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Tecnologia

Torna Itasec, la principale conferenza italiana sulla cybersecurity

Author: Wired

Tra due settimane partirà l’ottava edizione di Itasec, la principale conferenza nazionale sulla sicurezza informatica, organizzata dal Cybersecurity National Lab del CINI (Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica), in collaborazione con l’Università degli Studi di Salerno e con il patrocinio dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN).

L’evento si terrà in presenza presso il Grand Hotel Salerno, dall’8 al 12 aprile 2024 e prevede la partecipazione di autorità, ricercatori ed esperti internazionali della cybersicurezza, nonché di professionisti del settore pubblico e privato, dell’industria e degli enti di ricerca.

Il programma di questa edizione conferma Itasec come momento di riferimento e incontro tra rappresentanti del mondo accademico e istituzionale. Ad aprire la Conferenza, lunedì 8 aprile alle 14:30, sarà infatti il workshop tenuto da Andrea Simoncini – professore ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Firenze – dedicato alle innovative regulatory sandbox e alle loro possibili implicazioni nel settore della Cybersicurezza e dell’Intelligenza Artificiale, con un focus specifico su un progetto di sandbox italiana a livello regionale per supportare le aziende nello sviluppo di prodotti digitali cyber-safe.

Martedì 9 aprile interverrà Bruno Frattasi, Direttore Generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che aprirà una serie di panel e keynote curati da ACN, che vedranno protagonisti Paolo Atzeni, Direttore Struttura di missione per lo sviluppo di capacità e competenze dell’Agenzia, Monica Scannapieco, Direttrice Struttura di missione per i Programmi di Ricerca e Awareness dell’ACN, e Liviana Lotti, Capo Divisione Programmi Industriali.

Di grande interesse il keynote “Scenari da Guerra Ibrida”, in programma per il pomeriggio del 10 aprile, tenuto da Giacinto Ottaviani, Ammiraglio di Squadra e Presidente del CASD, Centro Alti Studi per la Difesa.

Altro momento di riflessione importante sul tema delle competenze digitali e del gender gap nel settore cybersecurity quello in programma per mercoledì 10 aprile in cui interverranno Nello Iacono, coordinatore del progetto Repubblica Digitale del Dipartimento per la Trasformazione Digitale e autore del libro “Le sfide della società onlife. I rischi della rivoluzione digitale e le competenze indispensabili per affrontarla”, Anna Vaccarelli, tecnologa CNR e membro di Women for Security, e Rita Forsi di Women4Cyber.

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Economia Tecnologia

Perché Trump deve pagare una multa da 175 milioni

Author: Wired

Donald Trump non dovrà più versare allo stato di New York 464 milioni di dollari. Come riporta Il Sole 24 Ore, la multa comminata alla Trump Organization, riconosciuta colpevole di frode commerciale per una vicenda legata ad asset gonfiati, è stata infatti ridotta il 25 marzo dai giudici di seconda istanza a 175 milioni, da pagare entro dieci giorni dalla decisione.

Seppur parziale, la notizia rappresenta pur sempre una vittoria per l’ex presidente e attuale candidato a ricoprire tale carica per i repubblicani, nello stesso giorno in cui i suoi legali hanno chiesto l’archiviazione o il rinvio di tre mesi su un altro procedimento, quello penale relativo alla vicenda dei pagamenti in nero alla pornostar Stormy Daniels.

Per quanto riguarda la multa, la posizione dei legali di Trump era stata chiara: il magnate sarebbe stato impossibilitato a raccogliere la somma importante che gli era stata inizialmente richiesta. Inoltre, l’ex presidente attraverso il proprio social network Truth aveva fatto sapere di ritenersi estraneo alla commissione di qualsivoglia reato.

Il patrimonio

Contestualmente, l’imprenditore ha affermato di possedere “quasi cinquecento milioni di dollari in contanti”. Alla procuratrice generale di New York Letitia James aveva detto nel corso di una deposizione ad aprile 2023 di detenere “sostanzialmente più di 400 milioni in contanti”. Cifra che già all’epoca era aumentata rispetto a quella enunciata nella dichiarazione delle condizioni finanziarie del 30 giugno 2021 presentata al tribunale: allora equivaleva infatti a 293,8 milioni di dollari.

