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Economia

RECESSIONE e differenziale tasso (spread 10-2). Ma questo dato NON basta

Una delle domande più comuni che si sentono fare agli analisti è “ma quando ci ritroveremo con una nuova recessione”? Oppure “i tempi sono maturi per una recessione”?Ovvio, non è così facile poter prevedere matematicamente una recessione, vista l’infinità di fattori che possono intervenire.Intanto però il “toto-recessione” va avanti e anche testate giornalistiche importanti, che devono “tirare a campare”, riportano i dati di alcuni sondaggi. Un esempio: Wall Street Journal, ha condotto un sondaggio presso i 72 economisti del settore finanza che contribuiscono all’indice del WSJ che stima la crescita dell’economia USA. E questo è il risultato.

Quindi è corretto dire che per ritrovare la recessione occorrerà ancora aspettare un paio di anni? Teoricamente si, ma sarebbe stupido dare per certa una data se non addirittura un’ora. La recessione arriverà quando meno te l’aspetti. La logica ci porta a dire 2020 ma tutti sappiamo che stiamo vivendo una realtà assolutamente unica nella storia e quindi qualsiasi previsione è discutibile.Tanto per cominciare c’è una guerra commerciale che potrebbe muovere, e di molto, queste previsioni.

(…) Bank of America Merrill Lynch US economist Michelle Meyer warned late last month that a “major global trade confrontation would likely push the US and the rest of the world to the brink of a recession.”Here’s how the dominoes could fall: First, businesses would be hit with higher costs triggered by tariffs. Then, companies won’t be able to figure out how to get the materials they need. Eventually, confidence among executives and households would drop. Businesses would respond by drastically scaling back spending. (…) [Source] 

Concetti che abbiamo spiegato mille volte qui su Intermarketandmore ma che è giusto ricordare. E ora anche gli analisti (finalmente) se ne stanno accorgendo oppure prima evitavano di parlarne per non creare panico? La logica è quindi semplice e qui sinteticamente ve la spiego. In primo luogo, le imprese sarebbero colpite da costi più elevati a causa delle tariffe. Quindi, le aziende non saranno in grado di acquistare i beni materiali di cui hanno bisogno per la produzione, alle condizioni precedenti. Alla fine, la fiducia diminuirà. Le aziende risponderebbero drasticamente ridimensionando le spese. I consumi scenderebbero. Et voilà, arriva la recessione.

Un altro esempio. Pensate agli effetti che potrebbe avere (e qui andiamo su cose concrete ahimè) una trade war sui flussi finanziari. Tra USA e Cina alla fine la perdente sarebbe quest’ultima. Il che significa uno sconvolgimento degli equilibri globali. E fuga (ovvia conseguenza) di capitali dalla Cina. E tutto questo lascia i mercati sereni e tranquilli?

Credo che il grafico spieghi tutto e non occorra aggiungere altro, se non sperare che questi calcoli non si concretizzino. Ovvio, non siamo ancora a questi livelli ma di certo la “trade war” è partita e se la situazione si evolve negativamente, salteranno fuori dei problemi.

Intanto buttate un occhio ad un grande classi che vi ho proposto più volte. Un rapporto tra il differenziale tasso ovvero lo spread 10-2 e la recessione. Anche in questo caso i “conti” porterebbero proprio al 2020. Ma dare qualcosa per scontato in questa fase economica è l’errore più grande che si possa fare.

Nel prossimo post vi spiegherò perchè la guerra commerciale, in realtà, è una guerra persa. Per tutti.

STAY TUNED!

Danilo DT

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Economia

Setup e Angoli di Gann: FTSE MIB INDEX 11 Luglio 2018

Setup e Angoli di GannFTSE MIB INDEX

Setup Annuale:ultimi:2016/2017 (range 15017/23133 ) ) [ uscita rialzista ]prossimo 2019/2020

Setup Mensile:ultimo Maggio (range 21122 / 24544 ) [ in attesa ]prossimi Luglio/Agosto

Setup Settimanale:ultimi: 25/29 Giugno ( range 21157/21843 ) [ uscita rialzista]prossimi 9/13 Luglio, 16/20 Luglio

Setup Giornalieroultimo : 5/6/9 Luglio (range 21766/22090) [ uscita rialzista]prossimi 11,16

FTSEMIB Angoli Annuali 2018 18440, 19900, 21840,24580, 27300ALLSHARE Angoli Annuali 2018 19490, 20640, 22550, 25630, 27140, 28830,COMIT Angoli Annuali 2018 1076, 1151, 1187, 1367, 1445, 1460,1606

