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[992] Unemployment: A Global Perspective


Boom Bust goes global as host Bart Chilton examines job numbers and unemployment with help from Dr. Mark Thornton, David Miller, and Manila Chan. Clean energy faces an unknown future for 2018, but Director Tyson Slocum is back to sheds some light on the situation while 2017’s hurricanes have led to mass payouts from insurers. Follow us on Twitter:
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Today’s jobs report. Weak, as I called it.


MMT Trader and Zombie Trading subscribers got my email last night, where I said to expect a weaker report.

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Quanto tfr ci metto nel fondo pensione?

Author: clinguella@finanza Finanza.com Blog Network Posts

La legge sul mercato e la concorrenza ( L.124/17), come abbiamo avuto già modo di vedere, interviene anche sulla previdenza complementare. Questa nei discorsi ufficiali è presentata alla stregua di un’appendice della previdenza pubblica seguendone conseguentemente tutte le prerogative che essa impone: l’adeguatezza, la sostenibilità e la sicurezza. Sull’adeguatezza sappiamo già molto ed anche sulla sostenibilità. La prima è la capacità di assicurare un decente tenore di vita almeno quasi uguale a quello ante pensionamento, la sostenibilità è la capacità di sostenere nel tempo i costi previdenziali mentre la sicurezza è la garanzia statale che comunque la pensione Inps sarà sempre pagata. Inserendola nella legge che intenzionalmente dovrebbe liberalizzare maggiormente il mercato, la sicurezza ne esce in qualche modo indebolita. Né si capisce appieno l’inserimento dei fondi pensione negoziali nella lelle sulla concorrenza, se appena si riflette sul fatto che non hanno scopo di lucro. Comunque a parte la collocazione erronea in una legge non pertinente, le cose che detta legge pretende non sono del tutto peregrine. Il comma 38, interviene su alcuni profili e segnalatamente la destinazione totale o parziale del TFR alle forme pensionistiche complementari.
Il Trattamento di Fine Rapporto è una forma di retribuzione differita, liquidata al momento della cessazione del lavoratore dipendente.
Si determina accantonando, per ogni anno di lavoro, un importo pari alla retribuzione annua lorda dovuta, divisa per il parametro fisso 13,5. La quota rappresenta quindi il 7,41% della retribuzione (precisamente il 6,91% più lo 0,50% corrisposto all’Inps per finanziare il Fondo di garanzia).
Se lasciato in azienda o al fondo tesoreria Inps, è rivalutato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, di una percentuale costituita dall’1,5% in misura fissa e dal 75% dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
Non è previsto un trattamento di fine rapporto per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa ed in genere per il lavoro autonomo.

Per rilanciare la previdenza integrativa si interviene su uno degli snodi che si ritengono più ostativi all’adesione alla complementare. Insomma gli italiani non rinunciano alla liquidazione di fine servizio. Già in funzione di questa considerazione attualmente gli iscritti ai fondi pensione al momento di andare in pensione possono scegliere, o meglio optare per sembrare più raffinati, alla trasformazione di tutto il capitale accumulato in rendita, oppure ottenere il 50% in unica soluzione ed il rimanente in rendita, oppure, al verificarsi di certe condizioni, di poter chiedere l’intero montante comprensivo dei rendimenti finanziari in unica soluzione.
Coin la nuova norma, gli accordi collettivi potranno stabilire una percentuale minima del TFR maturando da destinare ai fondi, fermo restando il principio generale che l’adesione rimane su base volontaria e che, in assenza di indicazione da parte degli accordi, la percentuale del conferimento del Tfr è pari al 100 per cento. In sostanza si dà la facoltà di poter far decidere ad ogni singolo lavoratore quanta parte del suo tfr vorrà destinare al fondo pensione o altro.
La possibilità di utilizzare il TFR quale forma di finanziamento per la previdenza complementare è stata pensata come una delle maggiori opportunità offerte ai dipendenti per costruirsi una adeguata pensione integrativa. Invece si è rivelata da subito la maggiore molla psicologica che ne ha bloccato il decollo.
Volendo stipulare una polizza vita con la previsione di farsi corrispondere una rendita di una certa consistenza, dovrebbero versare dei premi mensili molto alti. Per superare questa handicap e favorire il risparmio previdenziale, si pensò di utilizzare il trattamento di fine rapporto.
Il suo utilizzo consente un versamento cospicuo e costante, senza dover rinunciare a quote consistenti di reddito con l’aggiunta di rendimenti più favorevoli derivanti dagli investimenti dei fondi pensioni, maggiori rispetto a quelli del TFR.
Mediante l’utilizzo del tfr non si devono versare somme strabilianti, il sacrifico che si chiede, diventa sopportabilissimo, il versamento dell’1% della propria retribuzione utile al tfr, in genere 20/30 euro mensili. In questo caso si aggiunge anche il versamento di una cifra analoga da parte del datore di lavoro.
Ma quello che doveva costituire un facilitatore per le adesioni, si è rivelato alla lunga un freno, specie per i dipendenti del pubblico impiego.