Per quanto riguarda le fonti di reddito di Trump, il magnate già nel 2022 aveva dichiarato entrate per 537 milioni da campi da golf e hotel, oltre a 26,5 milioni di dollari di commissioni di gestione e altri 61,1 di distribuzioni dalla sua partecipazione in edifici. L’ex presidente ha incassato inoltre 6,2 milioni di dollari da incarichi di parola e 116.103 dollari di pensione dalla Screen Actors Guild e dalla American Federation of Television and Radio Artists. Tra le tante proprietà, c’è anche la stessa piattaforma Truth, il cui valore è attualmente stimato intorno ai 6 miliardi di dollari.

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Tecnologia

Il processo per i deepfake porno con il volto di Giorgia Meloni

Author: Wired

Due persone sono finite a processo per aver diffuso online alcuni video pornografici deepfake in cui appariva il volto della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. I contenuti manipolati in questo modo sono aumentati di oltre il 400% negli ultimi anni, prendendo quasi sempre come vittime donne più o meno famose, tra cui Meloni. La presidente ha chiesto un risarcimento di 100mila euro, che ha promesso di destinare a un fondo per le donne vittime di violenza.

Come riporta la campagna Ban Deepfakes, i contenuti sessualmente espliciti realizzati con le manipolazioni grafiche colpiscono in modo particolare le donne. Oltre per questi contenuti, i deepfake vengono usati anche per portare a termine vere e proprie truffe, che possono avere come obiettivo la manipolazione psicologica delle persone sia a fini politici che economici.

I video deepfake di Meloni

Nel caso di Meloni, i video sarebbero stati pubblicati da due uomini, di 73 anni e 40 anni, rispettivamente padre e figlio, su siti pornografici statunitensi dove sono stati visti milioni di volte in diversi mesi, spingendo la leader di Fratelli d’Italia a denunciare i fatti. Le indagini sono cominciate nel 2020 e i due responsabili sono stati trovati tramite l’identificazione dello smartphone da cui sarebbero stati caricati i video incriminati.

I due sono stati accusati di diffamazione e diffusione di materiale pornografico contraffatto e potrebbero rischiare una sanzione penale. Meloni sarà chiamata a testimoniare sul caso a Sassari, il prossimo 2 luglio. Il team legale della presidente del Consiglio ha dichiarato che la somma richiesta in risarcimento è puramente simbolica e volta a lanciare un messaggio a tutte le donne vittime di questi abuso affinché sporgano denuncia.

Nel 2023 Wired Uk ha rilanciato una ricerca che identificava 35 diversi siti web che ospitano video pornografici deepfake o che incorporano i video insieme ad altro materiale per adulti. È emerso che il materiale è facilmente raggiungibile online attraverso i principali motori di ricerca.

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Economia Tecnologia

Perché gli Stati Uniti hanno fatto causa ad Apple

Author: Wired

Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e i procuratori generali di 16 stati americani hanno fatto causa ad Apple, mettendo nel mirino l’iPhone e il redditizio ecosistema di iOs.

L’accusa è che Apple abbia creato un monopolio dell’iPhone” e che il presunto comportamento anticoncorrenziale dell’azienda vada ben oltre gli smartphone. L’azione legale cita infatti anche i servizi finanziari e di fitness, i giochi, i media e altri settori interessati dall’approccio chiuso di Apple.

Questa causa mira a liberare i mercati degli smartphone dalla condotta anticoncorrenziale ed escludente di Apple e a ripristinare la concorrenza per abbassare i prezzi degli smartphone per i consumatori, ridurre i costi per gli sviluppatori e preservare l’innovazione per il futuro“, si legge nella documentazione.

