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Energia

L’ostinata e miope ricerca di soluzioni energetiche “fossilizzate”

Cogliendo lo spunto da un approssimativo articolo di Giovanni Bignami su L’Espresso sugli idrati di metano, quale concreta opzione per un futuro energetico radioso, Gianni Silvestrini spiega i limiti della soluzione e come si continui a trascurare l’enorme impatto, attuale e futuro, delle rinnovabili.

Difficilmente si trovano tanti errori, approssimazioni e forzature come nell’articolo “Metti il ghiaccio nel motore” dell’edizione ferragostana de L’Espresso.

Il pezzo di Giovanni Bignami è centrato su soluzioni energetiche futuribili come quella degli idrati di metano e di una soluzione innovativa auspicata dal premio Nobel Carlo Rubbia per estrarre idrogeno. Ma per farlo si sminuisce il ruolo delle tecnologie più promettenti, come il solare e l’eolico, e ci si lancia nell’ennesimo attacco alle rinnovabili per le quali si prevedono contributi limitati “perché ancora lontane dalla competitività economica”.

Peccato che, a fronte del futuro incerto e altamente problematico degli idrati, “le rinnovabili siano destinate a dominare la crescita della potenza elettrica nel mondo”, come afferma perfino Fatih Birol, direttore della IEA.

Del resto, già ora, circa la metà dei nuovi GW che vengono installati nel pianeta sono “green”. Secondo Bloomberg nei prossimi 25 anni il solare dovrebbe fornire addirittura il 43% della potenza aggiuntiva nel mondo.  Ed è notizia di questi giorni di una gara in Cile in cui il prezzo offerto per l’elettricità di un impianto fotovoltaico da 120 MW, pari a 29,1 $ /MWh, è risultato della metà del valore proposto per una centrale a carbone.

Per il nostro Bignami, invece, il futuro delle rinnovabili è senza prospettive: in Europa nel 2050 arriveranno a coprire a malapena il 20-25% della domanda elettrica. Eppure, già ora superano il 28% (in Italia siamo al 33,4%) e negli scenari ufficiali della UE il contributo dell’elettricità verde a metà secolo sia compreso tra il 64 e il 97%. 

Ma veniamo all’opzione che dovrebbe salvare l’umanità, i “clatrati”. Parliamo degli idrati di metano, composti cristallini con una struttura a gabbia che possono assomigliare al ghiaccio o ad un sorbetto, che si formano in grandi quantità sui fondali degli oceani grazie all’alta pressione e alla bassa temperatura.

Da tempo i giapponesi tentano di utilizzarli, ma senza risultati a causa delle difficoltà e dei rischi connessi. Non si capisce, del resto, se effettivamente fossero di “facilissima estrazione” come sostiene il giornalista, perché il mondo non sia inondato di questo gas.

Ma c’è di più. Ci sono forti preoccupazioni che durante le varie operazioni possano vengano rilasciate in atmosfera grandi quantità di metano, potentissimo gas serra.

Se si può capire la ricerca spasmodica per ogni possibile alternativa in un paese privo di risorse fossili come il Giappone, a livello globale la situazione è molto differente. La disponibilità di riserve di gas è ampia e i bassi prezzi sui mercati rendono ancora meno interessante l’eventuale sfruttamento dei clatrati.

Peraltro, questa opzione risulta ancor meno credibile visto che, per evitare un esito catastrofico dei cambiamenti climatici in atto, una larga parte delle riserve convenzionali di combustibili fossili non potrà nemmeno essere utilizzata.

Non si capisce dunque l’enfasi che porta il giornalista a concludere: “Craccare i clatrati e non bruciare il ghiaccio sarà lo slogan per la nuova età dell’abbondanza mondiale di energia nelle prossime decadi”.

Uno scenario impraticabile, come vedremo. Ma stupisce innanzitutto l’esaltazione acritica di una crescita senza limiti e l’incapacità di riconoscere che un futuro sostenibile per l’umanità implicherà un uso parsimonioso dell’energia, come anche dei minerali, dei suoli e degli oceani a fronte dei rischi crescenti.

