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Economia

IL VASO DI PANDORA: la scoperta di quanto era già noto

Author: Danilo DT Finanza.com Blog Network Posts

Il flash crash che ha colpito i mercati finanziari ha riempito di paura gli investitori che si vedono traghettare dalla Goldilocks Economy alla Relative Economy. Le motivazioni erano per i lettori di I&M già note. Ma ora anche i media tradizionali se ne rendono conto.

Quindi oggi sul Sole24Ore finalmente scopriamo l’acqua calda. Nessuna polemica, ma semplicemente una presa di coscienza che anche i giornali (benchè specialistici essendo il Sole24Ore il giornale i finanza principale in Italia) iniziano a parlare di tutto quanto abbiamo detto fino ad ora.
Segno che dobbiamo “voltare pagina” ed andare oltre.
Quindi quanto scrive il pur sempre ottimo Morya Longo non ci sconvolge il sonno perché per noi sono cose arcinote. Un ripassino non ci fa male di certo.

L’aspetto più interessante del flash-crash avvenuto sulle Borse mondiali a inizio febbraio è la reazione di economisti, analisti e investitori. Tanti di loro si sono affrettati a commentare che l’economia mondiale resta solida e che dunque le Borse possono tornare a crescere. Questo è vero. Però proprio il flash-crash ha dimostrato che la turbolenza può non nascere da motivi economici (questi possono anche essere anche solo pretesti), ma dagli squilibri che si trovano nei meccanismi interni dei mercati finanziari. Algoritmi, strategie d’investimento particolarmente aggressive, scommesse in massa su parametri come la volatilità. Speculazioni. E non solo. (…)

Ecco fatto, la nostra teoria, ampiamente provata da quintali di numeri che ho snocciolato negli ultimi mesi, viene perfettamente descritta da chi è giornalista di professione e che quindi ha capacità dialettiche ben migliori rispetto alle mie.

(…) Come moderne giraffe 2.0, tanti investitori hanno “allungato il collo” per andare a cercare rendimenti e profitti finanziari dove prima nessuno arrivava. (…) Si tratta di strategie remunerative, certo, ma con possibili rischi nascosti. Rischi nuovi, per cui spesso sottovalutati. (…) Ecco, in questa inchiesta, i 5 lati oscuri della finanza. Uno ad uno. (…)

Direi che non fa una grinza, fino ad ora.

VIX: Il caso dell’indice Vix che misura la volatilità di Wall Street, solitamente chiamato indice “della paura”, è l’unico “baco” già emerso. (…) A trarre tutti in inganno era il fatto che il Vix fosse molto basso e dunque segnalasse bassa “paura”: questo ha favorito l’esposizione sui mercati azionari e le speculazioni sul Vix stesso. Il realtà il Vix non era basso perché i rischi erano assenti, ma perché tutte queste strategie stavano creando una bolla proprio sul Vix. Insomma: un rischio nuovo è stato confuso per un non-rischio. (…)

Grafico VIX by Tradingview

Esatto, un VIX artificiosamente compresso verso il basso dal sistema. Il motivo era chiaro: mantenere lo status quo, evitando la volatilità che sarebbe diventata destabilizzante. Un mercato che quindi sembrava il migliore dei mondi possibili (Goldilocks Economy) dove la crescita era lenta ma costante e pian pianino si continuava a generare ricchezza artificiale. Ma era ovvio, sui mercati non esistono pasti gratis ed un bel giorno qualcuno avrebbe presentato il conto. Siamo saliti con una scala mobile, siamo scesi in stile Bungee Jumping. Inoltre ve lo ribadisco per l’ennesima volta, e cercate di assimilarlo perché è importante. Il mondo della finanza oggi è molto legato alla volatilità e alla gestione del rischio. Il numero di fondi, prodotti finanziari, gestioni che sono basati su questi principi sono innumerevoli. Se il VIX si stabilizzerà in area 30 (da area 10 a cui eravamo abituati) comporterà l’OBBLIGO a chi gestisce questi prodotti, umano o software che sia, a diminuirne l’esposizione sul rischio, quindi nuovo sell off su equity, high yield, titoli a spread ecc.

