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Arriva l’alternativa al 730

Author: Wired

I contribuenti italiani diranno presto trovare una alternativa al 730. L’Agenzia delle entrate da quest’anno, e quindi per l’anno d’imposta 2023, metterà a disposizione dei cittadini anche un modello di dichiarazione precompilata “semplificato”. Lo riporta Il Messaggero, specificando che tale modalità non prevedrà riquadri da riempire, codici tributo da memorizzare o complicate istruzioni, ma solo una sorta di questionario basato sulle informazioni già a disposizione del fisco.

Con l’introduzione per adesso sperimentale del nuovo meccanismo, “il contribuente – ha spiegato il direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini in una memoria consegnata dalla stessa agenzia alla commissione Finanze e Tesoro del senato qualche giorno fa – potrà verificare, ed eventualmente integrare, le informazioni di dettaglio proposte dall’Agenzia nell’applicativo web dedicato alla dichiarazione precompilata, con un percorso guidato, che non richiede l’individuazione dei campi del modello dichiarativo, e con un linguaggio semplificato”. Servirà un via libera del Garante della privacy all’uso delle informazioni per la versione alternativa del 730.

Il funzionamento (per ora)

Il sistema chiederà per esempio al contribuente se ha sostenuto una determinata spesa sanitaria, se sta pagando un certo mutuo, se ha sostenuto spese per ristrutturare un proprio immobile. Tutti i dati ricavati di conseguenza saranno inseriti automaticamente nei campi corrispondenti della dichiarazione. Nel corso della procedura guidata, appositi avvisi faranno sì che il contribuente sia consapevole di star confermando o modificando le informazioni proposte dall’agenzia.

La sperimentazione della nuova modalità affiancherà almeno per quest’anno la classica dichiarazione dei redditi precompilata. In questo senso, sarà data libertà ai cittadini di scegliere quale sistema utilizzare. D’altronde da quando è partita nel 2015, la precompilata ha avuto un successo crescente, più che triplicando le trasmissioni dirette (da 1,4 a 4,5 milioni). I dati utilizzati sono invece passati da 157 milioni a 1,3 miliardi (più di uno dei quali rappresentato dai dati relativi alle spese sanitarie).

Una grande novità riguarderà infine quest’anno le partite Iva: la dichiarazione dei redditi precompilata sarà disponibile per la prima volta anche per i contribuenti sotto tale regime.

Cos’è il 730

Il 730 è il modello per la dichiarazione dei redditi che è destinato ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Il modello 730 non richiede che il contribuente effettui calcoli. E prevede che il rimborso dell’imposta avvenga direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, o, se deve versare una somma al fisco, che questa sia trattenuta dalla retribuzione o dalla pensione.

Secondo quanto scrive l’Agenzia delle entrate sul suo sito, “possono utilizzare il modello 730 i contribuenti che nel 2023 hanno percepito: redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (per esempio contratti di lavoro a progetto); redditi dei terreni e dei fabbricati; redditi di capitale; redditi di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita Iva (per esempio prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente); redditi diversi (per esempio, redditi di terreni e fabbricati situati all’estero); alcuni dei redditi assoggettabili a tassazione separata (per esempio, i redditi percepiti dagli eredi – a esclusione dei redditi fondiari, d’impresa e derivanti dall’esercizio di arti e professioni); redditi di capitale di fonte estera, diversi da quelli che concorrono a formare il reddito complessivo, percepiti direttamente dal contribuente senza l’intervento di intermediari residenti”.

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L’Onu bacchetta l’Europa sugli ambientalisti

Author: Wired

Le Nazioni Unite hanno intimato ai paesi europei di porre fine alla repressione e alla criminalizzazione delle proteste pacifiche degli ambientalisti, definendo le politiche attuate finora contro gli attivisti climatici una minaccia verso la democrazia e i diritti umani. Al contrario, gli stati dovrebbero lavorare per adottare urgentemente misure capaci di ridurre le emissioni inquinanti e limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, in linea con gli Accordi di Parigi sul clima.