Pensiamo in particolare alla sfida climatica destinata ad incidere sempre di più sulle scelte energetiche. E proprio per dare un contributo su questo versante il gruppo di Carlo Rubbia sta sperimentando una soluzione in grado di evitare di generare anidride carbonica. Dal metano, con un processo di cracking ad alta temperatura si potrebbe infatti ottenere idrogeno e carbonio solido, “black carbon”, impedendo quindi il rilascio di CO2 in atmosfera.

Questa soluzione, oltre all’incognita dei costi, presenta però un’altra criticità. Parliamo del black carbon prodotto. Per quantità limitate non è difficile individuare possibili applicazioni, ma se si dovesse utilizzare il cracking su scala sufficiente per contribuire a limitare i rischi climatici ne andrebbero smaltite in modo sicuro centinaia di milioni di tonnellate ogni anno. Un bel rompicapo che rende ancora meno credibile questa soluzione.

L’idea di seguire questa strada per produrre idrogeno dal metano non è nuova. Ricordo che Rubbia, allora presidente dell’Enea, aveva presentato una proposta simile già nel 2000 per ottenere un finanziamento da parte del Ministero dell’Ambiente. L’entità della cifra richiesta e i dubbi sul progetto mi avevano indotto a suggerire altri filoni di ricerca: in particolare il solare termodinamico, tecnologia che venne poi efficacemente messa a punto dall’Enea.

Rispetto all’estrazione di “energia dal ghiaccio senza bruciarlo” o ad altre soluzioni miracolistiche che ogni tanto vengono proposte, vale la stessa riflessione critica già avanzata per il nucleare, esaltato dai suoi fautori per la possibilità di generare elettricità “carbon free”.

Nei prossimi 10-20 anni si dovrà, infatti, avviare una decisa riduzione delle emissioni climalteranti. Un obiettivo reso ancora più importante e impegnativo dagli esiti della COP21.

Per ottenere questo risultato andranno privilegiate soluzioni poco costose, applicabili su larga scala e realizzabili in tempi rapidi. Efficienza energetica e fonti rinnovabili hanno esattamente queste caratteristiche.

Significativamente la stessa Agenzia Internazionale dell’Energia che aveva in passato sottovalutato clamorosamente il contributo delle energie verdi, nel suo ultimo rapporto, RE-Transition, (marzo 2016, pdf) riconosce che le rinnovabili stanno diventando l’opzione meno costosa nella nuova produzione di elettricità, tanto che nel 2035 i kWh verdi dovrebbero superare quelli del carbone divenendo così leader nella generazione mondiale. Per di più, la loro ampia disponibilità è nota. E, infine, l’installazione di questi impianti, nella maggior parte dei casi, richiede settimane e mesi, non 5 o 10 anni.

Ciò detto, nella transizione energetica in atto andranno certamente messe a punto soluzioni a basso costo per l’accumulo e un ruolo importante verrà svolto proprio dall’idrogeno. Nei prossimi decenni il suo impiego sarà infatti decisivo per rendere praticabili gli scenari “100% rinnovabili”.

A livello internazionale vengono esplorate soluzioni consolidate come l’elettrolisi, ma anche opzioni innovative, come quelle basate su reazioni foto-biologiche o foto-elettrochimiche.

La Germania punta soprattutto sulla filiera “Power to Gas” per produrre idrogeno e metano da sole e vento. Il primo passaggio è quello dell’elettrolisi dell’acqua con una ventina di progetti per valutare soluzioni alternative (alcalina, PEM e alta temperatura). Nel 2022 dovrebbero essere in funzione impianti di elettrolisi per 1.000 MW con costi di investimento (500 €/kW) fortemente ridotti rispetto agli attuali.

Il passaggio successivo della strategia tedesca prevede la produzione di metano (SNG, Synthetic Natural Gas) facendo reagire l’idrogeno ottenuto dalle rinnovabili con anidride carbonica, iniziando con quella ottenuta dagli impianti a biogas. La filiera “Power to Gas” renderà così possibile gestire percentuali progressivamente sempre più elevate di solare ed eolico.