CORRELAZIONI: (…) un tempo era molto probabile che quando i mercati azionari andavano bene soffrivano quelli obbligazionari. (…) Dopo la crisi tutto è invece cambiato: negli ultimi anni, grazie all’abbondante liquidità, hanno guadagnato azioni, obbligazioni, Paesi emergenti, titoli di Stato. Settori tradizionalmente decorrelati, sono diventati correlati. Si pensi che nel 2017 nessun’asset class ha chiuso l’anno in perdita. (…)

Eccolo qui, il mercato UNIDIREZIONALE di cui tanto abbiamo parlato. Finalmente state iniziando a capire che il problema numero uno sarà difendere il patrimonio? In altri termini, se quando l’equity corregge ci ritroviamo con i bond che seguono a ruota, cosa difenderà il capitale? Chiedete al vostro consulente di fiducia, vedete che vi risponde. Come potete capire, queste nuove correlazioni hanno fatto saltare la cosiddetta filosofia della DIVERSIFICAZIONE, che una volta poteva proteggere,, ma ora non più. Semplicemente occorre cambiare strategia.

ILLIQUIDITA’: (…) Paradossalmente nel periodo delle grandi iniezioni di denaro da parte delle banche centrali, grandi fette di mercato sono diventate illiquide: è cioè difficile vendere titoli quando ce n’è bisogno. Questo perché le regole partorite dopo la crisi del 2008 hanno costretto le grandi banche d’affari a non svolgere più il ruolo di “garanti” della liquidabilità: un tempo erano loro i grandi «market maker», ora molto meno. Negli anni del boom di emissioni di bond, i mercati secondari sono dunque andati in “secca”. (…)

Fate MOLTA ATTENZIONE quando sottoscrivete degli investimenti. Molti prodotti, oggi, sono confezionati con sottostanti che apparentemente sembrano “sexy” con rendimenti interessanti. In realtà nascondono un palese rischio illiquidità. Il 2008 ha insegnato molto, ma come sempre l’investitore ed il mercato (cannibale di commissioni) non recepiscono la lezione. E quello che più mi preoccupa è che molte fette di mercato potenzialmente a “rischio illiquidità” è in mano a prodotti passivi (ETF). Motivo? Essendo passivi sono comandati da un software che in determinate condizioni, in modo “bovino”, opera senza guardare in faccia nessuno. Se per esempio un ETF sui “leveraged loans” o su titoli “high yield” dovesse muoversi massicciamente in un mercato illiquido, sapete che succede? Beh, il 2008 insegna… Citofonare ABS.

BOND MATUSALEMME: (…) Il concetto è intuitivo: se una società emette un bond che scade tra tre anni l’investitore rischia poco, ma se emette un titolo che scade tra 50 anni il pericolo che qualcosa vada storto è più elevato. Così in questi anni distorti, dove contava più racimolare rendimenti che stare attenti ai rischi, gli investitori hanno comprato grandi quantità di obbligazioni “Matusalemme”. (…)

Ve l’abbiamo detto in tutte le salse, questi BOND sono un business per chi li emette e non per chi li compra anche perché spesso si tratta di emittenti che avevano fame di capitali e che volevano sfruttare la possibilità di pagare interessi bassi per scadenze lunghissima. Ma l’ingordo investitore, questi rischi, spesso non li VUOLE proprio capire. Ovviamente questi bond, oggi sono i più volatili ed i più pericolosi. Inutile piangere sul latte versato. Se li avete in portafoglio fatevi un esame di coscienza e VALUTATE con attenzione che fare. Ricordate i tanti post, i tanti grafici ed i tanti discorsi fatti nei video di TRENDS sull’argomento? Spero siano serviti a qualcosa.

ALGORITMI: Ormai il 66% degli scambi azionari in Borsa è fatto da algoritmi. Cioè da computer che vendono e comprano azioni in autonomia, seguendo complessi calcoli matematici. Il «flash-crash» ha però mostrato che anche queste macchine, apparentemente perfette, possono prendere cantonate. E far scattare vendite automatiche molto velocemente. Il motivo è che gli algoritmi basano i calcoli su serie storiche di dati, sovrappesando però quelli più recenti. (…)

Evviva! Finalmente lo avete capito! Immane liquidità presente sui mercati, generata dalle banche centrali. Soldi che non si sanno come e dove investirli. Delega a prodotti a gestione passiva o legata alla volatilità che quindi hanno generato una mega colossale bolla. Ma proprio quei prodotti continuano ad avere un’esposizione sui mercati estremamente importante.