È in questo modo che Michel Forst, il relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dell’ambiente, ha bacchettato le democrazie europee nel suo rapporto ufficiale, arrivato a conclusione di un’indagine durata un anno sulle repressioni di stato subite dagli ambientalisti in Regno Unito, Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo. Grazie alle testimonianze raccolte in questi paesi, Forst ha documentato molestie, brutalità e abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, nei confronti degli attivisti e dei giornalisti inviati a raccontare le proteste.

Cosa dice il rapporto

In particolare, sottolinea l’uso di spray urticanti contro manifestanti, sia adulti che minorenni, l’uso di prese dolorose, sequestri di effetti personali, arresti sommari, raid mattutini da parte di unità antiterrorismo, agenti sotto copertura infiltrati tra i gruppi e, più in generale, l’impiego di tattiche usate contro la criminalità organizzata. Violazioni dei diritti civili che sono state accompagnate da un’azione legislativa volta a giustificarle, così come da etichette che mirano a screditare gli ambientalisti o ad associarli a organizzazioni pericolose, come la cosiddetta legge sugli eco-vandali in Italia o l’inserimento di Extinction Rebellion sotto la denominazione di terrorismo internazionale” in Spagna.

E tutto questo accade in nazioni che hanno ratificato la Convenzione di Aarhus, il trattato internazionale volto a garantire all’opinione pubblica il diritto alla trasparenza e alla partecipazione nei processi decisionali in materia ambientale, che comprende anche il diritto alla protesta pacifica. Tuttavia, il quadro generale tracciato da Forst indica come la risposta dei governi di tutta Europa sia andata nella direzione opposta, reprimendo la libera espressione del dissenso, invece che permetterlo e proteggerlo, arrivando addirittura alla criminalizzazione e alla denigrazione mediatica e politica degli ambientalisti.

L’emergenza ambientale che stiamo affrontando collettivamente, e che gli scienziati documentano da decenni, non può essere affrontata se coloro che lanciano l’allarme e chiedono azioni incisive vengono criminalizzati per questo. L’unica risposta legittima all’attivismo ambientale pacifico e alla disobbedienza civile è che le autorità, i media e il pubblico si rendano conto di quanto sia essenziale per tutti noi ascoltare ciò che hanno da dire i difensori dell’ambiente”, ha detto ancora Forst.

Il relatore ha poi sottolineato come, fino a questo momento, i governi abbiano continuato a “prendere decisioni che contraddicono direttamente le chiare raccomandazioni degli scienziati”, per affrontare la crisi del clima, e che il loro “fallimento” nel seguire politiche adeguate non farà altro che portare a sempre nuove e maggiori proteste e azioni dirette da parte degli attivisti.

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Meta e Google hanno messo nel mirino gli spyware made in Italy

Author: Wired

Prima Google, poi Meta. A distanza di pochi giorni l’industria di spyware e sistemi di sorveglianza è finita sotto la lente di due tra i colossi mondiali del digitale. Che raccontano di reti di account fasulli, trojan mascherati da app legittime, vulnerabilità sfruttate per infettare i dispositivi di giornalisti, attivisti, dissidenti e politici di opposizione. E puntano il dito contro alcune aziende italiane del settore. I nomi di Cy4Gate (che respinge gli addebiti), Negg Group e Ips Intelligence (che invece non hanno risposto alle domande di Wired), sono stati messi nero su bianco in due rapporti usciti a inizio febbraio e firmati dai reparti di cybersecurity di Big G e della holding di Facebook, Instagram e Whatsapp.