Attanaglia il pensiero che i propri risparmi vengano investiti in borsa alla stessa stregua delle puntate alla roulette in un Casinò di Las Vegas.
Tutti, nei propri pensieri hanno il fallimento del fondo pensione americano Enron del 2001 assolutamente non replicabile in Italia. Innanzitutto perchè qui non ci sono fondi aziendali che comprano proprie azioni perché scatterebbe il conflitto d’interessi e poi perché i fondi italiani non possono fallire ( comma 5 art 15 Dlvo 205/05).
Né riesce ad essere convincente e tranquillizzante il fatto che su tutta la previdenza complementare ed in specie sugli investimenti, vigila la Covip e che esiste un dm ( decreto ministeriale) 166/2014, in fase di aggiornamento, che stabilisce le modalità di investimento.
In questo quadro di sfiducia e di incertezze, solo i Pip, i piani pensionistici individuali, sono in aumento, perché non è obbligatorio versare il Tfr.
Inoltre chi sottoscrive una polizza assicurativa, che opera allo stesso modo, investimenti, borsa ecc … non ha le stesse fobie. Evidentemente in questo caso si ha fiducia nella compagnia prescelta, che so Unipol, Generali, ecc… la stessa fiducia che non sembrano riscuotere i fondi pensione anche se hanno prodotto solo risultati positivi.
Molti si dicono spaventati dal fatto che la scelta alla previdenza complementare è irreversibile quasi a perdere la disponibilità dei propri soldi, come se il tfr fosse invece disponibile in qualsiasi momento.
Invece non è così. Il tfr diventa disponibile alla cessazione del rapporto di lavoro e per i pubblici dipendenti addirittura dopo due anni dal pensionamento e solo in casi eccezionali prima.

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Elezioni, Tabacci salva la lista di Emma Bonino: “Gesto generoso, il 4 marzo ci saremo”

Alla fine per i radicali è arrivato il “soccorso bianco” di Bruno Tabacci. Come anticipato oggi dalla Stampa, è lui, col suo simbolo del Centro democratico, che salva la lista di Emma Bonino evitando la raccolta di 25mila firme da qui al 29 gennaio. L’annuncio è stato dato in conferenza stampa dallo stesso Tabacci: «Ho deciso di mettere a disposizione il simbolo per garantire una libertà fondamentale, è una scelta di servizio alla democrazia». Grazie a quel simbolo, presente già alle elezioni del 2013 e dunque alla Camera, la lista +Europa si salva. 