CONCLUSIONE: adesso si sta iniziano a prendere coscienza del mostro che la finanza ha generato. Se pensavate quindi che la correzione di questi giorni sia la “soluzione” ed abbia messo le basi per una ripartenza, beh, credo sia illusorio. Anche perché, come leggerete nel prossimo post, qualche problemino chi ogi è in “cabina di regia” potrebbe avercelo…

STAY TUNED!

Danilo DT

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Economia

Terrorismo in stazione: arrivano i contatori del debito pubblico

Author: Redazione Rete MMT

All’appello degli strumenti del terrorismo economico mancavano i maxischermi a led che ricordano ai passanti l’entità del debito pubblico. Ora ci sono anche quelli. Ieri l’Ansa ha rilanciato l’ultima iniziativa dell’Istituto Bruno Leoni: nelle stazioni di Milano Centrale, di Roma Termini e di Roma Tiburtina alcuni maxischermi a led segnaleranno ai passanti la crescita del debito pubblico. La campagna “ogni promessa è debito” proseguirà sino alle elezioni (e questo non è un caso…). La think-tank italiana, che promuove il pensiero di Milton Friedman, sa ciò che il semplice cittadino ignora: per smantellare lo Stato bisogna puntare ai tagli alla spesa pubblica.

Ma per far digerire ciò che normalmente sarebbe odiato, come una qualità di vita peggiore del passato (meno servizi, meno reddito, meno risparmio) è necessario far credere che esiste un mostro, il debito pubblico, che diventa ogni giorno più grande. Anche quando non lo vedi. E tu, passante che vai veloce alla stazione per raggiungere un treno o per correre in ufficio, non potrai non vedere quel mostro che lampeggia nel maxischermo a led. “Ogni promessa è debito” è lo slogan della campagna. Chi chiederebbe ai politici di impegnarsi per fare maggiori investimenti, incrementare i servizi pubblici, aumentare le assunzioni statali e così via pur sapendo che la spesa pubblica alimenta un mostro che incombe sulle future generazioni? Nel suo genere, quello del terrorismo mediatico, è uno slogan che può funzionare.

Ma quel mostro non esiste.

Che tu sia un pendolare abituale, un turista fugace, uno studente che torna a casa, puoi camminare sereno nella stazione. Il debito pubblico dello Stato non è un problema, anzi. È un numero che misura ciò che lo Stato ha creato per te, compresa la stazione in cui ti trovi. Il problema è un altro: il monopolista della valuta è in grado di acquistare con la sua valuta tutto ciò che serve per garantire un futuro sereno alla collettività. Non alimenta né mostri né debiti sulle spalle delle future generazioni. È un problema invece per gli Stati che non sono monopolisti della valuta. Ma questo, i maxischermi a led dell’Istituto Bruno Leoni non lo raccontano…

E se vuoi saperne di più:

Debito pubblico nazionale: perché preoccuparsi per qualcosa che non esiste?

I nostri figli pagheranno la mancanza di debito pubblico

Il debito pubblico e il futuro dei nostri figli

ME/MMT: la valuta come monopolio pubblico

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Economia

ITALIA: tra debito e politica,il momento è STRAORDINARIAMENTE delicato

Author: Danilo DT Finanza.com Blog Network Posts

Purtroppo, per i ben noti problemi di salute che mi so tirando dietro, non mi è stato possibile presenziare all’annuale meeting Assiom Forex che quest’anno è stato svolto a Verona.
Tra i tanti interventi, mi è capitato di seguire (via web) soprattutto quello di Ignazio Visco, il Governatore della Banca d’Italia. E soprattutto una cosa mi è rimasta ben impressa. Anzi, più che una cosa, una parola: RIFORME.
Ho perso il conto di quante volte l’ha pronunciata.
Non credo sia un caso soprattutto in questo periodo elettorale dove i vari partiti fanno a gara a “chi la spara più grossa”. Ma se notate, di riforme VERE…qualcuno parla?

