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Prima del nucleare del futuro, il governo deve risolvere la grana delle scorie

Author: Wired

Le reali intenzioni del governo Meloni sul nucleare si misureranno dalla capacità di chiudere l’annosa partita sul deposito nazionale delle scorie. Più della Piattaforma nazionale sul nucleare sostenibile, l’iniziativa del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), Gilberto Pichetto Fratin, per stabilire un piano per tornare all’energia atomica, conta la gestione dei rifiuti della precedente stagione nucleare. Un capitolo mai chiuso. Nemmeno ora che ci sarebbero tutti gli elementi per completare il puzzle. Ossia la lista delle 67 località idonee a ospitare il sito dove saranno stoccati 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità e parcheggiati temporaneamente 17mila ad alta intensità provenienti dalle quattro ex centrali e da altri impianti della filiera dell’atomo.

Perché nessuno di questi 67 candidati vuole ospitare il deposito delle scorie. E siccome l’iter legislativo prevederebbe, a fronte del no comune, di indicare d’imperio da Roma un nome, per non scontentare nessuno, men che meno a pochi mese dalle elezioni amministrative e dalle europee del 2024, la maggioranza di destra apre alle auto-candidature. Sulla tattica c’è sintonia.

Lo scenario:

  1. Il progetto della Lega
  2. L’iter futuro

Il progetto della Lega

In commissione Ambiente alla Camera è stata incardinata una proposta di legge della Lega per aprire ai volontari. Relatore è il deputato del Carroccio, Alessandro Benvenuto. Il progetto, depositato a ottobre dello scorso anno da Riccardo Molinari (capogruppo alla Camera della Lega), punta a riscrivere l’articolo 7 del decreto legislativo 31 del 2010, che definiva le regole per individuare il sito del deposito delle scorie nucleari. La bozza prevede una finestra di 60 giorni per presentare le auto-candidature a Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning nucleare.

I Comuni che vogliono farsi avanti devono dimostrare che il territorio risponda ai criteri ambientali e di sicurezza richiesti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità per la vigilanza dell’atomo in Italia. A quel punto Sogin redige un supplemento della Carta nazionale delle aree idonee (la lista dei siti candidabili) e la invia al Mase, che, dopo l’ok dell’Isin, in 30 giorni dà l’ok alla pubblicazione dell’elenco. Dopodiché Sogin ha un mese per avvertire i Comuni, che a loro volta avranno 60 giorni per alzare la mano, auto-candidarsi e avviare le trattative per la costruzione. Un emendamento simile intende proporre Pichetto Fratin all’interno di un decreto energia. Il governo conta sulla presenza di Comuni intenzionati ad accogliere l’impianto. Ce ne sarebbero almeno quattro Comuni, di cui uno è venuto allo scoperto: è Trino Vercellese, in Piemonte, dove sorge una delle quattro ex centrali nucleari italiane.

L’iter futuro

Ad ogni modo la procedura dell’auto-candidatura allunga di quattro mesi l’iter per situare l’infrastruttura, almeno sulla carta. E occorre capire come si relazionerà con la piattaforma sul nucleare del Mase. L’iniziativa di Pichetto Fratin si articola in sette gruppi di lavoro, che si occuperanno di fusione, fissione ma anche decommissioning. Un lavoro che Sogin ha già fatto. La tabella di marcia dell’iniziativa prevede che entro tre mesi dalla prima riunione, avvenuta il 21 settembre, si concludano le attività di ricognizione. All’inizio del 2024 si raccoglieranno proposte ed entro la metà dell’anno prossimo si passerà a scrivere linee guida su azioni, risorse, investimenti e tempi. Insomma, se la piattaforma vorrà dire la sua sullo smaltimento delle scorie e sul piano di Sogin, che ha accumulato notevoli ritardi, bisognerà attendere il 2024. Come ha detto nei giorni scorsi in un convegno Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, riferisce l’agenzia Gea, “se davvero si vuole dare un segnale per investire dobbiamo dire dove le smaltiamo. Se non siamo in grado di farlo non sarà mai possibile costruire una centrale”. Insomma, il governo italiano che più di tutti sta spingendo sul ritorno all’atomo non può tirarsi indietro sulla collocazione delle scorie, se vuole dare un messaggio coerente con i proclami sulle centrali del futuro.

Il deposito comporta un cantiere da 900 milioni di euro, quattromila operai e quattro anni di durata, per realizzare novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito è stata prevista per il 2030 ma, a causa degli ultimi 12 mesi di impasse e in attesa che arrivino le auto-candidature, la data va aggiornata. L’impianto porterà in dote anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari e, soprattutto, un ristoro economico da contrattare con Sogin.

