Categorie
Economia

fisarmonica dei costi: qual’è la vera spesa per le pensioni

Alla vigilia delle vacanze estive ed in preparazione della legge di bilancio 2018, le discussioni sull’incidenza della spesa del welfare in genere e su quello per le pensioni in particolare, ha subito una  sua ordinaria e prevedibile impennata. Complici vari fattori: la richiesta della ripresa della discussione sulla “fase 2” governo-sindacati, la querelle sui costi che deriverebbero se si blocca l’aumento dell’età pensionabile e le stime non convergenti della Ragioneria Generale dello Stato e degli Organismi europei, per non parlare dell’Ocse.
Contro l’ipotesi del blocco dell’elevazione dell’età pensionabile è sceso subito in campo il presidente dell’Inps affermando che essa non costerebbe solamente un miliardo e mezzo come si dice in giro, ma bensì 141 miliardi di euro. Sarà certamente così altrimenti bisognerebbe ammettere che Boeri non sa fare i conti. C’è però un particolare che non quadra. Nel 2016 l’Istat certificò la riduzione dell’aspettativa di vita di 3 mesi. Da cui era logico aspettarsi che essa non sarebbe aumentata nel corso del corrente anno e quello prossimo. Invece, fortunatamente, torna a risalire e di ben 5 mesi addirittura.
Secondo il recente documento della Ragioneria Generale dello Stato sulle “Tendenze di medio – lungo periodo del sistema pensionistico,  l`aggravio della spesa pensionistica cesserà con la graduale scomparsa della generazione dei baby boomers, le generazioni, numericamente più abbondanti, nate tra il 1950 e il 1960.
Sulla sostenibilità del sistema pensionistico pubblico, dopo la crescita del deficit nel periodo 2008 – 2014, imputabile  alla  crisi economica, a partire dal 2015 – 2016, in presenza di un andamento di crescita più favorevole e della prosecuzione dell’aumento dell’età pensionabile,  si ipotizza una decrescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL  per attestarsi attorno al 15,4 – 15,5% fino al 2019. La decrescita è dovuta essenzialmente al contenimento esercitato sia dall`innalzamento dell’età per il pensionamento sia dall`introduzione del sistema di calcolo contributivo per tutti a decorrere dal 2012. Negli anni successivi, si aprirebbe una nuova fase di aumento della spesa che porterebbe il rapporto al 16,3% nel 2044 per scendere al 13,1% nel 2070. Sempre che non si blocchi l’aumento dell’età pensionabile (sottinteso), perchè si aprirebbe un pozzo senza fondo.
Ancora peggiori, se possibile, le previsioni europee.
Secondo EPC-WGA (Economic Policy Committee – Working Group on Aging) stiamo sempre sull’orlo del tracollo. EPC WGA effettua il suoi rapporti con cadenza  triennale. L’ultimo, seppur non ancora pubblicato, ma già pronto, in sintonia con le analisi diffuse in questi giorni dall`Inps pensa che un dimezzamento dei flussi migratori, avrebbe un impatto devastante per il sistema Italia.  Rispetto alle precedenti statistiche europee (2015) il Pil medio annuo italiano crollerebbe verticalmente (dallo 1,4% allo 0,7% nel periodo 2015-2070). E la spesa pensionistica, in rapporto al Pil, crescerebbe di 2 punti percentuali superando il 18% nel decennio 2035-2045 prima di iniziare a flettere. Ciò porterebbe alla vanificazione – sottolinea la Ragioneria Generale dello Stato – di buona parte dei risparmi di spesa conseguiti con le recenti riforme Gli 80 miliardi della Fornero in primis).
Previsioni categoricamente confutate da Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera.
