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Economia

I flussi del Tfr: in maggioranza rimane in azienda

Author: clinguella@finanza Finanza.com Blog Network Posts

Due sono gli elementi legislativi dello scorso anno che avranno ripercussioni sulla previdenza complementare, il primo più che il secondo:
1 – la legge sul mercato e la concorrenza, legge 124/2017 comma 39 e segg che ridisciplina la quantità dell’apporto del tfr alla complementare;
2 – la legge di bilancio 2018, legge 205/17 che ha soppresso Fondinps.

Il Trattamento di fine rapporto come sappiamo, è una somma di denaro corrisposta al dipendente alla risoluzione del rapporto di lavoro dopo un servizio pari ad almeno 15 giorni continuativi nel mese, regolato dall’art . 2120 del codice civile ed esteso al settore pubblico con l’Accordo quadro Aran – Sindacati 29/07/1999 e dal Dpcm 20 dicembre 1999.
Nel settore pubblico riguarda i dipendenti assunti a decorrere dal 1°/1/2001.
E’ costituito da accantonamenti annui di quote del 6,91% della retribuzione utile. Gli accantonamenti vengono annualmente contabilizzati e rivalutati dell’1,5% in misura fissa e del 75% dell’ inflazione.
Per effetto della normativa attualmente in vigore, al lavoratore dipendente del settore privato e fra breve anche per i lavoratori pubblici ci sono diverse opzioni riguardo alla destinazione delle quote maturande di Trattamento di fine rapporto (TFR):
– far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità tacita. Se entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore non ha effettuato alcuna scelta, il datore di lavoro fa confluire il TFR maturando alla forma previdenziale collettiva di riferimento o, in mancanza di questa, a FONDINPS, ora soppresso con la legge di bilancio 2018 ( comma 173 e segg);
– far confluire il TFR, in tutto o in parte a una forma di previdenza complementare con modalità esplicita. Il lavoratore può decidere di versare il proprio TFR alla forma previdenziale da lui stesso designata investendo, oltre al TFR maturando,
anche la quota di contribuzione aggiuntiva (propria e eventualmente del datore di lavoro) che sarà interamente deducibile dal reddito complessivo entro la soglia annua di 5.164,57 euro;
– mantenere il regime del TFR con modalità esplicita: accantonandolo presso l’azienda di appartenenza nel caso quest’ultima abbia meno di 50 dipendenti ovvero, nell’ipotesi di un numero di dipendenti pari o superiore a 50, destinandolo al Fondo di Tesoreria;
– ricevere il TFR in busta paga mensilmente con modalità esplicita, la scelta è irrevocabile dalla data di opzione fino al 30 giugno 2018. Questa scelta poteva essere effettuata anche per coloro che lo avevano destinato ad un fondo pensione.


Il flusso complessivo di TFR generato nel sistema produttivo può essere stimato in circa 24,9 miliardi di euro; di questi, 13,7 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende, del rimanente 11,2, 5,5 miliardi versati alla previdenza complementare e 5,6 miliardi destinati al Fondo di Tesoreria, 0,1 a Fondinps ( dati 2014). Dall’avvio della riforma, la ripartizione delle quote di TFR generate dal sistema produttivo fra i diversi utilizzi è rimasta pressoché costante: circa il 55 per cento dei flussi resta accantonato in azienda, un quinto del TFR viene annualmente versato ai fondi di previdenza complementare quasi un altrettanto quindoe viene indirizzato al Fondo di Tesoreria e il il residuo a Fondinps.
Per quanto riguarda la possibilità di avere le quote di TFR in busta paga (cosiddetta Quota integrativa della retribuzione o Qu.I.R.), facoltà concessa dalla Legge 190/2014, Legge di Stabilità 2015), l’adesione è stata di entità marginale (meno dell’1 per cento della platea potenziale).
Se una parte del 13 miliardi rimasti in azienda fossero impiegati nella previdenza complementare i benefici sarebbero rilevanti, sia per i diretti interessati, gli iscritti ai fondi, sia per l’economia italiana in quanto potenzialmente utilizzabili per investimenti infrastrutturali italiani, perché a questo si pensa quando si parla di effettuare investimenti dell’economia reale.
Senonchè si dovrebbe pensare a ulteriori misure compensative per le PMI che sono ancora in difficoltà nel reperire finanziamenti sui mercati finanziari, anche attraverso i Pir. Il tfr è ancora la forma di autofinanziamento più sicura che è favorita dalla tendenza univoca è che il lavoratore italiano comunque tende a tenersi stretto il proprio tfr. Fra le diverse opzioni pensionistiche che vorrebbe ottenere approfittando delle prossime elezioni  è un ritorno ad un  sistema se non prorpio retributivo, più solidaristica ( cioè meno legato ai soli contributi previdenziali versati)  con degli addolcimenti sul versante del calcolo e sugli innalzamenti dei limiti di età. Quando si parla di pensione di garanzia e flessibilità in uscita è ovvio che si parla di questi due elementi.
Poiché comunque non tutto si può fare, in presenza di limiti oggetiivi di bilancio attuale e di sostenibilità futura, ma consapevole di questa predilezione il legislatore è intervenuto nuovamente sulla destinazione del tfr.
Infatti la legge 124/2017 consente ad ogni singolo lavoratore di poter aderire alla complementare non con tutto il tfr come avviene oggi, ma potendo scegliere di versarne una parte, tutto o niente del proprio trattamento di fine rapporto maturando ed anche quello maturato in precedenza.                                                                                          Naturalmente meno si versa e meno si accumula.

