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Meta e Google hanno messo nel mirino gli spyware made in Italy

Author: Wired

Prima Google, poi Meta. A distanza di pochi giorni l’industria di spyware e sistemi di sorveglianza è finita sotto la lente di due tra i colossi mondiali del digitale. Che raccontano di reti di account fasulli, trojan mascherati da app legittime, vulnerabilità sfruttate per infettare i dispositivi di giornalisti, attivisti, dissidenti e politici di opposizione. E puntano il dito contro alcune aziende italiane del settore. I nomi di Cy4Gate (che respinge gli addebiti), Negg Group e Ips Intelligence (che invece non hanno risposto alle domande di Wired), sono stati messi nero su bianco in due rapporti usciti a inizio febbraio e firmati dai reparti di cybersecurity di Big G e della holding di Facebook, Instagram e Whatsapp.

Il tempismo non è casuale. Lo scorso 6 febbraio a Londra, alla Lancaster House, 27 tra Stati e unioni internazionali, tra cui Italia, Francia, Stati Uniti e Regno Unito, 14 aziende del settore digitale (come Meta e Microsoft) e 12 tra organizzazioni non governative e università hanno sottoscritto il Pall Mall Process, un’iniziativa internazionale per mettere a freno l’uso indiscriminato di spyware e altri strumenti di sorveglianza online. “Il danno non è ipotetico”, scrive Google nell’attacco del suo rapporto: sebbene i fornitori rivendichino “l’uso legittimo dei loro strumenti da parte delle forze dell’ordine e dell’antiterrorismo”, si riscontra l’uso contro “giornalisti, attivisti per i diritti umani, dissidenti e politici di partiti di opposizione” (utenti ad alto rischio, secondo la definizione del colosso informatico). Secondo Meta, solo “un approccio comprensivo al blocco di questa minaccia nel nostro settore e nella società può porre un freno significativo ai gruppi spyware”.

Le italiane nel mirino

Entrambe le aziende fanno i nomi di alcune aziende italiane del settore. La prima è Cy4Gate. Partecipata da Elettronica e quotata in Borsa, l’azienda con sede a Roma si occupa di intelligenza artificiale e cybersecurity e a settembre 2023 iscriveva a bilancio ricavi per 44,9 milioni per i primi nove mesi dell’anno. Nel suo rapporto Meta dichiara di aver rimosso una rete di account falsi su Facebook e Instagram che sarebbero collegati a Cy4Gate, con immagini generate con l’intelligenza artificiale, usati per raccogliere informazioni pubbliche sui loro obiettivi.

Sulla stessa scia avrebbe agito, secondo Menlo Park, anche Rcs Lab, società controllata di Cy4Gate nata nel 1993 e specializzata in software dedicati alle attività investigative delle forze dell’ordine. Meta dice di aver abbattuto una rete di profili falsi, operativa da Italia, Kazakhstan e Mongolia. Tra le tecniche attribuite a Rcs Lab, vi sono account fake di dimostranti, giornalisti o giovane donne, sfruttati per ingannare le persone sorvegliate sui social (compreso LinkedIn), inviare link malevoli (usati per tracciare gli indirizzi Ip degli obiettivi) o spingerli a condividere email o numeri di telefoni o, ancora, per trasmettere documenti Word infettati (per esempio, volantini di petizioni governative). Con questi strumenti Rcs Lab avrebbe consentito di spiare giornalisti e dissidenti in Mongolia, Kazakhstan e Azerbaijan. A ottobre un’inchiesta di Irpi Media ha svelato l’esistenza di un prodotto di Gy4Gate, Gens.AI, pensato per creare avatar virtuale da destinare alle forze dell’ordine per attività di indagine. Google invece menziona il ricorso a spyware, come Epeius di Cy4Gate o Hermit di Rcs Lab, per colpire dispositivi con sistemi operativi iOs o Android.

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Economia Tecnologia

Come funzionano le comunità energetiche rinnovabili

Author: Wired

Scattano i bonus relativi alle comunità energetiche rinnovabili (Cer). Ossia gruppi di soggetti (persone fisiche, piccole e medie imprese, enti locali, istituti religiosi) che si associano allo scopo di condividere l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili. Con la pubblicazione sul sito del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, arrivata lo scorso 24 gennaio, si è concluso con 19 settimane di ritardo rispetto al previsto l’iter del cosiddetto decreto Cer, il complesso di regole che normerà le comunità energetiche rinnovabili.

