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Spacetop G1 è il portatile con occhiali ar al posto del display

Author: Wired

Spacetop G1 è un portatile differente da tutti quelli usciti finora in commercio perché non monta un display tradizionale, ma sposta lo schermo su occhiali in realtà aumentata da indossare. Suggestiva la scelta di design con il dispositivo che piazza gli smart glasses in un alloggiamento proprio in corrispondenza dello spazio lasciato libero dal display classico: si apre il notebook, si estrapolano e indossano gli occhiali e da quel momento ci si immerge all’interno di uno spazio virtuale del tutto personalizzabile.

Svariati acquirenti di Apple Vision Pro utilizzano quotidianamente il visore in realtà mista a scopo lavorativo più che di svago: possono infatti creare infiniti spazi di lavoro con display virtuali giganteschi dove visualizzare e manipolare qualsiasi contenuto. Il concetto alla base di Spacetop G1 è il medesimo, che punta su un hardware più da device portatile che da computer: il chip è Qualcomm Snapdragon 8 Gen 2 (come Meta Quest 3) con sistema di raffreddamento dedicato, 16 GB di ram, modem 5g con sim card inclusa per navigare ovunque, scheda wifi 7 e una batteria da 8 ore di autonomia e ricaricabile velocemente a 63 watt. Completano il quadro una webcam da 5 megapixel e una doppia uscita usb, per collegare monitor esterni classici. Gli occhiali sono forniti dalla nota società Xreal nello specifico si tratta del modello Air 2 Ultra, che può ridurre il costo offrendo una buona qualità generale, anche se il punto debole è una profondità di campo non esagerata, quindi se si creano spazi lavorativi complessi si dovrà necessariamente spostare molto il capo per osservare tutto al meglio.

Il video di presentazione ufficiale di Spacetop G1

Spacetop G1 sarà acquistabile dal prossimo ottobre a un prezzo di 1900 dollari (circa 1750 euro al cambio attuale), ma per il momento il lancio è limitato al solo mercato statunitense. Potrebbe poi espandersi anche all’Europa in un secondo momento.

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Tecnologia

Il parco tecnologico che doveva ospitare 100mila lavoratori ed è diventato una città fantasma

Author: Wired

Nel 2015 il Bangladesh ha inaugurato il suo primo parco tecnologico, Bangabandhu Hi-Tech City, uno spazio in cui le aziende tech potevano costruire i propri uffici e fabbriche di produzione. A poca distanza dalla capitale Dhaka, il parco è stato presentato al pubblico come la nuova “capitale della tecnologia”, pronta ad ospitare ben 100.000 lavoratori del settore entro il 2025. E così, appena un anno dopo l’inaugurazione, la società locale DataSoft ha costruito nel parco uno stabilimento di produzione di laptop a prezzi accessibili, ma un decennio dopo vi aveva assunto a lavorare soltanto 3 persone.

I progetti di ricerca e sviluppo che la compagnia aveva immaginato di portare avanti a Bangabandhu Hi-Tech City non sono mai decollati, perché nessuno dei dipendenti di DataSoft ha voluto trasferirsi a lavorare lì. E chi lo ha fatto, ha cambiato subito idea. “Eravamo in mezzo al nulla – ha raccontato a Rest of World uno degli ingegneri DataSoft che ha tentato il trasferimento -. Il market più vicino era a 10 minuti di distanza in risciò e uno dei miei colleghi pensava che il posto fosse infestato”. E così, nel corso del tempo diverse altre aziende che avevano promesso investimenti a Bangabandhu Hi-Tech City hanno abbandonato i loro piani a causa della mancanza di infrastrutture intorno al campus, oltre che della burocrazia. A oggi, infatti, il parco tecnologico è completamente deserto.

Un epilogo ovvio per un progetto che non ha ricevuto la giusta attenzione da parte del governo locale, che non si è minimamente preoccupato di dotare la zona di infrastrutture adatte a garantire la presenza di persone all’interno del parco. “I grandi edifici [sono] i primi passi della creazione di un parco hi-tech, ma per renderlo un successo [come Bangalore in India], devi costruire un intero ecosistema. Deve essere una città hi-tech”, ha dichiarato Russell T. Ahmed, presidente della Bangladesh Association of Software and Information Services. Di tutta risposta, le autorità del governo sostengono che non ci sia stato abbastanza tempo per lanciare al meglio il parco tecnologico, soprattutto considerando che si trattava della prima volta che il Bangladesh si lanciava in un progetto simile. I dati rilasciati dal governo, infatti, non parlano di uno sfacelo totale, considerando che il parco ospitava 87 aziende locali e straniere che producevano e assemblavano telefoni cellulari, bancomat e altri dispositivi IT. Eppure, le cifre a sei zeri che il Bangladesh sperava di ottenere non sono mai arrivate. E forse non arriveranno mai.

