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Le incognite sull’emergenza vulcano in Islanda

Author: Wired

Questo sforzo investigativo è ulteriormente complicato dalle altre peculiarità della crisi in corso. Negli ultimi anni, Thorbjörn – un sistema vulcanico vicino alla centrale geotermica di Svartsengi e a Grindavík – si è occasionalmente gonfiato, forse a causa del movimento del magma sottostante, senza però creare incidenti. Gli eventi della scorsa settimana “segnano certamente una rottura di questo schema“, sottolinea Tom Winder, sismologo vulcanico dell’Università di Cambridge.

Incertezza totale

Le prime stime indicano che questa volta la quantità di magma è più consistente rispetto alle tre precedenti eruzioni sulla penisola, e che la roccia fusa è confluita nell’area di Svartsengi a una velocità sorprendente. Considerando il volume apparentemente elevato di magma, la possibilità che si verifichi un’eruzione lunga o molto prolifica è alta. Paradossalmente però è anche plausibile che solo una frazione di questa roccia fusa veda la luce del giorno.

Il fatto che il magma sia salito rapidamente verso Grindavík alla fine della scorsa settimana, per poi fermarsi proprio sotto le strade ormai svuotate della città, ha suscitato sia curiosità che ansia. Le ragioni di questa fase di stallo non sono del tutto chiare. Durante l’eruzione del 2021, c’è stato un intervallo di tre settimane tra il momento in cui la cortina magmatica ha invaso il sottosuolo e l’eruzione. Lo stesso potrebbe accadere questa volta, ma non è detto: non c’è modo di saperlo con certezza.

Non è nemmeno sicuro che un’eruzione ci sarà. Attualmente, l’Ufficio meteorologico islandese sospetta che ci sia un’altissima probabilità che avvenga nei prossimi giorni. Ma c’è comunque una piccola possibilità che il magma non riesca a trovare una via di fuga e rimanga sotto terra nel prossimo futuro.

Prevedere la natura, la tempistica e, in questo caso, la posizione delle prossime eruzioni vulcaniche è un esercizio complicato. Negli ultimi decenni la vulcanologia ha fatto passi da gigante dal punto di vista scientifico e tecnologico, offrendo ai ricercatori un livello di comprensione inedito sulla natura del magma nelle profondità della Terra. Ciononostante, i vulcanologi hanno a che fare con eventi che non sono visibili fino al momento dell’eruzione. Per il momento, quindi, prevedere lo stile, l’inizio e la durata della prossima eruzione in Islanda è estremamente difficile.

La penisola di Reykjanes, tuttavia, non è indifesa. Gli scienziati e i soccorritori islandesi hanno monitorato il magma 24 ore su 24 e utilizzando i dati raccolti per garantire che i danni alle persone e alle cose fossero ridotti al minimo. Gli abitanti di Grindavík sono stati tenuti lontani dalle zone di rischio vulcanico e intorno all’impianto geotermico di Svartsengi è stato costruito un muro di protezione per deviare la lava in arrivo.

A prescindere dal momento e la posizione in cui l’eruzione avrà inizio – sempre che si verifichi – gli eventi della scorsa settimana hanno “evidenziato quanto siamo stati fortunati negli ultimi tre anni“, commenta Winder. A quanto pare, purtroppo, era solo una questione di tempo prima che questa nuova era di eruzioni si trasformasse da un motivo di gioia in un grosso guaio.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.

Author: Wired

Questo sforzo investigativo è ulteriormente complicato dalle altre peculiarità della crisi in corso. Negli ultimi anni, Thorbjörn – un sistema vulcanico vicino alla centrale geotermica di Svartsengi e a Grindavík – si è occasionalmente gonfiato, forse a causa del movimento del magma sottostante, senza però creare incidenti. Gli eventi della scorsa settimana “segnano certamente una rottura di questo schema“, sottolinea Tom Winder, sismologo vulcanico dell’Università di Cambridge.

Incertezza totale

Le prime stime indicano che questa volta la quantità di magma è più consistente rispetto alle tre precedenti eruzioni sulla penisola, e che la roccia fusa è confluita nell’area di Svartsengi a una velocità sorprendente. Considerando il volume apparentemente elevato di magma, la possibilità che si verifichi un’eruzione lunga o molto prolifica è alta. Paradossalmente però è anche plausibile che solo una frazione di questa roccia fusa veda la luce del giorno.

Il fatto che il magma sia salito rapidamente verso Grindavík alla fine della scorsa settimana, per poi fermarsi proprio sotto le strade ormai svuotate della città, ha suscitato sia curiosità che ansia. Le ragioni di questa fase di stallo non sono del tutto chiare. Durante l’eruzione del 2021, c’è stato un intervallo di tre settimane tra il momento in cui la cortina magmatica ha invaso il sottosuolo e l’eruzione. Lo stesso potrebbe accadere questa volta, ma non è detto: non c’è modo di saperlo con certezza.

Non è nemmeno sicuro che un’eruzione ci sarà. Attualmente, l’Ufficio meteorologico islandese sospetta che ci sia un’altissima probabilità che avvenga nei prossimi giorni. Ma c’è comunque una piccola possibilità che il magma non riesca a trovare una via di fuga e rimanga sotto terra nel prossimo futuro.

Prevedere la natura, la tempistica e, in questo caso, la posizione delle prossime eruzioni vulcaniche è un esercizio complicato. Negli ultimi decenni la vulcanologia ha fatto passi da gigante dal punto di vista scientifico e tecnologico, offrendo ai ricercatori un livello di comprensione inedito sulla natura del magma nelle profondità della Terra. Ciononostante, i vulcanologi hanno a che fare con eventi che non sono visibili fino al momento dell’eruzione. Per il momento, quindi, prevedere lo stile, l’inizio e la durata della prossima eruzione in Islanda è estremamente difficile.

La penisola di Reykjanes, tuttavia, non è indifesa. Gli scienziati e i soccorritori islandesi hanno monitorato il magma 24 ore su 24 e utilizzando i dati raccolti per garantire che i danni alle persone e alle cose fossero ridotti al minimo. Gli abitanti di Grindavík sono stati tenuti lontani dalle zone di rischio vulcanico e intorno all’impianto geotermico di Svartsengi è stato costruito un muro di protezione per deviare la lava in arrivo.

A prescindere dal momento e la posizione in cui l’eruzione avrà inizio – sempre che si verifichi – gli eventi della scorsa settimana hanno “evidenziato quanto siamo stati fortunati negli ultimi tre anni“, commenta Winder. A quanto pare, purtroppo, era solo una questione di tempo prima che questa nuova era di eruzioni si trasformasse da un motivo di gioia in un grosso guaio.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.

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