Come si vede, la produzione di gas “verde” indica un percorso opposto rispetto a quello immaginato nell’impiego del metano dei clatrati.

Nello scenario tedesco ci si basa sulle rinnovabili e su tecnologie affidabili con costi decrescenti, nell’altra ipotesi si vorrebbero addomesticare i combustibili fossili con soluzioni la cui fattibilità tecnico-economica è tutta da dimostrare e che presentano elevati rischi ambientali.

Autore: QualEnergia.it – Il portale dell’energia sostenibile che analizza mercati e scenari

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HardwareSoftware

TIM porta la fibra ottica FTTH a Salerno, velocità sino a 1Gbps

TIM intensifica gli investimenti per portare la fibra ottica con tecnologia FTTH (Fiber To The Home) annunciando l’inserimento di Salerno nel novero delle cittadine italiane che potranno beneficiare del servizio. I lavori che permetteranno di sfruttare connessioni con velocità di trasferimento dei dati a partire 300 Megabit e potenzialmente sino a 1000 Megabit al secondo, inizieranno entro il mese di agosto. La rete ultraveloce di TIM raggiungerà circa 36.000 immobili situati nella cittadina campana al termine della conclusione del piano, attesa per il 2018. 

Gli investimenti sulla città di Salerno si collocano nel più ampio piano di intervento con il quale TIM sta intensificando gli sforzi per diffondere la fibra ottica FTTH in Italia. Il progetto prevede di raggiungere oltre 3,5 milioni di abitazione nell’arco di tre anni. Parte essenziale per raggiungere il traguardo passa per gli accordi raggiunti con le amministrazioni locali. Nel caso di Salerano, TIM sottolinea che la collaborazione cone l’amministrazione comunale ha velocizzato e snellito le procedure autorizzative, mentre, in termini operativi, la posa in opera dei nuovi impianti avverrà con tecnice a basso impatto ambientale. L’installazione e la manutenzione della fibra ottica fino alle abitazioni, inoltre, avverrà senza oneri per condomini e imprese. 

Si ricorda che la tecnologia FTTH permetterà di raggiungere velocità ancor più elevate rispetto a quelle rese possibili dalla fibra ottica di tipo FTTCab (Fiber To The Cabinet), disponibile al momento per 45.000 immobili situati nella città di Salerno e con collegamenti sino a 100 megabit al secondo. Un passo avanti importante, funzionale non soltanto ad un’esperienza di navigazione ancor più rapida, ma anche alla distribuzione tramite la rete dei contenuti video in HD e 4k.

Vincenzo Napoli, sindaco di Salerno ha commentato nei seguenti termini il raggiungimento dell’importante risultato: lL Comune di Salerno sostiene con determinazione questa nuova iniziativa aziendale di TIM che ha inserito la nostra città nel piano nazionale di cablaggio in tecnologia FTTH (Fiber To The Home) . L’implementazione di questa nuova tecnologia permetterà di ampliare in modo rilevante i servizi ai cittadini ed alle imprese contribuendo in maniera importante a migliorare ulteriormente la qualità di vita nella nostra comunità. Salerno è una città che negli ultimi anni ha saputo conquistare importanti primati nazionali per l’ambiente, le energie rinnovabili, gli asili nido e la solidarietà, la trasformazione urbana, la trasparenza amministrativa. Coerentemente dunque siamo pronti a contribuire al successo di questo ulteriore sviluppo tecnologico che consentirà anche di potenziare il rapporto on line tra i cittadini e la pubblica amministrazione”. 