Come riporta il Corriere della Sera, la normativa, uno degli strumenti studiati dall’Unione europea per diffondere la convenienza della transizione tra i cittadini comunitari, nasce con l’obiettivo di stimolare la nascita e lo sviluppo di 7 gigawatt complessivi di impianti rinnovabili in autoconsumo e si poggerà su due sostegni: tariffe incentivanti e contributi a fondo perduto.

Come si distinguono i sostegni alle Cer

Le prime, che si applicano a livello nazionale per l’energia rinnovabile prodotta e condivisa tra i membri della Cer, avranno una durata ventennale e saranno modulate in proporzione alla grandezza degli impianti e al diverso grado di “insolazione” dei territori in cui saranno installati: le regioni del centro avranno per esempio diritto a 4 euro in più al megawattora, quelle del nord a 10 euro in più. Un incentivo di circa 8 euro al megawattora sarà riferito invece all’energia autoconsumata. Il contributo a fondo perduto, finanziato con 2,2 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sarà dedicato unicamente ai comuni con meno di cinquemila abitanti e potrà coprire al massimo il 40% dei costi necessari e ammissibili per la realizzazione di nuovi impianti o per il potenziamento di quelli esistenti.

Poiché nell’articolo 3 del decreto si fa riferimento a Cer “già regolarmente costituite alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio”, al momento coloro che hanno realizzato negli ultimi due anni degli impianti con la convinzione di poterli fare rientrare in una Cer in un momento successivo all’entrata in vigore della normativa sembrerebbero essere esclusi dalla platea dei potenziali beneficiari del bonus.

Il Mase ha trenta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento per approvare le regole operative rispetto ai sostegni. Prima del via libero definitivo, esse dovranno peraltro passare da una verifica dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) su proposta del Gestore dei servizi energetici (Gse), società pubblica controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze e focalizzata sulle energie rinnovabili. Sarà quest’ultimo, dopo l’ok definitivo, a rendere operativi entro 45 giorni i portali attraverso i quali sarà possibile richiedere i bonus.

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Tecnologia

La legge contro gli “ecovandali” vuole zittire le proteste per il clima

Author: Wired

Il governo Meloni ha varato una legge per reprimere l’attività politica di chi protesta in nome della giustizia ambientale e denuncia le azioni troppo poco incisive dei governi nel reagire alla crisi del clima. È la cosiddetta legge contro gli “ecovandali”, che punirà con multe dai 10 ai 60mila euro e la reclusione fino a cinque anni di carcere gli attivisti ambientali che sono riusciti a far sviluppare una conoscenza collettiva sulla crisi del clima, proprio grazie alle loro azioni non violente.

Dopo essere stata approvata lo scorso luglio al Senato, la nuova legge ha ricevuto il via libera definitivo della Camera il 19 gennaio 2024. La norma, fortemente voluta e sostenuta dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, introduce pene estremamente severe contro chiunque arrechi un qualunque tipo di danno o modifica a beni culturali o paesaggistici. E anche se le organizzazioni ambientaliste non sono citate è chiaro che la legge sia stata fatta proprio per i gruppi come Ultima generazione.

Nel dettaglio, sarà punito chiunque “distrugga, disperda, deteriori, renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali e paesaggistici”, con multe dai 20mila ai 60mila euro. Mentre per chi “deturpa, imbratta o destina i beni culturali a un uso pregiudizievole o incompatibile con il loro carattere storico o artistico” riceverà multe tra i 10mila e i 40mila euro.

In più, rischia da 1 a 5 anni di carcere, poco meno rispetto alle pene previste per il reato di corruzione, chi “distrugga, disperda, deteriori, renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili” beni mobili o immobili durante manifestazioni, mentre potrebbe ricevere da 1 a 6 mesi di carcere chi dovesse compiere le stesse azioni in musei, pinacoteche o gallerie, praticamente quanto chi commette una molestia sessuale.

Gli attivisti di Ultima generazione e l’organizzazione no profit The good lobby hanno commentato l’approvazione della nuova legge sottolineando “la nostra preoccupazione per la continua criminalizzazione degli atti di protesta della società civile, sempre più consapevole dell’ignavia politica sul tema ecologico e climatico, e sempre più spesso presa di mira, arrestata e incriminata per via delle proteste, così come i crescenti tentativi da parte del governo di silenziare ogni tipo di dissenso e il diritto di protesta”.

