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SCOTUS Scuffle, Trump Nominates Brett Kavanaugh


It’s another major day for Boom Bust. Lionel of Lionel Media joins us as we discuss Trump’s SCOTUS nominee. Oil and energy markets are in flux, so it’s time to bring in Chris Martenson to figure it all out. And what’s got Bart’s engine’s revving? Lauren Fix is back as we discuss the auto market! All this and more on Boom Bust! [1115] Follow us on Twitter:
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WALL STREET: il mercato stempera la tensione ma qualcosa non quadra

Dopo una fase di apparente tensione, anche il COT Report ci riporta dei segnali di tregua, indicando quindi nuovi possibili scenari rialzisti. Ma l’intermarket non sembra così allineato. Analisi dal CFTC di Chicago. [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali sembrano aver ignorato tutti i timori di una potenziale guerra commerciale. Evidentemente credono che non si arriverà ad conflitto di vasta portata e che in qualche modo si troverà un accordo. Più influenza, invece, sembrano avere i buoni dati dell’economia Usa. La Fed di Atlanta prevede, infatti, un incremento del Pil Usa, nel secondo trimestre, del 3,8 %. Qualcuno dice che in America le imprese fanno addirittura fatica a trovare personale per le loro attività.

Ciononostante non si evidenziano particolari tensioni sui più importanti fattori produttivi. Restano infatti sotto controllo i prezzi delle commodities, il costo del capitale, ed anche il costo del lavoro, nonostante l’economia Usa sia ormai in piena occupazione.

Lo scenario intermarket conferma appieno quanto sopra detto. In particolare, il dollar index, resta tonico, ma senza esagerare. Quota infatti 94,11, circa il 5 % in più di quattro mesi fà. Le commodities, invece, tranne il petrolio, non sembrano confermare una fase di fine ciclo economico. Nelle ultime 6 settimane hanno perso oltre il 5 % in termini reali. Rispetto a 10 anni orsono le loro quotazioni sono sotto del 30 % in termini reali. Ciò costituisce, a mio avviso, l’elemento cardine, il segreto di questo interminabile ciclo espansivo dell’economia.

Anche il costo del capitale non desta molte preoccupazioni. I rendimenti dei bond decennali Usa, oggi sono al 2,85 %. L’inclinazione della yield curve Usa, tuttavia, si riduce sempre più, ed oggi è pari a soli 27 bps. I mercati azionari Usa, invece, dopo molti anni di crescita sostenuta, quest’anno si mostrano molto più cauti. In particolare, il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, quota oggi 2.793,84 punti, ossia solo il 4,5 % in più di fine 2017.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati solo ieri sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 72.260Large Traders : + 47.236Small Traders : + 24.024

Si conferma, quindi, la configurazione del mercato dei derivati azionari Usa in auge ormai da oltre 7 mesi. In quest’ultima ottava, registriamo comunque variazioni, nelle posizioni dei diversi operatori, abbastanza significative ed ingenti, pari a ben 37.745 contratti. In particolare, i Large Traders, dopo molti mesi riducono in maniera consistente la loro esuberante e pericolosa posizione Net Long. Cedono, infatti, l’intero lotto dei 37.745 contratti long, ma restano ancora e ben saldamente in posizione Net Long. Gli Small Traders, ne acquistano solo una piccola quota, ossia solo 380 contratti long, e consolidano la loro ragionevole posizione Net Long. I Commercial Traders, infine, dopo aver tenuto per mesi ed a ragione una posizione molto prudente, sembrano oggi molto più tranquilli. Acquistano infatti ben 36.965 contratti long, e riducono la loro abituale posizione di copertura Net Short, poco sopra le settantamila unità. Le movimentazioni di quest’ultimasettimana sembrano voler riportare, dopo quasi un semestre, il mercato dei derivati azionari ad una situazione più serena e meno estrema. Potrebbe comunque esser questo l’inizio della fase finale di questo anomalo ed interminabile ciclo espansivo dell’economia, che dura ormai da oltre 9 anni. Ho letto su un post di Danilo che si prevede una nuova recessione per l’economia Usa nel 2020. Io sono meno ottimista, credo infatti che la stessa si verificherà nel 2019. Ma viste le premesse, non credo che la stessa sarà devastante come le ultime due. Sarà credo solo un salutare rallentamento dell’economia. In ogni caso spero che finisca al più presto questa improduttiva fase di lateralizzazione dei mercati azionari, che dura già da 6 mesi, e che rende davvero difficile conseguire delle onorevoli performance .