Non è mancata la nota di Roberto Ferretti, Responsabile Access Operations Area Sud di TIM:TIM, grazie agli ingenti investimenti dedicati alla banda ultralarga effettuati sul territorio e alla fattiva collaborazione dell’Amministrazione comunale contribuisce alla crescita sostenibile dell’economia locale e al miglioramento della qualità della vita dei cittadini e dimostra ancora una volta che l’impegno per la digitalizzazione del Paese è concreto. alerno fa parte di un percorso di eccellenza che vede TIM protagonista su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un progetto ambizioso che ha l’obiettivo di portare l’innovazione sul territorio e di dare impulso alla diffusione dei servizi digitali e con la nuova rete FTTH saremo in grado di far provare ai cittadini e alle imprese un’esperienza di navigazione frutto delle più moderne tecnologie”.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Tecnologia

Lenovo IdeaCentre Y710 Cube e IdeaCentre AIO Y910, nuovi gaming desktop per la Realtà Virtuale

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L’intrattenimento videoludico è sempre stato un hobby piuttosto esigente, in termini di equipaggiamento, soprattutto ora che le tecnologie legate alla Realtà Virtuale stanno prendendo piede. Per godere delle migliori esperienze VR, come quelle di Oculus Rift e HTC Vive, serve una buona configurazione hardware e, a questo scopo, molti produttori stanno aggiornando i propri prodotti di punta.

Tra questi c’è anche Lenovo che ha da poco presentato due nuovi terminali, in occasione del Gamescon 2016 di Colonia: Lenovo IdeaCentre Y710 Cube e IdeaCentre AIO Y910. Si tratta di due configurazioni compatte che puntano tanto al risparmio di spazio quanto alla potenza, montando le GPU di ultima generazione Nvidia e AMD.

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Lenovo IdeaCentre Y710 Cube e IdeaCentre AIO Y910, nuovi gaming desktop per la Realtà Virtuale pubblicato su Gadgetblog.it 22 agosto 2016 15:24.

Autore: Gadgetblog.it

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Economia

WALL STREET: mercato ancora solido, ma fino a quando?

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I Large Traders fanno incetta di contratti, questo non va a favore della prosecuzione del rialzo, anche se il mercato resta sicuramente solido, al momento. Analisi del COT Report del CFTC. [Guest post]

Cari amici, la settimana ferragostana appena trascorsa, pur caratterizzata da un volume di scambi alquanto ridotto, ha contribuito a stabilizzare ulteriormente i mercati finanziari internazionali, confermando, ancora una volta, la prospettiva e l’ipotesi di una crescita moderata dell’economia mondiale.

L’ulteriore stabilizzazione dello scenario intermarket, sembra peraltro ripercorrere le orme del recente passato. In particolare assistiamo, come qualche mese addietro, ad un nuovo processo di svalutazione del dollar index, che nelle ultime 4 settimane si è deprezzato del 3 % . Storno che riporta il cambio EURUSD sopra quota 1,13. Ma è il rapporto USDYEN che preoccupa, essendo giunto, dopo una lunga rincorsa, a quota 100 yen per un dollaro. Rammento che lo stesso era pari a 122 all’inizio dell’anno. Dunque una mostruosa rivalutazione che, se non corretta, creerà nuovi rilevanti problemi alla già stagnante economia nipponica. A mio avviso, la svalutazione in corso del dollaro Usa, è opportunamente pilotata, allo scopo di favorire una ripresa delle quotazioni delle commodities che, nelle ultime settimane, manifestavano nuovi preoccupanti segnali di debolezza. In particolare, preoccupava il nuovo deprezzamento del crude oil che si è infatti immediatamente arrestato. Debolezza delle commodities che conferma, comunque, tutte le difficoltà dell’attuale ciclo economico. Qualche incoraggiante segnale giunge, invece, dal mercato obbligazionario. I rendimenti sui bonds decennali Usa crescono, infatti, nuovamente di 7 bps, e si riportano a quota 1,58 %. Segnali di vitalità arrivano anche dall’Europa. Il rendimento sul bund decennale della Germania cresce anch’esso di 7 bps e, pur restando in territorio negativo, si riporta a quota – 0,03 %. Nel complesso e contraddittorio scenario intermarket sopradescritto i mercati azionari, dopo i recenti record, si concedono un’opportuna pausa di riflessione. Il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, infatti si arresta sugli stessi livelli di 7 giorni orsono. Continua, invece, l’attacco speculativo sul listino azionario italiano, zavorrato pesantemente dalle banche.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 64.373