Anche perché il nuovo esecutivo avrà un bel problema da affrontare: la gestione del debito pubblico. Ed annesso al problema del debito, possiamo poi trovare quello dei servizi pubblici, gli investimenti che occorrerà mettere in piedi più la manutenzione dei miglioramenti di tanti servizi basilari. Dalle strade fino alla sanità.
Sentite che ha detto Visco:

(…) Il Governatore, dunque, ha indicato anche cosa cambiare e ha ammonito: un aumento del disavanzo pubblico non può sostituirsi alle riforme; rischierebbe di essere controproducente. “Anche senza i vincoli del Patto di stabilità – ha spiegato – resta per noi l’esigenza di compiere scelte responsabili”. In primo luogo perché abbiamo una montagna di debito e poi perché l’Italia cresce ancora troppo poco rispetto agli altri paesi europei (1,5% previsto quest’anno è ancora inferiore alla media). (…) [Source

Con queste poche parole, Visco ha sintetizzato il problema e tutte le sue sfaccettature. Il debito lo puoi abbattere eventualmente con la crescita economica. Ma noi tutti sappiamo quanto è anemica e quindi insufficiente. Solamente fare deficit per fare crescere il Paese non è certo la soluzione giusta.

Signori, occorre essere realisti. La locomotiva della ripresa è la domanda estera, gli ingranaggi fondamentali sono le imprese esportatrici. Lo scenario nel quale si svolge la nostra commedia domestica è l’economia mondiale. Inutile chiudersi in ragionamenti campanilistici. Ci dobbiamo confrontare con il mondo e competere con esso. E se il mondo ha tante incognite che in generale preoccupano (pensate all’arrivo della volatilità sui mercati oppure l’incertezza politica in paesi come USA o persino Germania, dove si sta cercando proprio in questi giorni di mettere in piedi una coalizione), noi abbiamo anche di peggio.

Tanto per cominciare le nostre elezioni politiche di marzo e poi, come detto la gestione del debito soprattutto in virtù del cambio di “mood” da parte della BCE che progressivamente limiterà gli acquisti. Il mercato ha bisogno di capire QUANTO si può fidare dell’Italia una volta che il QE Europeo uscirà con la scritta “Game Over”.

Ma attenzione: quanto ha fatto capire Visco a Verona non finisce qui. C’è un secondo importante ragionamento che occorre fare. Visco a Verona “attacca” un provvedimento che la «nuova» Europa, ignorando la frenata del Comitato di Basilea, sta vagliando sulla base di un recente dogma: le banche non devono essere contagiate dai rischi dei debiti sovrani.

(…) «Modifiche del trattamento prudenziale dei titoli di Stato detenuti dalle banche, soprattutto se mal disegnate o mal calibrate, rischiano di essere controproducenti», ha detto ieri al Forex il Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco. Aggiungendo che «in momenti di tensione a livello internazionale, esse possono finire col generare le crisi che vorrebbero evitare, innescando fenomeni di contagio finanziario o alimentando movimenti speculativi». Attualmente il valore dei titoli di Stato italiani in portafoglio alle banche italiane è pari a 324 miliardi, al livello minimo da cinque anni e mezzo. (…) [Source] 

Ve lo spiego in altri termini. Si vuol evitare che una crisi del debito nazionale possa influire negativamente sulla solidità di una banca, soprattutto se di peso sistemico. Ha senso progettare che le banche italiane (ed europee) azzerino l’esposizione in Titoli di stato o accettino che l’esposizione ai titoli pubblici sia condizionata a una ponderazione sul capitale, equiparando il rischio di credito al rischio sovrano? Ammettere questa tesi vorrebbe dire che in Europa c’è davvero chi punta alla ristrutturazione del debito italiano, come avvenuto in modo «controllato» (con la precedente salvaguardia delle banche tedesche e francesi) col debito greco.

Immaginatevi cosa comporterebbe per le banche un tale atteggiamento, ma non solo. Immaginate che tutto questo sia appunto propedeutico alla volontà di Bruxelles di arrivare ad una fantomatica ristrutturazione del debito. OK, le banche dovranno vendere ed avere un’esposizione limitata in BTP. A a quel punto…a chi rimarrà il cerino in mano? Solo i privati? E le polizze assicurative? Immaginate le famose Ramo I “capitale garantito”… E la BCE quali effetti avrà da tale ristrutturazione? Ne verrà esclusa proprio come nel caso della Grecia?

