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I lavori del ponte sullo Stretto inizieranno in ritardo (c’erano dubbi?)

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La società Stretto di Messina, responsabile del progetto del ponte sullo Stretto, ha richiesto un’estensione di quattro mesi per rispondere alle richieste di integrazione presentate dal ministero dell’Ambiente a metà aprile. Questa richiesta dilaterà i tempi delle procedure oltre le previsioni iniziali, rendendo impossibile rispettare il termine fissato dal ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, sia per l’avvio dei cantieri in estate del 2024, come annunciato, sia entro la fine dell’anno. La richiesta di proroga è motivata dalle oltre duecento richieste di chiarimenti presentate dalla commissione Via, composta da quaranta esperti, riguardanti principalmente la compatibilità ambientale del progetto.

Cosa manca

Tra le richieste, si evidenziano valutazioni mancanti sulla qualità dell’aria, sulla dispersione di inquinanti marini, sulle conseguenze della costruzione dei pontili e sulla possibile deformazione costiera. Mancano anche analisi sulla biodiversità, sull’inquinamento acustico, sulle vibrazioni e sui campi elettromagnetici. Inoltre, si richiede un’analisi approfondita dei costi e dei benefici, nonché una descrizione più dettagliata del contesto sociale ed economico; la gestione dei cantieri e lo smaltimento dei materiali di scavo sono ulteriori punti di interesse.

La richiesta di proroga ha effetti sulla gestione della procedura stessa, con la commissione di Via (valutazione di impatto ambientale, che va effettuata quando si realizzano grandi opere per stimare le conseguenze sull’ambiente) che scadrà il prossimo 24 maggio e dovrà essere rinnovata. Dopo ulteriori fasi procedurali, i lavori potrebbero iniziare entro la fine dell’anno, con il ponte che non verrà valutato dal Cipess, il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile della presidenza del Consiglio dei ministri, prima di questo momento.

La questione espropri

Nel frattempo, restano da definire gli espropri delle aree interessate dalla costruzione del ponte, mentre le opposizioni criticano aspramente il protrarsi dei tempi e accusano il governo di non mantenere le promesse elettorali. “Vado avanti dritto e conto che entro i trenta giorni la società Stretto di Messina dia le risposte a tutte le osservazioni fatte dagli altri ministeri: l’obiettivo, lo ribadisco, è arrivare all’avvio dei lavori entro l’estate 2024”, aveva detto Matteo Salvini ad aprile. La società Stretto di Messina, tuttavia, ribadisce il suo impegno nel fornire risposte esaurienti e motivate, mentre il Mit allo stesso tempo assicura che il “2024 sarà l’anno del Ponte sullo Stretto” e che “è stato ritenuto opportuno fare tutte le verifiche del caso perché un’opera così rilevante a livello mondiale merita massima scrupolosità“.

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Cosa sappiamo sull’agenzia con cui il governo vuole controllare il calcio

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Una Agenzia per la vigilanza economica e finanziaria delle società sportive professionistiche nel calcio e nel basket. È questo, come sottolinea La Repubblica il nome previsto per l’organo governativo che dovrebbe essere chiamato a vigilare sui conti delle società professionistiche del panorama calcistico e di quello della pallacanestro del nostro paese, i cui contorni sono stati connotati nella bozza di un articolo di un decreto legge al vaglio del ministro dello Sport Andrea Abodi.

In seguito alla divulgazione del documento alla stampa, avvenuto secondo il ministro “senza autorizzazione e non dagli uffici del mio dicastero”, egli ha poi proceduto a inviare la bozza agli enti sportivi interessati, tra i quali la Federazione italiana giuoco calcio (Figc) e il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni). Una mossa, quest’ultima, che ha portato il presidente della Figc Gabriele Gravina a convocare d’urgenza il 6 maggio tutte le componenti federali.

I club di serie A, intanto, “fermo restando – si legge in una notal’impegno già più volte manifestato per migliorare la sostenibilità economico-finanziaria e la trasparenza dei controlli nel calcio italiano, hanno espresso all’unanimità la contrarietà rispetto alla proposta di istituirel’agenzia, “rivendicando l’autonomia dell’ordinamento sportivo dalla politica”. Il nuovo organo sostituirebbe di fatto la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche (Covisoc), che è interno alla Figc.

Ma come sarà l’Agenzia?