“I dati relativi alla spesa pensionistica in rapporto al Prodotto Interno Lordo continuano a essere falsati. Il più recente Report della Ragioneria Generale dello Stato, come riportato oggi da alcuni quotidiani, indica una crescita della sua incidenza a partire dal 2019, che arriva fino a un massimo del 16,3% nel 2044. L’errore di questi calcoli – spiega – deriva dal fatto che si sommano ai costi previdenziali anche quelli per l’assistenza e, soprattutto, non si considera il peso delle tasse sulle pensioni. Tasse che ammontano a circa 50 miliardi di euro all’anno e che vengono, quindi, restituite allo Stato dai pensionati: di conseguenza non è giusto calcolarle come costo. Se il dato della spesa pensionistica viene depurato da assistenza e tasse, il 16% di incidenza si assesta attorno a un più ragionevole 12%, perfettamente allineato con la media europea”.
E non ha tutti i torti. Per avere delle cifre il più oggetive posibili, dobbiamo andare a spulciare il “IV rapporto  sulla spesa previdenziale” presentato lo scorso febbraio e curato da Itinerari previdenziali per vedere che le cose sono meno drammatiche. Il Rapporto  rappresenta l’ideale continuazione delle pubblicazioni realizzate dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale, costituito dalla legge n. 335/95 e soppresso nel giugno del 2012.  Dopo di che, in assenza di una voce ufficiale, ognuno spara la sua! Esso  si pone l’obiettivo di fornire sia una visione d’insieme del complesso sistema previdenziale del nostro Paese sia una riclassificazione della spesa pensionistica e assistenziale all’interno del bilancio dello Stato. La spesa per prestazioni sociali incide per il 54,13% sull’intera spesa pubblica comprensiva degli interessi sul debito pubblico che nel 2015 è stata pari a 826,429 miliardi; tale incidenza, rispetto al PIL si attesta al 27,34%. La spesa sociale cresce molto più rapidamente, trascinata soprattutto dalla spesa per assistenza che, a differenza di quella pensionistica, non ha regole precise. Si tratta di un onere difficilmente sostenibile negli anni a venire e che comunque già ora limita gli investimenti pubblici in tecnologia, ricerca e sviluppo, unica via per garantire la competitività del Paese e un futuro più favorevole per le giovani generazioni.
Va inoltre tenuto presente che una parte consistente della spesa imputata a pensioni (vecchiaia e superstiti) così come la classifica l’Istat, è in realtà a favore di famiglia e maternità, anziani o per evitare l’esclusione sociale.
Il debito pubblico è uno, se non il principale, dei problemi del nostro Paese e che nel settembre del 2016 ha toccato la stratosferica cifra di 2.252 miliardi di euro (dato Bankitalia 15/9/16). E’  un problema? perché costa mediamente ogni anno circa 70 miliardi di euro di interessi pari al 4,5% del PIL  e  questi soldi sono sottratti agli investimenti, allo sviluppo, al finanziamento della ricerca, alla creazione di brevetti; in una parola al futuro e ai giovani che lo impersonano. E’ inutile poi stracciarsi le vesti se centinaia di giovani vanno all’estero.
Nel 2015 la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni (al netto della quota GIAS) è stata pari a 217.863 milioni di euro contro i 216.107 dell’anno precedente, con un aumento dello 0,81% (+ 0,69% il 2014 sul 2013); le entrate contributive, comprensive dei trasferimenti per coperture figurative, sgravi e agevolazioni contributive pari a 15.032 milioni di euro contro i 16.948 milioni dell’anno prima). La gestione che hanno avuto i più alti passivi è la gestione dei Dipendenti Pubblici con un passivo di 28.980 milioni di euro, nel 2015 la spesa pensionistica ha raggiunto i a 217.895 milioni di euro mentre le entrate contributive sono state pari a 191.333 milioni di euro per un saldo negativo di 26.565 milioni. In termini macroeconomici siamo in sostanziale pareggio.