La vedo veramente complicata da gestire, ma nulla si può escludere. L’Unica grande certezza continua ad essere la necessità di sedersi ad un tavolino con tutti gli altri membri dell’Europa e riscrivere i Trattati. E se mai si arriverà a questo tavolino, bisognerà arrivarci in modo DIGNITOSO, avendo mantenuto gli impegni presi in passato come gestione del bilancio e del debito. Se arriveremo sena aver fatto quanto dovevamo, partiremo già svantaggiati. E di questo sarà protagonista il Nuovo Governo. Ecco perché rischia di essere drammaticamente importante. Ma proprio questi potenziali nuovi governanti, cosa ci stanno dicendo in merito in campagna elettorale? Il nulla. Meglio spararle grosse, come il miglio Cetto Laqualunque…

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Danilo DT

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Economia

What Money Can’t Buy Trailer (2018)


What Money Can’t Buy is a six-part series exploring the role of money and morals in today’s world. Should you be able to sell your kidney? Should we auction off the right to immigrate? What about paying people to vote? Is there anything wrong with profiting from a stranger’s death? What about scalping tickets to a rock concert — or to a doctor’s appointment? Harvard Professor Michael Sandel leads twelve exceptional college students from around the world in asking where markets serve the public good, and where they don’t belong. What, if anything, is wrong with a world in which everything is for sale? Insights from experts like former Treasury Secretary Larry Summers and Nobel Laureate Joseph Stiglitz pepper the emotional debates, which are alternately heated and humorous. Join us as we look inside ourselves to see what kind of society we truly are, and begin to define what kind of society we hope to be. http://www.whatmoneycantbuy.org

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Economia

WALL STREET: è guerra tra Large Traders e Commercials!

Author: Lukas Finanza.com Blog Network Posts

wall-street-fear-index

Quanto si era visto nell’ultimo COT Report, lo aveva previsto e puntualmente è capitato. Movimento correttivo importante e adesso ci troviamo con due fazioni a confronto: I commercial che hanno in mano previsioni di utili pari a +20% che vogliono le azioni dei Large Traders. Analisi del COT report prodotto dal CFTC [Guest post]

Cari amici, nell’ottava appena trascorsa, i timori da me espressi 7 giorni orsono, circa un ritorno in grande stile  della volatilità, hanno trovato piena conferma. La volatilità era rimasta anormalmente compressa per quasi due anni. Era quindi molto probabile attendersi un suo fragoroso ritorno sulla scena. La stessa infatti fa parte integrante, anzi costituisce l’essenza stessa, il tratto peculiare, dei mercati finanziari. Anormale pertanto non è la sua presenza, bensì la sua eventuale assenza. I mercati infatti altro non riflettono se non i labili e cangianti sentimenti della psicologia umana. Anche in questa occasione, molti però sembrano dimenticarlo, e ne traggono considerazioni d’ordine economico del tutto prive di fondamento.

Dopo due anni di ininterrotti rialzi, sono infatti bastate due settimane di turbolenza , per ridar fiato alle trombe di chi, da anni ormai, prefigura una nuova devastante crisi dell’economia, ed il conseguente crollo dei mercati finanziari internazionali. Credo che anche questa volta le loro nichilistiche previsioni saranno fragorosamente smentite.

Lo scenario intermarket, già da alcune settimane, annunciava in vari modi un probabile ritorno di volatilità sui  mercati finanziari internazionali. Il primo mercato ad esserne stato investito era stato quello valutario. Il dollar index, infatti, negli ultimi 12 mesi, ha progressivamente perso oltre il.10 % del suo valore. Debolezza, quella del dollaro, frutto dei nuovi orientamenti di politica economica perseguiti dall’Amministrazione Trump.
Debolezza che ha creato problemi sia in Europa che in Asia, causati dai rapporti di cambio divenuti man mano molto onerosi ed elevati. La svalutazione del dollaro avrebbe dovuto favorire una marcata rivalutazione delle commodities, che invece non c’è stata. Il crude oil quota infatti ancora sotto i 60 dollari al barile, e l’oro poco sopra i 1300 dollari l’oncia. In realtà nell’ultimo anno le commodities, in termini reali, ossia al netto delle svalutazioni subite dal dollaro, hanno perso il 13,4 % del loro valore. Nonostante ciò in molti parlano di un imminente ritorno sulla scena dell’inflazione. Ritorno, del tutto immaginario, che dovrebbe conseguentemente far lievitare i tassi ed i rendimenti del mercato obbligazionario.