L’App store di Cupertino è oggetto di dispute da anni. In passato Apple ha già dovuto fare i conti con controversie legali – prima fra tutte la battaglie contro lo sviluppatore di Fortnite, Epic Games – sia per le sue restrizioni che per le tariffe applicate agli sviluppatori per gli acquisti in-app. Il negozio digitale è un punto centrale della nuova controversia, in quanto elemento fondamentale del presunto fossato” anticoncorrenziale che l’azienda avrebbe costruito intorno ai suoi prodotti.

L’obiettivo del dipartimento di Giustizia è impedire ad Apple di “utilizzare il suo controllo sulla distribuzione delle app per minare tecnologie multipiattaforma come le super app e le app di cloudstreaming, tra le altre“, e proibire al gigante di “utilizzare Api private per penalizzare tecnologie multipiattaforma come la messaggistica, gli smartwatch e i wallet digitali” ponendo fine alla pratica con di sfruttare i “termini e le condizioni dei suoi contratti con gli sviluppatori, i produttori di accessori, i consumatori o altri per ottenere, mantenere, estendere o consolidare un monopolio“.

Questa causa minaccia ciò che siamo e i principi che contraddistinguono i prodotti Apple in mercati fortemente competitivi – ha dichiarato Apple in un comunicato via email –. Se avesse successo, ostacolerebbe la nostra capacità di creare il tipo di tecnologia che le persone si aspettano da Apple, dove hardware, software e servizi si intersecano. Inoltre creerebbe un pericoloso precedente, dando al governo il potere di intervenire pesantemente nella progettazione della tecnologia dei cittadini. Riteniamo che questa causa sia sbagliata nei fatti e nella legge e ci difenderemo con forza“.

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Economia Tecnologia

Perché Google si è beccata una multa da 250 milioni in Francia

Author: Wired

Google ha ricevuto una multa da 250 milioni di euro dalle autorità antitrust della Francia, per aver violato un accordo con gli editori di giornali francesi. In particolare, il gigante statunitense non avrebbe rispettato le norme relative alla proprietà intellettuale, usando senza permesso articoli delle testate francesi per addestrare il suo programma di intelligenza artificiale Gemini (ex Bard). Inoltre, avrebbe anche rimosso da altri servizi Google i contenuti dei giornali che hanno espressamente richiesto il loro non utilizzo per l’addestramento di Gemini.

La sanzione è stata imposta sulla base di una direttiva europea del 2019 sul diritto d’autore, che la Francia ha applicato per prima rispetto a tutti gli altri paesi dell’Unione europea, nel tentativo di riequilibrare il rapporto tra media e piattaforme digitali, nettamente sbilanciato a favore di queste ultime. Così, nel 2020 l’antitrust francese aveva già intimato a Google di stringere accordi con gli editori per un uso legittimo dei loro contenuti, ma nel 2021 ha dovuto imporre contro l’azienda la prima multa da 500 milioni di euro per non aver garantito ai giornali un giusto trattamento economico.

Nel 2022, Google ha quindi stretto un nuovo accordo con gli editori, impegnandosi, tra le altre cose, a condurre negoziati in buona fede e a fornire le informazioni necessarie a valutare gli effettivi guadagni derivati dall’uso dei loro contenuti. Tuttavia, secondo l’antitrust francese, Google avrebbe nuovamente contravvenuto agli impegni presi meno di due anni fa, facendo scattare la seconda sanzione. Nella sua dichiarazione, l’Autorità per la concorrenza ha sottolineato come l’azienda statunitense abbia violato quattro dei sette impegni pattuiti nel 2022, tra cui proprio la conduzione di trattative in buona fede e la trasparenza nelle informazioni.

Google, che nel 2022 ha ritirato il ricorso fatto contro la prima sanzione e pagato l’intera multa, ha contestato la nuova multa ritenendola “non proporzionata alle questioni sollevate dall’Autorità francese per la concorrenza” e perché non terrebbe conto “degli sforzi che abbiamo fatto per rispondere e risolvere le preoccupazioni sollevate” ha detto l’azienda in una dichiarazione riportata da Reuters.