Stando a quanto si apprende dalla prima bozza, l’agenzia sarà un ente pubblico non economico e avrà sede a Roma. Esso dipenderà immediatamente dal ministero dello Sport, se non proprio da Palazzo Chigi, e avrà “autonomia regolamentare“. L’organo avrà il compito di controllare i bilanci delle società professionistiche, indicare gli eventuali correttivi da apportare, ordinare il deposito di documenti ed effettuare ispezioni nelle sedi dei club. Non solo, però: l’agenzia avrà il potere di convocare i vertici federali e delle leghe ed esprimerà pareri vincolanti sulle iscrizioni ai campionati.

Per quanto riguarda la sua gerarchia interna, l’agenzia sarà formata da un presidente e due componenti nominati dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro Abodi con mandato quadriennale e non rinnovabile, oltre che da un segretario generale e trenta dipendenti. Il costo di tale struttura ruoterà intorno ai 2,5 milioni all’anno, che dovrebbero essere sborsati non dai cittadini ma dalle stesse società, con proporzioni ancora da stabilire.

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Cosa ha deciso il governo sull’intelligenza artificiale

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Sono stati suggeriti anche su codice penale da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che ha la sua commissione per l’AI per mano del sottosegretario di Forza Italia, Alberto Barachini (su cui Meloni, indispettita dalla mossa, è voluta intervenire affidandone la regia a padre Paolo Benanti) e vagliati dal Guardasigilli, Carlo Nordio.

È prevista l’aggravante comune per AI, con l’aggiunta all’articolo 61 del codice penale del comma: “L’avere commesso il fatto mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale, quando gli stessi, per la loro natura o per le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso, ovvero quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa, ovvero aggravato le conseguenze del reato”. Nel caso del reato di sostituzione di persona (articolo 494), la pena è la reclusione da uno a tre anni se si usano deepfake. Sono previste aggravanti per AI anche per la manipolazione di mercato, l’aggiotaggio, la ricettazione, la truffa, il riciclaggio.

La diffusione illecita di deepfake, con l’obiettivo di ingannare chi li vede, è punita su querela con la reclusione da sei mesi a tre anni. “Se dal fatto deriva un danno ingiusto, la pena è della reclusione da uno a cinque anni”, si legge. Il disegno di legge prevede l’azione di ufficio se è “commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità, o di una pubblica autorità a causa delle funzioni esercitate”.

Il governo si riserva, tra le altre cose, di designare in base all’AI Act, un’autorità di vigilanza del mercato e una di notifica. Entro un anno dovrà emettere “uno o più decreti legislativi per definire organicamente la disciplina nei casi di uso di sistemi di intelligenza artificiale per finalità illecite”. Palazzo Chigi e ministero della Giustizia trasmetteranno le bozze alle Camere per un parere, che dovrà arrivare entro 60 giorni, altrimenti l’esecutivo potrà procedere per la sua strada.

Diritto d’autore e bollino sull’AI

L’aggravante per AI riguarda anche la protezione del copyright, uno dei cardini della legge che ha richiesto, secondo Il Sole 24 Ore, un importante lavoro di allineamento. La legge integra le tutele e le violazioni con aggravanti per il ricorso dell’AI. E poi obbliga canali tv, radio e piattaforme di streaming a inserire un bollino che identifichi i contenuti realizzati o modificati dall’intelligenza artificiale, “un elemento o segno identificativo, anche in filigrana o marcatura incorporata purché chiaramente visibile e riconoscibile, con l’acronimo “IA” ovvero, nel caso audio, attraverso annunci audio”. Il bollino dovrà comparire a inizio e fine trasmissione, prima e dopo il contenuto generato con l’AI e alla fine di ogni interruzione pubblicitaria.

Le piattaforme social dovranno fornire sistemi per identificare i contenuti generati dall’AI. La legge sul copyright tutela i prodotti degli algoritmi, “nel caso in cui il contributo umano nell’ideazione e realizzazione dell’opera tramite l’uso dell’algoritmo sia creativo, rilevante e dimostrabile” e punisce gli abusi con una pena aumentata.

La pubblica amministrazione

Sarà Agid a guidare l’ingresso massivo dell’AI negli enti pubblici. In particolare dovrà fornire gli indirizzi a Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazioni, su programmi e aziende. Il governo spinge per un approccio “sovranista”, chiedendo che “vengano privilegiate quelle soluzioni che garantiscono la localizzazione ed elaborazione dei dati critici presso data center posti sul territorio nazionale, nonché modelli fondativi in grado di assicurare elevati standard in termini di trasparenza nelle modalità di addestramento e di sviluppo di applicazioni basate su AI generativa”. La parola passa al Polo strategico nazionale, l’infrastruttura su cui migrare i dati critici e strategici della pubblica amministrazione. L’AI nel pubblico dovrà essere trasparente, “assicurando agli interessati la conoscibilità del suo funzionamento e la tracciabilità del suo utilizzo”, e utilizzata a supporto di decisioni prese dalla persona responsabile.