ANSA

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«Ora c’è tempo, si apre una pagina nuova, sulle alleanze col Pd non abbiamo deciso nulla», spiega Bonino, prodiga di ringraziamenti per chi ha salvato la sua lista con un «gesto generoso e autonomo». «Bruno ha fatto un servizio alla democrazia, a tutti gli italiani». Tabacci, se possibile, è ancora più ruvido: «Lo spirito di autosufficienza del Pd, che con Pisapia avevamo cercato di contrastare, non è affatto morto. Per costruire una coalizione bisogna volerla davvero…». Bonino fa capire che, al limite, si tratterà di un apparentamento nei collegi uninominali: «La legge parla di apparentamenti, non di coalizioni. Non sono previsti né un programma e neppure un leader comune». I radicali e il gruppo di Tabacci hanno annunciato una convention a Roma per il 13 gennaio: prima di quella data il nodo sull’alleanza non sarà sciolto. Di qui ad allora partirà una dura trattativa col Pd, sui programmi ma anche sui collegi. Soprattutto sul rapporto con Bruxelles. «Non parteciperemo a una campagna elettorale a chi la spara più grossa», avverte Tabacci. «Non mi piace la proposta di Renzi di portare il deficit al 3% per 5 anni. Non ce lo possiamo permettere col nostro debito pubblico. E di questa nostra posizione Renzi dovrà tenere conto». 

La discussione si annuncia accesa anche dentro alla neonata formazione. Con Bonino più propensa al dialogo col Pd, mentre Tabacci dopo l’esperienza a fianco di Pisapia (poi naufragata) appare molto scettico sulla gestione renziana. 

Sullo sfondo resta ormai la questione delle firme, su cui il gruppo della Bonino era pronto a ingaggiare una battaglia in punta di diritto in pieno stile radicale. «Secondo l’interpretazione del Viminale con questa legge elettorale chi deve raccogliere le firme può solo correre da solo. Non gli è consentito fare apparentamenti», spiega Benedetto Della Vedova. «Questo configura una disparità di accesso e una violazione del diritto mdi voto attivo e passivo», gli fa eco Riccardo Magi. «C’è un chiaro profilo di incostituzionalità». Perché? «Visto che dovremmo raccogliere le firme da oggi, senza sapere i candidati nei collegi dell’eventuale coalizione, le firme andrebbero raccolte con uno spazio bianco sul nome del candidato. Questo invaliderebbe tutta la raccolta», spiega Bonino. «E’ così, e quando ci daranno ragione le elezioni ormai saranno passate», dice Della Vedova. 

La querelle sulle firme per ora comunque è chiusa. Ora parte il confronto politico con il Pd. Come finirà? «Non lo, per ora lasciateci respirare un momento…», dice Bonino. «Di certo non ci muoveremo per convenienza politica. Non l’ho mai fatto in tutta la vita». 

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I CANNONI DI BANNON!

Author: icebergfinanza Finanza.com Blog Network Posts

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Tutto procede a meraviglia in America tra un record e l’altro si ignorano le cattive notizie come il crollo delle immatricolazione delle auto nel mese di dicembre o altri dati negativi nascosti tra le pieghe dei dati macroeconomici usciti ieri e si continua a volare questa volta tirandosi dietro pure quello che resta dell’Europa.

Oggi sono in uscita di dati relativi al mercato del lavoro che vedranno importanti revisioni dei mesi precedenti determinati dalle conseguenze degli uragani estivi e la recente tempesta di neve che sta abbattendosi su parte dell’America con conseguenze non indifferenti sulla crescita dei prossimi mesi e sull’occupazione. In sintesi è molto probabile visti anche alcuni indicatori anticipatori che i numeri siano decisamente inferiori al consenso del mercato  che si attende intorno a 190/200.000 nuovi posti di lavoro.

Neppure la realtà raccontata da Bannon l’artefice della vittoria di Trump, scalfisce il minimo storico assoluto del VIX , una volta indice della paura, ora inutile indicatore facilmente manipolabile, oggi indice delle favole che si racconta ai bambini, dove tutti vivranno felici e contenti…

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Nelle anticipazioni sul libro che sono da prendere alla lettera in quanto difficilmente uno come Bannon si è inventato qualcosa solo per vendicarsi dell’esclusione, visto che Trump è una sua creazione,  tra la vera storia dei capelli di Donald e le lecrime amare di Melania per la vittoria di Trump, ci sta la vera storia di questa vittoria.

Antipatriotico l’incontro con i russi, nessuna possibilità che Trump non sapesse nulla, una campagna elettorale dove tutti nello staff pensavano alla sconfitta. Rupert Murdoch che definisce il presidente degli Stati Uniti, “fottuto idiota” e il sostenitore miliardario Tom Barrack che lo definisce  ‘non solo pazzo, è anche stupido’.

