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I cantieri per le vie di fuga dai Campi Flegrei sono bloccati da anni

Author: Wired

L’area dei Campi Flegrei è soggetta in questi giorni a uno sciame sismico a causa del fenomeno del bradisismo. Per affrontare questa minaccia, il governo Meloni ha approvato nel 2023 un piano speditivo di emergenza, delineato nel decreto legge 140. Questo piano prevede tre scenari di rischio sismico, con il terzo scenario, il più grave, che include un piano di evacuazione per la popolazione locale. Il termine “speditivo” indica che il piano si adatta rapidamente all’evolversi degli eventi sismici, distinto dal piano per una possibile eruzione vulcanica.

Il recente sciame sismico iniziato il 20 maggio 2024 non è stato classificato ufficialmente, ma ufficiosamente si colloca tra il primo e il secondo scenario di rischio. Nonostante ciò, a Pozzuoli diversi edifici sono stati dichiarati inagibili, causando lo sfollamento di numerose famiglie, temporaneamente accolte nel palazzetto dello sport locale. Le autorità stanno negoziando con gli alberghi per ospitare gli sfollati nei giorni successivi. Il piano di evacuazione per il terzo scenario non prevede gemellaggi con altre regioni, come nel caso di un’eventuale eruzione, ma si basa sull’accoglienza regionale. Gli sfollati sarebbero ospitati in strutture locali, come palestre e hotel convenzionati, grazie a un accordo tra la Regione Campania e Federalberghi.

I lavori bloccati

A parte l’accoglienza, a complicare le cose ci sono i progetti infrastrutturali necessari per garantire vie di fuga sicure, che sono rimasti incompleti. Le tre rampe per la tangenziale di via Campana, fondamentali per evacuare Pozzuoli, dovevano essere completate tre anni fa, ma i lavori sono stati abbandonati dal concessionario Copin. Questa situazione ha portato il sindaco di Pozzuoli, Luigi Manzoni, a intraprendere azioni legali e avviare nuove procedure per il completamento delle opere. La viabilità alternativa è ancora ostacolata da numerosi cantieri. La nuova stazione della Cumana a via Fasano e i lavori dell’acquedotto e dell’Enel rallentano il traffico.

Il comune di Pozzuoli sta lavorando per migliorare le vie di fuga, con progetti di ampliamento del lungomare Pertini e la riqualificazione di aree strategiche. Nonostante ciò, le evacuazioni di emergenza restano difficili, aggravate dalla mancanza di una chiara segnaletica e dalle condizioni dei lavori in corso. Inoltre, la mancata approvazione del sisma bonus per la messa in sicurezza degli edifici privati ha sollevato proteste. Il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, e Marco Sarracino del Partito Democratico, hanno criticato il governo per non aver incluso la misura nel decreto superbonus, lasciando i proprietari di case a fronteggiare i costi da soli.

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Cosa prevede il piano di evacuazione dei Campi Flegrei

Author: Wired

Dal 2015 il livello di allerta della protezione civile è passato da verde a giallo. L’allontanamento della popolazione, a iniziare dalla zona rossa, è previsto all’innalzamento del sistema di allerta al livello rosso, cioè “allarme”.

I cittadini che scelgono di allontanarsi con il trasporto assistito organizzato dalla Protezione civile devono recarsi nelle aree di attesa definite nei piani di protezione civile comunali, da cui verranno trasferiti nelle aree di incontro previste dalla pianificazione nazionale di protezione civile. Da qui è previsto il trasporto via nave, treno, pullman in Regioni e Province Autonome gemellate. La mappa dettagliata è disponibile sul sito della Protezione Civile.

I cittadini che, invece, scelgono di spostarsi con mezzi propri devono seguire i percorsi e l’apposita segnaletica stabiliti dal piano di allontanamento. Il flusso del traffico sarà gestito attraverso l’attivazione di cancelli, al fine di evitare ingorghi e incidenti.