Ma di cosa si parla ? Rammento, infatti, che nonostante i recenti rialzi, i rendimenti del bond decennale Usa sono oggi poco più dell’1 % sopra ai loro minimi storici. Tassi così bassi non ci sono mai stati nella storia. Il crollo pluriennale degli stessi è infatti frutto di potentissimi fattori deflazionistici, ancora tutti ben vivi e vegeti. L’inflazione è in realtà ormai uno spettro, un vero e proprio fantasma sulla scena economica internazionale. Il vero pericolo, contro il quale ancor oggi si combatte è la deflazione non l’inflazione. Ma si sa che “non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere “.
Un’evidente dissonanza cognitiva alimentata negli ultimi giorni dall’incremento annuo, pari al 2,9 % ( sic ! ), dei salari Usa. Sulla base di tale misunderstanding, si prefigura anche un imminente crollo dei mercati azionari. La convulsa correzione di questi giorni sembra dar fiato alle loro tesi. Tesi che non hanno, a mio avviso, fondamento alcuno, i costi dei maggiori fattori produttivi, seppur in lieve rialzo, rimangono infatti ancora molto contenuti. Non a caso le ultime stime parlano di un incremento monstre ( + 19,6 % ) per gli utili annuali delle aziende Usa. Fra qualche settimana, passata la salutare buriana, le ragioni che alimentano da anni quest’ormai storico bull market riprenderanno, quindi, di nuovo ed inevitabilmente, il sopravvento, ed i mercati azionari proseguiranno nella loro irresistibile ascesa.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 112.880
Large Traders : + 104.772
Small Traders : + 8.108

Si conferma, pertanto, la nuova volatile configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. In quest’ultima ottava registriamo, tuttavia, variazioni ancora significative nelle posizioni dei diversi operatori, pari a 15.114 contratti. In particolare, ed era inevitabile, sono gli Small Traders, a prender per primi paura ed a cedere l’intero lotto dei 15.114 contratti long. Ciononostante restano ancora, seppur di misura, in condizione Net Long. I Large Traders, invece non si arrendono, anzi acquistano la gran parte del lotto, ossia 14.027 contratti long, ed incrementano ai valori massimi degli ultimi anni la loro posizione Net Long. I Commercial Traders, invece, per ora non intervengono, acquistano infatti, solo i residui 907 contratti long, e permangono in una massiccia ed esasperata posizione di copertura, Net Short. Le movimentazioni di quest’ultima settimana ci dicono che lo scontro titanico tra Commercial e Large traders è ancora in corso, anzi forse siamo ancora all’inizio dello stesso. I potenti Commercial Traders, con gli utili aziendali previsti in crescita di quasi il 20 %, vogliono infatti una buona parte dei titoli azionari oggi detenuti dai Large Traders, che invece non vogliono darglieli. Altro che crollo dei mercati. Da ciò lo scontro e la conseguente esasperata volatilità che osserviamo in questi giorni. Per ora i Large non sembrano avere alcuna intenzione di assecondare i voleri dei Commercial, anzi hanno ulteriormente incrementato i loro acquisti. Da ciò desumo che anche nella prossima ottava registreremo un’elevata volatilità sui mercati azionari Usa. Alla fine però, di fronte a nuove cadute delle quotazioni, saranno costretti a cedere, e solo allora ritornerà la calma. I mercati, per chi ancora non lo sapesse, sono sempre stati determinati dai voleri delle “ Mani Forti “. Nei mercati azionari le mani forti sono i Commercial Traders, ossia le grandi bance d’affari Usa. In attesa che lo scontro si risolva è saggio restare a bordo ring ed attendere che lo stesso abbia termine.

Futuro prossimo che si prospetta, quindi, ancora altamente volatile per i mercati azionari, che cercherò, comunque di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi e nelle ricerche dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. In questo inizio d’anno, il mio portafoglio, denominato “ Azioni Italia – LTM “, ha conseguito una performance positiva, pari al + 2,46 %. Performance superiore a quella realizzata dal Ftse All Share, pari nel contempo al + 0,86 %. Una sovra- performance dell’1,60 %, che in questo particolare frangente conferma la bontà del mio approccio operativo, che negli ultimi 5 anni ha conseguito una sovra-performance media annua pari al 16 %. Ciò premesso, in coerenza con l’analisi sopra esposta, questa settimana muto ulteriormente l’assetto strategico del mio portafoglio, riduco cioè dal 65 al 50 % le mie posizioni long ed innalzo dal 35 al 50 % le mie posizioni short, assumendo di conseguenza una posizione di attesa e neutra per il mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

Lukas

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