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Economia

Le pensioni pubbliche in Italia: una storia infinita e la complementare langue

Mentre non si è ancora spento l’eco delle polemiche a seguito della relazione dell’Inps sullo stato dell’arte delle pensioni italiane, ognuno affila le sue armi per le prossime battaglie, in parlamento, nel sindacato e nelle piazze quando sarà varata la finanziaria del 2019 che dovrebbe contenere finalmente nero su bianco quello che effettivamente si vuole fare sulle pensioni presenti e su quelle future. Nel frattempo ci potrebbe essere il varo del provvedimento taglia vitalizi per gli ex parlamentari come antipasto.La riforma Fornero prevedeva un risparmio di 80 miliardi in 10 anni ma da qui al 2022 i risparmi saranno inferiori alle previsioni, anche se essa ha avuto il merito di stabilizzare la spesa pensionistica a lungo termine, che attualmente è di circa il 16% del PIL. Questo è il più alto rapporto in Europa, esclusa la Grecia anche se l’Italia è tra i pochi paesi dell’UE che sembra destinata a vedere una riduzione della spesa a lungo termine. Alcuni sostengono, tuttavia, che queste proiezioni assumono percentuali di occupazione, produttività e crescita piuttosto ottimistiche.

Andamento della spesa pensionistica e dei tassi di sostituzione

La riforma di Fornero è una ferita aperta, ha lasciato un segno indelebile e duraturo sulla società italiana. Molti sentono di essere stati ingiustamente obbligati a sacrificare anni di lavoro per salvaguardare gli interessi di coloro che detenevano il debito sovrano italiano. La stessa Fornero è oggetto di aspre critiche e attacchi verbali. Secondo un sondaggio di Ipsos pubblicato lo scorso mese sul Corriere della Sera, quasi un terzo degli italiani afferma che cambiare il sistema pensionistico è una delle priorità irrinunciabili per il nuovo governo, anche se un paese che spende già il 16% del PIL per le pensioni dovrebbe essere estremamente attento a incrementare le spese.Va anche notato, che il sistema è in deficit – per circa € 22 miliardi, secondo quando afferma Itinerari Previdenziali, un think thank del superamento della Fornero fra l’altro. Ciò significa che già oggi le pensioni sono parzialmente finanziate dall’irpef di tutti quelli che pagano le tasse. Poiché si prevede che il deficit aumenterà, anche senza la proposta di riforma, l’onere per il sistema fiscale è destinato a salire ulteriormente. Le prospettive si deteriorerebbero ulteriormente se si dovesse aumentare la spesa pensionistica.Allo stesso tempo, la pressione sui salari in termini di contributi obbligatori al sistema pensionistico pubblico è già enorme, i contributi sono circa il 33%, con i lavoratori che contribuiscono per il 10% circa. Aumentare ulteriormente i contributi ridurrebbe ulteriormente la competitività italiana, finché la situazione non diventerebbe insostenibile, oltre a scatenare reazioni non ipotizzabili da parte di chi semplicemente vuole pagare meno contributi ed avere più pensioni (andare in pensione prima questo significa).A parte i cambiamenti nelle prospettive demografiche e nei mercati del lavoro, il sistema pensionistico è stato visto da molti come troppo generoso, almeno fino al 2011. Fino a non molto tempo fa, era consuetudine per le aziende negoziare la pensione con lavoratori relativamente giovani al posto dei licenziamenti con la politica dei prepensionamenti.Una via d’uscita da questa situazione è chiara ma di complicata attuazione creare posti di lavoro e incentivare il lavoro, perché le pensioni sono pagate principalmente dai lavoratori. Tra gli obiettivi dovrebbe esserci un aumento dell’occupazione femminile e delle persone sopra i 55 anni, senza dimenticare i giovani naturalmente. Il governo, su questo, forse pensa che consentire ai lavoratori più anziani di andare in pensione contribuirà alla creazione di posti di lavoro, o se non altro sblocca il turn over.Una coperta corta cui non sembra concorrere adeguatamente la complementare ad allungarla..Senza ulteriori misure per aumentare le adesioni, le  pensioni del secondo pilastro italiane continueranno a rappresentare solo una quota relativamente piccola dell’economia complessivaLa presentazione dell rapporto annuale del regolatore di fondi pensione italiano, COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), è sempre un momento di riflessione, e mai di celebrazione.Ogni anno, il presidente della COVIP usa il suo discorso di accompagnamento per sottolineare la necessità di una migliore copertura per il sistema pensionistico del secondo pilastro. Quest’anno Mario Padula, alla guida dell’Autorità dal 2016, ha chiesto più “inclusione” nel sistema del secondo pilastro.Tuttavia, il tono quest’anno è stato probabilmente molto più morbido rispetto agli anni precedenti. C’è la sensazione che, nonostante alcune debolezze la complementare abbia raggiunto la maggiore età ( Per Padula naturalmente)..Perché ci sono ancora molti punti deboli. Il secondo pilastro copre meno di un terzo della popolazione attiva. Le attività sono pari al 9,5% del PIL, un rapporto che fa sembrare l’Italia un nano rispetto a paesi di dimensioni simili. Nel Regno Unito, per esempio, la cifra è appena inferiore al 100%.Vi sono inoltre differenze marcate a livello regionale. Nelle regioni più ricche, la copertura è significativamente più alta, raggiungendo il 50% nelle aree coperte dai fondi pensione territoriali regionali. In queste aree, i membri contribuiscono in media più del doppio all’anno dei membri delle regioni meridionali.Secondo Carlo Svaluto Moreolo di Ipe pensions molti lavoratori  hanno rinunciato ai fondi pensionistici per mantenere il Tfr. Ma se in passato questa era un’argomentazione valida, ora non più. Rimane una diffidenza di fondo acuita in questa fase dal fatto che i lavoratori vogliono vedere come va a finire la nuova riforma pensionistica, nella quale una parte rilevante dovrebbe avere la cosiddetta pensione di garanzia che renderebbe nei fatti inutile la pensione complementare.

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Author: Finanza.com

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