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Cosa ha deciso il governo sull’intelligenza artificiale

Author: Wired

Sono stati suggeriti anche su codice penale da parte del Dipartimento per l’informazione e l’editoria, che ha la sua commissione per l’AI per mano del sottosegretario di Forza Italia, Alberto Barachini (su cui Meloni, indispettita dalla mossa, è voluta intervenire affidandone la regia a padre Paolo Benanti) e vagliati dal Guardasigilli, Carlo Nordio.

È prevista l’aggravante comune per AI, con l’aggiunta all’articolo 61 del codice penale del comma: “L’avere commesso il fatto mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale, quando gli stessi, per la loro natura o per le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso, ovvero quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa, ovvero aggravato le conseguenze del reato”. Nel caso del reato di sostituzione di persona (articolo 494), la pena è la reclusione da uno a tre anni se si usano deepfake. Sono previste aggravanti per AI anche per la manipolazione di mercato, l’aggiotaggio, la ricettazione, la truffa, il riciclaggio.

La diffusione illecita di deepfake, con l’obiettivo di ingannare chi li vede, è punita su querela con la reclusione da sei mesi a tre anni. “Se dal fatto deriva un danno ingiusto, la pena è della reclusione da uno a cinque anni”, si legge. Il disegno di legge prevede l’azione di ufficio se è “commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità, o di una pubblica autorità a causa delle funzioni esercitate”.

Il governo si riserva, tra le altre cose, di designare in base all’AI Act, un’autorità di vigilanza del mercato e una di notifica. Entro un anno dovrà emettere “uno o più decreti legislativi per definire organicamente la disciplina nei casi di uso di sistemi di intelligenza artificiale per finalità illecite”. Palazzo Chigi e ministero della Giustizia trasmetteranno le bozze alle Camere per un parere, che dovrà arrivare entro 60 giorni, altrimenti l’esecutivo potrà procedere per la sua strada.

Diritto d’autore e bollino sull’AI

L’aggravante per AI riguarda anche la protezione del copyright, uno dei cardini della legge che ha richiesto, secondo Il Sole 24 Ore, un importante lavoro di allineamento. La legge integra le tutele e le violazioni con aggravanti per il ricorso dell’AI. E poi obbliga canali tv, radio e piattaforme di streaming a inserire un bollino che identifichi i contenuti realizzati o modificati dall’intelligenza artificiale, “un elemento o segno identificativo, anche in filigrana o marcatura incorporata purché chiaramente visibile e riconoscibile, con l’acronimo “IA” ovvero, nel caso audio, attraverso annunci audio”. Il bollino dovrà comparire a inizio e fine trasmissione, prima e dopo il contenuto generato con l’AI e alla fine di ogni interruzione pubblicitaria.

Le piattaforme social dovranno fornire sistemi per identificare i contenuti generati dall’AI. La legge sul copyright tutela i prodotti degli algoritmi, “nel caso in cui il contributo umano nell’ideazione e realizzazione dell’opera tramite l’uso dell’algoritmo sia creativo, rilevante e dimostrabile” e punisce gli abusi con una pena aumentata.

La pubblica amministrazione

Sarà Agid a guidare l’ingresso massivo dell’AI negli enti pubblici. In particolare dovrà fornire gli indirizzi a Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazioni, su programmi e aziende. Il governo spinge per un approccio “sovranista”, chiedendo che “vengano privilegiate quelle soluzioni che garantiscono la localizzazione ed elaborazione dei dati critici presso data center posti sul territorio nazionale, nonché modelli fondativi in grado di assicurare elevati standard in termini di trasparenza nelle modalità di addestramento e di sviluppo di applicazioni basate su AI generativa”. La parola passa al Polo strategico nazionale, l’infrastruttura su cui migrare i dati critici e strategici della pubblica amministrazione. L’AI nel pubblico dovrà essere trasparente, “assicurando agli interessati la conoscibilità del suo funzionamento e la tracciabilità del suo utilizzo”, e utilizzata a supporto di decisioni prese dalla persona responsabile.

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Tecnologia

Il supercomputer di Bologna e la sfida dell’intelligenza artificiale generativa

Author: Wired

Tra i progetti di sviluppo più rilevanti a livello europeo c’è Eurofusion, in cui l’infrastruttura di computazione ad alte prestazioni (High Performance Computing, Hpc) viene utilizzata a supporto della fusione nucleare. Si tratta di un ambito di applicazione in cui il supercalcolo può permettere di raggiungere risultati più rapidi e di valore?