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Come funzionano le elezioni in India

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L’elefante va alle urne. Tra aprile e maggio 2024 in India si terrà una delle tornate elettorali più lunghe della sua storia post-indipendenza. Nell’arco di sei settimane, quasi 950 milioni di elettori (più dell’intera popolazione di Stati Uniti, Unione europea e Russia messi insieme) potranno esercitare il loro diritto di voto e determinare la composizione del prossimo governo, nonché il destino di Narendra Modi, primo ministro in carica, e del suo partito, il Bharatiya Janata Party (Bjp).

I numeri di quella che è considerata la più grande democrazia al mondo sono pachidermici. Il Paese conta oltre 960 milioni di cittadini aventi diritto di voto, tra cui circa 470 milioni di donne, 19 milioni di giovani che votano per la prima volta e 197 milioni di elettori ventenni. L’affluenza alle elezioni è generalmente elevata: il record si è toccato nel 2019, quando si sono presentati alle urne il 67% dei votanti (quasi 615 milioni di persone). Quest’anno scommettono gli osservatori, dopo che l’India ha superato la Cina come paese più popoloso del mondo, questo precedente potrebbe venire polverizzato. Ma vaste elezioni richiedono alti costi: secondo le stime, i partiti hanno speso oltre 7 miliardi di dollari nelle elezioni parlamentari del 2019 e la cifra potrebbe raddoppiare per questa tornata elettorale.

Cosa si vota?

Quel che gli elettori sono chiamati a decidere è chi siederà nella camera bassa del Parlamento indiano, il Lok Sabha o Camera del popolo, la più potente delle due camere che compongono il parlamento indiano. Che è bicamerale e comprende anche il Consiglio degli Stati (o Rajya Sabha). Il partito o la coalizione che ottengono la maggioranza nel corso di queste elezioni nominerà uno dei suoi membri eletti come primo ministro, il quale sarà chiamato a indicare i ministri che prenderanno parte al gabinetto. Il sistema elettorale indiano è maggioritario e multipartitico: vince il candidato che riceve più voti.

Quando si vota?

A causa delle dimensioni del Paese, la votazione non può avvenire in sicurezza in contemporanea in tutti gli stati, ma è divisa in sette fasi e ci vorranno quasi sei settimane per completarle, dovendo tenere conto di fattori come gli estremi climatici, i festival culturali e le ricorrenze religiose. Le date annunciate dalla commissione elettorale sono il 19 aprile, 26 aprile, 7 maggio, 13 maggio, 20 maggio, 25 maggio e 1° giugno. In alcuni stati come Bihar, Bengala occidentale e l’Uttar Pradesh la votazione si estenderà per tutti e sette i giorni. In altri, come Arunachal Pradesh e Sikkim, avrà luogo in un giorno. In totale, 44 giorni effettivi, perché il risultato sarà reso noto il 4 giugno: si tratta del secondo esercizio elettorale più lungo nella storia elettorale del subcontinente dopo le prime elezioni, svolte nell’arco di cinque mesi tra settembre 1951 e febbraio 1952.

Gli sfidanti

Il partito attualmente al potere e in cerca di una terza conferma è il Bharatiya Janata Party, formazione politica nazionalista hindu guidata dal primo ministro Narendra Modi, salito al potere nel 2014. Nelle precedenti elezioni del 2019 ha ottenuto 303 seggi. La coalizione di cui il Bjp è parte, l’Alleanza democratica nazionale (Nda) ha ottenuto un totale di 352 seggi – in altre parole, una maggioranza schiacciante. A questo giro, il primo ministro in carica ha annunciato che punta a 370 seggi per il Bjp e oltre 400 per la Nda, il che costituirebbe un risultato senza precedenti. Quello di Modi è stato un decennio che ha visto il governo alle prese con alcune delle più importanti sfide per il Paese sia a livello social-economico (infrastrutture antiquate e la mancanza di acqua pulita e servizi igienici), sia a livello di visibilità internazionale: digitalizzazione, allunaggio, moneta elettronica, energie rinnovabili ma anche accuse di controllo (se non di repressione, soprattutto delle minoranze) hanno caratterizzato questi anni.

