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Un viaggio in auto elettrica dall’Italia alla Germania

Author: Wired

Perché però si è scelto di non caricare oltre l’80%? Intanto, una ricarica fast ‘stressa’ la batteria, tanto che a lungo andare ricaricare solo in questo modo finisce per deteriorarla. Inoltre, superato l’80%, la curva di ricarica si abbassa. Arrivare fino al 100% avrebbe quindi richiesto molto più tempo, oltretutto stressando inutilmente la batteria. Meglio ripartire subito e, alla peggio, aggiungere una sosta in più per tutelare la batteria.

La seconda sosta era prevista in un’altra piazzola di sosta una decina di chilometri prima del tunnel del San Gottardo, ma è stato proprio avvicinandosi al traforo che sono iniziati i problemi. A causa di un’incidente, infatti, si è formata una coda che ha bloccato il viaggio per due ore e mezza. Se all’andata, però, erano i semafori autostradali che fermavano le auto, che quindi rimanevano ferme per lunghi periodi, in questo caso si procedeva a passo d’uomo. Acceleratore, freno, frizione, si sarebbe detto su una vecchia auto a motore termico. In questo caso, ci ha pensato il cruise control adattivo a guidare per due ore e mezza. I continui strappi hanno ridotto la carica per circa il 12%. In alcuni punti, va detto, è stato acceso anche il condizionatore, che ovviamente fa crescere i consumi.

Dato che la batteria aveva ancora un 40% di carica rimanente, la scelta è stata quella di proseguire senza ricaricare. Circostanza che sarebbe stata difficile, dato che la piazzola di sosta è stata letteralmente presa d’assalto e, passando, era possibile notare almeno due auto termiche che occupavano abusivamente gli stalli per la ricarica. Passato finalmente il San Gottardo, il navigatore proponeva di fermarsi a ricaricare sempre in una piazzola di sosta. Esausti per la coda, si è preferito aggiungere altri 20 chilometri per arrivare all’autogrill di Bellinzona Nord, dove l’auto è giunta con una carica residua di poco inferiore al 30%.

Qui erano presenti nove colonnine, gestite da due diversi operatori, per un totale di 12 punti di ricarica. In 29 minuti sono stati erogati 31,8 kWh a fronte di una spesa di 14,5 franchi, ovvero 14,8 euro. Il prezzo al kilowattora è stato di 47 centesimi di euro, meno di quanto si paghi in Italia per ricaricare a una colonnina più lenta. Il navigatore prevedeva una batteria residua del 54% giunti a destinazione e questa volta la previsione è stata rispettata. Anche perché, nel breve tratto di autostrada in Italia, si è scelto di viaggiare a 130 chilometri orari. In totale, il viaggio è durato nove ore e mezza: due e mezza di coda, una di ricarica e sei di viaggio effettivo. Ovvero 40 minuti in più delle 5 ore e 20 minuti di percorrenza stimati dal navigatore.

Il bilancio finale

Nel corso del viaggio sono stati percorsi 1.192 chilometri. Compresa quella effettuata prima di partire, sono state necessarie sette ricariche, quattro su colonnine quick e tre su colonnine fast. Questo grafico mette a confronto il costo al kilowattora sostenuto nelle diverse operazioni di ricarica.

In totale sono stati caricati 213,3 kWh per una spesa complessiva di 144,14 euro. Ora, l’auto diesel di alcuni amici che ha fatto più o meno lo stesso percorso (al ritorno è passata da Zurigo, evitando il San Gottardo ed aggiungendo una novantina di chilometri) ma con una velocità di crociera più sostenuta, ha richiesto due pieni per una spesa totale di 120 euro. Difficile quantificare i costi ‘occulti’, quelli cioè legati al deperimento di cinghia di trasmissione, candele e pastiglie dei freni o al consumo dell’olio motore, che sull’auto elettrica semplicemente non ci sono o si usurano meno. Un discorso, questo, che vale per le pastiglie dei freni, impiegate meno grazie alla frenata rigenerativa. Sul piano delle emissioni climalteranti, invece, ha ovviamente vinto l’auto elettrica.

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Tecnologia

Il Festival delle relazioni pubbliche compie dieci anni

Author: Wired

Per qualcuno, come al filosofo Pitagora, il numero dieci rappresenta la perfezione, perché espressione fedele della realtà. Una premessa, questa, che fa ben sperare in vista del decimo anniversario del Festival delle Relazioni Pubbliche promosso dalla Federazione relazioni pubbliche italiana (Ferpi) e che per l’occasione ha scelto dieci parole sul quale ragioneranno altrettanti speaker diversi.