Futuro che si prospetta, quindi, ancora cauto ed incerto per i mercati azionari, che cercherò, comunque, di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi e nelle ricerche dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. In questi prima parte dell’anno, il mio portafoglio, denominato “ Azioni Italia – LTM “, ha conseguito un guadagno dell’ 1,56 %, performance superiore a quella registrata, nel contempo, dal nostro Ftse All Share, pari al + 0,31 %. Conseguita quindi una sovra-performance dell’ 1,25 %, che conferma le prerogative del mio trading system, che negli ultimi 5 anni ha conseguito una sovra-performance media annua pari al 16 %, ma che ci lascia comunque, per ora, insoddisfatti.

Ciò premesso, in coerenza con quanto in precedenza esposto, questa settimana modifico l’assetto del mio portafoglio, incremento cioè dal 70 al 75 % le mie posizioni long, ed riduco nel contempo dal 30 al 25 % le mie posizioni short, assumendo di conseguenza una posizione Net Long, pari al 50 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

Lukas

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Author: Finanza.com

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SAVONA E L’EURO: IL CIGNO NERO!

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La cosa affascinante è che dopo neanche un paio di mesi, c’è ancora in circolazione qualcuno che pensa che questo Governo stia scherzando, l’ingenuità politica e mediatica è a livelli tali, che stanno palesemente dimostrano tutta l’incompetenza e l’inadeguatezza del precedente governo.

Ieri uno dei più feroci critici ed oppositori del nostro Paese ha paventato come nostra unica possibilità l’uscita dall’euro…

Le quattro possibilità per l’Italia secondo Sinn: 1) = Grecia, svalutazione interna e quindi inflazione più bassa che in Germania ; 2) inflazione più alta in Germania; 3) Transferunion; 4) Italexit. https://t.co/1blG5WxZuA

— Vladimiro Giacché (@Comunardo) July 10, 2018

Peccato che gli scenari proposti dall’economista tedesco Sinn siano irrealizzabili tranne l’ultimo. A loro, ai tedeschi piace solo il primo, lo scenario Grecia,  con la svalutazione interna e la deflazione salariale. Di inflazione più alta in Germania neanche a parlarne, la Transferunion è pura utopia non resta che Italexit.

A loro, piace vedere distruggi economicamente gli altri Paese in maniera da poterli saccheggiare attraverso le privatizzazioni…

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Fa davvero tenerezza osservare l’ennesima intervista a Stiglitz che risponde con ovvietà a domande altrettanto ovvio e piene di pregiudizi…

Stiglitz: “Per l’Italia la soluzione migliore è restare nell’euro, ma la moneta unica va riformata con meccanismi di solidarietà. Altrimenti non resterà che uscirne, ma questo avrà un costo”. Intervista integrale sul @sole24orehttps://t.co/jAGTVA0dSx

— Morya Longo (@MoryaLongo) July 7, 2018

“Se non si arriva a un minimo di condivisione dei rischi, l’Unione monetaria non può sopravvivere. La Germania deve capirlo”

Possibilità pari a ZERO assoluto!

 Comunque ci sarebbe anche un’ulteriore opzione, una sorta di via di mezzo. Quale?Potrebbe essere la Germania ad uscire dall’euro. Oppure potrebbe essere sempre la Germania a fare qualcosa per riequilibrare l’Europa. Per esempio dovrebbe alzare i salari dei lavoratori tedeschi e incrementare la spesa.

Possibilità, pari a ZERO all’infinito, mettetevi il cuore in pace questi hanno lucrato per anni sull’Europa, prima hanno saccheggiato la Germania dell’Est, poi hanno proseguito con la Grecia, questi il saccheggio ce l’hanno nel sangue, nel loro DNA, solo che questa volta lo hanno fatto alla luce del sole, attraverso dinamiche economico/finanziarie.