Angoli Mensili Luglio 19950, 21400, 21950, 23180, 23820, 24400Angoli Settimanali: 20700, 21480, 21800, 22250,22660Angoli Giornalieri 21778, 21964, 22064, 22114,22212

I commenti giornalieri sull’articolo riguardante i Setup e gli Angoli di Gann saranno sempre disabilitati e continuerano sempre colo unico settimanale

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Economia

Cos’è un monopolio: il caso del petrolio

Author: Ivan Invernizzi Rete MMT

Il concetto di monopolio è fondamentale per capire la MMT, che non è solo politica monetaria. Per comprenderne meglio il significato di monopolista può essere utile una sintesi scritta da Ivan Invernizzi di un’intervista fatta a Warren Mosler nel 2014, dove Mosler spiega come il monopolista può agire in un settore economico mondiale per determinare il prezzo della risorsa petrolio e attuare specifiche strategie economiche e politiche.

(La Redazione)


Il meccanismo di prezzamento del greggio segue le scelte strategiche di un solo produttore e non è attualmente determinato dal mercato, come molti invece pensano.

L’economista che ha elaborato il nucleo teorico della MMT, oltre a maturare la sua profonda comprensione del funzionamento delle valute, in quarant’anni di esperienza nei mercati internazionali è venuto a contatto anche con le dinamiche che muovono l’economia reale. Tra queste, le dinamiche legate al greggio.

Nel 2014 Warren Mosler illustrò le dinamiche, le strutture e i rapporti di forza di questo mercato, strategico sia dal punto di vista economico sia da quello geopolitico, spiegando una realtà lontana da quella spesso narrata dagli opinionisti.

Di seguito una sintesi della sua spiegazione.

Il punto di partenza da cui leggere il mercato del greggio

Al mondo, tutti i produttori sfruttano appieno la loro capacità produttiva. Cercano di vendere più petrolio possibile al prezzo di mercato. Solo uno adotta una politica opposta, imponendo il prezzo al mercato e lasciando che questo determini la quantità venduta: l’Arabia Saudita.

Il mondo consuma 83-85 milioni di barili di petrolio al giorno e, mediamente, i produttori mondiali, esclusa l’Arabia Saudita, non riescono a fornirne più di 75. I Sauditi forniscono questi 8-10 milioni di barili di domanda residua che il mondo non può reperire da nessun’altra parte.
Ogni giorno il mondo può fare una scelta: rimanere a corto di 8-10 milioni di barili o accettare il prezzo fissato dal “monopolista marginale”, l’Arabia Saudita.

L’Arabia Saudita fissa il prezzo e lascia che la quantità venduta si aggiusti. Per fare un esempio, è come se in un mercato di arance l’unico fruttivendolo rimasto con un carico di arance ancora a disposizione fissasse, accettando anche di non venderle tutte, il prezzo di vendita.

Se l’Arabia Saudita cercasse di sfruttare tutta la sua capacità produttiva, come fanno tutti, il meccanismo di determinazione del prezzo del petrolio sarebbe molto diverso e la dinamica qui descritta risulterebbe alterata.

Il punto che rende la questione difficile da decifrare è che il prezzo viene fissato indirettamente: i Sauditi non fissano direttamente il prezzo del petrolio che vendono, ma il suo sconto, la differenza di prezzo rispetto al prezzo della qualità di petrolio di riferimento, il Brent (estratto in Scozia, nel Mare del Nord).

Fissando lo sconto rispetto alla qualità di petrolio di riferimento e offrendo, a tale prezzo, qualsiasi quantità domandata, la domanda di petrolio per i produttori scozzesi calerà fino a far arrivare il prezzo del Brent al punto in cui lo sconto, la differenza stabilita dai Sauditi tra il Brent e il petrolio saudita, vada a determinare due prezzi, per i due diversi tipi di greggio, che riflettono le diverse qualità dei prodotti. In termini economici, finché i prezzi nominali non riflettono i valori relativi delle due merci.

Fissando lo sconto, i Sauditi fissano indirettamente il prezzo del Brent e, dunque, di tutti i tipi di petrolio. Compreso il loro.

La situazione potrà rimanere tale finché esisterà capacità produttiva inutilizzata in Arabia Saudita, ovvero finché i Sauditi estrarranno a un ritmo inferiore a quello a cui tecnicamente potrebbero portarsi.

Questo meccanismo non è messo a fuoco dalla stragrande maggioranza degli analisti, che spesso parlano del mercato del petrolio utilizzando modelli concorrenziali. Modelli che con questo mercato non hanno niente a che fare.