Un evento che vuole restituire valore alla realtà attraverso la voce dei suoi ospiti, che saranno chiamati a dare una loro interpretazione su concetti come: Responsabilità, Accoglienza, Intelligenze, Attenzione, Curiosità, Fantasia, Speranza, Prospettiva, Generosità e Autenticità. L’altro aspetto interessante è l’eterogeneità degli speaker che saliranno sul palco. Infatti, si passa dall’esperto di management a quello di fumetti, dall’ingegnere alla specialista in comunicazione, fino ad arrivare a un illusionista.

Queste scelte appaiono coerenti rispetto a un mondo che cambia, facendosi sempre più complesso e variegato. E che, proprio attraverso le pubbliche relazioni, trova il tempo e lo spazio per interagire su temi importanti.

L’appuntamento è per sabato 18 maggio dalle 10 alla Scuola Grande San Giovanni Evangelista di Venezia, dove si potranno ascoltare personaggi del calibro di Paolo D’Anselmi (insegnante e scrittore), Luca Raffaelli (considerato uno dei massimi esperti nel campo dei fumetti e del cinema d’animazione), Matteo Tonoli (ingegnere e sociologo), Rossella Scalone (imprenditrice ed esperta di comunicazione digitale), Mapi Danna (scrittrice, TEDx Speaker, autrice Tv, radio e web), Andreina Contessa (Direttrice del Museo Storico e Parco del Castello di Miramare e della Direzione Regionale Musei del Friuli-Venezia Giulia), Giulia Galliano Sacchetto (giornalista professionista, appassionata di circo e magia),Paola Zanotto (architetto e urban designer), Audace Sailing Team, (gruppo di studenti di ingegneria con la passione per la vela ecosostenibile).

Esprime soddisfazione per l’organizzazione dell’evento, il padrone di casa, presidente di Ferpi, Filippo Nani “Anche quest’anno, Il Festival si propone come un evento unico nel panorama delle Relazioni Pubbliche: un momento di incontro, di networking e d’ispirazione aperto non solo a chi lavora nei diversi ambiti della comunicazione e delle imprese, ma anche a chi, seppur non del settore, influenza sensibilmente la professione. Siamo certi che questa decima edizione sarà di grande interesse e di ispirazione per tutti i partecipanti”.

Inoltre, in occasione del Festival verrano svelati i vincitori della VII edizione dell’ InspiringPR Award, partner del premio BAT Italia, dedicato alla campagna di relazioni pubbliche che si è distinta per la sua capacità di ispirazione e del premio di laurea “È il digitale, bellezza!” in memoria di Adriana Ripandelli, che viene organizzato insieme alla famiglia e a Mindshare Italia.

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Tecnologia

Come funzionano le prove Invalsi, dietro le quinte

Author: Wired

Nei giorni successivi, oltre al sindacato, una serie di associazioni e di sigle dei lavoratori (Associazione Roars, Alas, Usb Scuola, Unicobas scuola, Cub sur scuola, Organizzazione studenti Osa, i Cobas di Torino, Sardegna, Terni e Tuscia, gli autoconvocati, il Partito di rifondazione comunista, Priorità alla scuola, associazione Cattive ragazze, La nostra scuola Agorà 33, Per la scuola della Repubblica, Associazione nazionale docenti, Redazione professione docenti e Centro studi per la scuola pubblica) hanno annunciato un reclamo al Garante della privacy perché vieti il trattamento dei dati degli studenti fragili da parte di Invalsi. È bene precisare che nel 2018 e nel 2019 l’Autorità per la protezione dei dati ha espresso parere favorevole sugli schemi di trattamento prodotti dall’ente.

Individuare i fragili

L’indicazione di uno studente come fragile, istituita nel 2022 per raggiungere gli obiettivi del Pnrr in materia di scuola e colmare i divari tra i territori, è proprio uno degli elementi su cui ha voluto fare chiarezza la richiesta di accesso agli atti di Wired. L’indicatore serve a individuare persone che hanno difficoltà di apprendimento, dovrebbe attivare percorsi dedicati di sostegno e dipende, spiega Invalsi, dai “risultati conseguiti contemporaneamente nelle tre materie delle prove”. Cioè italiano, matematica e inglese.

Una premessa: nell’anno scolastico 2017-18 Invalsi è passato da quiz su carta a quelli al computer. Una pratica internazionale, allineata al Programma di valutazione internazionale dell’allievo (Pisa) varata dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), un’ente per gli studi economici che riunisce 38 Stati (tra cui l’Italia). La prova Invalsi si basa su “una procedura, in parte automatizzata, che confronta la risposta fornita da ciascun/a allievo/a a ogni quesito con il repertorio delle possibili risposte corrette, attribuendo un punteggio pari a 1 se la risposta è corretta e pari a 0 se la risposta è errata“. Aggiungono da Invalsi: “I risultati sono espressi su una stessa scala che rimane invariata nel corso degli anni rispetto a una data e una materia” e si articolano in 5 livelli. Dove 3 è la media per passare il quiz.