La Germania ha lucrato centinaia di miliardi di euro sulle sorti di questa unione monetaria e ha tutto l’interesse che la crisi prosegua per continuare sui problemi dei Paesi come il nostro, noi abbiamo tutto l’interesse a provare un’alternativa, sono anni che vi spieghiamo il perché.

Ma proseguiamo perché ieri è stata per davvero la giornata delle oscenità!

Sono all’assemblea dell’ABI ad ascoltare l’interessante relazione del bravo presidente Patuelli, vi lascio la gioia di commentare questa pagina della sua relazione così bella, così convincente, così densa di pura poesia. A voi i commenti. Ci tengo. pic.twitter.com/DVxVHlaoXN

— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) July 10, 2018

La sintesi delle barzellette raccontate ieri dal presidente dell’ ABI, Patuelli, ve la faccio io:

A) E’ dovuto addirittura andare a richiamare il programma del Governo della Repubblica Federale Tedesca, per dire che un’Europa forte è unita è la migliore garanzia per pace, prosperità e libertà, o sono fessi sino al midollo o credono ancora che in Germania …

B) Il peso maggiore della crisi lo hanno sopportato le banche!

C) Più Europa o l’Italia rischia di essere inghiottita dai gorghi del nazionalismo mediterraneo come quello che ha interessato i paesi sudamericani.

Per ultima ha tirato fuori la barzelletta dell’iperinflazione, il 40% dell’inflazione Argentina paragonandolo al 18% degli anni ottanta con la liretta.

Noi come sempre abbiamo risposto con i dati e la realtà, facendo notare come negli anni ottanta l’inflazione era un problema per tutti, soprattutto era una dinamica legata ai prezzi del petrolio e non alle fesserie raccontate da Patuelli…

A seguire le indicazioni di Patuelli, gli italiani rischiano di fare la fine di migliaia di risparmiatori che hanno visto distruggere miliardi di euro dalla truffa dei bond subordinati elargiti a piene mane con la gentile collaborazione della Consob e di Bankitalia che tanto per non sbagliarci dormivano.

Banche, allarme del presidente ABI Patuelli: Italia scelga Unione europea o farà fine dell’Argentina Relazione annuale del presidente dei banchieri: “La scelta strategica deve essere di partecipare maggiormente all’Unione Europea impegnando di piu’ l’Italia nelle responsabilita’ comuni, anche con un portafoglio economico nella prossima Commissione Europea. Altrimenti l’economia italiana potrebbe finire nei gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simile a quelli sudamericani”

Banche, Patuelli: ‘Italia scelga Europa o rischio Argentina’. Visco: ‘Oggi siamo più vulnerabili’ https://t.co/HhLh1MXBpG

— Tg La7 (@TgLa7) July 10, 2018

Come sempre coloro che non sono stati in grado di vigilare sull’operato dei loro azionisti, le banche non perdono l’occasione di minacciare o di mettere in guardia il Governo di turno, non è affascinante pensateci, come direbbe il buon Taleb, a coloro che hanno guidato uno scuolabus e l’hanno sfasciato non dovrebbe essere più permesso di guidare!

La minaccia di #Visco #ABI https://t.co/RXck1ZteqD

— Andrea Mazzalai (@icebergfinanza) July 10, 2018

Visco dice una fesseria, non è vero che siamo più vulnerabili di dieci anni fa, come dieci anni fa non eravamo affatto vulnerabili ma questa è una vecchia storia che il lettore di Icebergfinanza conosce a meraviglia.

Se mi permettete come scrive Alberto Bagnai inoltre c’è una grossa imperfezioni nelle parole di Patuelli ieri, le banche di credito cooperativo non hanno fatto fronte con le loro risorse solo ai loro problemi, ma hanno dovuto mettere oltre mezzo miliardo di risorse sotratte ai territori anche per tenere in piedi banche criminali gestite da criminali come Verdini…

Mi permetto di ricordare che le BCC hanno fatto fronte anche ai problemi altrui: https://t.co/e73vrXLgOw. Pro veritate, sine ira et studio, ecc. pic.twitter.com/oee90uyqD1

— Alberto Bagnai (@AlbertoBagnai) July 10, 2018

Quindi se hanno fatto fronte da sole ai loro problemi dove era tutta questa fretta per fare una riforma superficiale che mina costituzionalmente la più grande risorsa di credito del Paese?

