Categorie
Tecnologia

Star Trek: Picard è oltre il fanservice

Author: Wired

Viene quindi ricomposta la plancia e viene trovato anche il pretesto per fugaci apparizioni: quella asettica di Tuvoc, quella strappalacrime di Ro Laren e quella gustosa di Moriarty. Optare per una reunion scaglionata aumenta il senso di attesa e la soddisfazione finale di rivedere il vecchio cast insieme, ufficiali grigi e un po’ ammaccati dalla vita, che riprende possesso della plancia di un’Enterprise “refurbished” (ma la voce del computer, doppiata dalla compianta Majel Barrett, è la stessa, e sentirla innesca davvero il momento nostalgia più emozionante della serie). È con quel vascello che Picard accorre in soccorso di Jack, prigioniero dell’ultimo, enorme e fatiscente cubo borg rimasto. L’anziano capitano che detestava i bambini e che aveva nel suo equipaggio la propria famiglia d’elezione è costretto a contemplare la possibile perdita del figlio per mano della sua nemesi, la Regina Borg, autoproclamata “madre” del giovane ibrido.

Star Trek Picard è oltre il fanservice

La visione della villain, sfigurata in un incubo di HR Giger, stravolta in una versione terrificante e deforme della bellissima e sensuale donna cyborg che fu (è impossibile non pensare agli ibridi falliti di Ripley e della regina xenomorfa in Alien3) è sconvolgente. L’immagine più iconoclasta, provocatoria e spaventosa che Star Trek avrebbe mai potuto dispensare, dispensata nella sua serie meno audace. Tanto reazionaria da sembrare quasi rivoluzionaria è anche la scelta degli autori di non far fuori nessun membro originale – la quota “personaggi sacrificabili” viene soddisfatta ai danni di una figura che avevamo appena cominciato ad apprezzare. Le ultime battute regalano al pubblico un epilogo roseo, confortevole e intimo con tanto di introduzione della “Next-Next Generation” e una piccante comparsata di Q. Scontato, puerile, furbissimo, ma Picard alla fine ci è piaciuto lo stesso.

Author: Wired

Viene quindi ricomposta la plancia e viene trovato anche il pretesto per fugaci apparizioni: quella asettica di Tuvoc, quella strappalacrime di Ro Laren e quella gustosa di Moriarty. Optare per una reunion scaglionata aumenta il senso di attesa e la soddisfazione finale di rivedere il vecchio cast insieme, ufficiali grigi e un po’ ammaccati dalla vita, che riprende possesso della plancia di un’Enterprise “refurbished” (ma la voce del computer, doppiata dalla compianta Majel Barrett, è la stessa, e sentirla innesca davvero il momento nostalgia più emozionante della serie). È con quel vascello che Picard accorre in soccorso di Jack, prigioniero dell’ultimo, enorme e fatiscente cubo borg rimasto. L’anziano capitano che detestava i bambini e che aveva nel suo equipaggio la propria famiglia d’elezione è costretto a contemplare la possibile perdita del figlio per mano della sua nemesi, la Regina Borg, autoproclamata “madre” del giovane ibrido.

Star Trek Picard è oltre il fanservice

La visione della villain, sfigurata in un incubo di HR Giger, stravolta in una versione terrificante e deforme della bellissima e sensuale donna cyborg che fu (è impossibile non pensare agli ibridi falliti di Ripley e della regina xenomorfa in Alien3) è sconvolgente. L’immagine più iconoclasta, provocatoria e spaventosa che Star Trek avrebbe mai potuto dispensare, dispensata nella sua serie meno audace. Tanto reazionaria da sembrare quasi rivoluzionaria è anche la scelta degli autori di non far fuori nessun membro originale – la quota “personaggi sacrificabili” viene soddisfatta ai danni di una figura che avevamo appena cominciato ad apprezzare. Le ultime battute regalano al pubblico un epilogo roseo, confortevole e intimo con tanto di introduzione della “Next-Next Generation” e una piccante comparsata di Q. Scontato, puerile, furbissimo, ma Picard alla fine ci è piaciuto lo stesso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.