Il tempismo non è casuale. Lo scorso 6 febbraio a Londra, alla Lancaster House, 27 tra Stati e unioni internazionali, tra cui Italia, Francia, Stati Uniti e Regno Unito, 14 aziende del settore digitale (come Meta e Microsoft) e 12 tra organizzazioni non governative e università hanno sottoscritto il Pall Mall Process, un’iniziativa internazionale per mettere a freno l’uso indiscriminato di spyware e altri strumenti di sorveglianza online. “Il danno non è ipotetico”, scrive Google nell’attacco del suo rapporto: sebbene i fornitori rivendichino “l’uso legittimo dei loro strumenti da parte delle forze dell’ordine e dell’antiterrorismo”, si riscontra l’uso contro “giornalisti, attivisti per i diritti umani, dissidenti e politici di partiti di opposizione” (utenti ad alto rischio, secondo la definizione del colosso informatico). Secondo Meta, solo “un approccio comprensivo al blocco di questa minaccia nel nostro settore e nella società può porre un freno significativo ai gruppi spyware”.

Le italiane nel mirino

Entrambe le aziende fanno i nomi di alcune aziende italiane del settore. La prima è Cy4Gate. Partecipata da Elettronica e quotata in Borsa, l’azienda con sede a Roma si occupa di intelligenza artificiale e cybersecurity e a settembre 2023 iscriveva a bilancio ricavi per 44,9 milioni per i primi nove mesi dell’anno. Nel suo rapporto Meta dichiara di aver rimosso una rete di account falsi su Facebook e Instagram che sarebbero collegati a Cy4Gate, con immagini generate con l’intelligenza artificiale, usati per raccogliere informazioni pubbliche sui loro obiettivi.

Sulla stessa scia avrebbe agito, secondo Menlo Park, anche Rcs Lab, società controllata di Cy4Gate nata nel 1993 e specializzata in software dedicati alle attività investigative delle forze dell’ordine. Meta dice di aver abbattuto una rete di profili falsi, operativa da Italia, Kazakhstan e Mongolia. Tra le tecniche attribuite a Rcs Lab, vi sono account fake di dimostranti, giornalisti o giovane donne, sfruttati per ingannare le persone sorvegliate sui social (compreso LinkedIn), inviare link malevoli (usati per tracciare gli indirizzi Ip degli obiettivi) o spingerli a condividere email o numeri di telefoni o, ancora, per trasmettere documenti Word infettati (per esempio, volantini di petizioni governative). Con questi strumenti Rcs Lab avrebbe consentito di spiare giornalisti e dissidenti in Mongolia, Kazakhstan e Azerbaijan. A ottobre un’inchiesta di Irpi Media ha svelato l’esistenza di un prodotto di Gy4Gate, Gens.AI, pensato per creare avatar virtuale da destinare alle forze dell’ordine per attività di indagine. Google invece menziona il ricorso a spyware, come Epeius di Cy4Gate o Hermit di Rcs Lab, per colpire dispositivi con sistemi operativi iOs o Android.

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Come funzionano le comunità energetiche rinnovabili

Author: Wired

Scattano i bonus relativi alle comunità energetiche rinnovabili (Cer). Ossia gruppi di soggetti (persone fisiche, piccole e medie imprese, enti locali, istituti religiosi) che si associano allo scopo di condividere l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili. Con la pubblicazione sul sito del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, arrivata lo scorso 24 gennaio, si è concluso con 19 settimane di ritardo rispetto al previsto l’iter del cosiddetto decreto Cer, il complesso di regole che normerà le comunità energetiche rinnovabili.

Come riporta il Corriere della Sera, la normativa, uno degli strumenti studiati dall’Unione europea per diffondere la convenienza della transizione tra i cittadini comunitari, nasce con l’obiettivo di stimolare la nascita e lo sviluppo di 7 gigawatt complessivi di impianti rinnovabili in autoconsumo e si poggerà su due sostegni: tariffe incentivanti e contributi a fondo perduto.