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Tecnologia

Il braccio di ferro sul riconoscimento facciale nell’AI Act

Author: Wired

I limiti previsti al riconoscimento facciale nei luoghi pubblici dall’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, sono sotto attacco nella fase di negoziazione. A denunciarlo è il parlamentare europeo Patrick Breyer, del Partito pirata, secondo cui, stante gli interventi sul testo riportati da una bozza ottenuta da Politico, la legge potrebbe aprire la strada all’introduzione di sorveglianza biometrica di massa in Unione europea, se gli stati membri dovessero approvarla nei prossimi passaggi al Consiglio europeo. Al Parlamento, invece, si tiene la barra ferma per una legge che tuteli il più possibile le persone.

Nel documento condiviso da Breyer sono depennati l’obbligo di usare il riconoscimento facciale solo nel caso di reati gravi, e non per quelli minori, e il divieto di usare la sorveglianza biometrica in tempo reale, indicati invece come presenti dal commissario al Mercato interno, Thierry Breton, durante la conferenza stampa di presentazione del regolamento, avvenuta lo scorso 9 dicembre.

Sembra che il documento condiviso da Politico abbia ceduto alle pressioni di alcuni paesi, Italia, Ungheria e Francia in testa, che chiedevano un regolamento più permissivo per l’uso di questi strumenti di controllo estremamente invadenti e pervasivi. “Con questa legge sull’intelligenza artificiale sembra che l’Unione europea intenda competere con la Cina non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche in termini di repressione high-tech”, ha detto Breyer.

Se il testo non dovesse essere modificato, gli Stati potrebbero essere autorizzati a usare il riconoscimento facciale, tecnologia ampiamente soggetta a errori e discriminatoria, anche per tutti i reati minori. In questo modo si potrebbero perseguire anche i “potenziali sospetti” di crimini e non solo i criminali. Il testo non vieta nemmeno l’uso del riconoscimento facciale su chi partecipa a una manifestazione e apre la possibilità che, dice Breyer, “qualsiasi spazio pubblico in Europa possa essere sottoposto a una sorveglianza biometrica di massa permanente, sulla base di questi motivi”. Il testo è nelle fasi di finalizzazione e in particolare il Parlamento si è impegnato a non cedere sui diritti fondamentali.

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Economia Tecnologia

L’Antitrust europeo ha fatto visita ai capi delle big tech

Author: Wired

Regolamentazione e politiche antitrust, con un occhio di riguardo per il Digital markets act (Dma) dell’Unione europea. Sono stati questi gli argomenti sui quali la commissaria europea per la Concorrenza Margrethe Vestager si è confrontata tra il 12 e il 13 gennaio con i dirigenti di alcune delle big tech della Silicon Valley.

In particolare come la stessa politica danese ha reso noto su X, l’ex Twitter, a ricevere la sua visita sono stati diversi amministratori delegati: Sundar Pichai di Alphabet e Google, Cristiano Amon di Qualcomm, Tim Cook di Apple, Hock Tan di Broadcom e Jensen Huang di Nvidia. Vestager ha poi incontrato la direttrice tecnica di OpenAI Mira Murati e il suo direttore dei servizi Jason Kwon.

Con Pichai, la commissaria ha discusso sia del rispetto del Dma in relazione per esempio alla progettazione delle schermate di scelta e alle preferenze personali, sia dei casi antitrust in corso, come quello che riguarda Google AdTech. I chip, che “alimentano molto più della semplice transizione digitale, sono fondamentali per la nostra sicurezza economica”, sono invece stati l’argomento trattato con Amon.

Nella sede Apple Vestager ha discusso con Tim Cook dell’obbligo per il colosso di Cupertino di distribuire le proprie app anche al di fuori del proprio store proprietario e di altri casi specifici, come quello che vede protagonista Apple Music. Anche con Tan si è invece chiacchierato di sicurezza economica e produzione dei semiconduttori.

La commissaria ha poi concentrato la propria attenzione sull’intelligenza artificiale. La tecnologia è stata il tema di un dibattito “stimolante” con Huang. “L’AI e i chip – ha scritto sulla piattaforma – sono importanti per il futuro. Dobbiamo investire per garantire resilienza e sicurezza”. Dell’uso sicuro della tecnologia, del codice di condotta sull’intelligenza artificiale e degli impegni di OpenAI in vista del G7 Vestager ha invece parlato con Murati e Kwon prima di ripartire alla volta del vecchio continente.