“La comunità scientifica europea, che è impegnata nel nucleare e si raccoglie intorno al progetto Eurofusion, ha finora utilizzato marginalmente il supercalcolo a supporto delle proprie attività, fondamentalmente come un sistema ancillare. Oggi le prospettive stanno cambiando, in quanto con il nuovo ciclo di programmazione Eurofusion si è deciso di investire maggiormente sul calcolo Hpc. Si ritiene che a questo stadio della ricerca possa costituire un fattore abilitante, e soprattutto accelerante, in grado di rendere più rapido il processo di sviluppo. L’Italia, con l’agenzia Enea e il Cineca, ha vinto la gara per gestire questo sistema di supercalcolo, che dovrebbe essere inaugurato già durante l’estate. Si tratta di un passaggio rilevante perché segna la crescita dei dominici classici, sfruttando anche le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa”.

Quest’anno sarà ospitato al Tecnopolo di Bologna il G7 Tecnologia. È possibile davvero creare una sinergia a livello globale su questi temi della frontiera high tech? Oppure oggi la competitività internazionale e l’instabilità geopolitica rendono più complessa una reale collaborazione?

“Ospitare il G7 Tecnologia al Tecnopolo di Bologna è un’opportunità per affrontare la sfida di creare sinergie globali su temi tecnologici cruciali. Oltre a essere un orgoglio, da italiano, ospitare il G7 Tecnologia è un bellissimo riconoscimento che sottolinea l’impegno del nostro paese nella trasformazione digitale. Tuttavia, appunto, la crescente competitività e la complessità dello scenario geopolitico pongono ostacoli significativi a una piena collaborazione. Nonostante ciò, c’è un ottimismo nel potere trovare una convergenza su princìpi fondamentali che riguardano le tecnologie ad alto impatto, riconoscendo i rischi associati e cercando soluzioni condivise.

“A livello europeo, si auspica una politica industriale coesa per affrontare le sfide del presente e del prossimo futuro, riconoscendo la necessità di una scala di azione che sia quantomeno continentale. L’accordo su princìpi fondamentali può essere un punto di partenza per superare le complessità della competizione globale e costruire una collaborazione più proficua nel settore tecnologico. Questo processo richiede un impegno continuo nella definizione di politiche industriali europee solide, nonché la ricerca di un ragionevole equilibrio tra la competitività nazionale e la cooperazione internazionale”.

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Economia Tecnologia

I Paesi del G7 vogliono investire nei cavi internet nell’Artico

Author: Wired

VeronaInvestire in cavi internet sottomarini nel mar Artico. È questo uno degli impegni presi dai paesi del G7, il forum intergovernativo che riunisce le sette economie più avanzate del pianeta (Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Italia, Canada e Giappone), al primo appuntamento ministeriale del G7, di cui Roma ha la presidenza per il 2024. “Lavoreremo per progetti di comunicazione sottomarina nel mar Artico e nel Pacifico, per mettere in sicurezza la trasmissione dei dati”, ha detto il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso.

Dossier telecomunicazioni

C’è in particolare un progetto, quello di un cavo internet nell’Artico, messo sul tavolo al G7 del 2023, a guida giapponese. Obiettivo: creare una connessione diretta tra Giappone, Europa e Nord America, bypassando la Russia. E l’Artico è la via più breve per collegare le tre sponde del blocco. Una partita che si è fatta più urgente all’incrinarsi dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, ma anche all’indomani degli attacchi a quattro cavi internet che passano attraverso il mar Rosso, snodo mondiale non solo dello scambio delle merci, ma anche delle informazioni, dato che da là passa il 17% del traffico globale di dati.

Un dossier esiste. È quello di Far North Fiber, 17mila chilometri di lunghezza, promosso da tre operatori di telecomunicazioni in Finlandia, Stati Uniti e Giappone (rispettivamente Oy, Far North Digital e Arteria networks) e affidato ad Alcatel submarine networks, il più importante sviluppatore di queste infrastrutture (parte del gruppo Nokia). Consegna prevista nel 2027. Al cavo è interessata anche la Commissione europea, che nel 2023 ha varato un’iniziativa sulle comunicazioni nell’Artico, così come la Nato, che ha istituito un coordinamento nello stesso anno, dopo il danneggiamento del cavo che collega l’arcipelago delle Svalbard alla Norvegia nel gennaio 2022. Al G7 di Verona e Trento, dedicato a industria e digitale e prima delle venti tappe in programma in diverse città italiane e che culmineranno a metà giugno con l’incontro dei capi di Stato a Borgo Egnazia, in Puglia, il gruppo di ministri ha preso un impegno anche nell’investimento in reti quantistiche.

