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La guerra con Hamas sta affondando l’economia di Israele

Author: Wired

Il consenso del governo di estrema destra è friabile: 300 economisti di spicco hanno decretato che gli aiuti del ministero delle Finanze per le imprese in difficoltà non sono abbastanza, e scritto una lettera indirizzata a Netanyahu per dire che vanno redistribuiti altri miliardi di dollari destinati a regalie post-elettorali per gruppi ultra-ortodossi e ai coloni. “Il grave colpo subìto da Israele richiede un cambiamento fondamentale nelle priorità nazionali”, si legge nella lettera.

Nonostante tutto, la banca centrale rimane fiduciosa e ha ritoccato le previsioni di crescita per il 2023 dal 3% al 2,3%, stanziando da parte sua altri 30 miliardi di dollari per stabilizzare lo shekel. Israele è entrato in questo conflitto da una posizione finanziaria relativamente solida, con un basso rapporto debito-Pil, di nuovo al di sotto del 70% dopo un picco raggiunto durante la pandemia.

E non bisogna dimenticare gli alleati. Gli Stati Uniti stanno cercando l’approvazione del Congresso per un pacchetto di emergenza di 14 miliardi di dollari, principalmente in finanziamenti militari, oltre ai 3,8 miliardi di dollari annui che Israele già riceve. L’eventuale elezione a presidente degli Stati Uniti di Donald Trump, nel novembre 2024, non dovrebbe mettere in discussione il cordone ombelicale tra i due Paesi, specie se l’unico outsider fuori dal duopolio politico, l’indipendente Robert Kennedy Jr., è sì contrario al coinvolgimento statunitense in Ucraina (oltre che un antivaccinista incallito) ma è ancora più filo-israeliano dei due contendenti principali.

Tradizionalmente, l’economia israeliana si è dimostrata resiliente nella guerra. La Banca d’Israele ha calcolato che la guerra del 2014 a Gaza è costata appena l’0,4% del pil mentre la guerra del 2006 in Libano 0,5%. Questa volta, però, c’è un’invasione di terra di mezzo, un nemico più determinato che mai (e meno stupido di quanto si pensi) e un assetto internazionale che potrebbe rendere la protezione statunitense meno solida che in passato. Una guerra di lungo corso potrebbe costare davvero più cara delle altre volte, e far cambiare opinione anche agli israeliani più intransigenti.

Author: Wired

Il consenso del governo di estrema destra è friabile: 300 economisti di spicco hanno decretato che gli aiuti del ministero delle Finanze per le imprese in difficoltà non sono abbastanza, e scritto una lettera indirizzata a Netanyahu per dire che vanno redistribuiti altri miliardi di dollari destinati a regalie post-elettorali per gruppi ultra-ortodossi e ai coloni. “Il grave colpo subìto da Israele richiede un cambiamento fondamentale nelle priorità nazionali”, si legge nella lettera.

Nonostante tutto, la banca centrale rimane fiduciosa e ha ritoccato le previsioni di crescita per il 2023 dal 3% al 2,3%, stanziando da parte sua altri 30 miliardi di dollari per stabilizzare lo shekel. Israele è entrato in questo conflitto da una posizione finanziaria relativamente solida, con un basso rapporto debito-Pil, di nuovo al di sotto del 70% dopo un picco raggiunto durante la pandemia.

E non bisogna dimenticare gli alleati. Gli Stati Uniti stanno cercando l’approvazione del Congresso per un pacchetto di emergenza di 14 miliardi di dollari, principalmente in finanziamenti militari, oltre ai 3,8 miliardi di dollari annui che Israele già riceve. L’eventuale elezione a presidente degli Stati Uniti di Donald Trump, nel novembre 2024, non dovrebbe mettere in discussione il cordone ombelicale tra i due Paesi, specie se l’unico outsider fuori dal duopolio politico, l’indipendente Robert Kennedy Jr., è sì contrario al coinvolgimento statunitense in Ucraina (oltre che un antivaccinista incallito) ma è ancora più filo-israeliano dei due contendenti principali.

Tradizionalmente, l’economia israeliana si è dimostrata resiliente nella guerra. La Banca d’Israele ha calcolato che la guerra del 2014 a Gaza è costata appena l’0,4% del pil mentre la guerra del 2006 in Libano 0,5%. Questa volta, però, c’è un’invasione di terra di mezzo, un nemico più determinato che mai (e meno stupido di quanto si pensi) e un assetto internazionale che potrebbe rendere la protezione statunitense meno solida che in passato. Una guerra di lungo corso potrebbe costare davvero più cara delle altre volte, e far cambiare opinione anche agli israeliani più intransigenti.

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