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Tecnologia

Abbiamo scoperto un po’ di più su Platone, grazie ai papiri di Ercolano

Author: Wired

Grazie all’uso delle nuove tecnologie, i ricercatori del progetto Greek Schools sono riusciti a estrarre nuove informazioni dai famosi papiri di Ercolano, rotoli semi carbonizzati dall’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, che contengo testi filosofici e la Storia dell’Accademia di Atene. I ricercatori sono riusciti a decifrare oltre mille parole mai lette prima, circa il 30% del testo, tra le quali è emerso anche il luogo esatto della sepoltura di Platone.

Le nuove informazioni raccolte hanno rivelato parti fondamentali della vita del grande filosofo greco, allievo di Socrate e maestro di Aristotele. Nei dieci frammenti analizzati, viene raccontato di come Platone fu venduto come schiavo sull’isola di Egina tra il 404 avanti Cristo, quando gli Sparta conquistò l’isola, e il 399 avanti Cristo, subito dopo la morte di Socrate. Finora si riteneva che Platone fosse diventato uno schiavo nel 387 avanti Cristo, durante il suo soggiorno alla corte di Dioniso I di Siracusa.

Il progetto

Inoltre, i testi svelano che fu sepolto nel giardino a lui riservato nell’Accademia di Atene, vicino al cosiddetto Museion o sacello sacro alle Muse, le dee ispiratrici delle arti, e che Platone fu molto critico rispetto alle capacità di una musicista originaria della Tracia, considerata dai greci antichi come una zona di barbari. Infine, sono state trovate nuove informazioni rispetto alla corruzione dell’oracolo di Delfi da parte del filosofo Eraclide Pontico e trovato il nome corretto di Filone di Larissa, allievo del grammatico Apollodoro di Atene, chiamato in realtà “Filione”.

Il progetto Greek Schools, finanziato dall’Unione europea, è nato nel 2021 da una collaborazione tra l’università di Pisa, l’istituto di Scienze del patrimonio culturale, l’istituto di linguistica computazionale Antonio Zampolli del Consiglio nazionale delle ricerche e la biblioteca nazionale di Napoli, dove sono conservati i papiri di Ercolano. Lo scopo dell’iniziativa è di realizzare la versione più completa della Rassegna dei filosofi di Filodemo di Gadara, la più ancora storia della filosofia greca giunta fino a noi e conservata nei papiri.

I rotoli danneggiati dall’eruzione del Vesuvio non possono essere srotolati per essere letti, perché rischierebbero di frantumarsi, per questo l’uso di nuove tecniche di diagnostica delle immagini è di fondamentale aiuto per gli studiosi. Tra queste si trovano l’imaging ottico nell’infrarosso e nell’ultravioletto, l’imaging molecolare ed elementale, l’imaging termico, le tomografie, la microscopia ottica digitale e altre tecniche, compreso l’uso dell’intelligenza artificiale per ricostruire le parti mancanti. Tutte queste tecniche non sono invasive e consentono di leggere il testo senza aprire i papiri, anche quando è nascosto da molti strati.

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Tecnologia

Il supercomputer di Bologna e la sfida dell’intelligenza artificiale generativa

Author: Wired

Tra i progetti di sviluppo più rilevanti a livello europeo c’è Eurofusion, in cui l’infrastruttura di computazione ad alte prestazioni (High Performance Computing, Hpc) viene utilizzata a supporto della fusione nucleare. Si tratta di un ambito di applicazione in cui il supercalcolo può permettere di raggiungere risultati più rapidi e di valore?

“La comunità scientifica europea, che è impegnata nel nucleare e si raccoglie intorno al progetto Eurofusion, ha finora utilizzato marginalmente il supercalcolo a supporto delle proprie attività, fondamentalmente come un sistema ancillare. Oggi le prospettive stanno cambiando, in quanto con il nuovo ciclo di programmazione Eurofusion si è deciso di investire maggiormente sul calcolo Hpc. Si ritiene che a questo stadio della ricerca possa costituire un fattore abilitante, e soprattutto accelerante, in grado di rendere più rapido il processo di sviluppo. L’Italia, con l’agenzia Enea e il Cineca, ha vinto la gara per gestire questo sistema di supercalcolo, che dovrebbe essere inaugurato già durante l’estate. Si tratta di un passaggio rilevante perché segna la crescita dei dominici classici, sfruttando anche le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa”.

Quest’anno sarà ospitato al Tecnopolo di Bologna il G7 Tecnologia. È possibile davvero creare una sinergia a livello globale su questi temi della frontiera high tech? Oppure oggi la competitività internazionale e l’instabilità geopolitica rendono più complessa una reale collaborazione?