VN:F [1.9.20_1166]

please wait…

Rating: 0.0/10 (0 votes cast)

VN:F [1.9.20_1166]

Rating: 0 (from 0 votes)

Autore: clinguella@finanza Finanza.com Blog Network Posts

Categorie
Economia

Ecco i BUY sui titoli più caldi di oggi !

Gli analisti di Banca Imi sono Buy su Rcs (target a 1,01 euro) sulla vendita di una controllata e soprattutto per i cinque anni di pubblicità dei compratori, su Telecom Italia (target a 1,08 euro) nonostante il possibile giro di poltrone in TI e Vivendi ipotizzato dalla stampa; su Unipol (target a 4,6 euro) dopo l’operazione Npl di Creval.

Giudicano invece Add Biesse, con target a 35,5 euro dopo il roadshow della società e la guidance 2017 confermata, e Fca (target a 12,3 euro) nonostante il rallentamento a giugno del mercato auto in Europa.

Jp Morgan resta Overweight su Ynap (target a 27 euro) in atetsa dei conti Q2, Citi passa a Buy su Beni Stabili,Goldman Sachs conferma il Buy su Eni ma con target limato da 17,7 a 17 euro, Equita conferma il Buy su Eni con target a 13,21 euro, su Enav con target a 4,2 euro.

Per gli analisti di Banca Akros valgono un buy A2a con target price di 1,65 euro (obiettivo confermato in vista di un possibile ulteriore M&A nel settore delle utility), Fiat Chrysler Automobiles con target di 13 euro in scia all’aumento delle immatricolazioni di auto in Europa (+2,1% a giugno su base annua) e nonostante il richiamo di 1,33 milioni di veicoli Fca in tutto il mondo a causa di per anomalie che potrebbero provocare incendi e l’apertura accidentale dell’airbag e Maire Tecnimont con prezzo obiettivo di 4,40 euro.

Sempre Banca Akros assegna invece un giudizio accumulate invece ad Anima Holding con fair value di 7,50 euro, alzato dai precedenti 6,40 euro in vista della nascita del terzo gestore maggior asset manager in Italia, Azimut con target di 20 euro e Banca Generali con obiettivo di 30 euro. Infine, valutazione accumulate per Biesse con target di 33 euro in scia alla conferma del business plan 2017-2019 e per Salini Impregilo con fair value di 3,60 euro (ottenuto un contratto da 76 mln di di dollari in Florida).

Proseguendo, Banca Imi valuta buy Telecom Italia con prezzo obiettivo di 1,08 euro dopo che il ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda ha affermato che sarebbe gradita una fusione tra Telecom Italia e Open Fiber e che il Governo sta stidiando un piano di incentivi per stimolare la domanda di banda larga nelle cosiddette aree grige. Giudizio buy poi per Sias con target price di 13,50 euro in vista del nuovo business plan che sarà diffuso il prossimo 19 luglio.

Sempre da parte di Banca Imi valutazione add per Banca Generali con obiettivo di 30,20 euro, Biesse con target di 35,50 euro e Sesa con fair value di 24,28 euro in scia ai risultati dell’esercizio 2016-2017, archiviato con ricavi in aumento del 3,4% e un utile netto cresciuto del 4,5 per cento.

GD Star Rating
loading…

GD Star Rating
loading…

Ecco i BUY sui titoli più caldi di oggi !, 10.0 out of 10 based on 1 rating

Autore: galbusera Finanza.com Blog Network Posts

Categorie
Economia

Setup e Angoli di Gann: FTSE MIB INDEX 18 Luglio 2017

Setup e Angoli di Gann
FTSE MIB INDEX

Setup Annuale:
ultimi:
2016 (range 15017/21194 ) ) [ uscita rialzista ]
prossimo 2017

Setup Mensile:
ultimo Maggio (range 20572 / 21828 ) [ uscita ribassista ]
prossimi Agosto

Setup Settimanale:
ultimi: 10/14 Luglio ( range 21086//21571 comp. est ) [ in attesa ]
prossimi 24/28 Luglio