Author: Wired

Le reali intenzioni del governo Meloni sul nucleare si misureranno dalla capacità di chiudere l’annosa partita sul deposito nazionale delle scorie. Più della Piattaforma nazionale sul nucleare sostenibile, l’iniziativa del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase), Gilberto Pichetto Fratin, per stabilire un piano per tornare all’energia atomica, conta la gestione dei rifiuti della precedente stagione nucleare. Un capitolo mai chiuso. Nemmeno ora che ci sarebbero tutti gli elementi per completare il puzzle. Ossia la lista delle 67 località idonee a ospitare il sito dove saranno stoccati 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità e parcheggiati temporaneamente 17mila ad alta intensità provenienti dalle quattro ex centrali e da altri impianti della filiera dell’atomo.

Perché nessuno di questi 67 candidati vuole ospitare il deposito delle scorie. E siccome l’iter legislativo prevederebbe, a fronte del no comune, di indicare d’imperio da Roma un nome, per non scontentare nessuno, men che meno a pochi mese dalle elezioni amministrative e dalle europee del 2024, la maggioranza di destra apre alle auto-candidature. Sulla tattica c’è sintonia.

Lo scenario:

  1. Il progetto della Lega
  2. L’iter futuro

Il progetto della Lega

In commissione Ambiente alla Camera è stata incardinata una proposta di legge della Lega per aprire ai volontari. Relatore è il deputato del Carroccio, Alessandro Benvenuto. Il progetto, depositato a ottobre dello scorso anno da Riccardo Molinari (capogruppo alla Camera della Lega), punta a riscrivere l’articolo 7 del decreto legislativo 31 del 2010, che definiva le regole per individuare il sito del deposito delle scorie nucleari. La bozza prevede una finestra di 60 giorni per presentare le auto-candidature a Sogin, la società pubblica incaricata del decommissioning nucleare.

I Comuni che vogliono farsi avanti devono dimostrare che il territorio risponda ai criteri ambientali e di sicurezza richiesti dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin), l’autorità per la vigilanza dell’atomo in Italia. A quel punto Sogin redige un supplemento della Carta nazionale delle aree idonee (la lista dei siti candidabili) e la invia al Mase, che, dopo l’ok dell’Isin, in 30 giorni dà l’ok alla pubblicazione dell’elenco. Dopodiché Sogin ha un mese per avvertire i Comuni, che a loro volta avranno 60 giorni per alzare la mano, auto-candidarsi e avviare le trattative per la costruzione. Un emendamento simile intende proporre Pichetto Fratin all’interno di un decreto energia. Il governo conta sulla presenza di Comuni intenzionati ad accogliere l’impianto. Ce ne sarebbero almeno quattro Comuni, di cui uno è venuto allo scoperto: è Trino Vercellese, in Piemonte, dove sorge una delle quattro ex centrali nucleari italiane.

L’iter futuro

Ad ogni modo la procedura dell’auto-candidatura allunga di quattro mesi l’iter per situare l’infrastruttura, almeno sulla carta. E occorre capire come si relazionerà con la piattaforma sul nucleare del Mase. L’iniziativa di Pichetto Fratin si articola in sette gruppi di lavoro, che si occuperanno di fusione, fissione ma anche decommissioning. Un lavoro che Sogin ha già fatto. La tabella di marcia dell’iniziativa prevede che entro tre mesi dalla prima riunione, avvenuta il 21 settembre, si concludano le attività di ricognizione. All’inizio del 2024 si raccoglieranno proposte ed entro la metà dell’anno prossimo si passerà a scrivere linee guida su azioni, risorse, investimenti e tempi. Insomma, se la piattaforma vorrà dire la sua sullo smaltimento delle scorie e sul piano di Sogin, che ha accumulato notevoli ritardi, bisognerà attendere il 2024. Come ha detto nei giorni scorsi in un convegno Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, riferisce l’agenzia Gea, “se davvero si vuole dare un segnale per investire dobbiamo dire dove le smaltiamo. Se non siamo in grado di farlo non sarà mai possibile costruire una centrale”. Insomma, il governo italiano che più di tutti sta spingendo sul ritorno all’atomo non può tirarsi indietro sulla collocazione delle scorie, se vuole dare un messaggio coerente con i proclami sulle centrali del futuro.

Il deposito comporta un cantiere da 900 milioni di euro, quattromila operai e quattro anni di durata, per realizzare novanta costruzioni in calcestruzzo armato, dette le celle, che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti. Un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni. Nell’ultima previsione, l’apertura del deposito è stata prevista per il 2030 ma, a causa degli ultimi 12 mesi di impasse e in attesa che arrivino le auto-candidature, la data va aggiornata. L’impianto porterà in dote anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari e, soprattutto, un ristoro economico da contrattare con Sogin.

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