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Economia

[998] Minority Gains, A 50 Year Look


Correspondent Ashlee Banks joins us as we examine the gains minorities have made in the 50 years since the death of Martin Luther King, Jr. Melissa Armo joins us from New York as she dissects the latest moves from Walmart and the retail world with Bart Chilton. Bart Chilton brings us his own thoughts on the last 50 years from the National Museum of African American History and Culture. Follow us on Twitter:
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Economia

Cosa influenza il prezzo delle opzioni

Author: Bruno Nappini Finanza.com Blog Network Posts

Cosa influenza il prezzo delle opzioni | TradingPro

I prezzi delle opzioni rappresentano l’incontro tra le domande di acquisto e vendita immesse ogni giorno sul mercato dai vari operatori, professionisti e retails.
Una figura di particolare importanza che si muove sul mercato con il fondamentale compito di assicurare liquidità al mercato e garantire una controparte in acquisto e vendita è il Market Maker.
Essendo prodotti derivati, sappiamo che le opzioni hanno un valore che dipende dal rendimento del sottostante, non solo dal rendimento attuale ma sopratutto dal rendimento atteso.
Ricapitolando i fattori che determinano il prezzo di una opzione sono:
1) Il prezzo del sottostante
2) Il prezzo strike
3) La scadenza
4) La volatilità
5) Il tasso di interesse
6) In alcuni casi, come le opzioni Mibo sull’indice Italiano FtseMib40, i dividendi.
Il prezzo del sottostante ed il prezzo strike concorrono alla formazione del valore intrinseco di una opzione.
La scadenza crea il valore temporale di una opzione.
Lo stacco dei dividendi influenza soltanto le opzioni sui titoli azionari.
Il tasso di interesse influenza il valore delle opzioni di tipo europeo soltanto alla scadenza.
La Volatilità è invece il parametro di gran lunga più importante per chi opera nei mercati finanziari con strumenti in leva come le opzioni. La volatilità misura i movimenti di un determinato strumento finanziario in un dato lasso di tempo. Per misurarla vengono utilizzati strumenti statistici come ad esempio la deviazione standard che servono appunto a misurare le aspettative future del mercato.
Quando parliamo di volatilità dobbiamo fare riferimento a tre tipologie di volatilità: la Volatilità Storica, la Volatilità Implicita, la Volatilità Attesa.
La Volatilità Storica è un semplice calcolo dei movimenti passati di un determinato mercato finanziario in un determinato lasso di tempo: può essere calcolata annualmente, mensilmente, settimanalmente.
La Volatilità Implicita di una opzione è molto meno semplice da calcolare. Se ne può fare una stima approssimativa calcolando il prezzo del sottostante, il prezzo delle opzioni, il prezzo strike, i giorni a scadenza ed il tasso di interesse.
Esistono comunque varie procedure per il calcolo della Volatilà Implicita, la più conosciuta è la formula Black % Scholes.
Invece la Volatilità Attesa è la variabile più importante. E’ quel parametro che ciascun operatore tenterà di prevedere per il futuro relativamente ai movimenti attesi del sottostante. In una parola è la scommessa sulla possibilità di variazione del prezzo del sottostante per un determinato arco di tempo: maggiore sarà la volatilità attesa e maggiore sarà il prezzo di una opzione.
Il peso della volatilità ha impatti diversi sulle varie tipologie di opzioni: in termini relativi e percentuali, le opzioni che maggiormente subiscono le variazioni di volatilità sono le opzioni Otm.
La volatilità, a differenza del tempo a scadenza, del tasso di interesse, del prezzo strike e del prezzo del sottostante, è l’unico elemento non conosciuto che ha la più importante influenza sul prezzo di una opzione.
In pratica essa riflette le aspettative degli operatori. Ad esempio in un mercato dove la maggior parte degli operatori ha aspettative future ribassiste la volatilità implicita delle opzioni Put sarà maggiore di quella delle opzioni Call e di conseguenza i prezzi avranno valori diversi.
Affronteremo successivamente la vera plancia degli strumenti delle opzioni: le Greche

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Ftse Mib tenta la fuga verso i massimi 2015, A2A riparte da area 1,51

Author: redazione [email protected] Finanza.com Blog Network Posts

FTSE MIB: l’indice italiano ha aperto le contrattazioni in positivo rispetto alla chiusura della vigilia, seduta nella quale ha segnato i nuovi massimi dal 13 agosto 2015. L’indice continua a mostrare più forza di Eurostoxx e Dax e, dopo la rottura al rialzo della resistenza di quota 22.860, l’allungo sopra i massimi del 7 novembre e il superamento dei 23.000 punti, si propone ora target sui massimi del 2015 in area 24.000/24.100 punti.

A2A: apertura in deciso rialzo per il titolo che, dopo essere stato respinto martedì scorso in area 1,6 euro, sembra voglia ora impostare un nuovo attacco. Prima di trovarsi di nuovo a contatto con il picco di seduta di martedì a 1,605 euro, l’azione incontrerà la linea di tendenza ribassista formatasi con i massimi dell’8 dicembre a 1,65 euro e quelli di martedì scorso a 1,605. Tale linea di tendenza si trova attualmente in area 1,59 euro. La violazione al rialzo dei due livelli darebbe spazio per un attacco ai massimi di dicembre a 1,65 euro. In questo movimento A2A può contare sul sostegno della trendline rialzista di medio-lungo periodo ottenibile congiungendo i minimi del 21 novembre 2016 e del 26 ottobre 2017, testata la scorsa settimana e transitante ora a 1,5115 euro. La rottura al ribasso di questo supporto dinamico, se confermato in chiusura di seduta, darebbe un segnale negativo al mercato.

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