In quanto tempo

Alla dichiarazione dello stato di allarme, le stime della Protezione Civile indicano un periodo di 72 ore per completare l’operazione di evacuazione. Le prime 12 ore consentono alle persone di prepararsi a lasciare l’area e alle autorità di predisporre le misure di regolazione del traffico. Le successive 48 ore sono dedicate alla partenza contemporanea ma cadenzata della popolazione da tutti i Comuni della zona rossa, secondo un cronoprogramma definito nei piani comunali”. Le ultime 12 ore sono riservate come “margine di sicurezza per la gestione di eventuali criticità e per consentire l’allontanamento anche degli operatori del sistema di protezione civile”.

Uno scenario possibile

Non è possibile prevedere in modo esatto in quale momento il supervulcano dei Campi Flegrei erutterà, né quanti crateri si apriranno eventualmente e dove, o quanto durerà il suo risveglio. Il piano di evacuazione della Protezione Civile è disegnato sullo scenario ritenuto più probabile sulla base di uno studio che ha preso in esame gli ultimi 5mila anni di attività dell’area. “In caso di riattivazione del vulcano, si avrebbe circa il 95% di probabilità che si verifichi un’eruzione minore o uguale a quella di taglia media, che prevede la formazione di una colonna eruttiva alta fino a decine di chilometri, composta da gas e brandelli di lava incandescenti; la caduta di materiale vulcanico, sia di grosse dimensioni nell’area più vicina alla bocca eruttiva sia di ceneri e lapilli anche a diverse decine di chilometri di distanza, lungo la direzione del vento; lo scorrimento di flussi piroclastici (valanghe di gas, cenere e frammenti vulcanici, a velocità e temperature elevate) anche per alcuni chilometri. A questi fenomeni è possibile che si aggiungano esplosioni freatiche, cioè provocate dall’ebollizione e evaporazione di acqua superficiale a causa delle elevatissime temperature del magma.

Un piano da aggiornare?

L’intensificarsi delle scosse sta riportando l’attenzione su alcune criticità che potrebbero compromettere il buon esito del piano di evacuazione, per esempio la presenza di cantieri o addirittura chiusura delle strade indicate come vie di fuga. Le richieste vertono sull’aggiornamento delle vie di fuga, il controllo dello stato e della manutenzione delle infrastrutture e degli edifici, nonché l’integrazione di quanto emerso dallo studio dei flussi di persone e auto commissionato dalla Regione Campania.

Lo scorso 22 aprile è stata fatta una prova di evacuazione per gli scenari 1 (Danneggiamento limitato degli edifici localizzati in piccole porzioni di territorio) e 2 (Danneggiamenti più severi in porzioni più ampie di territorio e ad un numero significativo di edifici e infrastrutture). Il 30 e 31 maggio 2024 è prevista una prova di evacuazione per testare lo scenario 3, ovvero quello in cui le deformazioni del suolo subiscono un aumento importante in accelerazione e la sismicità aumenta in frequenza ed energia, provocando danni strutturali al sistema edilizio e infrastrutturale e criticità tali da non poter più garantire i servizi di base per i cittadini o comunque la convivenza con i fenomeni in atto.

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Cosa sappiamo sull’eruzione del vulcano Ruang in Indonesia

Author: Wired

Il vulcano Ruang, in Indonesia, è tornato ad eruttare e in queste ore il livello di allerta è massimo. Mentre le autorità hanno completato le operazioni di evacuazione, infatti, anche l’aeroporto indonesiano a Manado è stato costretto a chiudere. A riferirlo è il ministero dei Trasporti locali, secondo cui la cenere del vulcano, dopo le cinque eruzioni registrate in un solo giorno, avrebbe raggiunto l’area, distante circa 100 chilometri. È stato chiuso, precisa in una nota Ambar Suryoko, direttore dell’autorità portuale della provincia “in seguito al propagarsi delle ceneri vulcaniche che potrebbero compromettere la sicurezza dei voli”. Ma cosa sappiamo sul vulcano e su queste ultime cinque eruzioni?