Setup Giornaliero
ultimo : 17 (range 21459 21571 ) [ in attesa ]
prossimi 18,21

Angoli annuali indice 2017 16500, 17400, 19800/20000, 20600, 22500, 23900
Angoli annuali comit 2017 755, 869, 1010, 1088/1094, 1155, 1280, 1330 ,1510

AngolI Mensili Luglio 19580, 19950, 21130, 21670,22600
Angoli Settimanali: 20920, 21300, 21680,22050
Angoli Giornalieri 21305, 21388, 21490,21544, 21648,21735

I commenti giornalieri sull’articolo riguardante i Setup e gli Angoli di Gann saranno sempre disabilitati e continueranno sempre sull’articolo unico

GD Star Rating
loading…

GD Star Rating
loading…

Autore: gianca60 Finanza.com Blog Network Posts

Categorie
Economia

WALL STREET: una garanzia per la prosecuzione dell’uptrend!

wall-street-fear-index

I mercati continuano a tenere il passo. E bisogna ammettere che la (nostra) corretta lettura del COT Report ci ha aiutato non poco. Small Traders che continuano ad essere net short e garantiscono ancora positività in borsa.  [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, le dichiarazioni rassicuranti della Yellen circa l’evoluzione futura della politica monetaria Usa hanno tranquillizzato i mercati finanziari internazionali. In particolare, l’ipotesi di un aumento alquanto graduale dei tassi Usa ha molto rassicurato le borse americane che hanno festeggiato con nuovi record storici sia sul Dow che sull’S&P 500.

Le dichiarazioni della Yellen hanno, comunque, avuto riflessi non solo sulle borse, ma sull’intero scenario intermarket. In primo luogo nel settore valutario, ove si registra un’accelerazione del processo di deprezzamento del dollar index. Nell’ultima ottava la valuta Usa cede, infatti, un ulteriore 0,9 %, e dall’elezione di Trump il deprezzamento è pari già all’8 %. Notizie più confortanti giungono, invece, dal settore delle commodities. Nell’ultima ottava rimbalzano, infatti, dell’1,1 % in termini nominali, ma è già da qualche settimana che sembrano aver arrestato il loro nuovo e preoccupante down-trend. Inevitabili effetti si sono registrati anche nel settore maggiormente interessato dalle dichiarazioni della Yellen, ossia nel mercato obbligazionario. L’ipotesi di un aumento moderato e graduale dei tassi FED ha, infatti, molto raffreddato i bollori dei rendimenti registratisi nelle scorse settimane. In particolare, i rendimenti dei bond decennali Usa sono arretrati di 6 bps, stornando sino a quota 2,33 %. Evidenzio inoltre che la yield curve Usa appare oggi più inclinata di qualche settimana orsono, e ciò fa ben sperare sul prolungamento di questo peculiare ed anomalo ciclo economico. Ciclo economico caratterizzato da bassi prezzi delle materie prime, da bassi tassi interesse, da moderazione salariale, e con una domanda aggregata alquanto contenuta. Tutte condizioni iper favorevoli per la crescita delle quotazioni azionarie che, infatti, non si arrestano, e che proseguono invece a lievitare con una linearità ed una coerenza quasi disarmanti.

Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 34.877

Large Traders : + 35.384

Small Traders : – 507

spx-index-cot-report-2017

Coerentemente anche il mercato dei derivati azionari Usa conferma la sua favorevole configurazione.

