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Orion, cosa succede alla capsula dopo il ritorno sulla Terra

Il velivolo è sopravvissuto a un viaggio di 26 giorni e a allo splashdown. Ora gli ingegneri della Nasa dovranno capire cosa ha funzionato e cosa è andato storto

Author: Wired

Il rientro ha portato Orion a meno di 0,02 gradi dall’angolo di volo previsto dal team, mentre l’ammaraggio nell’oceano ha centrato quasi perfettamente il bersaglio, fermandosi a circa 2 miglia nautiche dal sito di destinazione previsto. A splashdown ultimato, si sono gonfiati tutti e cinque i sacchi a forma di palloncino di Orion, che hanno mantenuto la capsula in posizione verticale sull’acqua. Gli ufficiali della Nasa e della Marina che fanno parte della squadra di recupero si sono quindi avvicinati a Orion all’interno di elicotteri e imbarcazioni, preparandosi a recuperare la navicella e a stivarla nella pancia della USS Portland per il viaggio di ritorno a terra.

Le prossime fasi

Nei prossimi mesi il team di Artemis studierà anche i dati raccolti dai sistemi di comunicazione e dai numerosi sensori per le radiazioni spaziali che erano stati collegati a tre manichini a bordo di Orion. Queste informazioni – che saranno importanti per realizzare una capsula abitabile per un equipaggio umano e per garantire la comunicazione tra la navicella e gli ingegneri a terra – aiuteranno il team a prepararsi per Artemis 2. Durante questo viaggio, previsto per il 2024, gli astronauti voleranno intorno alla Luna con una seconda versione della navicella Orion e individueranno i potenziali punti di atterraggio per la terza missione. La Nasa e i suoi partner internazionali e commerciali stanno già lavorando alla nuova capsula, ma anche al razzo e ai booster dello Space launch system che la lanceranno e al modulo di servizio europeo che si occuperà della propulsione, dell’alimentazione e del raffreddamento. L’équipe potrebbe modificare il progetto di alcuni di questi sistemi in base all’analisi condotta su Artemis 1.

La Nasa è già consapevole del fatto che gran parte della missione inaugurale, che è durata 26 giorni e ha percorso circa 2,2 milioni di chilometri, è andata per il verso giusto: nonostante diversi ritardi nel lancio causati da perdite di idrogeno e dall’arrivo di un uragano, il gigantesco razzo Sls è decollato con successo il 16 novembre. Il razzo ha poi dispiegato 10 piccoli satelliti, che sono partiti per le loro missioni secondarie. Orion è passata a circa 129 chilometri dalla superficie lunare e il 28 novembre ha compiuto il viaggio più lontano dalla Terra mai compiuto da un veicolo spaziale in grado di ospitare un equipaggio, a circa 433mila chilometri dalla Terra. Il 5 dicembre, inoltre, le fotocamere di Orion hanno scattato foto della Luna e della Terra durante l’ultimo flyby lunare della capsula, un omaggio all’iconico scatto dell’astronauta Bill Anders a bordo dell’Apollo 8 nel 1968, ribattezzato Earthrise.

Difficoltà e portata storica

Alcune di queste “mini missioni” sono però fallite. Il CubeSat to Study Solar Particles, o CuSp, ha avuto quella che la Nasa ha definito una “anomalia inspiegabile della batteria“, perdendo poi contatto con il team di ricerca. Il lander lunare giapponese Omotenashi, inoltre, non è riuscito a raggiungere la Luna. La Nasa ha poi perso i contatti anche con il Nea Scout, che si trova su un asteroide, e con il LunIr, un cartografo lunare a infrarossi. Anche se le prospettive non sono rosee, non è detto che questi missioni  siano necessariamente spacciate: a luglio la Nasa aveva perso il contatto con la navicella Capstone , riuscendo però a ripristinarlo in un secondo momento; ora la navicella sta orbitando con successo intorno alla Luna. Questi piccoli satelliti però hanno una batteria limitata e in alcuni casi non è stato possibile ricaricarle.

Nonostante queste difficoltà, il programma Artemis è ormai ben avviato, a esattamente 50 anni di distanza dall’ultima missione Apollo. Dopo l’orbita intorno alla Luna con equipaggio di Artemis 2, Artemis 3 porterà la prima donna e la prima persona di colore sulla superficie lunare, che saranno i primi esseri umani a camminare sul nostro satellite dall’atterraggio di Eugene Cernan e Harrison Schnitt nella valle di Taurus-Littrow nel 1972. Le missioni successive serviranno a consegnare e assemblare i moduli della stazione spaziale Gateway, che orbiterà intorno alla Luna e potrebbe servire come stazione di banco di prova per future spedizioni su Marte.

Quando domenica Orion è scesa dolcemente sull’oceano, il commentatore della Nasa Rob Navia ha dedicato un momento per riflettere sul significato di questo risultato: “Da Tranquility Base a Taurus-Littrow fino alle tranquille acque del Pacifico, l’ultimo capitolo del viaggio della Nasa verso la Luna si conclude. Orion, è di nuovo sulla Terra“, ha detto, descrivendo Orion come il “nuovo biglietto della Nasa verso la Luna e oltre“.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.

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