.2/2016 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “Antropocene al via”.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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TvTech

MSI GT72VR 6RD Dominator con GeForce GTX 1060

Dopo aver presentato le schede video GeForce GTX 1080, 1070 e 1060 per sistemi desktop NVIDIA propone sul mercato le corrispondenti versioni per sistemi notebook. Le specifiche restano invariate, assicurando prestazioni velocistiche estremamente elevate. Abbiamo provato il notebook MSI GT72VR 6RD Dominator, dotato di scheda GeForce GTX 1060.

Tag: GeForceMSINVIDIAPascalRecensione

Autore: TVtech – Video e Web Tv sulla tecnologia, sull’informatica e sul mondo ICT – Ultimi Video

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HardwareSoftware

Microsoft: Office 365 più smart con l’acquisizione di Genee

Microsoft ha confermato di aver raggiunto un accordo volto all’acquisizione di Genee, startup che ha sviluppato un servizio per la pianficazione automatica degli appuntamenti. I termini commerciali dell’accordo non sono stati svelati. Microsoft ha confermato che le risorse acquisite tramite Genee saranno utilizzate per potenziare l’offerta Office 365

genee

Genee può essere descritto come un assistente virtuale per la gestione degli appuntamenti e delle riunioni. Tratto caratteristico è infatti la capacità di fissare automaticamente le riunioni senza che l’utente abbia necessità di consultare il calendario, sfruttando algoritmi di intelligenza artificiale che analizzano il testo delle comunicazioni inviate ai destinatari del meeting. Microsoft illustra il funzionamento di Genee – che gestisce non solo la programmazione, ma anche la riporgrammazione degli appuntamenti in caso di conflitto con altri elementi del calendario – con un eloquente esempio: 

Supponiamo che vogliate incontrare un potenziale cliente, Diana, per un caffé. Inviate semplicemente una email a Diana inserendo in copia Genee, come se fosse un assistente personale. Genee capirà che volete “trovare del tempo per incontrare Diana per un caffè la prossima settima” e semplificherà il processo inviando una mail direttamente a lei con le opzioni appropriate in realazione al calendario ed alle preferenze. Genee, invierà anche l’invito alla riunione a vostro nome, per risparmiare tempo. 

Genee può funzionare sia tramite l’app per iOS, ma anche tramite SMS, Facebook Messenger, i messaggi diretti di Twitter e la chat di Skype. Obiettivo dichiarato di Microsoft è quello di integrare il servizio in Office 365, l’ambito di impiego più naturale sarebbe l’impiego in Outlook, ma mancano ancora dettagli più certi a riguardo. Quello che è certo riguarda la disattivazione del servizio di Genee a partire dall’1 settembre prossimo. Le voci nel calendario create in automatico da Genee resteranno inalterate, ma l’assistente digitale non creerà ulteriori appuntamenti. 

L’acquisizione di Genee da parte di Microsoft si colloca in una serie di acquisizioni poste in essere dalla casa di Redmond per potenziare le risorse da impiegare nelle app e nei servizi di produttività personale. Si ricorda, ad esempio, la recente acquisizione di LinkedIn, così come quella di Wunderlist, Sunrise Caledar e Acompli, quest’ultime annunciate nel corso del 2015. 

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Economia

Biglietto verde in calo perché il mercato dubita che la Fed alzerà i tassi a breve

valute 23

Nelle negoziazioni notturne, il dollaro neozelandese ha fatto registrare l’andamento migliore, lievitando dello 0,78% contro il biglietto verde e portandosi a 0,7325, massimo dal 10 agosto. Per la quarta volta da metà agosto, la coppia di valute tenta di sfondare, senza riuscirci, l’area di resistenza compresa fra 0,7335 e 0,7350. Nell’ultima settimana, infatti, le rinnovate attese di un rialzo del tasso dalla Fed avevano impedito al kiwi di apprezzarsi ulteriormente.

In Giappone, lo yen ha esteso i guadagni contro il dollaro, la coppia USD/JPY ha ceduto lo 0,30%, scendendo a 100,08. La valuta testa l’area di supporto a 100 da sette giorni, perché il mercato prevede che la BoJ non permetterà allo yen di rafforzarsi ulteriormente. Sul fronte dei dati, la stima flash sul PMI manifatturiero giapponese di agosto è salita a 49,6 punti dai 49,3 e rispetto ai 51,7 di un anno fa. Nonostante la tendenza positiva che si registra da maggio, si tratta del sesto mese consecutivo di contrazione. Il mercato inizia già a scontare un nuovo allentamento monetario dalla BoJ, come segnala il brusco aumento dell’indice sull’inversione del rischio. Infatti, l’inversione del rischio delta 25 a un mese per l’USD/JPY è balzata al -0,98% rispetto a circa il -2% della scorsa settimana. La volatilità ATM implicita a un mese ha raggiunto il 14,40% rispetto al valore, inferiore al 10%, registrato a metà agosto.

Oggi gli operatori monitoreranno la fiducia dei consumatori in Danimarca; il PMI manifatturiero, servizi e composito in Francia, Germania ed Eurozona; la decisione sul tasso d’interesse in Turchia (il mercato prevede un taglio di 25 punti base, all’8,50%, del tasso d’interesse di riferimento); il PMI manifatturiero, l’indice sul manifatturiero di Richmond e le vendite di case nuove negli USA.

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Autore: Finanza.com Blog Network Posts