Di conseguenza, si viene indicati come fragili se, in italiano o matematica, il quiz raggiunge “al massimo il livello 2”. Mentre per inglese, è fragile chi in lettura e ascolto raggiunga alla “III secondaria di I grado al massimo il pre-A12”, mentre all'”ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado non abbia raggiunto il B1“. A quel punto avviene l’associazione tra l’indicatore di studente fragile e un codice identificativo dell’alunno, il Sidi (Sistema informativo dell’istruzione). Ma è chiaro che basta poi poco per convertire quel numero in un nome e un cognome.

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Economia Tecnologia

Un nuovo modello italiano di intelligenza artificiale

Author: Wired

Si chiamerà Velvet e sarà un modello tutto italiano di intelligenza artificiale open source, multilingua e multimodale. A svilupparlo saranno Almawave, società tricolore quotata sul mercato Euronext Growth Milan parte del gruppo Almaviva e attiva nel campo dei dati e della tecnologia del momento, e Cineca, il consorzio interuniversitario che ospita per il ministero della Ricerca il supercomputer Leonardo nella rete EuroHpc Le due realtà, che hanno annunciato la propria partnership in una nota, coopereranno per realizzare un modello di linguaggio di grandi dimensioni (Llm) di tipo fondazionale, capace cioè di rappresentare la base per altri modelli di sviluppo successivo.

Velvet opererà innanzitutto con un focus sulla lingua e sui contenuti italiani, ma sarà sviluppato in chiave multilingua, prevedendo i principali idiomi europei. Considerando la presenza e gli obiettivi di crescita di Almawave nei mercati latino americani e in quello africano, il progetto implementerà inoltre il portoghese brasiliano e lo swahili, puntando a un’adozione estesa anche a livello internazionale.

L’infrastruttura di calcolo del Cineca permetterà al modello di essere addestrato anche per gestire la multimodalità e generare quindi non solo testi, ma anche, per esempio, audio e video. In tal modo, esso sarà applicabile per compiti e in contesti diversi e in più settori. Inoltre, nella sua prima versione, Velvet sarà rilasciato nell’ultimo trimestre del 2024 e messo a disposizione del pubblico sulle piattaforme di condivisione del software Open Source, abilitandone anche l’utilizzo su infrastrutture dedicate.

A partire dal prodotto di Almawave e Cineca, sarà poi possibile creare altri modelli verticali, ciascuno finalizzato a soddisfare esigenze diverse. Una trasversalità resa possibile dalle esperienze accumulate negli ultimi dieci anni nel comparto dell’intelligenza artificiale da Almawave in settori come pubblica amministrazione, sicurezza, trasporti, turismo, sanità, educazione, beni culturali, transizione ecologica e finanza.

Dal canto suo, Cineca è forte di 118 enti pubblici tra cui due ministeri e 70 università italiane e gestisce Leonardo, uno dei più avanzati sistemi di calcolo scientifico ad alte prestazioni. Basti pensare che attualmente il supercomputer è sesto nella classifica dei 500 supercalcolatori più potenti del mondo, secondo in Europa.

L’intenzione di Almawave è quella di mantenere Velvet rilevante nel tempo e di renderlo uno strumento dinamico. Anche in questo senso saranno fondamentali i temi di attenzione nella selezione, gestione, qualità e pulizia dei dati per il loro addestramento, costruzione e fruizione, la conformità e la correttezza nelle informazioni trattate, la gestione dei dati trattati dai modelli, la privacy e il presidio dei temi etici di sviluppo. Ma centrali saranno anche quelli culturale, sociale e linguistico.

