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Dopo il genoma, il pangenoma umano: una nuova mappa del dna

Author: Wired

Avete presente i nostri antenati ormai scomparsi? Pensate all’immagine dei Neanderthal. Lasciando da parte per un attimo quanto somigli o meno all’originale (e non lo sapremo mai in fondo) è quel che si dice un’immagine generica: pelle chiara, capelli rossi, naso pronunciato, bassa statura. È il risultato delle analisi morfologiche e genetiche che hanno permesso di ricostruire a posteriori il loro aspetto nella media. Se dovessimo farlo per noi, come ci rappresenteremmo? Per fare in modo che quell’immagine sia davvero rappresentativa dovremmo tenere in considerazione, pesare, le diversità se non di ciascuno, almeno delle diverse etnie (volendoci limitare a rendere un’immagine fisica della nostra specie). Per cui, sarebbe tanto più veritiera quante più persone di origini diverse considerasse: così somiglierebbe a tutti, e a ciascuno al tempo stesso. Poi, per capire quanto una persona qualsiasi si discosta da quell’immagine – o quando un antenato stesso si discosti da noi – potremmo usarla come riferimento, mettendole a confronto.

Possiamo fare questo esercizio con il genoma. Uno sforzo analogo infatti è stato compiuto per mettere insieme un genoma di riferimento della specie umana, un pangenoma: un genoma che facesse al tempo stesso da riferimento per descrivere il nostro dna ma che tenesse in considerazione quanto siamo in fondo diversi. E oggi, a distanza di vent’anni dalla prima bozza del dna umano, siamo riusciti nell’impresa di mettere a punto una bozza di questo questo pangenoma: una descrizione della genetica umana nel suo complesso.

L’impresa, perché di questo si tratta, è notevole. Ufficialmente il pangenoma è stato presentato su Nature, insieme a una corolla di studi di accompagnamento che arrivano dallo Human Pangenome Reference Consortium, un’iniziativa del National Human Genome Research Institute (NHGRI) dei National Institutes of Health (Nih) americani. E ha raccolto i benvenuti di tantissimi esperti della materia, tutti sostanzialmente d’accordo nel ritenere il pangenoma una pietra miliare nella storia della genetica, una visione più completa, più rappresentativa e quindi anche più giusta, e qualcosa che consentirà di comprendere meglio cosa ci rende così diversi gli uni dagli altri e cosa predispone allo sviluppo di malattie. Ma cos’è prima di tutto un pangenoma e come si è arrivati a farlo?

Dal genoma al pangenoma

Raccontare la storia sarebbe troppo lungo, ma un buon punto di partenza sono gli inizi degli anni Duemila, quando vennero rilasciate le prime bozze del genoma umano, cui seguì la messa punto del primo genoma umano di riferimento. Questa sequenza però soffriva di due difetti principalmente. Prima di tutto non era completa, ovvero aveva dei buchi, dovuti ai limiti delle tecniche; limiti che nel tempo avremmo colmato, eliminando quei buchi e arrivando, solo lo sorso anno, a presentare finalmente una sequenza completa del nostro genoma, soprannominata T2T-CHM13.

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Wired Health 2023, tutto quello di cui abbiamo parlato

Author: Wired

Un settore, quello dell’innovazione nella salute, che ha visto nella pandemia un fattore di accelerazione. “Quanto accaduto ci ha ricordato che la salute è al centro, che la ricerca è importante. Senza startup come Moderna e BioNTech probabilmente oggi non saremmo vaccinati”, ha sottolineato Alessio Beverina, founder e managing partner di Panakès Partners. Certo, occorre un cambiamento di mentalità, almeno in Italia. “In questo paese i ricercatori non sono formati per pensare di creare entità commerciali, occorre strutturare questo rapporto tra ricerca, clinica e investitori. E poi bisogna spingere sull’internazionalizzazione”, ha puntualizzato Alessandro Radaelli, Venture partner di NLC Health.

Quali, però, le aree di ricerca più promettenti per gli investitori? “Noi siamo agnostici sull’indicazione terapeutica, ragioniamo sul clinical need”, la premessa di Ciro Spedaliere, partner di Claris Ventures, “ci stiamo orientando sull’oncologia, in particolare sull’immuno-oncologia, e siamo molto affascinati dall’Rna”. Settori ai quali Daniele Scarinici, Co-founder e managing partner, ha aggiunto quello delle malattie rare, “settore di estremo interesse”. Mentre, sul fronte strettamente tecnologico, “grazie al digitale vediamo i primi frutti della rivoluzione genetica dei primi anni Duemila, con i primi farmaci a mRna e le terapie geniche”.

Terapie geniche che sono tema di interesse anche per le grandi multinazionali. “Abbiamo recentemente presentato una pipeline hce include ben 40 progetti, tra cui 7 che si occupano di cell and gene therapy che si pongono l’obiettivo di portare risultati eclatanti per patologie complesse. Il Parkinson, in questo senso, è l’esempio più impattante”, le parole di Arianna Gregis, Country division head pharmaceuticals di Bayer Italia.

Tornando invece al tema dell’intelligenza artificiale, Andrea Laghi, professore di Radiologia all’Università La Sapienza di Roma, l’ha descritta come “una seconda rivoluzione per la radiologia, dopo quella che negli anni ’80 (del secolo scorso, ndr) ha visto il passaggio dalle immagini analogiche a quelle digitali”.

In un contesto di cambiamento tecnologico, è importante tenere sempre a mente l’aspetto economico, come ha ricordato Fredrik Debong, Co-founder e CSO di Hi.Health. “Un incremento nei costi di un farmaco dell’ordine di 10 dollari”, il suo monito, “riduce del 28% l’aderenza terapeutica e fa crescere del 26% il tasso di mortalità”.