Il vulcano Ruang

Ruang è un vulcano che si trova sul lato settentrionale dell’isola di Sulawesi. Si tratta, precisamente, di uno stratovulcano, con una caratteristica forma conica e dai fianchi piuttosto ripidi a causa della formazione di lava ad elevata viscosità (e che quindi non scorre facilmente). Secondo gli esperti, gli stratovulcani spesso danno vita a eruzioni di tipo esplosivo, dovute all’accumulo di gas nel magma. Ricordiamo, inoltre, che l’Indonesia è un arcipelago del sud-est asiatico di 270 milioni di abitanti che ha oltre 120 vulcani attivi, più di qualsiasi altra parte del mondo. Si trova, infatti, lungo la Cintura di fuoco, un’are ad altissima attività sismica che poggia su più placche tettoniche nell’Oceano Pacifico. Nel 2018, per esempio, l’eruzione dell’Anak Krakatau ha provocato il crollo parziale del vulcano, innescando uno tsunami che ha colpito le coste delle isole di Giava e Sumatra, uccidendo più di 400 persone.

Le eruzioni e il rischio tsunami

Da martedì notte si sono verificate cinque eruzioni ad un’altitudine compresa tra 1800 e 3000metri dalla vetta del vulcano, causando terremoti, suoni e rimbombi assordanti e fulmini vulcanici. L’agenzia vulcanologica del Paese, il Center for Volcanology and Geological Disaster Mitigation (Pvmbg), ha così deciso di alzare l’allerta al livello più alto, con il timore che il vulcano possa parzialmente crollare in acqua e generare uno tsunami, come fece già nel 1871, quando causò appunto uno tsunami alto fino a 25 metri. “La forza dell’eruzione del Monte Ruang sta diventando più grande e ha emesso nubi calde di circa 1,7 chilometri”, ha spiegato Hendra Gunawan, capo dell’agenzia, ad Antara, aggiungendo che le eruzioni sono state innescate dai recenti terremoti nell’area. Basta pensare che secondo i dati del Pvmbg dal primo al 17 aprile scorso sono stati registrati 1.439 terremoti vulcanici profondi, 569 terremoti vulcanici superficiali, 6 terremoti tettonici locali e 167 terremoti tettonici profondi sul vulcano Ruang.

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Perché il terremoto a Taiwan preoccupa le big tech

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Il terremoto che ha colpito Taiwan il 3 aprile, il più violento degli ultimi 25 anni nell’isola asiatica, con un bilancio provvisorio di 9 morti e 821 feriti, rischia di avere serie ripercussioni anche sulla produzione globale di semiconduttori. Come riporta Bloomberg, il paese asiatico ricopre infatti un ruolo fondamentale nell’industria mondiale dei chip avanzati che sono alla base, tra gli altri, degli smartphone, dei veicoli elettrici e dei principali strumenti di intelligenza artificiale.

I danni del terremoto a TaiwanTerremoto a Taiwan, le immagini del sismaGallery32 Immaginidi Kevin CarboniGuarda la gallery

In seguito alla calamità, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc), maggior produttore di chip al mondo, che conta tra i propri clienti colossi come Apple e Nvidia, ha fermato alcuni macchinari e fatto evacuare il personale dalle proprie sedi. Lo stesso ha fatto la rivale locale United Microelectronics nei propri hub di Hsinchu e Tainan. Quanto basta per mettere in allarme le big tech mondiali, considerando che da Taiwan arriva una fetta tra l’80 e il 90% dei chip di fascia alta. I macchinari per la produzione di chip sono molto delicati, pertanto il sisma potrebbe aver provocato anche piccoli danni che ne potrebbero compromettere il funzionamento.

In particolare, a soffrire di un eventuale stop prolungato alla produzione dei semiconduttori potrebbe essere il comparto dell’intelligenza artificiale, già peraltro provato dalla breve interruzione del 3 aprile. D’altronde l’amministratore delegato di OpenAI Sam Altman e il suo omologo di Nvidia Jensen Huang già in passato hanno manifestato preoccupazione riguardo alla scarsità dei chip utili alla realizzazione di nuovi strumenti.