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Economia Tecnologia

Sul futuro dell’auto e dell’inquinamento l’Europa ha fatto un gran pasticcio

Author: Wired

Cinque anni dopo, il mondo è profondamente diverso. Pandemia, inflazione, invasione dell’Ucraina, crisi energetica, assedio a Gaza hanno precipitato il mondo in un’incertezza da Guerra fredda: archiviato il sogno della globalizzazione e di un governo mondiale, il declino dell’occidente è ormai un fatto acclarato. Il baricentro sta in Asia. Le materie prime, che un tempo arrivavano senza problemi sulla scorta di eredità coloniali e accordi vantaggiosi, sono diventante un problema strategico: il petrolio  (e quindi il Medio Oriente) non è più centrale, il gas russo è inutilizzabile, le nuove vetture necessitano di biocarburanti, litio, cobalto provenienti da Cina e Africa. Non funzionano più neanche le catene logistiche, su cui negli ultimi vent’anni ha riposato il commercio internazionale e che sono diventate, improvvisamente, inaffidabili.                                                                                      

Le auto inquinano come 12 anni fa

Il rapporto della Corte dei conti europea riconosce che l’Unione ha compiuto progressi nel ridurre le emissioni di gas a effetto serra in generale, ma non nel settore dei trasporti, che sul continente assomma circa un quarto delle emissioni carboniche. Di tale quota, metà proviene dalle sole autovetture. “Il Green Deal non porterà alcun frutto, se non verrà affrontato il problema delle emissioni delle macchine. Dobbiamo però riconoscere che, nonostante le nobili ambizioni e i requisiti rigorosi, la maggior parte delle auto convenzionali emette ancora la stessa quantità di anidride carbonica di 12 anni fa”, riprende Nikolaos Milionis. La spiegazione c’è, ed è semplice, prosegue: “Nonostante l’accresciuta efficienza dei motori, le auto pesano in media circa il 10 % in più e hanno bisogno di maggiore  potenza per spostarsi (circa +25 %)”.

Considerazioni che non piaceranno all’industria automotive, e che rispondono a chi vorrebbe ridurre la posizione a un servizio ai grandi gruppo. Non solo. Si legge nel rapporto: “Gli auditor hanno riscontrato che le auto ibride ricaricabili (plug-in), un tempo ritenute un’alternativa più ecologica dei veicoli tradizionali, sono ancora classificate ‘a basse emissioni’ anche se il divario tra le emissioni misurate in condizioni di laboratorio e quelle misurate su strada è in media del 250%”. Significa che gli esami vengono fatti male. E per chi ricorda il Dieselgate (lo scandalo sulle emissioni delle auto diesel), non è difficile immaginare attività di lobbying in questo senso.

Combustibili alternativi

Sul fronte dei combustibili alternativi (biocarburanti, elettrocarburanti e idrogeno) non va meglio. Sui biocarburanti, la Corte rileva la mancanza di una tabella di marcia “chiara e stabile per risolvere i problemi di lungo termine del settore: la quantità di combustibile disponibile, i costi e la compatibilità ambientale”. In poche parole, “non essendo disponibili su vasta scala, i biocarburanti non possono rappresentare un’alternativa affidabile e credibile per le nostre auto”, riprende Milionis. E poi: la biomassa prodotta sul mercato interno non è sufficiente per offrire una valida alternativa. “Se questa biomassa è prevalentemente importata da paesi terzi, viene meno l’obiettivo dell’autonomia strategica in materia di energia. Inoltre, altri settori produttivi (per esempio, industria alimentare, farmaceutica e dei prodotti cosmetici) fanno concorrenza al settore automobilistico per l’uso delle stesse materie prime”. “I biocarburanti non sono ancora competitivi dal punto di vista economico: sono semplicemente più cari di quelli a base di carbonio, e le quote di emissioni costano attualmente meno che ridurre le emissioni di CO2 utilizzandoli”. ce n’è anche per la sostenibilità: “La compatibilità ambientale dei biocarburanti è sovrastimata”. “Le materie prime per la produzione di biocarburanti possono essere distruttive per gli ecosistemi e nocive per la biodiversità nonché la qualità del suolo e delle acque: sollevano quindi inevitabilmente questioni etiche sull’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti”.

Il rompicapo elettrico

È il turno dei veicoli elettrici, definiti un “rompicapo”: L’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali. Meno del 10 % della produzione mondiale di batterie è localizzata in Europa e per la stragrande maggioranza è in mano ad imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un impressionante 76 % del totale”, si legge. “L’industria delle batterie dell’Ue è frenata in particolare dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni di risorse da paesi terzi, con i quali non sono stati sottoscritti adeguati accordi commerciali. L’87 % delle importazioni di litio grezzo proviene dall’Australia, l’80 % delle importazioni di manganese dal Sud Africa e dal Gabon, il 68 % del cobalto dalla Repubblica democratica del Congo e il 40 % della grafite dalla Cina”. Il costo delle batterie in Europa è troppo alto rispetto ai produttori esteri, e “potrebbe anche rendere proibitivi i veicoli elettrici per gran parte della popolazione”: le vendite aumentano grazie alle sovvenzioni pubbliche, si spiega, ma a uscire dalle concessionarie e finire nei garage sono soprattutto veicoli sopra i trentamila euro.