Nell’ultima ottava registriamo, infatti, variazioni quasi impercettibili nelle posizioni dei diversi operatori, pari complessivamente a soli 286 contratti. In particolare, gli Small Traders, cedono altri 200 contratti long, e confermano, a torto, tutta la loro sfiducia e la loro ormai palesemente errata posizione Net Short. I Large Traders, cedono anch’essi 86 contratti long, ma confermano appieno la loro solitaria posizione Net Long. I Commercial Traders, invece, acquistano l’intero lotto dei 286 contratti long e riducono leggermente la loro sempre solida posizione di copertura Net Short. Le esigue ed impercettibili movimentazioni di quest’ultima ottava ci dicono che al momento i mercati azionari Usa sono abbastanza stabili e tranquilli. In perfetta coerenza con il permanere delle favorevoli condizioni intermarket non intravvedono cioè particolari turbative e pericoli all’orizzonte. La posizione net short degli small traders, notoriamente operatori contrarian, conferma che sui mercati non v’è ancora alcuna pericolosa esuberanza. Anzi lo scetticismo diffuso che accompagna i nuovi record del mercato azionario, costituisce, per paradosso, una vera polizza assicurativa. Come già evidenziato in precedenti post, a me il mercato azionario Usa, rappresentato per tutti dall’S&P 500, non appare affatto in bolla. Rispetto alla mia personale retta di regressione risulta al momento solo leggermente sopravvalutato. Sopravvalutazione di circa 100 punti, pari cioè a circa il 4 % degli attuali valori.

Sopravvalutazione esigua e fisiologica che potrà facilmente esser riassorbita dal mercato. Confermo pertanto il mio target di fine d’anno per l’$ &P 500 pari a 2.430 punti. Aggiungo, inoltre, che le mie personali, e del tutto opinabili, previsioni, prevedono che l’up trend dei mercati azionari proseguirà, seppur con moderazione, anche nei primi 6 mesi del 2018 sino a raggiungere, per l’S&P 500, quota 2.560.

Futuro prossimo che si prospetta, pertanto, incerto, ma ancora favorevole, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi e nelle ricerche dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. Dall’inizio dell’anno il mio portafoglio denominato “ Azioni Italia – LTM “, registra una performance pari al + 9,65 %. Performance positiva ma inferiore a quella realizzata dal Ftse All Share, pari, nel contempo, al + 13,22 %. Una sotto-performance, sperasi temporanea, del 3,57 %, che dimostra che nei primi 6 mesi dell’anno l’effetto momentum ha alquanto latitato sul nostro listino. Circostanza che non fa, tuttavia, venir meno la fiducia nel nostro approccio operativo, che negli ultimi 4 anni ci ha regalato una sovra-performance media annua pari al 20,8 %. In coerenza con l’analisi di mercato esposta e con la mia view d’ordine generale, questa settimana, incremento dal 55 al 65 % l’entità dell’esposizione long del mio portafoglio costituito dal 82,5 % di posizioni long e dal 17,5 % di posizioni short . Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.

VN:F [1.9.20_1166]

please wait…

Rating: 0.0/10 (0 votes cast)

Autore: Lukas Finanza.com Blog Network Posts

Categorie
Economia

Telecom Italia soffre barriera a 0,837 euro. Leonardo ancora in uptrend

Immagine anteprima YouTubePiazza Affari inizia la settimana ben intonata tentando di smarcarsi al rialzo dalla soglia psicologica a 21.500 punti. Strategie al rialzo per sfruttare il trend rialzista dopo il segnale id acquisto generate la scorsa settimana avrebbero step intermedio a 21.665 e finale in corrispondenza dei massimi di metà maggio, con eventuali estensioni anche sino a quota 22mila punti.

Bene impostato il titolo Leonardo, con il prezzo delle azioni che si mantiene all’interno di un solido canale rialzista delimitato inferiormente dalla linea di tendenza di lungo periodo tracciata sul daily chart con i minimi del 24 giugno 2016 e 2 febbraio scorso.

Contrastato il quadro tecnico di Telecom Italia. Il titolo dopo il contatto con i supporti dinamici espressi dalla trendline rialzista che tocca i minimi del 7 luglio e 29 novembre 2016 ha portato, senza successo, un primo attacco alla resistenza posta a 0,837 euro. Solo il superamento di questa barriera intermedia consentirebbe al prezzo di andare a testare gli step finali di una eventuale strategie rialzista, da collocare a 0,85 e 0,90 euro.

VN:F [1.9.20_1166]

please wait…

Rating: 0.0/10 (0 votes cast)

Autore: redazione [email protected] Finanza.com Blog Network Posts