Poi aggiunge Bannon, Trump non ha cultura, non legge, per tutto il resto è semialfabetizzato, ripete sempre tre volte le stesse storielle nello spazio di dieci minuti, definisce il cognato Kushner un “succhiasangue”  e Bannon un pazzo.

E se anche Trump, da candidato, avesse incontrato russi a New York?

Nel pieno della campagna elettorale dello scorso, anche Donald Trump e non solo il suo staff potrebbe avere incontrato alla Trump Tower dei russi pronti a fornire informazioni compromettenti su Hillary Clinton, la sfidande democratica dell’allora candidato repubblicano nella corsa verso la Casa Bianca. E’ quanto sembra avere insinuato Steve Bannon, l’ex stratega di ultra destra di Trump dal tre gennaio 2018 ufficialmente scomunicato dal miliardario di New York diventato leader Usa.

La Casa Bianca ha subito smentito ma il contenuto esplosivo di un libro di Michael Wolff – i cui dettagli sono emersi per la prima volta grazie al Guardian, che ne ha ottenuto per primo una copia – è destinato ad alimentare ulteriormente lo scontro tra un Trump “disgustato” e “furioso” e Bannon.

A Michael Wolff, l’autore de “Fire and Fury: Inside the Trump White House” (presto nelle librerie con l’editore Henry Holt), Bannon avrebbe detto che Donald Trump Jr (il figlio dell’attuale presidente Usa), Paul J. Manafort (l’ex direttore della campagna elettorale di Trump) e il suo genero Jared Kushner sono stati “sovversivi” e “antipatriottici” per avere incontrato dei russi alla Trump Tower nel giugno 2016.

“I tre ragazzi senior nella campagna hanno pensato che fosse una buona idea incontrare un governo straniero nella Trump Tower nella conference room al 25esimo piano senza avvocati”, Bannon avrebbe detto nel libro, di cui anche Nbc News ha ottenuto una copia. “Anche se si pensava che quell’incontro non fosse sovversivo o antipatriottico…si doveva subito chiamare l’Fbi”, ha continuato Bannon nel libro insinuando che il gruppo di russi fu portato a incontrare lo stesso Trump (cosa da quest’ultimo sempre negata). “Le probabilità che Don Jr non abbia accompagnato questi jumos su all’ufficio del padre al 26esimo piano sono pari a zero”.

“Non ce la farà”, dichiara Bannon, nessuna possibilità che Trump completi il proprio mandato senza impeachment o sconfitte alle prossime elezioni di medio termine. Bannon definisce “traditori antipatriottici” la cerchia più intima del presidente Perfino la figlia Ivanka viene definita stupida, Cohn ex GoldmaSachs, eliminato recentemente per fortuna dalla cerchia dei possibili nuovi governatori della FED considera Donald ottuso idiota circondato da pagliacci.

Ma lasciamo perdere, la storia farà il suo corso, occupiamoci invece di Federal Reserve un nido di inutili economisti che crede ancora che ci sarà inflazione o che i salari saliranno…

C’è incertezza all’interno della Federal Reserve sugli effetti della riforma fiscale approvata prima di Natale in Usa. “I partecipanti hanno discusso diversi rischi che, se realizzati, potrebbero richiedere un rialzo dei tassi più rapido”. E’ quanto emerso dai verbali della riunione degli scorsi 12 e 13 dicembre del Federal Open Market Committee della banca centrale Usa. In quell’occasione il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa aveva annunciato il terzo rialzo dei tassi del 2017; la stretta era stata di 25 punti base all’1,25-1,5%, come ampiamente atteso.

Nel documento, da cui emerge anche incertezza sull’inflazione, si legge che i rischi sopra citati “includono la possibilità che le pressioni inflative aumentino…forse per via degli stimoli fiscali o delle condizioni accomodanti dei mercati finanziari”. Leggi qui un approfondimento su America24

Questi non ne hanno indovinata una negli ultimi dieci anni dal punto di vista macro, il problema è che il prossimo anno come vedremo insieme a Machiavelli, il FOMC è questa volta in maggioranza composto da falchi esaltati, che alzeranno come minimo aggiungo io i tassi tre volte, invertendo definitivamente la curva dei rendimenti e preparando la strada ad una nuova e profonda recessione.