“Ospitare il G7 Tecnologia al Tecnopolo di Bologna è un’opportunità per affrontare la sfida di creare sinergie globali su temi tecnologici cruciali. Oltre a essere un orgoglio, da italiano, ospitare il G7 Tecnologia è un bellissimo riconoscimento che sottolinea l’impegno del nostro paese nella trasformazione digitale. Tuttavia, appunto, la crescente competitività e la complessità dello scenario geopolitico pongono ostacoli significativi a una piena collaborazione. Nonostante ciò, c’è un ottimismo nel potere trovare una convergenza su princìpi fondamentali che riguardano le tecnologie ad alto impatto, riconoscendo i rischi associati e cercando soluzioni condivise.

“A livello europeo, si auspica una politica industriale coesa per affrontare le sfide del presente e del prossimo futuro, riconoscendo la necessità di una scala di azione che sia quantomeno continentale. L’accordo su princìpi fondamentali può essere un punto di partenza per superare le complessità della competizione globale e costruire una collaborazione più proficua nel settore tecnologico. Questo processo richiede un impegno continuo nella definizione di politiche industriali europee solide, nonché la ricerca di un ragionevole equilibrio tra la competitività nazionale e la cooperazione internazionale”.

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Economia Tecnologia

I supercomputer dell’Europa non sono pronti per l’intelligenza artificiale

Author: Wired

E qui vengono le dolenti note. Primo: nell’immediato usare i supercomputer anche per l’addestramento dell’AI significa scegliere a chi destinare la potenza di calcolo. La Commissione dovrà dare ordini di priorità e decidere come allocare le risorse al momento scarse.

Secondo: nel frattempo, spiega il funzionario, bisogna mettere mano al portafoglio e comprare un gran numero di rack, gli scaffali dove si collocano gli apparati hardware, e schede grafiche (graphics processing unit, gpu), cambiare l’architettura dei componenti e le connessioni per ridurre i tempi di collegamento tra le unità di calcolo. Tuttavia il mercato delle gpu è un collo di bottiglia. Il leader del settore è il colosso dei chip Nvidia, subissata dalla richieste, e secondo Tsmc, la principale azienda globale di produzione di microprocessori, la scarsità di offerta durerà almeno per tutto il 2024. Peraltro proprio Nvidia deve fornire l’hardware per il nono supercomputer della rete europea (di cui fa parte anche l’italiano Leonardo, impiantato a Bologna). È Jupiter e dovrebbe vedere la luce entro fine anno nel centro tedesco di supercalcolo a Jülich. Valore dell’appalto complessivo: 237 milioni. Il funzionario spiega che, con questi chiari di luna, non ci sono garanzie che Nvidia mandi in tempo i suoi chip, benché siano previste penalità per i ritardi.

La sfida del chip made in Europe

Terzo: Bruxelles potrebbe replicare con un chip made in Europe. La tecnologia, in questo caso, non manca: la società olandese Asml è il più importante produttore al mondo di macchine per la stampa dei chip. Non è cosa, però, che si fa con uno schiocco di dita. Il funzionario spiega che ci vorranno tre anni almeno per vedere i primi componenti e fino a 7 per un prodotto completo. Insomma, per realizzare un supercomputer con unità locali occorre aspettare il 2030. Tempo che l’Unione non ha, non solo per la corsa sfrenata dei suoi concorrenti. Ma anche perché già oggi i supercomputer della rete hanno una richiesta di poter accedere ai loro servizi che è il doppio della potenza installata. E decine di startup attendono di poter mettere piede nei centri di supercalcolo. Peraltro sotto questa iniziativa dedicata all’AI, le piccole imprese avrebbero accesso gratis ai supercomputer nella fase di sviluppo (non in quella di commercializzazione).

L’Hpc Ju ha in dote un miliardo, più 400 milioni di partner privati. Altri 2 miliardi sono in arrivo con il pacchetto AI. Di questi, dai 200 ai 400 milioni andranno solo in hardware, a seconda di quanta potenza di calcolo si vuole aggiungere negli otto centri in Italia, Spagna, Repubblica ceca, Finlandia, Lussemburgo, Bulgaria, Slovenia, Portogallo e, dal 2025, Germania. La Commissione esclude di appoggiarsi ai supercomputer privati, come quello di Eni a Pavia, perché l’alleanza andrebbe in conflitto con le regole sugli aiuti di Stato. A tendere la creazione delle fabbriche dell’AI può aiutare l’Europa a mettere a sistema le grandi moli di dati raccolte, agevolare le startup e compensare l’assenza di colossi tech con potenza di calcolo da sfruttare. Il progetto prevede anche la creazione di un programma di gemelli digitali delle città per pianificare lo sviluppo urbanistico futuri, dai consumi di energia alla difesa ambientale. Il problema, però, è al momento mancano i fondamentali. Senza i quali il piano della Commissione rischia di essere un gigante dai piedi d’argilla.