Le sessioni di lavoro

All’incontro nella città veneta, nel palazzo della Gran Guardia, dirimpetto all’Arena, hanno preso parte anche le delegazioni dell’Unione europea, capeggiata dalla vicepresidente con delega al digitale, Margrethe Vestager, e di Corea del sud, Ucraina e Arabia saudita. I lavori sono stati suddivisi in tre momenti. Nella prima sessione è emersa una concertazione tra i paesi del G7 di allineare le regole per sviluppare in modo coordinato intelligenza artificiale, quantum computing e altre tecnologie di frontiera. In particolare, a guidare il lavoro sull’AI sarà il cosiddetto processo di Hiroshima, un metodo per stabilire norme comuni sul settore avviato durante il G7 giapponese. A ottobre è prevista un nuovo vertice ministeriale su tecnologia e industria, per mettere nero su bianco in un documento i progressi raggiunti e trasferire il dossier alla presidenza del 2028, affidata al Canada.

La seconda sessione ha messo a fuoco i problemi delle catene di approvvigionamento da cui dipendono le nazioni del G7 per svincolarsi e stabilire una politica comune sugli investimenti. A partire dai semiconduttori. La terza sessione, a cui hanno partecipato anche delegati dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu), agenzia delle Nazioni unite, ha fissato come obiettivo la realizzazione di un hub per l’AI, per diffondere conoscenza e competenze a livello globale.

L’investimento di Silicon Box

Al tavolo del G7 Urso si è seduto sicuro dell’investimento da 3,2 miliardi da parte di Silicon Box, startup di Singapore specializzata in chiplet, minuscoli circuiti integrati grandi come granelli di sabbia. L’impianto dovrebbe generare 1.600 posti di lavoro. L’ad dell’azienda, Byung Joon Han, che ha partecipato a una riunione preliminare dei rappresentanti delle imprese, il B7, ha spiegato di voler far partire l’investimento entro il 2024. Ancora non è noto dove sorgerà la fabbrica né a quanto ammonti le agevolazioni concesse dal governo, tema su cui Urso non si è voluto esprimere.

Il ministro ha detto che l’investimento nasce a valle di una serie di incontri con 80 aziende della microelettronica portate avanti dalla task force dedicata del suo ministero e condotte nel 2023. Tra questi vi sono aziende di Taiwan, della Corea del sud, del Giappone e degli Stati Uniti. Tra queste Intel, che aveva intenzione di avviare anche in Italia un impianto nella filiera dei chip ma poi ha ritirato la proposta. La scorsa estate Silicon Box ha visitato diversi siti nel Belpaese e si orientata per insediarsi nel nord Italia. Secondo Urso quello della startup di Singapore è il primo di una serie di annunci: “Altri investimenti seguiranno nei prossimi mesi”.

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Economia Tecnologia

Il nuovo piano della Cina per l’autosufficienza tecnologica

Author: Wired

Taipei – Xīn zhí shēngchǎnlì. Ovvero, nuove forze produttive. La formula chiave delle “due sessioni” 2024 pare essere questa. Una formula dietro la quale si cela un cambio di prospettiva e di modello di sviluppo per la Cina. Se n’è parlato tantissimo durante le riunioni della Conferenza consultiva politica del popolo cinese e dell’Assemblea nazionale del popolo, che come ogni anno rappresentano il principale appuntamento politico e legislativo a livello statale. È qui, insieme al Plenum del Partito comunista (che nel 2023 non si è inusualmente svolto) che le proposte, le idee e le teorie trovano forma. Entrano nel lessico, nella liturgia e nell’ortodossia di Partito e Stato, due entità di cui i confini sono in realtà sempre meno definiti.

Per ogni concetto che assurge a linea guida, serve una “mitologia“. Ed ecco allora che i media statali cinesi spiegano che la formula di “nuove forze produttive” è stata introdotta dal presidente Xi Jinping lo scorso settembre, durante un’ispezione nell’Heilongjiang, una provincia nord orientale. Stavolta, il leader ne ha parlato in maniera specifica durante la seconda sessione dell’Assemblea nazionale del popolo durante una riunione con gli esponenti della provincia dello Jiangsu. Xi ha chiesto di concentrarsi sullo sviluppo di alta qualità come massima priorità, sollecitando sforzi per intensificare l’innovazione, promuovere le industrie emergenti, adottare piani lungimiranti per lo sviluppo di industrie orientate al futuro e migliorare il sistema industriale modernizzato.

Il discorso ha subito conquistato, come ovvio, il centro della ribalta. Ma che cosa significa esattamente il concetto di “nuove forze produttive”? Si intreccia con gli obiettivi strategici dell’autosufficienza tecnologica e quello di trasformazione del modello di sviluppo. La Cina di Xi non mira solo ad accelerare e persino completare la transizione da “fabbrica del mondo” a società di consumi, ma anche a creare un modello di crescita ad alta qualità, meno imponente dal punto di vista quantitativo ma più sicuro e privo di esagerate esposizioni a debito e turbolenze esterne.