Ma di questo parleremo nei dettagli a tempo debito, senza veli, ogni cosa a suo tempo sotto il cielo.

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Ma veniamo al cigno nero, ovvero alle parole di Paolo Savona ieri in audizione

E ora tutto con il nasino all’insù ad osservare lo spread! 😉Savona: «Dobbiamo essere pronti a tutto, anche all’uscita dall’euro» https://t.co/UxhkuMPpCt

— Andrea Mazzalai (@icebergfinanza) July 10, 2018

Ripeto per l’ennesima volta a benefico degli ingenui e dei fessi che quotidianamente si leggono le boutade degli appellisti con il rolex e che si nutrono della faziosità dei media nazionali, noi non usciremo dall’euro, perché dall’euro non è possibile uscire a meno di una traumatica uscita unilaterale, ma l’euro tra qualche anno non esisterà più perché lo suggerisce la storia, se non ci credete leggetevi questo.  

Exits from Currency Unions Andrew K. Rose – 

Non una sola unione monetaria è sopravvissuta alla storia, e non tiratemi fuori la favoletta del dollaro, perché allora non avete ancora capito le dinamiche della storia della nascita degli Stati Uniti.

«Una delle mie case, Banca d’Italia — dice Savona — mi ha insegnato a essere pronti non ad affrontare la normalità ma il cigno nero, lo choc straordinario». La teoria del cigno nero è quella secondo cui un evento inaspettato viene compreso e razionalizzato solo a posteriori, quando è più difficile correre ai ripari. L’uscita dall’euro, dunque, non è un obiettivo da perseguire. Ma un’eventualità alla quale prepararsi comunque. Anche perché «se si vuole che l’euro sopravviva» sono necessarie politiche di crescita e «noi abbiamo bisogno di crescere del 4% l’anno, non dell’1%, servono politiche aggressive».

Chiaro il concetto senza crescita ZERO possibilità!

In ogni caso Savona ha ben chiaro cosa dovrebbe cambiare per la Bce: «Se non le vengono affidati compiti pieni sul cambio, ogni azione esterna all’eurozona si riflette sull’euro senza che l’Ue abbia gli strumenti per condurre un’azione diretta di contrasto. L’assenza di pieni poteri della Bce sul cambio causa una situazione in cui la crescita dell’economia dell’eurozona risulta influenzata, se non determinata, da scelte o vicende che accadono fuori Europa».

“Mi dicono: ‘tu vuoi uscire dall’euro?’ Badate che noi potremmo ritrovarci nella situazione in cui sono altri a decidere. Per questo dobbiamo essere pronti a ogni evento”

Per quale motivo la BCE non può fare come fanno tutte le altre banche centrali dei Paesi sviluppati, la Fed, la Boj, la BOE, la … BUNDESBANK, che sostengono i rispettivi governi e Paesi. La risposta ve la do io, la Germania non vuole, non vuole cambiare lo statuto della BCE che non permette di sostenere un Paese in difficoltà.

Italian Bank Stocks Tumble As Savona Warns Of Euro Break-Up https://t.co/DGFzHlpCaO

— zerohedge (@zerohedge) July 10, 2018

Come dice Claudio…

Per Borghi, “la cosa migliore se si volesse mantenere l’Eurozona così com’è sarebbe la garanzia totale della banca centrale che dice ‘non tollero che ci sia uno spread che significa rischio di fallimento di uno Stato che non dovrebbe esserci’. Uno Stato sovrano non dovrebbe rischiare di non avere accesso ai mercati per il debito”.

Una banca centrale che dovrebbe fare il suo lavoro come fanno Fed Boj e Boe! https://t.co/TBIQISGdgL

— Andrea Mazzalai (@icebergfinanza) July 10, 2018

Ma non c’è fretta, più i burocrati europei tirano la corda e più la fine dell’euro si avvicina, matematica, la politica non può fare nulla contro la matematica.