Vi anticipo che con un’amministrazione come quella di Trump, credo poco o per nulla ai dati macroeconomici diffusi in questi mesi, la realtà che mi viene raccontata anche da amici che vivono in Amerivca è diversa.

Leggi qui un approfondimento su America24

Il mese scorso, i membri della Fed hanno discusso delle ricadute che potrebbero avere i tagli alle tasse per 1.500 miliardi di dollari previsti in 10 anni. La banca centrale sembra tuttavia più cauta dell’amministrazione Trump, convinta che la riforma fiscale porterà il Pil Usa a crescere del 4% annuo. La Fed ha sì rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2018 e il 2019 ma non ai livelli sognati dall’inquilino della Casa Bianca,

Nel loro dibattito, i vari membri della Fed hanno fatto capire di aspettarsi un incremento modesto delle spese per capitale “anche se la portata di tali effetti è incerta”. Altrettanto incerte sono le ricadute sulla fiducia dei consumatori. Secondo alcuni “le aspettative per la riforma fiscale potrebbero già avere alzato le spese dei consumatori nel senso che quelle aspettative hanno alimentato incrementi nelle valutazioni degli asset e nei patrimoni delle famiglie”. Citando poi contatti con le aziende, la Fed sembra inoltre pensare che grazie a un taglio permanente dell’aliquota aziendale al 21% dal 35%, la liquidità che verrà a crearsi “sarà probabilmente usata per fusioni e acquisizioni o per la riduzione del debito o programmi di riacquisto di titoli propri”.

Sin qui siamo d’accordo, ma davvero c’è qualche ingenuo che dopo oltre tre trilioni di dollari di liquidità immessa dalla Banca centrale in questi anni e miliardi di dollari di stimoli fiscali, solo perché arriva un inutile idiota che abbassa le tasse ai ricchi, le aziende dovrebbero spendere in investimenti quando per anni hanno aumentato dividendi o usato la liquidità per riacquistare azioni proprie, ma davvero c’è qualcuno di così ingenuo in ciorcolazione?

Un esempio lo troviamo con AMEX colosso delle carte di credito che con il passaggio al nuovo regime fiscale, lamenta che i suoi utili in maggior parte accumulati all’estero saranno tassati e considerati come automaticamente rimpatriati. L’azienda ha dichiarato che prende seriamente in considerazione la sospensione o riduzione del suo programma di riacquisto azioni previsto per il 2018, mica ha dichiarato che ridurrà i suoi investimenti, l’unico scopo sono gli utili e i dividendi altro che investimenti, investire in cosa, visto che non c’è domanda!

La maggioranza dei membri dell’Fomc continua a credere che il dato si risolleverà nel medio termine verso il target prefissato con il venire meno di fattori considerati transitori. Su questo fronte la Fed resta divisa: c’è chi teme che l’inflazione resti debole portando eventualmente “a una traiettoria più piatta dei tassi” e c’è chi invece non esclude che uno “stimolo fiscale o condizioni accomodanti di mercato possano richiedere un rialzo dei tassi più rapido” se porteranno a un rafforzamento inatteso dell’inflazione.

Questa è una scommessa vinta, ZERO possibilità per l’inflazione, anzi più alzano i tassi e drenano liquidità e più la velocità di circolazione della moneta crolla, studiate la deflazione da debiti invece di lanciare monetine o leggere fondi di caffè.

Arrivano già segnali di difficoltà per il mercato immobiliare a seguito della riforma di Trump, spese per costruzioni che restano sulla stessa falsariga del 2016 e sottoindici occupazionali ISM che segnalano contrazione.

I Treasury restano in rialzo nonostante questi ultimi dati e i tassi a lungo termine ben lontani dai minimi dell’anno, qualcosa vorrà pur dire tutto questo, nessuna reazione ai dati comunque positivi delle ultime settimane, probabilmente non ci credono neanche loro.

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