Come si distinguono i sostegni alle Cer

Le prime, che si applicano a livello nazionale per l’energia rinnovabile prodotta e condivisa tra i membri della Cer, avranno una durata ventennale e saranno modulate in proporzione alla grandezza degli impianti e al diverso grado di “insolazione” dei territori in cui saranno installati: le regioni del centro avranno per esempio diritto a 4 euro in più al megawattora, quelle del nord a 10 euro in più. Un incentivo di circa 8 euro al megawattora sarà riferito invece all’energia autoconsumata. Il contributo a fondo perduto, finanziato con 2,2 miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sarà dedicato unicamente ai comuni con meno di cinquemila abitanti e potrà coprire al massimo il 40% dei costi necessari e ammissibili per la realizzazione di nuovi impianti o per il potenziamento di quelli esistenti.

Poiché nell’articolo 3 del decreto si fa riferimento a Cer “già regolarmente costituite alla data di entrata in esercizio degli impianti che accedono al beneficio”, al momento coloro che hanno realizzato negli ultimi due anni degli impianti con la convinzione di poterli fare rientrare in una Cer in un momento successivo all’entrata in vigore della normativa sembrerebbero essere esclusi dalla platea dei potenziali beneficiari del bonus.

Il Mase ha trenta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento per approvare le regole operative rispetto ai sostegni. Prima del via libero definitivo, esse dovranno peraltro passare da una verifica dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) su proposta del Gestore dei servizi energetici (Gse), società pubblica controllata dal ministero dell’Economia e delle finanze e focalizzata sulle energie rinnovabili. Sarà quest’ultimo, dopo l’ok definitivo, a rendere operativi entro 45 giorni i portali attraverso i quali sarà possibile richiedere i bonus.

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La legge contro gli “ecovandali” vuole zittire le proteste per il clima

Author: Wired

Il governo Meloni ha varato una legge per reprimere l’attività politica di chi protesta in nome della giustizia ambientale e denuncia le azioni troppo poco incisive dei governi nel reagire alla crisi del clima. È la cosiddetta legge contro gli “ecovandali”, che punirà con multe dai 10 ai 60mila euro e la reclusione fino a cinque anni di carcere gli attivisti ambientali che sono riusciti a far sviluppare una conoscenza collettiva sulla crisi del clima, proprio grazie alle loro azioni non violente.

Dopo essere stata approvata lo scorso luglio al Senato, la nuova legge ha ricevuto il via libera definitivo della Camera il 19 gennaio 2024. La norma, fortemente voluta e sostenuta dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, introduce pene estremamente severe contro chiunque arrechi un qualunque tipo di danno o modifica a beni culturali o paesaggistici. E anche se le organizzazioni ambientaliste non sono citate è chiaro che la legge sia stata fatta proprio per i gruppi come Ultima generazione.

Nel dettaglio, sarà punito chiunque “distrugga, disperda, deteriori, renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali e paesaggistici”, con multe dai 20mila ai 60mila euro. Mentre per chi “deturpa, imbratta o destina i beni culturali a un uso pregiudizievole o incompatibile con il loro carattere storico o artistico” riceverà multe tra i 10mila e i 40mila euro.

In più, rischia da 1 a 5 anni di carcere, poco meno rispetto alle pene previste per il reato di corruzione, chi “distrugga, disperda, deteriori, renda in tutto o in parte inservibili o non fruibili” beni mobili o immobili durante manifestazioni, mentre potrebbe ricevere da 1 a 6 mesi di carcere chi dovesse compiere le stesse azioni in musei, pinacoteche o gallerie, praticamente quanto chi commette una molestia sessuale.

Gli attivisti di Ultima generazione e l’organizzazione no profit The good lobby hanno commentato l’approvazione della nuova legge sottolineando “la nostra preoccupazione per la continua criminalizzazione degli atti di protesta della società civile, sempre più consapevole dell’ignavia politica sul tema ecologico e climatico, e sempre più spesso presa di mira, arrestata e incriminata per via delle proteste, così come i crescenti tentativi da parte del governo di silenziare ogni tipo di dissenso e il diritto di protesta”.