La scelta strategica di Tsmc è da anni la stessa: l’azienda taiwanese ha concentrato sull’isola i propri impianti di produzione, dando così la possibilità agli ingegneri di lavorare insieme, condividendo le proprie competenze. Se già le interruzioni nella catena di produzione causate dalla pandemia avevano portato Stati Uniti, Europa e Giappone a esortare la società a costruire nuovi impianti all’estero, lo stop che il terremoto ha imposto alle fabbriche e potrebbe imporre alle esportazioni potrebbe potenzialmente accelerare la realizzazione delle sedi di Tsmc in Giappone e negli Stati Uniti, paesi in cui comunque l’azienda non avrebbe intenzione di spostare la produzione dei chip più avanzati.

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Terremoto e incidente aereo: sale il numero delle vittime in Giappone

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Mentre la terra continua a tremare il bilancio delle vittime del recente terremoto in Giappone è salito a 48. A cui vanno aggiunte 5 persone che hanno perso la vita a bordo del velivolo MA722 della Guardia costiera in seguito all’impatto di ieri pomeriggio – sulla pista C dell’aeroporto di Tokyo-Haneda – con l’Airbus A350 del volo 516 della Japan Airlines, atterrato dalla pista opposta. L’aereo per la sicurezza marittima era diretto alla base aerea di Nigata sulla penisola di Noto nella cosa Occidentale, epicentro del terremoto in Giappone per fornire aiuti alla popolazione. Tutti i 367 passeggeri e i 12 membri dell’equipaggio del volo 516 sono stati evacuati con successo, mentre solo una delle sei persone a bordo del velivolo della Guardia costiera è riuscita a salvarsi.

La situazione dopo il terremoto

Al momento, circa un migliaio di militari sono stati inviati nella zona più colpita della penisola nella prefettura di Ishikawa, ma le operazioni di soccorso sono state ostacolate da strade gravemente danneggiate e bloccate, e uno degli aeroporti della zona è stato costretto a chiudere a causa di crepe sulla pista. Nelle zone colpite, numerosi edifici hanno subito crolli o danneggiamenti significativi a causa delle violente scosse. Tra i decessi, si contano almeno quindici persone nella città di Wajima, molto frequentata da turisti e altri sei nella città di Suzu, entrambe situate nella parte settentrionale della provincia.

I treni ad alta velocità e i voli dentro e fuori la regione sono stati tutti sospesi la mattina di martedì 2 gennaio. Secondo l’emittente giapponese NHK, tratti delle principali autostrade sono rimasti chiusi e le forniture idriche sono state interrotte a causa della rottura dei tubi in alcune aree. Anche le reti di telefonia mobile nella regione sono state danneggiate, ma il servizio è stato gradualmente ripristinato. La conta delle persone evacuate dalle zone più pericolose tocca la soglia dei 100mila individui.

Le scosse e l’allarme tsunami

Intanto un’altra scossa di magnitudo 5.6 è stata registrata oggi alle 10:37 ora locale (le 2:17 in Italia) nella prefettura Centro-Occidentale di Ishikawa. Secondo l’agenzia meteorologica nipponica Jma, tra ieri e oggi il Giappone centrale è stato colpito da almeno 155 terremoti di cui il più forte ha raggiunto la magnitudo di 7.6, causando onde di tsunami di circa un metro su alcune parti della costa occidentale . Oltre all’epicentro a Ishikawa, sono state coinvolte anche le province di Niigata e Toyama, adiacenti alla penisola a nord e sud. Anche se le onde sismiche si sono propagate fino a Tokyo distante oltre 400 chilometri.

Il Giappone è la nazione più soggetta a terremoti al mondo, ma un allarme tsunami della grandezza di lunedì non veniva emesso da quando una forte scossa e uno tsunami colpirono il nord-est del paese l’11 marzo 2011, uccidendo 18 mila persone. Il disastro devastò le città innescando la fusione nucleare nell’impianto di Fukushima. Da quel momento quasi tutte le centrali nucleari del Giappone sono state messe fuori servizio dopo il disastro.

Fortunatamente le hanno affermato che le centrali attive nel paese non sono attualmente in pericolo: non è stato rilevato alcun aumento dei livelli di radiazioni presso le postazioni di monitoraggio nella regione e non sono state rilevate anomalie nei reattori situati lungo la vicina costa.