Lo sfidante principale è l’Indian National Congress o più semplicemente Congress, guidato da Mallikarjun Kharge, il primo presidente negli ultimi 24 anni di storia del partito a non chiamarsi Gandhi di cognome: dopo gli ultimi due disastrosi passaggi elettorali, la famiglia erede politica di Jawaharlal Nehru e di sua figlia Indira Gandhi, due anni fa ha fatto un passo indietro. Alcuni analisti sostennero all’epoca che si trattasse di tentativo da parte della famiglia Gandhi (la madre Sonia, nata in Italia, il figlio Rahul e la figlia Priyanka) di far apparire il partito come meno “dinastico” e smorzare le critiche di Modi, che ha spesso definito il partito di opposizione un “affare di famiglia”. La coalizione di opposizione, nata l’anno scorso, nasce da una sua alleanza con altri partiti regionali: si chiama Indian national developmental inclusive alliance o in altre parola (le sigle sono grande passione del subcontinente) India. Ne fanno parte, non senza periodiche crisi, un ampio ventaglio di partiti, dall’All India Trinamool Congress (il potente partito al governo nello stato del Bengala occidentale), il partito dell’uomo comune Aap (che guida non senza problemi la capitale Delhi) e il Dravida munnetra kazhagam (che governa il Tamil Nadu), fino a partiti più piccoli come il Partito comunista di liberazione (marxista-leninista) e la Lega musulmana.

Il voto

In base alle regole elettorali indiane, deve esserci un seggio elettorale entro 2 chilometri da ogni abitazione, il che spiega perché una parte non marginale dei 15 milioni di lavoratori (tra i quali molti insegnanti) coinvolti nel processo elettorale devono attraversare mari e monti, letteralmente, tra isole, ghiacciai, deserti, giungle, per assicurare ai concittadini il diritto di voto. Ogni fase elettorale durerà un giorno, di conseguenza varie circoscrizioni elettorali voteranno nelle stesse 24 ore.

Le elezioni così scaglionate consentono al governo di spostare le forze dell’ordine nelle varie aree, prevenire episodi di ressa o violenza, ma anche trasportare funzionari elettorali e macchine per il voto – il quale è espresso elettronicamente usando oltre 1,7 milioni di macchine per il voto elettronico a registrazione diretta, che rilevano i voti immediatamente, non sono collegate a Internet e stampano le ricevute. Una curiosità: le macchine elettorali prevedono anche il tasto chiamato Nota, ovvero Nessuno dei precedenti (None of the above).

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Tutti i benefici della pec

Author: Wired

La posta elettronica certificata (pec) conviene all’ambiente e all’economia. Secondo uno studio della società di ricerca Idc, compiuto in collaborazione con Aruba, InfoCert-Tinexta Group e Tim Enterprise attraverso Trust Technologies e intitolato Benefici e opportunità della pec: pilastro dei servizi digitali fiduciari del futuro, l’impiego della posta elettronica certificata tra il 2008 e il 2022 ha prodotto benefici economici per un totale di circa 3,5 miliardi di euro.

In particolare, la ricerca ha analizzato una serie di criteri che valutano gli effetti della sostituzione della tradizionale raccomandata cartacea con il suo equivalente digitale. In base a essi, si può prevedere che tra il 2023 e il 2026 la pec produrrà altri 2,5 miliardi di euro di benefici economici, 650 milioni dei quali concentrati nel solo 2026, quando le caselle di posta elettronica certificata attive saranno più o meno 20 milioni e il flusso di messaggi toccherà quota 3,5 miliardi.

Nel dettaglio, nel 2026 l’utilizzo della pec contribuirà a ridurre in maniera significativa gli spostamenti dei cittadini verso uffici postali, uffici pubblici e sedi di aziende finalizzati all’invio di raccomandate. Tutto ciò si tradurrà in 349 milioni di chilometri di tragitti superflui in meno, per un risparmio totale del 35,8% rispetto al 2022 e di 107mila tonnellate di anidride carbonica emesse. Non solo, però: ci saranno 1,7 milioni di metri quadrati di spazio di archiviazione in meno, meno utilizzo di carta e, di conseguenza, 70mila alberi salvi.

Questo processo virtuoso è alimentato dal fatto che la pec rappresenta il mezzo di notifica a valore legale maggiormente diffuso in Europa. In base ai dati ufficiali di Agid, nel 2022 solo in Italia risultavano per esempio attive circa 15 milioni di caselle di posta elettronica certificata, con più di 2,5 miliardi di messaggi scambiati. Insomma, “i benefici derivanti dalla pec – sottolinea la senior research analyst di Idc Erica Spinoni – vanno ben oltre la semplificazione delle procedure e delle pratiche amministrative, includendo tematiche di carattere economico e di sostenibilità rilevanti per il futuro”.