Concludiamo infine con qualche notizia dal mondo reale!

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Innanzitutto una mossa che potrebbe incendiare ancora di più la guerra commerciale tra la Germania e Trump, una mossa da manuale ma che non mancherà di accelerare la fine della Germania…

#BMW AG inked a deal on Tuesday with Great Wall Motor Co to produce electric MINI-branded cars in China.

— China Daily (@ChinaDailyUSA) July 10, 2018

La casa automobilistica BMW ha dichiarato che costruirà più  SUV popolari all’estero per compensare i maggiori costi di spedizione delle auto in Cina a causa delle tariffe recentemente varate.

La BMW ha anche detto che aumenterà il prezzo dei veicoli costruiti nella Carolina del Sud venduti in Cina per compensare la nuova tassa di importazione del 40% sulle auto degli Stati Uniti, rappresaglia per le tariffe più alte sui beni cinesi imposte dal presidente Donald Trump.

BMW costruisce modelli di SUV  nella contea di Spartanburg, dove impiega 10.000 persone. Questi veicoli vengono esportati in 140 paesi, rendendo BMW il più grande esportatore di auto degli Stati Uniti. La maggior parte delle auto prodotte nell’Upstate vengono spedite oltreoceano attraverso il Columbus Street Terminal del Porto di Charleston.

Risultati immagini per trade war trump cartoons

Nel frattempo nella notte arriva un’altra bomba dagli Stati Uniti…

Trade war:-Trump government lists $200 billion in Chinese goods that may face tariffs-Products range from TVs and caviar to badger hair-China “shocked” at U.S. actions, says it will be forced to retaliatehttps://t.co/k1LYPSBBFR pic.twitter.com/0p218bfyaH

— Bloomberg (@business) July 11, 2018

… stilando una lista merci (per un valore totale di 200 miliardi) sulle quali potranno essere imposte tariffe del 10%. Una mossa che non ha mancato di creare qualche remora, spingendo il presidente a rivedere provvisoriamente la sua decisione e a posticipare il tutto da qui a due mesi, data ultima dell’iter di verifica richiesto con tanto di udienze, fissate entrambe nel mese di agosto (20 e 23). Una momentanea tregua della guerra dei dazi fra Cina e Usa, iniziata quando da Washington, venerdì scorso, era stato dato l’ok al 25% di dazi sull’import di beni tecnologici made in China, 818 in tutto per 34 miliardi di dollari.

Lo stop di Pfizer

La risposta di Pechino era arrivata solo pochi minuti dopo, avviando la stessa tassazione su 545 prodotti di marca statuintense. L’operazione da 34 miliardi, a ogni modo, costituiva solo la prima tranche di un percorso ben più ampio che, di lì a breve, avrebbe previsto ulteriori dazi che avrebbero consentito di raggiungere la cifra di 50 miliardi, minacciando ulteriori provvedimenti per 500 miliardi. L’iter, però, almeno per ora sarà arrestato: “Ho appena parlato con il Ceo di Pfizer @SecAzar – ha scritto Trump su Twitter -. Pfizer fa marcia indietro sugli aumenti, di modo che i pazienti americani non debbano pagare di più. Plaudo a Pfizer per la sua decisione e spero che altre aziende facciano lo stesso”. Nei giorni scorsi, tra la casa farmaceutica e il presidente vi era stato da ridire sulla questione del rialzo dei prezzi.

La guerra è appena iniziata e conoscendo Ross e Navarro,  non c’è alcuna possibilità che si concluda in breve termine, la pronta risposta della Cina dimostra che l’escalation è dietro l’angolo, solo qualche ingenuo gestore non ha ancora capito che non ci sarà più alcun aumento di tassi o che i mercati azionari hanno concluso la loro lunga corsa.

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SAVONA E L’EURO: IL CIGNO NERO!, 9.3 out of 10 based on 3 ratings Author: Finanza.com

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Analisi Dow Jones Industrial: Luglio 2018

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