Innovazione massima priorità strategica

Le due sessioni 2024 certificano che l’innovazione deve essere il cuore delle nuove forze produttive e che queste ultime sono il motore con cui la Cina può lasciare il modello di crescita tradizionale e percorrere un sentiero di sviluppo produttivo diverso, in cui l’high tech e l’alta qualità siano in grado di sprigionare un potere trasformativo di innovazione.

Sin qui, tante buone intenzioni. Ma per passare ai fatti concreti, servono secondo la leadership cinese due passaggi. Il primo è l’investimento nella ricerca per perfezionare tecnologie in grado di cambiare le “regole del gioco”. Il secondo è applicare queste innovazioni tecnologiche sul piano industriale. Il terzo è completare la riforma dei settori produttivi. In qualche caso, la Cina sente di esserci già riuscita. Non a caso, anche nel rapporto di lavoro del premier Li Qiang si menzionano i successi raccolti in alcuni settori ad alto valore innovativo e strategico: auto elettriche, batterie agli ioni di litio, fotovoltaico. Senza dimenticare il recente lancio internazionale dell’aereo C919 che si propone di sfidare Boeing e Airbus in alcuni mercati emergenti (soprattutto del Sud-Est asiatico), la ricerca sottomarina e il settore spaziale.

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I computer quantistici non sostituiranno quelli normali

Author: Wired

Nonostante ciò sia teoricamente possibile, passare dalla definizione astratta al mondo fisico si sta dimostrando straordinariamente difficile. Costruire computer quantistici che risolvano problemi di valore commerciale richiede uno sforzo tecnologico immenso. Dopodiché, anche in presenza, un giorno, di un processore quantistico con un’elevatissima tolleranza agli errori, dubito che lo utilizzeremo per fogli di calcolo, proprio come non usiamo un supercomputer per tenere in memoria la lista della spesa. Con buona probabilità, non avremo bisogno di abbandonare JavaScript o Html/Css o Python, così come non ci recheremo al lavoro al mattino e accenderemo il nostro computer quantistico. Forse non lo useremo mai per carichi di lavoro di produzione non legati alla ricerca e sviluppo. Per questo vale la pena approfondire la metodologia utilizzata da Velu e Putra, perché questi 13.000 dollari devono pur venire da qualche parte.

Come li utilizzeremo?

Coloro che operano nella ricerca universitaria e gli operatori industriali saranno tra i primi a beneficiare di questa tecnologia. Nella comunità scientifica si manifesta un ampio consenso sull’ipotesi che le prime applicazioni si concentreranno sulla simulazione di sistemi fisici complessi, come la fisica delle particelle o la materia condensata, i modelli Fermi-Hubbard e il gas di elettroni liberi, per citare alcuni esempi. Non va dimenticato che le applicazioni di base richiedono centinaia di migliaia di qubit, e quelle davvero importanti arrivano a milioni e milioni di qubit. Visualizzare un computer quantistico come un supercomputer di grandi dimensioni localizzato in un centro dati costruito ad hoc, accessibile attraverso il cloud è sicuramente corretto, anche se l’analogia più appropriata per un computer quantistico è quella con un telescopio, e non con un calcolatore. Il telescopio non sostituisce il microscopio, la lente d’ingrandimento o l’occhio nudo. È uno strumento che può essere utilizzato per scrutare profondamente nel cielo.

Il computer quantistico è uno strumento che potrebbe essere (principalmente) utilizzato per risolvere problemi nella fisica quantistica. Qual è il valore generato da un telescopio? La curva di apprendimento associata all’introduzione dei telescopi potrebbe comportare perdite economiche? Quindi, quante persone avranno effettivamente bisogno di imparare a usare i computer quantistici là fuori? Se facciamo una valutazione su un intervallo di 10-15 anni, è concepibile che il collo di bottiglia non sia l’adozione o l’acquisizione di nuove competenze, ma l’immaturità della tecnologia stessa.

Molto lavoro dovrà essere dedicato ad adattare i problemi presi in analisi dall’hardware quantistico. In modo quasi ironico, i computer quantistici non avrebbero dovuto essere chiamati computer affatto, ma “generatori di correlazioni arbitrarie tra molte parti”. Inoltre, la digitalizzazione in termini di porte logiche e circuiti non segue un percorso esattamente naturale. Tuttavia, rappresenta il modello mentale di un dispositivo computazionale con cui siamo più familiari. Per concludere, la costruzione e lo sviluppo di computer quantistici è una bella maratona. Sicuramente ci saranno persone in grado di studiarne la capacità e proporre problemi da risolvere in modo vantaggioso – per risparmiare tempo, memoria, e forse energia. Quali sono questi problemi, è ancora poco chiaro, ma probabilmente si evolveranno insieme all’hardware man mano che questo verrà costruito. In fondo, la stessa co-evoluzione si è verificata storicamente per i computer tradizionali.