Large Traders : + 71.415

Small Traders : – 7.042

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Si conferma, ed anzi si consolida, la configurazione del mercato dei derivati azionari Usa, in auge ormai da quasi 4 mesi. Nell’ultima settimana si sono registrate movimentazioni pari a 10.480 contratti. In particolare, i Large Traders, sembrano davvero molto convinti, acquistano infatti l’intero lotto dei 10.480 contratti long, e conducono la loro posizione Net Long sopra le settantamila unità, ossia ai livelli massimi degli ultimi 5 anni. Gli Small Traders, invece, confermano tutto il loro scetticismo, cedono 2.899 contratti long, e ribadiscono rafforzandola la loro attuale posizione Net Short. I Commercial Traders, infine, lasciano fare ed assecondano gli appetiti dei Large Traders a cui cedono ulteriori 7.581 contratti long, rimpinguando di conseguenza la loro già ingente posizione di copertura, Net Short. Alla luce delle suddette movimentazioni, ribadisco quanto già espresso nei miei precedenti post. Personalmente diffido dell’attuale evoluzione del mercato dei derivati azionari Usa. La mia diffidenza non ha, però, trovato, sino ad oggi, alcuna conferma sui mercati azionari Usa, anche se da alcune settimane è evidente che il ritmo di crescita delle quotazioni azionarie è molto rallentato.

Anche in quest’ultima ottava si evidenzia una scarsa partecipazione al mercato, essendo ancora una volta i soli Large traders ad acquistare. Potrebbe pertanto essere la volta buona per innescare un fisiologico e salutare storno dei listini azionari Usa, anche se gli stessi appaiono, al momento, i più solidi ed i meglio impostati dell’intero panorama borsistico internazionale. Storno limitato che manterrebbe le quotazioni delle aziende Usa coerenti ed in linea con l’attuale scenario macroeconomico, che prospetta una crescita alquanto moderata dell’economia globale. In questi ultimi 24 mesi ciò è peraltro accaduto, poiché gli indici Usa registrano anch’essi una crescita moderata delle quotazioni, complessivamente pari al + 9,8 %. Futuro che si prospetta, quindi, ancora molto incerto, che cercherò, comunque, di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. Dopo quest’ultima settimana, il mio portafoglio, “ Azioni Italia – LTM “, registra una perdita annua pari al 4,51 %. Performance negativa, influenzata dalle particolari vicende e difficoltà vissute dal listino italiano, che registra, a sua volta, una perdita annua, misurata dal Ftse All Share, pari al 22,77 %. Conseguita, pertanto, in un contesto di mercato molto avverso, una sovra-performance del 18,26 % che ci fornisce altre probanti conferme sulla bontà delle indicazioni operative derivanti dalle ricerche dei due noti professori Usa. In perfetta coerenza con la mia view di medio termine, questa settimana riconfermo il posizionamento del mio portafoglio, costituito dall’ 80 % di posizioni long e dal 20 % di posizioni short, ossia da una posizione Net long limitata al 60 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

Lukas

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Autore: Finanza.com Blog Network Posts

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HardwareSoftware

Kaby Lake motherboards to arrive in Autumn

Colorful plans them for October

Kaby Lake products are expected to start arriving in October.

According to Tom’s Hardware, the motherboards had been expected earlier but failed to show up. Colorful is planning to release its Kaby Lake motherboardsin October.

The first one is the the Z270 motherboards sometime in October although Colorful did not provide an exact date.

Kaby Lake should use Intel’s LGA 1151 socket, which first appeared in Skylake. This means that the new motherboards do not need Kaby Lake chipsets as they can support Skylake processors too.

So colourful and its ilk can flog the new motherboards to those who want some measure of futureproofing. The same thing happened with Haswell and the Z97 Broadwell chipsets.

There is not much time for this model to exist though. Intel has started shipping Kaby Lake samples to its OEM partners and some have already announced they will have products ready in December.

Autore: Fudzilla.com – Home