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Il futuro di Acer passa attraverso i visori VR

Una delle vie che Acer è intenzionata a percorrere per la propria crescita futura passa anche attraverso il mondo della realtà virtuale. E’ Jason Chen, CEO dell’azienda, ad aver confermato questa nuova direzione in un’intervista condotta con Bloomberg.

Il target di riferimento non è però quello del mercato consumer, quantomeno inizialmente: Acer ha infatti scelto di sviluppare una collaborazione con Starbreeze AB, game developer svedese che sta sviluppando StarVR. Questo prodotto è un visore VR di fascia alta, caratterizzato da un angolo di visione di ben 210° contro i circa 110° delle soluzioni ora in commercio.

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StarVR viene proposto per un utilizzo nel settore business, sia per le caratteristiche tecniche sia per il costo che non è ancora stato comunicato ma che Chen ha indicato essere nell’intervallo delle quattro cifre. I clienti di riferimento sono quindi cinema, parchi tematici e di divertimento che possono servirsi di StarVR per mostrare ambienti di realtà virtuale particolarmente complessi e immersivi. IMAX Corp. è tra le prime aziende ad aver annunciato l’utilizzo di visori StarVR all’interno di un proprio centro IMAX, in nord America.

La commercializzazione di soluzioni VR per il mercato professionale rappresenta per Acer solo il primo passaggio: tra 2 o 3 anni, secondo le stime di Chen, l’azienda sarà in grado di offrire soluzioni VR anche per il mercato dei consumatori. Al momento attuale, vista l’evoluzione della tecnologia, per Acer è maggiormente interessante rivolgersi al pubblico dei professionisti con un prodotto che sia all’altezza delle proprie aspettative e compatibile con i futuri scenari di utilizzo che si stanno delineando.

In generale Chen ha rimarcato come la ripresa di Acer, e il progressivo ritorno a valori di fatturato e di marginalità raccolti storicamente in passato, debba passare attraverso non una specifica serie di prodotti ma andando ad operare in diversi segmenti di mercato. Quello della realtà virtuale è solo uno degli aspetti che Acer svilupperà nel corso dei prossimi anni, optando sempre più per una diversificazione di prodotto che la faccia dipendere sempre meno dal mondo tradizionale dei PC. In generale l’azienda punta sulla ricerca e sviluppo interni, dedicando uan cifra consistente del budget a queste attività, volendo andare ad operare in settori che sono caratterizzati da forte crescita potenziale e non dalla stagnazione come è invece per il mondo dei PC.

Autore: Le news di Hardware Upgrade

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Digital Audio

Taglo – Deep Blue // Big Toys Production

Taglo – Deep Blue // Big Toys Production [BT084]Genre: Trance,Prog-House,Release Date: Aug 15 2016Beatport: https://pro.beatport.com/search?q=Big%20Toys%20ProductionLabel: Big Toys Production1 Taglo – Deep BlueRelease Info: Taglo – Deep Blue [BT084], incl. Original Mix, Radio Edit, , Enjoy , Big Toys are watching you , , https://www.facebook.com/bigtoysproduction , https://twitter.com/BigToysProd Music Promo Service by VIP Ultima http://www.VipUltima.com VIP Ultima is a Promotion Service for Music Professionals. It is used by Record Labels, Promotion Companies, and other Professionals in the Industry to manage their promo campaigns and get feedback comments from Top International DJs and Reviewers such as John Digweed, Sasha, Luciano, Hernan Cattaneo, Laurent Garnier, Josh Wink and thousands more.Check out our Facebook page at https://www.facebook.com/VipUltima

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Digital Audio

Junolarc, Erick Morillo, DJ Eako and Miss McClose – Better Life (Extended Mix)

Listen or download: https://SUB330.lnk.to/BLYABrandishing yet another piece of sublime Tech House to spoil your ears with, Junolarc and Erick Morillo launch the follow-up to ‘This Is How We Do It’ and drafted in DJ Eako and Miss McClore to really get the vibes going. From the shuffling beats to the gripping chord progressions, atmospheric textures and Miss McClore entrancing vocals, listening to this track makes for a ‘Better Life’ indeed.