Funziona come descritto nel breve periodo, perché nel breve periodo il consumo di petrolio non può espandersi più di tanto. Se però l’Arabia Saudita dovesse mantenere basso il prezzo del petrolio per molto tempo e la domanda di petrolio dovesse aumentare oltre la sua capacità produttiva, allora a quel punto essa perderebbe il controllo del prezzo.

Ma perché fissare il tasso di sconto rispetto al prezzo degli altri produttori piuttosto che fissare esplicitamente il prezzo? Perché questo meccanismo indiretto è sufficiente a ingannare il mondo.

Una lettura dello scenario recente

La geopolitica ha da sempre un ruolo centrale nelle decisioni riguardanti la decisione dell’Arabia sullo sconto del suo petrolio. Tuttavia non si può mai sapere quale ruolo stia giocando con certezza, se non dopo i fatti.

Quello che probabilmente è successo negli anni 2013-2014, con la diminuzione del prezzo del petrolio, è stato che gli Arabi volevano far andare in bancarotta tutti quei nuovi giacimenti costruiti negli USA. Fissando un prezzo che questi produttori non possono supportare, infliggendo abbastanza pena per un tempo sufficiente a convincere gli investitori che quello del petrolio americano è un settore troppo rischioso.

Il ruolo delle dinamiche del mercato del greggio nel contesto geopolitico ed economico internazionale è un elemento che va combinato alla chiave di lettura del funzionamento della valuta. Ci aiuta a capire la situazione economica di quei Paesi che, pur possedendo una risorsa reale preziosa, come il petrolio, sono oggi in una situazione critica, come il Venezuela.

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Economia

Neo PROTEZIONISMO: un assist per una futura STAGFLAZIONE

Parte il neo protezionismo. Parte la guerra commerciale. Parte quello che da tutti era temuta e che si sperava non diventasse mai realtà: la politica dei dazi doganali.Si, perché i dazi sarebbero l’ascensore che velocizza tutto il percorso che vi ho spiegato prima, nel post precedente, ovvero il detonatore che innesta alla frenata economica e poi alla recessione. Un passo che porterebbe ad una bestia tanto temuta quanto difficile da gestire, ovvero la STAGFLAZIONE. Immaginatevi le conseguenze sui mercati che non potranno continuare ad ignorare la realtà.

Il FMI ha fatto delle stime che io prendo per buone. Una tariffa del 10% sul commercio di beni USA, comporterebbe un aumento dell’inflazione di circa lo 0,7%. Quindi inflazione in aumento ma non per crescita commerciale, visto che le previsioni sono quantomeno di una frenata degli utili del 2.5%, con effetti quindi sui relativi multipli azionari e sui corsi delle azioni stesse.

Gli effetti sul mercato dell’equity dovrebbe aggirarsi su un 20%. Una percentuale quantomai teorica perché calcolata con le logiche del “fair value”. Ma con la finanza passiva così presente, come possiamo pensare che ci limiteremo a tali numeri?E il risparmiatore? Si rivedrebbe riportato indietro di diversi anni, con perdite da recuperare chissà quando (visto che siamo a fine ciclo).

Il grafico che ci propone Pictet AM ci illustra quali sono i paesi che dovrebbero subire un maggiore impatto d una guerra commerciale (e quindi con un economia più sensibile in negativo ai dazi). Come vedete ci sono paesi come Taiwan che si troverebbero in forte difficoltà. Con aziende quotate anche a Wall Street

Ma qui abbiamo ragionato sui singoli dazi USA. Ovvio che gli altri governi non staranno, immobili, a subire in silenzio. Morale: rischia di essere la guerra dei poveri. O meglio, dei nuovi poveri, visto che il protezionismo potrà solo peggiorare, e di molto, la situazione macroeconomica globale.

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Danilo DT

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Neo PROTEZIONISMO: un assist per una futura STAGFLAZIONE, 10.0 out of 10 based on 1 rating Author: Finanza.com

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Resignations Rock UK Parliament


Resignations rock the UK parliament as 3 officials resign over Theresa May’s handling of Brexit; Afhsin Rattansi breaks it down with us. Jobs numbers are looking good for June; Steve Malzberg gives us his thoughts. The Farm Bill is stuck after some senators raise voices over more agriculture trade with Cuba; John Kavulich gives us his insight. Tariffs went into full effect on the 6th of July, but what has been the effect on agriculture, specifically soybeans? HIS Markit expert Ryland Maltsbarger gives us the inside scoop. All this and more on Boom Bust! [1114] Follow us on Twitter:
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