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Energia

La “Brexit” e l’ambiente

brexit

(Rinnovabili.it) – Il recente referendum ha espresso, sia pur con una maggioranza risicatissima, la volontà dei britannici di non continuare a far parte dell’Unione Europea. Il risultato ha costituito una sorpresa per la stragrande maggioranza di analisti, economisti e commentatori politici (complimenti!), che evidentemente non conoscono la storia e dimenticano che già la Thacher aveva ottenuto, come pegno per la sua permanenza, un extra bonus di 5 miliardi di sterline (che non sono bruscolini) all’anno, regolarmente versato per trent’anni e abolito solo quattro anni fa, sostituito da altri privilegi, quali ad esempio quello di esentare la Gran Bretagna dal contribuire al “Fondo salva Stati” voluto da Draghi.

Da più parti si manifestano preoccupazioni che la minor tutela dell’ambiente e della sostenibilità in generale sia tra gli effetti della “brexit” decisa da un referendum indetto proprio da colui che voleva utilizzarlo come elemento di pressione per ottenere migliori condizioni per la permanenza del Regno Unito nell’UE.

C’è da sottolineare che a far pendere la bilancia verso il “leave” è stato il voto degli inglesi che hanno basato le loro fortune sulla finanza e sul commercio, settori in cui vige la massima “chi disprezza compra”

Giova ricordare che nessuno ha mai manifestato disappunto perché la Svizzera non ha mai fatto parte dell’UE. Nonostante ciò, la Confederazione Elvetica ha sottoscritto molti trattati con l’Europa Unita, con grande attenzione agli aspetti ambientali. Anzi, molti miei amici che vi hanno trasferito la propria attività apprezzano la grande attenzione sia della popolazione che delle autorità per tutto ciò che attiene l’ambiente e la sua preservazione.

Il risultato del referendum britannico pone anche un quesito: perché un evento di per sé insignificante (in sostanza si tratta di un socio di un club che annuncia l’intenzione di dimettersi) ha fatto precipitare in un solo giorno tutte le borse valori mondiali dell’8/10%? A mio avviso la risposta è inquietante: ormai da tempo le decisioni relative agli investimenti (soprattutto in borsa) sono adottate con l’utilizzo di algoritmi e il successo di ogni operazione dipende dalla scelta di volta in volta di quello appropriato in rapporto all’analisi di scenario del momento. La decisione di uno Stato membro di uscire dall’UE comporta la possibile modifica di un numero indefinito di sotto scenari (basti pensare ai trattati che nei decenni si sono stipulati) e la conseguente complessità dell’elaborazione di nuovi algoritmi ha suggerito ai più di evitare di investire risorse per fronteggiare un evento ritenuto da tutti (o quasi) impossibile.

La conseguenza è stato il panico del “si salvi chi può!”.

di Paolo Serra – Associazione RELOADER onlus

Autore: Rinnovabili

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Tecnologia

Smartwatch: attenzione può essere usato per rubare il pin del bancomat

Smartwatch Samsung

Un semplice smartwatch potrebbe mettere a repentaglio la nostra sicurezza economica. L’allarme è stato lanciato da una ricerca della Binghamton University negli Usa, secondo cui dispositivi indossabili potrebbero favorire gli hacker ad accedere ai dati degli utenti e a rubare il pin dei bancomat.

Il tutto dipenderebbe dai sensori che potrebbero essere così precisi da tracciare i movimenti della mano e permettere a malintenzionati, di riprodurre i gesti fatti sulla tastiera di un bancomat e quindi accedere a un conto corrente. Questo ovviamente a discapito di correntisti ignari.

Durante i test la percentuale di riuscita è stata altissima ovvero pari all’80%. I ricercatori, hanno infatti sviluppato un algoritmo capace di decifrare le password dei bancomat sfruttando proprio le indicazioni che arrivavano dai dispositivi indossabili.

Il fattore più allarmante, però, è che per sottrarre i dati non occorre la presenza fisica di un hacker nelle vicinanze: pacchetti di dati necessari potrebbero essere rubati da uno “sniffer wireless” posizionato vicino a una tastiera, pronta a catturare i pacchetti Bluetooth inviati dallo smartwatch allo smartphone. O ancora tramite un malware installato sull’indossabile o sullo smartphone per intercettare i dati e inviarli a chi vuole accedere illegalmente ai dati.

In rete si trovano già i primi consigli su come arginare il problema: se si è possessori di questi dispositivi da polso, il primo è di perder tempo quando si digita il codice facendo magari finta di farlo con altri numeri oppure di procedere direttamente con l’altra mano.

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Autore: Tecnologia